è quello che i sinistri intellettualoidi che nel post guerra hanno costruito la lorto fortuna politico mediatica ci hanno tramandato dal basso della loro mediocrità.
fedeli al togliattiano secondo stato imboscati di tutti i tipi hanno occupato,con il beneplacito della dc,i canali culturali italiani stabilendo un'egemonia che alla luce della disfatta del socialismo reale ancora tende a perdurare.
proporrò in questo 3d alcune figure di intellettuali che hanno contribuito alla formazione di un pensiero di destra non omologato.
inizio nella speranza che qualcuno voglia seguirmi e commentare.
per ovvie ragioni copiaincollerò sperando che quanto riportato possa permette il decollo di una discussione dai toni moderati.
RAMIRO LEDESMA RAMOS
Erik Norling
Ramiro Ledesma Ramos:
itinerario di un non conformista
La nostra lotta non prende senso che quando viene messa in prospettiva. Se noi siamo dei «nostalgici dell’avvenire», sappiamo anche ricordarci del nostro passato e di coloro che lo scrissero.
E per questa ragione che pubblichiamo qui una traduzione della prefazione di Erik Norkling per la seconda edizione del romanzo scritto da Ramiro Ledesma Ramos durane gli anni 1923-1924 e la cui prima edizione fu pubblicata a Madrid nel 1924 con il titolo El Sello de la muerte (Il sigillo della morte).
Non è inutile in effettti ripercorre l’itinerario intellettuale e militante del fondatore delle JONS (Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista, Giunte di offensiva nazional-sindacalista) che il nostro camerata Juan-Antonio Llopart aveva presentato sul numero 3 della precedente formula di Résistance, nel marzo 1998, come un autentico nazional-bolscevico, difensore sia dei valori della Spagna che della sua dimensione europea; collegando anche il destino della nazione all’idea socialista di un’equa distribuzione delle ricchezze.
In un’epoca di pseudo-contestazione del mondialismo da parte del gauchismo, malattia senile del comunismo, e di scioglimento delle nazioni europee nel magma dell’economia liberale, è necessario richiamare la purezza dell’impegno di Ramiro Ledesma Ramos, autentico rivoluzionario e nemico del sistema. Avendo dato non poco filo da torcere alla borghesia spagnola, comprese le tendenze di destra presenti nella Falange, la sua persona e la sua dottrina ci possono servire da riferimento per la nostra azioni.
Possa il suo ricordo dare chiarezza a noi e turbare il sonno dei borghesi complici, di destra come di sinistra!
Yves Bessagne
«Noialtri riteniamo più salutare questa marea di scioperi perché essa contribuirà a squilibrare dei falsi equilibri. D’altra parte, sono mobilitazioni rivoluzionarie, di cui oggi il nostro popolo ha più che mai bisogno. La battaglia sociale alla base di scioperi e di collisioni con la reazione parlamentare, può fornirci l’occasione di confronti decisivi. Di fronte ai borghesi timorati che prendono paura del coraggio del popolo, noi plaudiamo all’azione sindacale che rinnova almeno le virtù guerriere ed eroiche della razza».
Ramiro Ledesma Ramos, citato in Fascismo rojo, Colectivo Karl-Otto Paetel, Valencia, 1998.
Ramiro Ledesma Ramos nasce ad Alfarz de Sayago (Zamora) il 23 maggio 1905, figlio di un maestro elementare senza molte risorse, ma con una vasta formazione culturale. Ad appena sedici anni, si trasferisce a Madrid dove lavorerà come funzionario delle Poste, ricevendo diversi incarichi nel corso di alcuni anni, fino ad inserirsi definitivamente nella capitale. La sua origine sociale, dalla classe medio-bassa, lo segnerà profondamente; egli si sente lontano dalle lotte sociali del decennio degli anni venti.
Autodidatta, egli non avrà una famiglia a sostenerlo, né un nome che lo introduca nella Madrid della dittatura primoriveristea. Studia e legge intensamente tutto quello che gli capita sotto mano, in particolare la filosofia francese. Rapidamente, sforzandosi di superarsi, egli comincia ad interessarsi ai filosofi tedeschi dei quali apprende la lingua sui loro stessi libri. La sua abilità nella lingua di Goethe giungerà ad un tale livello che egli tradurrà in spagnolo diversi lavori di filosofia che saranno pubblicati a Madrid. Questo aspetto sarà senza alcun dubbio una delle specificità che farà sì che, quando si lancerà nell’arena politica, egli non possa condividere la visione meridionale del fascismo, preferendo la sobrietà del nazional-socialismo che, in tutta onestà e verità, è difficile da classificare in questa corrente ideologica.
Ancora adolescente, egli aveva manifestato delle propensioni letterarie. Aveva scritto tra il 1923 e il 1925 diversi testi minori. El vacio (Il Vuoto), El joven suicida (Il Giovane suicida), e El fracaso de Eva (Il Fallimento di Eva) sono i titoli di alcuni di questi lavori, conservati, ma mai pubblicati. Il suo primo libro esce nel 1924, pubblicato dalle edizioni Reus di Madrid grazie ad un contributo finanziario di suo zio; è un romanzo autobiografico, El Sello de la muerte (Il sigillo della morte). È un testo con chiari riferimenti esistenziali e tradizionalisti, conseguenza del suo pensiero (Ramiro studia Nietzsche, Bergson, Kierkegaard) che lo condurrà a rompere con il movimento positivista e razionalista dell’epoca. Queste letture e la sua visione filosofica segneranno la sua traiettoria politica futura, lontana sia dal naturalismo che dal tradizionalismo spagnolo. Si afferma sempre che questo romanzo è il risultato dell’influenza di Unamuno su Ramiro Ledesma, mentre è più prossimo agli atteggiamenti « barojianas » (L’Albero della scienza) che si rifanno alle stesse fonti ribelli ed irrazionaliste. Poco dopo, nello stesso anno, egli scrive El Quijote y nuestro tiempo (Il Chisciotte e il nostro tempo), stavolta come omaggio ad un antico maestro di Salamanca, Unamuno, avendo già sostanzialmente modificato il suo stile e la sua visione. Questo testo resterà inedito finché Thomas Borras lo pubblicherà nel 1971, censurandolo leggermente.
Nel 1926, s’iscrive all’Università di Madrid, alla Facoltà di Filosofia e Lettere, corso che finirà nel 1930, oltre a quello di Scienze Esatte (che non arriverà a terminare, lanciandosi nel 1931 nella lotta politica). Sono anni di studio (che egli non interromperà nemmeno durante i lunghi mesi del suo servizio militare che compie tra l’agosto 1926 e l’ottobre 1927) e con l’aiuto di Ernesto Gimenez Caballero e di César Arconeda, segretario della Gaceta Literaria (Gazzetta Letteraria), e cugino di Ramiro, egli si inizierà al pensiero filosofico più sottile dell’epoca. Egli intesserà, in questi cenacoli di discussione, un’amicizia con molti di coloro che saranno in seguito i suoi più stretti collaboratori politici, ma anche con il fior fiore del pensiero spagnolo. Gli si apriranno le porte della Gaceta Literaria e della prestigiosa Revista de Occidente (Rivista dell’Occidente), come quelle di altre riviste spagnole all’avanguardia nella cultura e nella filosofia dell’epoca. Nell’Ateneo di Madrid, Ramiro, ad appena vent’anni, è una figura celebrata, una promessa intellettuale ammirata da tutti. Ortega y Gasset diviene il suo principale maestro, introducendolo nel mondo complesso della filosofia tedesca. Egli legge così Ottogaard, Hegel, Scheler, Meyerson, Richert, Hartmann, Heidegger, Fichte, etc.
La sua attrazione per le matematiche gli sarà di grande utilità per la filosofia come per la sua padronanza del tedesco. Egli traduce ed introduce in Spagna numerosi autori come Einstein, Heidegger, Scheler e come le scuole della fenomenologia e della gestalttheorie. I suoi scritti, complicati per i profani, sono elaborati e di un grande livello intellettuale sebbene lontani da ogni politica. L’elenco delle opere pubblicate tra il 1928 e il 1930, dalla penna di un giovane funzionario delle poste impressiona non solo i profani, ma anche gli esperti in materia.
Mentre studia e si immerge nel mondo delle filosofia (e, non dimentichiamolo, delle matematiche), egli scopre i movimenti d’avanguardia della letteratura e delle arti. Con i suoi sodali della Gaceta Literaria e soprattutto grazie a Gimenez Caballero, Ramiro partecipa a questa nuova corrente che irrompe e che desidera distruggere “il vecchio mondo” dell’arte al fine di promuovere gli avanguardisti in Spagna. Come in Italia, dove il futurismo di Marinetti si allea con il fascismo per distruggere le fondamenta di un paese decadente, questi giovani in Spagna reclamano un’uscita artistica alla crisi sociale della Restaurazione canovista. Così, si comprende che dall’arte alla politica attiva non vi è che un passo. Molti membri della Gaceta Literaria diverranno comunisti, altri fascisti. È il riflesso di un’epoca e di una generazione ribelle che si tufferà nel vortice della guerra civile. La profonda amicizia che li univa attorno all’arte e alle lettere sarà inghiottita dalla profonda frattura che separerà le due Spagne alle quali fa riferimento Machado e che fu una triste realtà.
Il 1931 è l’anno decisivo della sua vita. Egli ha venticinque anni e attraverso un radicale mutamento, quella che era una traiettoria intellettuale piena di promesse, si converte in attivismo e militanza politica la cui tendenza si può già intravedere in certi suoi scritti precedenti. Un grande intellettuale annullato a vantaggio del carattere effimero della politica? Se non avesse preso questa decisione cruciale, il Ramiro filosofo oggi sarebbe forse un personaggio consacrato dalle enciclopedie. In questo tutto per tutto il Ramiro filosofo lascia il passo al Ramiro politico. Egli ha dubbi, è stato contagiato, come tanti altri della sua generazione, da quella che Mussolini chiama «la malattia del XX secolo», il fascismo.
Politicamente, Ramiro come dottrinario è quasi altrettanto importate e molto più conosciuto che non per la funzione intellettuale. Egli porrà le basi dell’ideologia nazional-sindacalista che poi la Falange spagnola e, almeno di facciata il franchismo, faranno proprie. Dapprima con La conquista del Estado (la Conquista dello Stato - nel 1931), un settimanale dalle profonde reminiscenze malapartiane, poi con le Giunte d’offensiva nazional-sindacalista (JONS), Ramiro Ledesma tenterà di dare una forma politica ad un pensiero filosofico (nel 1932-1933). Durante la II Repubblica, Ramiro Ledesma pone i fondamenti ideologici, dà le consegne, le parole d’ordine, i simboli, che apporterà con sé alla Falange di José Antonio Primo de Rivera, il figlio del dittatore, quando nel 1934 le loro rispettive formazioni politiche si fonderanno.
E' anche interessante sottolineare le relazioni che Ramiro Ledesma ha con i gruppi non conformisti francesi degli anni trenta e l’influenza che essi eserciteranno sul suo pensiero politico. Ci riferiamo ai contatti con i gruppi Ordre nouveau, con la rivista Plan e con tutta la rete di intellettuali non conformisti che durante quel decennio fanno da innovatori nel mondo della cultura e della politica francesi. Nessun biografo di Ramiro ha ancora studiato questa relazione. Ramiro Ledesma Ramos può essere considerato come il rappresentante spagnolo di questa corrente che l’universitario svizzero Armin Molher ha chiamato Rivoluzione conservatrice. Con questo termine si comprende il gruppo dei giovani intellettuali usciti dalla crisi della prima guerra mondiale (in Spagna dalla dittatura primoverista) che in Germania, Italia, Francia, tentarono di coniugare il nazionalismo con la necessità di una rivoluzione sociale. Evidentemente, questo fenomeno ricopre uno spettro completo ed ampio, troppo ampio per poterne parlare in questa sede. I più attivi rappresentanti di questo gruppo precursore del nazional-socialismo e del fascismo italiano, finirono per unirsi all’uno o all’altro campo, molti a quello del comunismo, ma molti anche a quello del fascismo. Si misero in luce coloro che sono stati chiamati nazional-bolscevichi, situati tra il fascismo ed il comunismo, la cui ideologia nazional-rivoluzionaria riuscì a raggiungere una base sociale. Per il suo linguaggio politico, alcuni hanno tentato di assimilare Ramiro a questo gruppo, ma senza fornire prove di questa relazione, servendosi semplicemente delle loro intuizioni. Oggi possiamo affermare senza ombra di dubbio, grazie alla documentazione in nostro possesso e che a breve sarà resa pubblica in un lavoro che stiamo preparando, che Ramiro Ledesma ebbe delle relazioni con i nazional-rivoluzionari europei e che questo fu il risultato della sua concezione soreliana della politica. Una visione molto vicina anche a quella degli anarco-sindacalisti di Angel Pestana in Spagna. Che è stata costantemente rivendicata dai settori del nazional-sindacalismo più sensibili al problema sociale. Se vi fu qualcuno che seppe interpretare Georges Sorel e il sindacalismo rivoluzionario uscito dal socialismo revisionista, questi fu Ramiro Ledesma.
Ramiro era allora fascista? Egli evitò sempre l’utilizzo eccessivo di questa etichetta, che d’altronde rifiutava, ma fu lui stesso a sottolineare che il fascismo non è nient’altro nel suo aspetto più profondo che il progetto di incorporare al supporto o alla sostanza storica dello Stato nazionale gli strati popolari più ampi; e che di conseguenza era una concezione innovativa della società in grado di affrontare il marxismo ed il parlamentarismo borghese e che egli lo sentiva con una simpatia più che evidente. Noi non possiamo definirlo unicamente come tale, ma egli fu sicuramente il rappresentante più autentico espresso dalla Spagna di questa corrente di pensiero politico e quello che fu meno influenzato dal tradizionalismo reazionario del XIX secolo. È un altro aspetto completamente distinto da prendersi in considerazione sulla questione di sapere se egli avrebbe preso il medesimo cammino di molti intellettuali della Rivoluzione conservatrice europea, che abbandonarono il fascismo quando scoprirono che esso era controllato dalle correnti di destra.
Deluso dalla traiettoria della Falange, che considera eccessivamente reazionaria, e per questioni di strategia propagandistica, egli si separa da questo partito agli inizi del 1935 e comincia la sua ultima tappa politico-intelletuale. Il percorso filosofico vitale è assolutamente incompatibile con la visione politica di José Antonio de Rivera e degli altri dirigenti falangisti, molto più prossimi a posizioni tradizionaliste del pensiero nazionalista spagnolo, delle quali essi possiedono una evoluzione interessante e adeguata a quel momento. È in questi ultimi due anni della sua vita che egli scrive il suo famoso Discurso a las Juventudes de Espãna (Discorso alla gioventù di Spagna), autentico compendio dell’ideologia rivoluzionaria e radicale che egli ha cominciato a redigere nel 1934, come Fascismo en Espãna? (Fascismo in Spagna?) che firmerà con lo pseudonimo che utilizza nella rivista delle JONS, Roberto Lanzas. In questo libro, l’ultimo che pubblicherà prima di morire, egli passa in rassegna tutta la traiettoria dei gruppi fascisti spagnoli(il gruppo de La conquista del Estado, la Falange, le JONS) essendo la miglior guida per comprendere il loro scacco e analizzare le cause avendo compreso l’incapacità di imporre in Spagna una formazione d’intonazione fascista. È già un Ramiro deluso dalle realtà spagnole, ma che continua a militare nell’attivismo politico.
Ora solo, dopo aver abbandonato la Falange, egli pubblica La Patria Libre (La Patria Libera), un settimanale attorno al quale egli intende raggruppare i sostenitori delle JONS al di fuori della disciplina falangista ma, dopo alcuni rari numeri, egli deve sospendere la sua pubblicazione per mancanza di fondi. Durante l’estate del 1936, decide di lanciarsi di nuovo nell’avventura giornalistica e fonda Nuestra Revoluciòn (Nostra Rivoluzione), di cui uscirà un solo numero unico, all’inizio del luglio 1936. Manca solo una settimana allo scoppio della guerra civile.
Durante l’estate del 1936, Ramiro Lesdesma Ramos è detenuto nella Madrid repubblicana e il 29 ottobre, messo a morte dai miliziani del Fronte Popolare e gettato in una fossa comune ad Araveca, nella periferia della capitale. Sono circolate diverse versioni sulla sua morte, e tutte si raggruppano nel sottolineare il suo coraggio di fronte alla morte quando venne fucilato ed in conclusione assassinato per le sue idee. Quando il suo maestro Ortega y Gasset venne a conoscenza dell’avvenimento, egli non poté che esclamare fremente: Non hanno ucciso un uomo, hanno ucciso un’intelligenza!
Mitizzato sotto il franchismo, ma in fondo censurato in maniera velata (la Chiesa cattolica giunse a chiedere che egli venisse iscritto all’indice degli autori proibiti»), Ramiro Ledesma sarà considerato come uno dei fondatori del nazional-simdacalismo nella propaganda del sistema. Era ufficialmente nel Pantheon degli eroi falangisti, ma sfortunatamente l’interesse per l’analisi della sua opera era raro.
Fu così che nel 1941 si permise a Santiago Montero Diaz, un universitario galiziano amico di gioventù di Ramiro Ledesma e suo principale difensore nella Spagna franchista, di pubblicare i suoi scritti filosofici che non furono d’altronde i minori messi in luce.
Lo stesso anno, Ximenes de Sandoval, biografo appassionato di José Antonio Primo de Rivera, cominciava il lavoro di isolamento e di demolizione della memoria di Ramiro Ledesma, mentre rapidamente altri lo seguivano con il consenso dei media ufficiali. La sua figura resta sempre relegata all’ombra dell’onnipresente José Antonio Primo de Rivera, molto più adattabile all’ideologia del Nuovo Stato del generalissimo Franco. Non è che verso la fine del franchismo che autori come Sanchez Diana o Tomàs Borras tenteranno di salvare l’eredità di Ramiro Ledesma, mai senza un grande successo.
Durante l’epoca di transizione, alcuni dirigenti falangisti ebbero il desiderio di rivendicare il Ramiro politico ma, avendo poca conoscenza del Ramiro filosofo, di conseguenza interpretarono male il Ramiro politico. L’uno è inseparabile dall’altro. Comunque in questi anni, e per questo saremo loro sempre riconoscenti, la famiglia Ledesma ha messo in atto un importante impegno di pubblicazione delle sue opere. Inoltre è uscita nel 1983 una nuova edizione ad ampia diffusione dei suoi scritti filosofici, grazie alla casa editrice Tecnos di Madrid. Tuttavia il Ramiro filosofo continua ad essere ancora sconosciuto, tanto per gli storici quanto per coloro che si interessano di quel periodo del pensiero politico spagnolo.
Tratto dal sito www.voxnr.com
Traduzione dal francese
a cura di Belgicus
fedeli al togliattiano secondo stato imboscati di tutti i tipi hanno occupato,con il beneplacito della dc,i canali culturali italiani stabilendo un'egemonia che alla luce della disfatta del socialismo reale ancora tende a perdurare.
proporrò in questo 3d alcune figure di intellettuali che hanno contribuito alla formazione di un pensiero di destra non omologato.
inizio nella speranza che qualcuno voglia seguirmi e commentare.
per ovvie ragioni copiaincollerò sperando che quanto riportato possa permette il decollo di una discussione dai toni moderati.
RAMIRO LEDESMA RAMOS
Erik Norling
Ramiro Ledesma Ramos:
itinerario di un non conformista
La nostra lotta non prende senso che quando viene messa in prospettiva. Se noi siamo dei «nostalgici dell’avvenire», sappiamo anche ricordarci del nostro passato e di coloro che lo scrissero.
E per questa ragione che pubblichiamo qui una traduzione della prefazione di Erik Norkling per la seconda edizione del romanzo scritto da Ramiro Ledesma Ramos durane gli anni 1923-1924 e la cui prima edizione fu pubblicata a Madrid nel 1924 con il titolo El Sello de la muerte (Il sigillo della morte).
Non è inutile in effettti ripercorre l’itinerario intellettuale e militante del fondatore delle JONS (Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista, Giunte di offensiva nazional-sindacalista) che il nostro camerata Juan-Antonio Llopart aveva presentato sul numero 3 della precedente formula di Résistance, nel marzo 1998, come un autentico nazional-bolscevico, difensore sia dei valori della Spagna che della sua dimensione europea; collegando anche il destino della nazione all’idea socialista di un’equa distribuzione delle ricchezze.
In un’epoca di pseudo-contestazione del mondialismo da parte del gauchismo, malattia senile del comunismo, e di scioglimento delle nazioni europee nel magma dell’economia liberale, è necessario richiamare la purezza dell’impegno di Ramiro Ledesma Ramos, autentico rivoluzionario e nemico del sistema. Avendo dato non poco filo da torcere alla borghesia spagnola, comprese le tendenze di destra presenti nella Falange, la sua persona e la sua dottrina ci possono servire da riferimento per la nostra azioni.
Possa il suo ricordo dare chiarezza a noi e turbare il sonno dei borghesi complici, di destra come di sinistra!
Yves Bessagne
«Noialtri riteniamo più salutare questa marea di scioperi perché essa contribuirà a squilibrare dei falsi equilibri. D’altra parte, sono mobilitazioni rivoluzionarie, di cui oggi il nostro popolo ha più che mai bisogno. La battaglia sociale alla base di scioperi e di collisioni con la reazione parlamentare, può fornirci l’occasione di confronti decisivi. Di fronte ai borghesi timorati che prendono paura del coraggio del popolo, noi plaudiamo all’azione sindacale che rinnova almeno le virtù guerriere ed eroiche della razza».
Ramiro Ledesma Ramos, citato in Fascismo rojo, Colectivo Karl-Otto Paetel, Valencia, 1998.
Ramiro Ledesma Ramos nasce ad Alfarz de Sayago (Zamora) il 23 maggio 1905, figlio di un maestro elementare senza molte risorse, ma con una vasta formazione culturale. Ad appena sedici anni, si trasferisce a Madrid dove lavorerà come funzionario delle Poste, ricevendo diversi incarichi nel corso di alcuni anni, fino ad inserirsi definitivamente nella capitale. La sua origine sociale, dalla classe medio-bassa, lo segnerà profondamente; egli si sente lontano dalle lotte sociali del decennio degli anni venti.
Autodidatta, egli non avrà una famiglia a sostenerlo, né un nome che lo introduca nella Madrid della dittatura primoriveristea. Studia e legge intensamente tutto quello che gli capita sotto mano, in particolare la filosofia francese. Rapidamente, sforzandosi di superarsi, egli comincia ad interessarsi ai filosofi tedeschi dei quali apprende la lingua sui loro stessi libri. La sua abilità nella lingua di Goethe giungerà ad un tale livello che egli tradurrà in spagnolo diversi lavori di filosofia che saranno pubblicati a Madrid. Questo aspetto sarà senza alcun dubbio una delle specificità che farà sì che, quando si lancerà nell’arena politica, egli non possa condividere la visione meridionale del fascismo, preferendo la sobrietà del nazional-socialismo che, in tutta onestà e verità, è difficile da classificare in questa corrente ideologica.
Ancora adolescente, egli aveva manifestato delle propensioni letterarie. Aveva scritto tra il 1923 e il 1925 diversi testi minori. El vacio (Il Vuoto), El joven suicida (Il Giovane suicida), e El fracaso de Eva (Il Fallimento di Eva) sono i titoli di alcuni di questi lavori, conservati, ma mai pubblicati. Il suo primo libro esce nel 1924, pubblicato dalle edizioni Reus di Madrid grazie ad un contributo finanziario di suo zio; è un romanzo autobiografico, El Sello de la muerte (Il sigillo della morte). È un testo con chiari riferimenti esistenziali e tradizionalisti, conseguenza del suo pensiero (Ramiro studia Nietzsche, Bergson, Kierkegaard) che lo condurrà a rompere con il movimento positivista e razionalista dell’epoca. Queste letture e la sua visione filosofica segneranno la sua traiettoria politica futura, lontana sia dal naturalismo che dal tradizionalismo spagnolo. Si afferma sempre che questo romanzo è il risultato dell’influenza di Unamuno su Ramiro Ledesma, mentre è più prossimo agli atteggiamenti « barojianas » (L’Albero della scienza) che si rifanno alle stesse fonti ribelli ed irrazionaliste. Poco dopo, nello stesso anno, egli scrive El Quijote y nuestro tiempo (Il Chisciotte e il nostro tempo), stavolta come omaggio ad un antico maestro di Salamanca, Unamuno, avendo già sostanzialmente modificato il suo stile e la sua visione. Questo testo resterà inedito finché Thomas Borras lo pubblicherà nel 1971, censurandolo leggermente.
Nel 1926, s’iscrive all’Università di Madrid, alla Facoltà di Filosofia e Lettere, corso che finirà nel 1930, oltre a quello di Scienze Esatte (che non arriverà a terminare, lanciandosi nel 1931 nella lotta politica). Sono anni di studio (che egli non interromperà nemmeno durante i lunghi mesi del suo servizio militare che compie tra l’agosto 1926 e l’ottobre 1927) e con l’aiuto di Ernesto Gimenez Caballero e di César Arconeda, segretario della Gaceta Literaria (Gazzetta Letteraria), e cugino di Ramiro, egli si inizierà al pensiero filosofico più sottile dell’epoca. Egli intesserà, in questi cenacoli di discussione, un’amicizia con molti di coloro che saranno in seguito i suoi più stretti collaboratori politici, ma anche con il fior fiore del pensiero spagnolo. Gli si apriranno le porte della Gaceta Literaria e della prestigiosa Revista de Occidente (Rivista dell’Occidente), come quelle di altre riviste spagnole all’avanguardia nella cultura e nella filosofia dell’epoca. Nell’Ateneo di Madrid, Ramiro, ad appena vent’anni, è una figura celebrata, una promessa intellettuale ammirata da tutti. Ortega y Gasset diviene il suo principale maestro, introducendolo nel mondo complesso della filosofia tedesca. Egli legge così Ottogaard, Hegel, Scheler, Meyerson, Richert, Hartmann, Heidegger, Fichte, etc.
La sua attrazione per le matematiche gli sarà di grande utilità per la filosofia come per la sua padronanza del tedesco. Egli traduce ed introduce in Spagna numerosi autori come Einstein, Heidegger, Scheler e come le scuole della fenomenologia e della gestalttheorie. I suoi scritti, complicati per i profani, sono elaborati e di un grande livello intellettuale sebbene lontani da ogni politica. L’elenco delle opere pubblicate tra il 1928 e il 1930, dalla penna di un giovane funzionario delle poste impressiona non solo i profani, ma anche gli esperti in materia.
Mentre studia e si immerge nel mondo delle filosofia (e, non dimentichiamolo, delle matematiche), egli scopre i movimenti d’avanguardia della letteratura e delle arti. Con i suoi sodali della Gaceta Literaria e soprattutto grazie a Gimenez Caballero, Ramiro partecipa a questa nuova corrente che irrompe e che desidera distruggere “il vecchio mondo” dell’arte al fine di promuovere gli avanguardisti in Spagna. Come in Italia, dove il futurismo di Marinetti si allea con il fascismo per distruggere le fondamenta di un paese decadente, questi giovani in Spagna reclamano un’uscita artistica alla crisi sociale della Restaurazione canovista. Così, si comprende che dall’arte alla politica attiva non vi è che un passo. Molti membri della Gaceta Literaria diverranno comunisti, altri fascisti. È il riflesso di un’epoca e di una generazione ribelle che si tufferà nel vortice della guerra civile. La profonda amicizia che li univa attorno all’arte e alle lettere sarà inghiottita dalla profonda frattura che separerà le due Spagne alle quali fa riferimento Machado e che fu una triste realtà.
Il 1931 è l’anno decisivo della sua vita. Egli ha venticinque anni e attraverso un radicale mutamento, quella che era una traiettoria intellettuale piena di promesse, si converte in attivismo e militanza politica la cui tendenza si può già intravedere in certi suoi scritti precedenti. Un grande intellettuale annullato a vantaggio del carattere effimero della politica? Se non avesse preso questa decisione cruciale, il Ramiro filosofo oggi sarebbe forse un personaggio consacrato dalle enciclopedie. In questo tutto per tutto il Ramiro filosofo lascia il passo al Ramiro politico. Egli ha dubbi, è stato contagiato, come tanti altri della sua generazione, da quella che Mussolini chiama «la malattia del XX secolo», il fascismo.
Politicamente, Ramiro come dottrinario è quasi altrettanto importate e molto più conosciuto che non per la funzione intellettuale. Egli porrà le basi dell’ideologia nazional-sindacalista che poi la Falange spagnola e, almeno di facciata il franchismo, faranno proprie. Dapprima con La conquista del Estado (la Conquista dello Stato - nel 1931), un settimanale dalle profonde reminiscenze malapartiane, poi con le Giunte d’offensiva nazional-sindacalista (JONS), Ramiro Ledesma tenterà di dare una forma politica ad un pensiero filosofico (nel 1932-1933). Durante la II Repubblica, Ramiro Ledesma pone i fondamenti ideologici, dà le consegne, le parole d’ordine, i simboli, che apporterà con sé alla Falange di José Antonio Primo de Rivera, il figlio del dittatore, quando nel 1934 le loro rispettive formazioni politiche si fonderanno.
E' anche interessante sottolineare le relazioni che Ramiro Ledesma ha con i gruppi non conformisti francesi degli anni trenta e l’influenza che essi eserciteranno sul suo pensiero politico. Ci riferiamo ai contatti con i gruppi Ordre nouveau, con la rivista Plan e con tutta la rete di intellettuali non conformisti che durante quel decennio fanno da innovatori nel mondo della cultura e della politica francesi. Nessun biografo di Ramiro ha ancora studiato questa relazione. Ramiro Ledesma Ramos può essere considerato come il rappresentante spagnolo di questa corrente che l’universitario svizzero Armin Molher ha chiamato Rivoluzione conservatrice. Con questo termine si comprende il gruppo dei giovani intellettuali usciti dalla crisi della prima guerra mondiale (in Spagna dalla dittatura primoverista) che in Germania, Italia, Francia, tentarono di coniugare il nazionalismo con la necessità di una rivoluzione sociale. Evidentemente, questo fenomeno ricopre uno spettro completo ed ampio, troppo ampio per poterne parlare in questa sede. I più attivi rappresentanti di questo gruppo precursore del nazional-socialismo e del fascismo italiano, finirono per unirsi all’uno o all’altro campo, molti a quello del comunismo, ma molti anche a quello del fascismo. Si misero in luce coloro che sono stati chiamati nazional-bolscevichi, situati tra il fascismo ed il comunismo, la cui ideologia nazional-rivoluzionaria riuscì a raggiungere una base sociale. Per il suo linguaggio politico, alcuni hanno tentato di assimilare Ramiro a questo gruppo, ma senza fornire prove di questa relazione, servendosi semplicemente delle loro intuizioni. Oggi possiamo affermare senza ombra di dubbio, grazie alla documentazione in nostro possesso e che a breve sarà resa pubblica in un lavoro che stiamo preparando, che Ramiro Ledesma ebbe delle relazioni con i nazional-rivoluzionari europei e che questo fu il risultato della sua concezione soreliana della politica. Una visione molto vicina anche a quella degli anarco-sindacalisti di Angel Pestana in Spagna. Che è stata costantemente rivendicata dai settori del nazional-sindacalismo più sensibili al problema sociale. Se vi fu qualcuno che seppe interpretare Georges Sorel e il sindacalismo rivoluzionario uscito dal socialismo revisionista, questi fu Ramiro Ledesma.
Ramiro era allora fascista? Egli evitò sempre l’utilizzo eccessivo di questa etichetta, che d’altronde rifiutava, ma fu lui stesso a sottolineare che il fascismo non è nient’altro nel suo aspetto più profondo che il progetto di incorporare al supporto o alla sostanza storica dello Stato nazionale gli strati popolari più ampi; e che di conseguenza era una concezione innovativa della società in grado di affrontare il marxismo ed il parlamentarismo borghese e che egli lo sentiva con una simpatia più che evidente. Noi non possiamo definirlo unicamente come tale, ma egli fu sicuramente il rappresentante più autentico espresso dalla Spagna di questa corrente di pensiero politico e quello che fu meno influenzato dal tradizionalismo reazionario del XIX secolo. È un altro aspetto completamente distinto da prendersi in considerazione sulla questione di sapere se egli avrebbe preso il medesimo cammino di molti intellettuali della Rivoluzione conservatrice europea, che abbandonarono il fascismo quando scoprirono che esso era controllato dalle correnti di destra.
Deluso dalla traiettoria della Falange, che considera eccessivamente reazionaria, e per questioni di strategia propagandistica, egli si separa da questo partito agli inizi del 1935 e comincia la sua ultima tappa politico-intelletuale. Il percorso filosofico vitale è assolutamente incompatibile con la visione politica di José Antonio de Rivera e degli altri dirigenti falangisti, molto più prossimi a posizioni tradizionaliste del pensiero nazionalista spagnolo, delle quali essi possiedono una evoluzione interessante e adeguata a quel momento. È in questi ultimi due anni della sua vita che egli scrive il suo famoso Discurso a las Juventudes de Espãna (Discorso alla gioventù di Spagna), autentico compendio dell’ideologia rivoluzionaria e radicale che egli ha cominciato a redigere nel 1934, come Fascismo en Espãna? (Fascismo in Spagna?) che firmerà con lo pseudonimo che utilizza nella rivista delle JONS, Roberto Lanzas. In questo libro, l’ultimo che pubblicherà prima di morire, egli passa in rassegna tutta la traiettoria dei gruppi fascisti spagnoli(il gruppo de La conquista del Estado, la Falange, le JONS) essendo la miglior guida per comprendere il loro scacco e analizzare le cause avendo compreso l’incapacità di imporre in Spagna una formazione d’intonazione fascista. È già un Ramiro deluso dalle realtà spagnole, ma che continua a militare nell’attivismo politico.
Ora solo, dopo aver abbandonato la Falange, egli pubblica La Patria Libre (La Patria Libera), un settimanale attorno al quale egli intende raggruppare i sostenitori delle JONS al di fuori della disciplina falangista ma, dopo alcuni rari numeri, egli deve sospendere la sua pubblicazione per mancanza di fondi. Durante l’estate del 1936, decide di lanciarsi di nuovo nell’avventura giornalistica e fonda Nuestra Revoluciòn (Nostra Rivoluzione), di cui uscirà un solo numero unico, all’inizio del luglio 1936. Manca solo una settimana allo scoppio della guerra civile.
Durante l’estate del 1936, Ramiro Lesdesma Ramos è detenuto nella Madrid repubblicana e il 29 ottobre, messo a morte dai miliziani del Fronte Popolare e gettato in una fossa comune ad Araveca, nella periferia della capitale. Sono circolate diverse versioni sulla sua morte, e tutte si raggruppano nel sottolineare il suo coraggio di fronte alla morte quando venne fucilato ed in conclusione assassinato per le sue idee. Quando il suo maestro Ortega y Gasset venne a conoscenza dell’avvenimento, egli non poté che esclamare fremente: Non hanno ucciso un uomo, hanno ucciso un’intelligenza!
Mitizzato sotto il franchismo, ma in fondo censurato in maniera velata (la Chiesa cattolica giunse a chiedere che egli venisse iscritto all’indice degli autori proibiti»), Ramiro Ledesma sarà considerato come uno dei fondatori del nazional-simdacalismo nella propaganda del sistema. Era ufficialmente nel Pantheon degli eroi falangisti, ma sfortunatamente l’interesse per l’analisi della sua opera era raro.
Fu così che nel 1941 si permise a Santiago Montero Diaz, un universitario galiziano amico di gioventù di Ramiro Ledesma e suo principale difensore nella Spagna franchista, di pubblicare i suoi scritti filosofici che non furono d’altronde i minori messi in luce.
Lo stesso anno, Ximenes de Sandoval, biografo appassionato di José Antonio Primo de Rivera, cominciava il lavoro di isolamento e di demolizione della memoria di Ramiro Ledesma, mentre rapidamente altri lo seguivano con il consenso dei media ufficiali. La sua figura resta sempre relegata all’ombra dell’onnipresente José Antonio Primo de Rivera, molto più adattabile all’ideologia del Nuovo Stato del generalissimo Franco. Non è che verso la fine del franchismo che autori come Sanchez Diana o Tomàs Borras tenteranno di salvare l’eredità di Ramiro Ledesma, mai senza un grande successo.
Durante l’epoca di transizione, alcuni dirigenti falangisti ebbero il desiderio di rivendicare il Ramiro politico ma, avendo poca conoscenza del Ramiro filosofo, di conseguenza interpretarono male il Ramiro politico. L’uno è inseparabile dall’altro. Comunque in questi anni, e per questo saremo loro sempre riconoscenti, la famiglia Ledesma ha messo in atto un importante impegno di pubblicazione delle sue opere. Inoltre è uscita nel 1983 una nuova edizione ad ampia diffusione dei suoi scritti filosofici, grazie alla casa editrice Tecnos di Madrid. Tuttavia il Ramiro filosofo continua ad essere ancora sconosciuto, tanto per gli storici quanto per coloro che si interessano di quel periodo del pensiero politico spagnolo.
Tratto dal sito www.voxnr.com
Traduzione dal francese
a cura di Belgicus
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