Si fa un gran parlare, oggi, di intolleranza, in specifico di intolleranza religiosa che, di solito, associamo all'Islam. Quando nasce questa intolleranza, ad opera di chi, in che contesto? L'uomo è semrpe stato intollerante?
Credo che un discrimine fondamentale sia rappresentato da una vicenda tra le più rilevanti degli ultimi decenni dell'impero romano. Mi riferisco alla disputa relativa all'altare della Vittoria, e allo scontro tra paganesimo
ormai morente e cristianesimo in piena ascesa. La vicenda, come forse qualcuno ricorda, ruota intorno alla rimozione dell'altare della vittoria, che si trovava nel senato a Roma, e che per secoli era stato il simbolo stesso della religione di stato romana. Esso venne rimosso nel 357, dall'imperatore cristiano, Costanzo II. Nel 384 uno degli ultimi rappresentanti della cultura pagana in Roma, il prefetto Quinto Aurelio Simmaco scrisse una straordinaria lettera all'imperatore Valentiniano II, per chiedere che l'altare venisse riposizionato al suo posto, sulla base di un'idea di continuità con la tradizione di Roma, e di un diritto, per ciascuno, a professare il proprio culto. Il paganesimo non contemplava, mai lo aveva fatto, l'idea di una religione unica, di una sola ed unica via per la verità
Dobbiamo riconoscere che tutti i culti hanno un unico fondamento. Tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda. Che importa se ognuno cerca la verità a suo modo? Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande.
Queste parole di Simmaco sono il testamento spirituale del paganesimo. Ad esse rispose il vescovo di Milano, Ambrogio, consigliere spirituale dell'imperatore al quale, in diverse lettere, consigliò, anche con velati ricatti morali e richiami al giudizio ultraterreno, di respingere le proposte di Simmaco. Quel che emerge dalle sue lettere è una posizione rigidamente intransigente, il cristianesimo deve diventare l'unica religione dello stato, perchè essa è l'unica via per la salvezza, la continuità, di cui parla Simmaco, diventa per Ambrogio la continuità tra l'impero antico e la nuova chiesa. Troviamo qui, in nuce, quello che sarà il predominio della Chiesa sullo Stato. Colpisce come il cristianesimo, fino a pochi decenni prima emarginato e perseguitato e che reclamava per se la tolleranza non appena divenne religione dominante abbia represso ogni culto diverso dal proprio.
Ciò che rimane da questa lettura è una visione culturale pienamente classica da parte di Simmaco mentre in Ambrogio siamo già in pieno medioevo.
Mi sono dilungato troppo, ma il nucleo della discussione è semplice: l'intolleranza è estranea al mondopagano, nasce con le religioni monoteistiche, con la comune matrice semitica, e si sostanzia, in occidente, nel cristianesimo. Quella che sentiamo definire come la luce del mondo, non fu, forse, l'inizio di un oscurantismo che dura ancora oggi?
Credo che un discrimine fondamentale sia rappresentato da una vicenda tra le più rilevanti degli ultimi decenni dell'impero romano. Mi riferisco alla disputa relativa all'altare della Vittoria, e allo scontro tra paganesimo
ormai morente e cristianesimo in piena ascesa. La vicenda, come forse qualcuno ricorda, ruota intorno alla rimozione dell'altare della vittoria, che si trovava nel senato a Roma, e che per secoli era stato il simbolo stesso della religione di stato romana. Esso venne rimosso nel 357, dall'imperatore cristiano, Costanzo II. Nel 384 uno degli ultimi rappresentanti della cultura pagana in Roma, il prefetto Quinto Aurelio Simmaco scrisse una straordinaria lettera all'imperatore Valentiniano II, per chiedere che l'altare venisse riposizionato al suo posto, sulla base di un'idea di continuità con la tradizione di Roma, e di un diritto, per ciascuno, a professare il proprio culto. Il paganesimo non contemplava, mai lo aveva fatto, l'idea di una religione unica, di una sola ed unica via per la verità
Dobbiamo riconoscere che tutti i culti hanno un unico fondamento. Tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda. Che importa se ognuno cerca la verità a suo modo? Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande.
Queste parole di Simmaco sono il testamento spirituale del paganesimo. Ad esse rispose il vescovo di Milano, Ambrogio, consigliere spirituale dell'imperatore al quale, in diverse lettere, consigliò, anche con velati ricatti morali e richiami al giudizio ultraterreno, di respingere le proposte di Simmaco. Quel che emerge dalle sue lettere è una posizione rigidamente intransigente, il cristianesimo deve diventare l'unica religione dello stato, perchè essa è l'unica via per la salvezza, la continuità, di cui parla Simmaco, diventa per Ambrogio la continuità tra l'impero antico e la nuova chiesa. Troviamo qui, in nuce, quello che sarà il predominio della Chiesa sullo Stato. Colpisce come il cristianesimo, fino a pochi decenni prima emarginato e perseguitato e che reclamava per se la tolleranza non appena divenne religione dominante abbia represso ogni culto diverso dal proprio.
Ciò che rimane da questa lettura è una visione culturale pienamente classica da parte di Simmaco mentre in Ambrogio siamo già in pieno medioevo.
Mi sono dilungato troppo, ma il nucleo della discussione è semplice: l'intolleranza è estranea al mondopagano, nasce con le religioni monoteistiche, con la comune matrice semitica, e si sostanzia, in occidente, nel cristianesimo. Quella che sentiamo definire come la luce del mondo, non fu, forse, l'inizio di un oscurantismo che dura ancora oggi?
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