qualcuno l'altra sera ha visto lo speciale su rai 2 che parlava ampliamente di questa tragedia?
si è fatta forte l'ipotesi che il sottomarino sia stato silurato dagli americani e che si sia andati molto vicini alla terza guerra mondiale, ipotesi scongiurata sembra da una somma (pari a 10 milioni di dollari) concessa dagli americani ai russi.
“Saluti a tutti, non disperatevi”, così si conclude la straziante lettera testamento di uno degli sfortunati componenti dell’equipaggio del sottomarino russo Kursk, inabissatosi nelle gelide acque del Mar di Barents il 12 agosto del 2000. La prima grande tragedia del nuovo millennio, una catastrofe dall’agghiacciante e angosciante sapore di irrealtà, un disastro politico, militare e umano, una vicenda dai contorni ancora troppo oscuri e misteriosi che, a distanza di sette anni, continua a far riflettere e discutere.
Esplosione accidentale di uno dei suoi ordigni convenzionali, nessun colpevole, dunque, inchiesta chiusa. Una verità ufficiale, questa, assai frettolosa e poco credibile, offerta dal novello zar Vladimir Putin e dal fsb (ex kgb) ad un’opinione pubblica che ha implorato e che, ancora oggi, reclama, inascoltata, chiarezza e trasparenza su quella tragica vicenda. “Un pagliaccio arrivato per caso al Cremlino che ha mancato di agire da uomo”, questo lo sferzante giudizio dell’opposizione sull’operato di Putin il quale, mentre stava consumandosi quell’immane disastro, mentre il mondo intero assisteva commosso ed impotente alla morte di 118 incolpevoli, sfortunate, disgraziate vittime in quella maledetta bara d’acciaio, pensò bene, in altre faccende affaccendato, di non interrompere, per giorni, le sue vacanze sul Mar Nero.
Contraddizioni, debolezze, omissioni, incertezze ed ambiguità, questi i tratti caratteristici della malagestione dell’ “affaire Kursk” da parte dei vertici politici e militari russi. Cosa si nasconde, ci chiediamo, con sdegno, dietro il colpevole ed imperdonabile ritardo con cui il presidente russo autorizzò aiuti stranieri per il salvataggio? Forse la necessità di celare nuove e proibite armi di cui il Kursk era dotato?
Negli ultimi anni è stata avanzata, invece, l’ipotesi di un coinvolgimento americano nella vicenda, ipotesi suffragata, per altro, da foto satellitari prontamente censurate dall’ex kgb, che proverebbero la presenza di sommergibili Usa nella zona della sciagura. Sembrerebbe, dunque, che il più moderno e sofisticato dei sottomarini nucleari russi si sia adagiato inerme sul fondo del mare perché colpito da un siluro sganciato, per errore o dolo, da un sottomarino americano che seguiva da vicino il Kursk. Un atto di guerra in tempo di pace o un tragico errore che avrebbe, comunque, tranquillamente potuto prefigurare un apocalittico scenario da terza guerra mondiale, risolto, invece, dopo segrete e faticose negoziazioni diplomatiche, attraverso la cancellazione di un debito russo di 10 milioni di dollari. Quelle che, in altri casi, avremmo giudicato semplicemente come fantasiose visioni, come macchinazioni complottistiche e dietrologiche, appaiono, oggi, invece, riferite a quei comportamenti così ambigui ed inspiegabili, quantomeno, assai verosimili.
Al di là della sconfortante convinzione che quello del Kursk sia destinato a rimanere un enigma irrisolto, della cui soluzione sono depositari e gelosi custodi solo pochi potenti della Terra, ciò che giustamente va riconosciuto e ricordato è l’eroico comportamento dei membri dell’equipaggio che, attraverso lo spegnimento del reattore nucleare, hanno ridotto le loro possibilità di sopravvivenza, ma evitato il rischio di un terribile disastro nucleare.
si è fatta forte l'ipotesi che il sottomarino sia stato silurato dagli americani e che si sia andati molto vicini alla terza guerra mondiale, ipotesi scongiurata sembra da una somma (pari a 10 milioni di dollari) concessa dagli americani ai russi.
“Saluti a tutti, non disperatevi”, così si conclude la straziante lettera testamento di uno degli sfortunati componenti dell’equipaggio del sottomarino russo Kursk, inabissatosi nelle gelide acque del Mar di Barents il 12 agosto del 2000. La prima grande tragedia del nuovo millennio, una catastrofe dall’agghiacciante e angosciante sapore di irrealtà, un disastro politico, militare e umano, una vicenda dai contorni ancora troppo oscuri e misteriosi che, a distanza di sette anni, continua a far riflettere e discutere.
Esplosione accidentale di uno dei suoi ordigni convenzionali, nessun colpevole, dunque, inchiesta chiusa. Una verità ufficiale, questa, assai frettolosa e poco credibile, offerta dal novello zar Vladimir Putin e dal fsb (ex kgb) ad un’opinione pubblica che ha implorato e che, ancora oggi, reclama, inascoltata, chiarezza e trasparenza su quella tragica vicenda. “Un pagliaccio arrivato per caso al Cremlino che ha mancato di agire da uomo”, questo lo sferzante giudizio dell’opposizione sull’operato di Putin il quale, mentre stava consumandosi quell’immane disastro, mentre il mondo intero assisteva commosso ed impotente alla morte di 118 incolpevoli, sfortunate, disgraziate vittime in quella maledetta bara d’acciaio, pensò bene, in altre faccende affaccendato, di non interrompere, per giorni, le sue vacanze sul Mar Nero.
Contraddizioni, debolezze, omissioni, incertezze ed ambiguità, questi i tratti caratteristici della malagestione dell’ “affaire Kursk” da parte dei vertici politici e militari russi. Cosa si nasconde, ci chiediamo, con sdegno, dietro il colpevole ed imperdonabile ritardo con cui il presidente russo autorizzò aiuti stranieri per il salvataggio? Forse la necessità di celare nuove e proibite armi di cui il Kursk era dotato?
Negli ultimi anni è stata avanzata, invece, l’ipotesi di un coinvolgimento americano nella vicenda, ipotesi suffragata, per altro, da foto satellitari prontamente censurate dall’ex kgb, che proverebbero la presenza di sommergibili Usa nella zona della sciagura. Sembrerebbe, dunque, che il più moderno e sofisticato dei sottomarini nucleari russi si sia adagiato inerme sul fondo del mare perché colpito da un siluro sganciato, per errore o dolo, da un sottomarino americano che seguiva da vicino il Kursk. Un atto di guerra in tempo di pace o un tragico errore che avrebbe, comunque, tranquillamente potuto prefigurare un apocalittico scenario da terza guerra mondiale, risolto, invece, dopo segrete e faticose negoziazioni diplomatiche, attraverso la cancellazione di un debito russo di 10 milioni di dollari. Quelle che, in altri casi, avremmo giudicato semplicemente come fantasiose visioni, come macchinazioni complottistiche e dietrologiche, appaiono, oggi, invece, riferite a quei comportamenti così ambigui ed inspiegabili, quantomeno, assai verosimili.
Al di là della sconfortante convinzione che quello del Kursk sia destinato a rimanere un enigma irrisolto, della cui soluzione sono depositari e gelosi custodi solo pochi potenti della Terra, ciò che giustamente va riconosciuto e ricordato è l’eroico comportamento dei membri dell’equipaggio che, attraverso lo spegnimento del reattore nucleare, hanno ridotto le loro possibilità di sopravvivenza, ma evitato il rischio di un terribile disastro nucleare.
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