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Domani cercherò di postare qualche passo significativo dell'opera da cui siamo partiti, per vedere un po' più da vicino il nocciolo della questione.
Per chi voglia approfondire questo periodo, i volumi a cura di Giardina, "Società romana e Impero tardoantico" sono veramente preziosi.
Hai seminato tanti altri spunti sui quali anch'io, con curiosità ed estremo piacere, mi riservo di intervenire domani.
Sono punti tutti fondamentali, e dei quali molti li portiamo da allora fino ad oggi, utili, come è utile la storia, per comprendere anche i segni di questo presente.
Ottimo
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Grazie a tutti e soprattutto a te, Sean. Spazi ovunque ed è davvero un'impresa starti dietro, ma lo faccio con sommo piacere.
C'era anche il tuo zampino da qualche parte, lo sentivo
(...non si giunge per una sola via ad un Mistero così grande...)
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
In altri tempi, imperatori forti, non avrebbero necessitato del sostegno nè della chiesa, nè di altre forme di clero.
Esatto, ma ritengo che questa affermazione sia molto più contestualizzabile in epoche relativamente più recenti, rispetto a quelle sulle quale abbiamo iniziato a discutere. Mi riferisco al periodo di cattività papale avignonese ed al suo acme, particolarmente aspro e curiosamente secolare, con la persecuzione templare ad opera di Filippo il bello.
Come promesso, alcune citazioni testuali, per verificare non solo il diverso messaggio, ma anche il tono dei due scritti.
Simmaco Rel. III, 3
Restauriamo, quindi, i riti e i culti che, così lungamente, potessero il nostro stato. Possiamo certo noverare principi seguaci dell'una e dell'altra fede: d'essi i primi han professato la religione dei padri; altri, più vicini a noi, pur non professandola non l'hanno soppressa. Ora, se non serve a voi d'esempio la religione dei primi, vogliate almeno ispirarvi alla tolleranza di quegli altri....
III, 10
Diversi sono i culti che gli uomini praticano, ma son da considerare come volti tutti ad adorare un solo e medesimo essere. Gli astri che miriamo sono gli stessi, comune è il cielo, un medesimo universo ci circonda: che importa, allora, se per vie diverse ognuno cerca il vero?....
Ambrogio, Ep. XVII, 2
Pertanto, chi si pone al servizio di questo vero Dio e lo riceve dentro di sè con animo devoto deve usare non tolleranza, non induleganza, ma zelo per fede, per la religione.....
XVII, 10
Non può una tale deliberazione essere presa senza che sia violata la legge di Dio: onde ti scongiuro di non emettere, di non firmare decreti siffatti. Quale sacerdote di cristo ti richiamo all'osservanza della fede...
XVII, 13
Come in una causa civile la parte avversa ha il diritto di replica, così in questa, che è religiosa, il diritto di replica spetta a me vescovo. Mi sia dia perciò copia della relazione che ti è stata inviata, perchè possa più compiutamente ad essa rispondere (...) In ogni caso, se altrimenti deciderai, noi vescovi non lo tollereremo, nè dissimuleremo la nostra opposizione: potrai anche entrare in chiesa, ma non vi troverai il sacerdote o lo troverai tuo fermo oppositore.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Grazie Ma Non credo sia un caso che Ambrogio ripeta più e più volte la parola "non tolleranza"...nonchè il richiamo alla "legge di Dio" cui, come dicevo già nel mio post, tutti dovevano sottostare, anche e soprattutto l'imperatore...
Grazie Ma Non credo sia un caso che Ambrogio ripeta più e più volte la parola "non tolleranza"...nonchè il richiamo alla "legge di Dio" cui, come dicevo già nel mio post, tutti dovevano sottostare, anche e soprattutto l'imperatore...
Noto come sia già visibile l'immagine di un imperatore sotto tutela da parte del vescovo, che, infatti, reclama per sè il diritto a decidere della questione e minaccia (neanche tanto velatamente) il giovane imperatore di una relazione forte del clero cristiano, qualora egli decida in maniera difforme. Mi sembra evidente che la battaglia non sia combattuta su un piano di parità, da una parte c'è una minoranza residuale, dall'altra un potere religioso che è ormai oragnico a quello politico. E questo spiega anche come si trattasse di una battaglia persa in partenza.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Esatto, ma ritengo che questa affermazione sia molto più contestualizzabile in epoche relativamente più recenti, rispetto a quelle sulle quale abbiamo iniziato a discutere. Mi riferisco al periodo di cattività papale avignonese ed al suo acme, particolarmente aspro e curiosamente secolare, con la persecuzione templare ad opera di Filippo il bello.
Ma qua si amplia, e di tanto, il discorso.
Cerco di chiarire meglio cosa intendessi dire. L'impero romano nella sua fase finale si attacca alla chiesa come una pianta malata ad una sana, per trarre da essa sostegno e legittimazione. Se fosse stata un'istituzione ancora vitale, ovviamente questo non sarebbe stato necessario e, credo, non avremmo neanche assistito allo sviluppo della chiesa come entità politica. Insomma, la chiesa assume potere in quanto l'impero, debole, è costretto a cederne una parte sempre maggiore.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Noto come sia già visibile l'immagine di un imperatore sotto tutela da parte del vescovo, che, infatti, reclama per sè il diritto a decidere della questione e minaccia (neanche tanto velatamente) il giovane imperatore di una relazione forte del clero cristiano, qualora egli decida in maniera difforme. Mi sembra evidente che la battaglia non sia combattuta su un piano di parità, da una parte c'è una minoranza residuale, dall'altra un potere religioso che è ormai oragnico a quello politico. E questo spiega anche come si trattasse di una battaglia persa in partenza.
Chiaramente... Ma ti volevo chiedere a proposito una cosa, se si può dunque parlare di debolezza del potere politico, in tale situazione... Forse legato anche a questioni di carattere contingente....
Ritengo che l'assenza di unitarietà in ambito secolare, abbia, in quel periodo, favorito l'ascesa del potere di natura politica in ambito religioso della nascente cristianità.
Dalla suddivisione dei due imperi romani, il territorio europeo non ha mai trovato un'unitarietà politica, territoriale, sociale e culturale. Solo dopo molti secoli (e non in tutti gli ambiti), si potrà ritrovare questa sinergia di intenti (inizialmente con l'illuminismo e successivamente con il capitalismo ed il contrapposto comunismo).
Anzi, è proprio in quel tessuto di frammentazione socio-economica che la chiesa ha tratto i maggiori benefici ed ha accresciuto il proprio potere politico.
Ritengo che l'assenza di unitarietà in ambito secolare, abbia, in quel periodo, favorito l'ascesa del potere di natura politica in ambito religioso della nascente cristianità.
Dalla suddivisione dei due imperi romani, il territorio europeo non ha mai trovato un'unitarietà politica, territoriale, sociale e culturale. Solo dopo molti secoli (e non in tutti gli ambiti), si potrà ritrovare questa sinergia di intenti (inizialmente con l'illuminismo e successivamente con il capitalismo ed il contrapposto comunismo).
Anzi, è proprio in quel tessuto di frammentazione socio-economica che la chiesa ha tratto i maggiori benefici ed ha accresciuto il proprio potere politico.
Certo Io però alludevo anche alla minaccia delle invasioni barbariche e alla difficoltà di difendere i confini... Forse l'Impero aveva bisogno di un "collante", qualcosa che creasse unità...
Anche perchè un numero crescente di barbari entrava a far parte dell'apparato militare ed amministrativo romano, e probabilmente era sentita forte la necessità di "integrarli"...
Non so, sto solo facendo delle supposizioni, vorrei che qualcuno mi correggesse...
Hai davvero ragione, trovo anch'io che sia bello insegnare, specialmente quando si ha molto da insegnare, e trovo che tu (anche se non lo sei effettivamente) e Ma siate degli eccellenti maestri, e sono felice di poter apprendere da voi....
Quoto assolutamente ogni sillaba.
Leggo sempre con ESTREMO interesse,pur senza intervenire,ogni Vostra discussione.
Grazie ragazzi
Come promesso, alcune citazioni testuali, per verificare non solo il diverso messaggio, ma anche il tono dei due scritti.
Simmaco Rel. III, 3
Restauriamo, quindi, i riti e i culti che, così lungamente, potessero il nostro stato. Possiamo certo noverare principi seguaci dell'una e dell'altra fede: d'essi i primi han professato la religione dei padri; altri, più vicini a noi, pur non professandola non l'hanno soppressa. Ora, se non serve a voi d'esempio la religione dei primi, vogliate almeno ispirarvi alla tolleranza di quegli altri....
III, 10
Diversi sono i culti che gli uomini praticano, ma son da considerare come volti tutti ad adorare un solo e medesimo essere. Gli astri che miriamo sono gli stessi, comune è il cielo, un medesimo universo ci circonda: che importa, allora, se per vie diverse ognuno cerca il vero?....
Bella, appassionata, eroica questa invocazione di Simmaco, che pure si appella alla tolleranza, un sentimento cristiano in una voce a difesa del morente culto pagano.
Ma non fu accolta, perchè non poteva essere accolta.
L'abbiamo detto, ed anche tu lo ricordi, che l'impero ebbe bisogno del cristianesimo, e viceversa, se si voleva salvare la civiltà, perchè questo farà la cattolicità in Occidente, accolse e protesse l'ultima fiamma carpita ad un sole antico prima che questo tramontasse, con sullo sfondo già il medioevo.
Ambrogio, lo ricordi all'inizio, parla infatti come un uomo medioevale, sembra di ascoltare, nel suo tonante invito all'imperatore a rigettare la richiesta del Prefetto, un Bonifacio VIII, un Innocenzo II, un Gregorio VII, i grandi pontefici dell'assolutismo papale e delle lotte con gli imperatori.
La storia ha voltato pagina, irrevocabilmente.
Il ritorno ad un mondo che Simmaco invoca, il suo chiedere di lasciare che il culto dei padri sopravviva è e viene vista come un tentativo di restaurazione, l'ancient regime che tenta di sopravvivere a se stesso.
Questo, oramai è chiaro, non può più essere possibile.
Non si tratta qui di tolleranza rifiutata ma, più importante e vitale, si tratta (pragmaticamente da parte romana, consequenzialmente alla fede da parte cristiana) di fare in modo che un'intera civiltà sopravviva a se stessa, mutando il mutabile, ma preservando il cuore, l'idea di romanità.
Siamo agli sgoccioli, l'impero da lì a poco, in Occidente non sarà più;
La Chiesa, sparita ogni reale istituzione laica, sarà costretta, per non breve tempo, a supplire a questo vuoto, gettata nella lotta secolare al gusto dela quale si abituerà, questo è vero, con troppo piacere.
Ma da essa capirà che senza una forte colonna civile, senza un Cesare, anche il suo essere votata a Dio, o comandare in nome di Dio può portare solo ad un oscurantismo contrario alla sua stessa natura.
Trecento anni dopo il tramonto dell'Impero romano d'Occidente, sarà la Chiesa stessa a porre sul capo di un nuovo imperatore il diadema di Costantino, a ungere colui il quale sarebbe spettato il compito di difendere romanità e cristianità, quella civiltà che la Chiesa sente di non poter proteggere da sola, non ponendo solo Dio.
A Carlo Magno, imperatore dei Romani, per grazia di Dio, spetta questo compito che svolgerà magnificamente, per la fortuna di tutti noi.
Se Simmaco avesse vinto, e non Ambrogio, Roma e la civiltà sarebbe tramontata come tanti imperi prima del suo, non ne avremmo avuto oggi che qualche segno, col resto spazzato via da chi davvero avrebbe sradicato dal profondo ogni traccia, non limitandosi a rimuovere da un altare una statuta per porvi un crocifisso, ma lasciando vivere le istituzioni.
Si trattò di essere intolleranti, per obbligo, rigettando sincretismo e relativismo, guardando oltre per non perdere tutto;
I bei gesti, le belle parole, hanno dovuto sempre fare i conti con la Storia e le sue necessità, anche oggi.
...ma di noi
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Cerco di chiarire meglio cosa intendessi dire. L'impero romano nella sua fase finale si attacca alla chiesa come una pianta malata ad una sana, per trarre da essa sostegno e legittimazione. Se fosse stata un'istituzione ancora vitale, ovviamente questo non sarebbe stato necessario e, credo, non avremmo neanche assistito allo sviluppo della chiesa come entità politica. Insomma, la chiesa assume potere in quanto l'impero, debole, è costretto a cederne una parte sempre maggiore.
Qui è tutto da quotare, e richiama appunto la necessità storica del perchè, Ambrogio o meno, la richiesta di Simmaco fosse da rigettare.
Il calcolo fu semplice:
Il cristianesimo chiedeva in fondo di togliere gli dei e porre Dio salvando, e anzi, restando fedele a Cesare, i due elementi posti da Cristo stesso, e senza i quali, come dimostrato quando un assolutismo pretende tutta la posta, non vi può essere civiltà alcuna.
Si violentò il sentimento di una minoranza, ma il gioco valse la candela.
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Tanti spunti ancora Sean, andrò un po' random. Vero che l'eremitismo, l'ascesi sono tipicamente medievale, però prima ci sono stati i padri del deserto. gli anacoreti, senza dimenticare quelle tendenza apocalittiche (particolarmente vive nel momento di massima disgregazione dell'impero) che si nutrivano dell'idea di una fine del mondo ormai prossima (concetto, questo, anch'esso estraneo alla tradizione pagana).
Mi appoggio a questo tuo estratto per puntualizzare riguardo alcuni aspetti del cristianesimo che sono apparsi un pò ovunque in questo bellissimo thread.
La mortificazione della carne, che altrove richiamavi, si differenzia comunque dall'ascetismo, che è pratica di ricerca e contatto con Dio attraverso il proprio spirito, ma non implica alcuna punizione corporale, legata solo, quest'ultima, al concetto tutto interno alla teologia medioevale del peccato originale.
Anche qui si vede come una Chiesa ripiegata su se stessa produca una teologia in netto contrasto con la verità professata, che pone al centro stesso della fede la resurrezione della carne, il corpo che torna a vivere, trasfigurato nel suo aspetto finale e glorioso.
Tornando a quello che qui ci interessa, i primi cristiani, come giusto, non vissero mai la dicotomia corpo-anima che segnerà le generazioni successive, ma, al pari dei pagani, vissero armonicamente la loro corporeità terrena, interpretata però, è vero, secondo un fine diverso, gettando lo sguardo oltre un mero limite.
Il successo del cristianesimo presso i pagani (non fu imposto con la spada, ricordiamolo) fu proprio quello di preservare la natura degli individui non più legandola ad un mondo definito e terreno, ma dandogli uno slancio spirituale e supero, il Verbo che disseta tutti e nell'intimo più singolare e profondo, una novità sconvolgente per il paganesimo, eppure perfettamente aderente ad esso, perchè nessuno sforzo si dovette fare per aderirvi.
Quando Cristo dice Sono il Figlio dell'uomo, rivela un qualcosa di straordinario e di così puramente semplice, e tangibile;
Se a Dio, in quanto eterno, non possiamo dare alcun divenire, questo significa che l'idea dell'uomo, la sua preesistenza, è da sempre presente in Dio, viene dall'eterno:
L'uomo cristiano è non solo naturale, ma divino - un clamoroso superamento nei fatti del paganesimo, che i pagani stessi videro come il tassello che mancava perchè quell'Olimpo, sempre interrogato e sempre muto, si svelasse improvvisamente Parola fatta carne, Uomo da sempre.
Quando scrive, Simmaco è già uomo superato.
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