la croce tempeshhtata di rubini e cherubini

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  • Sean
    Csar
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    Originariamente Scritto da Templare Visualizza Messaggio
    Non ho mai sostenuto che il tutto è frutto della fantasia dei Padri della chiesa. In questo caso, come tu prospetti, ci si potrebbe interrogare sul motivo di una "storia" di cristo più gradevole. Quella che è sempre stata la mia posizione che si fonda, dalla lettura e, personale interpretazione, dei passi citati nei miei precedenti interventi è di una chiesa che in maniera ancor più sottile ha nei secoli indotto in errore perpetrando delle falsificazioni su documenti e testi storici, portando e richiamando avvenimenti realmente accaduti ma artificiosamente manipolati. In questo, permettimi di menzionare "Eusebio di Cesarea", definito dagli esegeti "Il falsario" per antonomasia.
    Sulle successive, varie sovrastrutture dovute al sedimentare dei secoli ed a inevitabili "interpretazioni", letture, posizioni che la Chiesa ha assurto pure a dogmi e che forse non rispecchiano la realtà delle vicende così come raccontate anche dagli stessi Vangeli mi trovi tendenzialmente d'accordo, penso sopratutto al dogma della Verginità di Maria, dove pure i Vangeli parlano di "fratelli e sorelle" del Signore, ma qui le letture sono effettivamente le più discordanti (vedi non bisogna arrivare tanto lontano dagli stessi canonici per trovare contraddizioni).
    Ci sono altre cose, ma che già comunque anche gli studi "ufficiali" hanno messo in evidenza, come varie interpolazioni o passaggi più o meno lunghi aggiunti a posteriori (penso all'ultimo capitolo di Marco e all'ultimo di Giovanni).
    L'intenzione non era di scrivere una biografia giornalisticamente perfetta, altrimenti come ripeto lo si sarebbe fatto meglio;
    Era quella di testimoniare un evento, e il nucleo di quell'evento incardinato in una cornice storica - ed il suo messaggio- vive e si regge benissimo, Cristo c'è al di là e anche al di sopra della sua Chiesa.
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      In proposito, visto che tanto apprezzi Tacito, non t'è mai sorto il dubbio di una sospetta intromissione nel suo famoso passo degli annali? Mi siego, quando leggi i capitoli XV, XLIV, in cui si parla di "cristo" e delle persecuzioni dei cristiani e lo confronti con il capitolo XLIII, non ti è mai sembrato strano, pur riferendosi allo stesso evento, il modo in cui viene raffigurata e descritta la figura di Nerone?
      Non l'ho sottomano e comunque mi sarebbe necessaria un'edizione critica, perchè da me non mi posso certo "inventare" esegeta di letteratura latina;
      Ho gli Annali nell'edizione Rizzoli-Bur, col semplice testo latino a fronte e qualche nota a piè pagina, ma forse il nostro Ma_ che è professore di lettere classiche può indicarmi una buona edizione critica, che d'altronde mi manca.
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
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        Sulle successive, varie sovrastrutture dovute al sedimentare dei secoli ed a inevitabili "interpretazioni", letture, posizioni che la Chiesa ha assurto pure a dogmi e che forse non rispecchiano la realtà delle vicende così come raccontate anche dagli stessi Vangeli mi trovi tendenzialmente d'accordo, penso sopratutto al dogma della Verginità di Maria, dove pure i Vangeli parlano di "fratelli e sorelle" del Signore, ma qui le letture sono effettivamente le più discordanti (vedi non bisogna arrivare tanto lontano dagli stessi canonici per trovare contraddizioni).
        Ci sono altre cose, ma che già comunque anche gli studi "ufficiali" hanno messo in evidenza, come varie interpolazioni o passaggi più o meno lunghi aggiunti a posteriori (penso all'ultimo capitolo di Marco e all'ultimo di Giovanni).
        L'intenzione non era di scrivere una biografia giornalisticamente perfetta, altrimenti come ripeto lo si sarebbe fatto meglio;
        Era quella di testimoniare un evento, e il nucleo di quell'evento incardinato in una cornice storica - ed il suo messaggio- vive e si regge benissimo, Cristo c'è al di là e anche al di sopra della sua Chiesa.
        Sei giunto ad una tua personale conclusione, così come posso "personalmente" permettermi di dissentire . I riferimenti su cui basi questa certezza, sono sompre gli stessi, valutati da sostenitori e non dell'evento testamentario. Ed è proprio per questo che mai, tali passi, saranno depositari di una insindacabile verità.
        Non nobis domine non nobis sed nomini tuo da gloriam

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          Non l'ho sottomano e comunque mi sarebbe necessaria un'edizione critica, perchè da me non mi posso certo "inventare" esegeta di letteratura latina;
          Ho gli Annali nell'edizione Rizzoli-Bur, col semplice testo latino a fronte e qualche nota a piè pagina, ma forse il nostro Ma_ che è professore di lettere classiche può indicarmi una buona edizione critica, che d'altronde mi manca.
          se ti fidi:
          "Tuttavia, non i rimedi escogitati, né la generosità del principe (Nerone), né le cerimonie religiose per propiziarsi gli dei potevano soffocare l’infame diceria che l’incendio fosse stato ordinato. Nerone allora, per troncare quelle voci, fece passare per colpevoli e sottopose a raffinatissimi tormenti coloro che il volgo chiamava Cristiani e odiava per le loro azioni nefande. Cristo, il fondatore della setta dal quale avevano preso il nome, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato sotto il regno di Tiberio. Ma la rovinosa superstizione, repressa per il momento, dilagava di nuovo non solo per la Giudea, luogo d’origine del male, ma anche per Roma, dove confluivano e trovavano seguito tutte le atrocità e le vergogne del mondo. Dapprima pertanto si processarono coloro che erano confessi: poi, in base alle loro denunzie, moltissimi vennero convinti non tanto di avere appiccato il fuoco, quanto di odiare il genere umano. I condannati a morte furono anche oggetto della scherno più atroce. Alcuni, coperti con pelli di fiere, erano dilaniati dal morso dei cani; altri crocifissi o arsi vivi, per rischiarare come fiaccole la notte, dopo il tramonto del sole. Per un tale spettacolo Nerone aveva offerto i suoi giardini e dava giochi al Circo, mischiandosi alla folla in costume d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò costoro, sebbene colpevoli e meritevoli dei castighi più gravi, suscitavano pietà, come gente sacrificata non al pubblico bene, ma alla crudeltà di uno solo" (Annali - capitolo XV- XLIV).

          "Nerone che si trovava ad Anzio quando scoppiò l’incendio, per soccorrere il popolo atterrito, ritornato a Roma, aprì il Campo di Marte, i monumenti di Agrippa e perfino i suoi giardini. Fece innalzare costruzioni improvvisate per dare ricovero alla gente mancante di tutto: da Ostia fece venire le cose più necessarie e ridusse a tre sesterzi il prezzo del frumento... eseguì la ricostruzione di Roma, alla quale partecipò in parte a sue spese, con tanta saggezza e sollecitudine come mai era stato fatto dagli altri imperatori sotto i quali erano scoppiati gl’incendi precedenti." (cap.XLIII).
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            Sei giunto ad una tua personale conclusione, così come posso "personalmente" permettermi di dissentire . I riferimenti su cui basi questa certezza, sono sompre gli stessi, valutati da sostenitori e non dell'evento testamentario. Ed è proprio per questo che mai, tali passi, saranno depositari di una insindacabile verità.
            Beh, questo viene da sè, come viene però che quell'evento testametario racconta non di un agitatore ma di un uomo che si dichiara Figlio di Dio e che altri uomini, dopo morto, hanno cominciato immediatamente a testimoniare, a prezzo del sangue;
            Questo neppure nessuno lo ha mai smontato, e anzi testi e archeologia, nella loro stragrande maggioranza, questo ci dicono, non sul piano della fede ma su quello storico.
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            • Templare
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              Beh, questo viene da sè, come viene però che quell'evento testametario racconta non di un agitatore ma di un uomo che si dichiara Figlio di Dio e che altri uomini, dopo morto, hanno cominciato immediatamente a testimoniare, a prezzo del sangue;
              Questo neppure nessuno lo ha mai smontato, e anzi testi e archeologia, nella loro stragrande maggioranza, questo ci dicono, non sul piano della fede ma su quello storico.
              quant'è impegnativo dialogare con te. Ovvio, inteso nel senso buono del termine, altrimenti non starei quì a risponbdere, anche se con fatica, alle tue "provocazioni". Purtroppo per quanti sforzi si possano fare in un senso o nell'altro, si tornerà sempre al punto di partenza. Le certezze non le avremo mai e, forse, il bello della vicenda e sopratutto la "fortuna" della chiesa, così come dei presunti "detrattori", sta proprio in questo. In merito al Cristo mi piacque l'espressione di Corrado Augias quando, ad una trasmissione televisiva, di cui non ricodo il nome, ebbe a dire: è stato un grande personaggio storico, e credo che la chiesa gli abbia solo creato danno (ovvio che non ricordo le parole precise, ma questo mi pare fosse il succo)". Come dargli torto.

              Se si dimostrasse che la terra è rotonda, tutto il cattolicesimo risulterebbe un errore” (cit. S. Agostino - 350 dc) .
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              • ma_75
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                Originariamente Scritto da Templare Visualizza Messaggio
                Las Vergnas, uno dei maggiori esegeti del secolo scorso, proprio in merito al passo di Tasso, affermava: "Non possiamo provare che della perplessità su come Tacito, dallo stile rapido e folgorante, possa tanto sonnecchiare ed invischiarsi sul racconto di questo incendio".
                Su Svetonio, Segretario dell'imperatore Domiziano negli anni 90-95, cioè nel pieno delle presunte persecuzioni, anche lui, come Plinio il Vecchio e Seneca, nulla dice di Gesù e dei cristiani.
                Nella "Vita dei Dodici Cesari", parlando di Claudio, Svetonio dice che nel 51 egli scacciò da Roma gli ebrei perché causavano continui disordini dietro l'incitamento di un certo Chrestos* che se la Chiesa non ha più insistito a far passare per Christo, pur avendoci provato, non è stato per un ritegno dovuto al buon senso, ma per ben altri motivi, quali quello storico derivante dal fatto che Gesù morto nel 33 non poteva essere il Crestos del 51, e quello concettuale che le impediva di trasferire il fondatore del cristianesimo nella persona di un rivoluzionario agitatore.
                Gli ebrei furono scacciati da Roma nel 41 con un editto dell'Imperatore Claudio perché causavano continui disordini sotto l'incitamento di un certo Crestos (impulsore Cresto)” (Vita dei 12 Cesari - Biografia di Claudio).
                Questa affermazione di Svetonio riguardo l'espulsione degli ebrei agitatori non è che un'ulteriore conferma della presenza a Roma di una comunità esseno-zelota (non cristiana come sostiene la Chiesa).

                *Crestos, che significa "il migliore", fu il maggiore organizzatore di quei disordini che si manifestarono a Roma con particolare frequenza negli anni 39-40 sotto Caligola, disordini che Claudio si adoperò subito a stroncare con un editto che ordinava l'espulsione degli ebrei agitatori allorché nel 41 divenne Imperatore.
                Questo Las Vergnas, a dire il vero, l'ho trovato citato solo in ambienti negazionisti, mentre non riesco a trovare nulla sulla sua attività in riviste accademiche il che lo rende fonte quantomeno sospetta. Anzi questo è il suo curriculum, non esattamente di gran prestigio.(Ricordo che si tratta in pratica di un ex prete)

                1956 Pourquoi j'ai quitté l'Église Romaine, Besançon, Imprimerie Les Comtois
                1958 Jésus-Christ a-t-il existé? Paris, La Ruche ouvrière, 153 p.
                1962 Des miracles de Lourdes à Teilhard de Chardin, sept conférences ou études, Paris, La Ruche ouvrière, 134 p.
                1964 Le Cantique des cantiques et l'Ecclésiaste. Paris, La Ruche ouvrière, 134 p.
                1966 Pourquoi j'ai quitté l'Église Romaine, Paris, Ruche ouvrière, 136 p.
                1966 Jésus-Christ a-t-il existé? Paris, La Ruche ouvrière, 143 p.
                1967 Le Célibat polygamique dans le clergé, Paris, Ruche ouvrière, 221 p.

                Ma poi oltre ai dati filologici sul testo che non sono al momento confutabili, sono proprio le motivazioni dei negazionisti ad essere fallaci, prima si dice che è stato costruito un falso nel XIV secolodo dall'umanista Bracciolini, poi si scopre che il manoscirtto originale è dell'XI secolo e quindi tutto cade, allora si dice che il testo tacitiano è interpolato, ma anche questo si dimostra falso e con argomenti filologici...poi arriva chrestos, l'agitatore giudeo, che però è grafia usuale anche per Cristo e, soprattutto, muore come lui e vive dove vive lui, coincidenza un tantino sospetta. Non dimentichiamoci poi che a Roma ben poco si sapeva di cose palestinesi e per loro Cristo, Cresto o chiunque altro ben poca era la differenza, quindi ecco anche la facilità di confusioni e sovrapposizioni.
                Su coloro che non lo citano, un argumentum ex silentio non è mai un buon argomento, in qualunque ambito scientifico. Svetonio poi (che fu segretario di Adriano non di Domiziano, che venne fatto secco quando Svetonio aveva solo 16 anni) parla di Chrestos, è vero, ma ripeto la confusione è possibile-anche nel darlo per vivo 20 anni dopo la morte-, ed anche se si trattasse di un altro agitatore quasi omonimo, non dimostrebbe comunque nulla. Non credo che la strada per scardinare i fonamenti del cattolicesimo possa nascere dalla negazione dell'esistenza storica di un Gesù di Nazareth, si deve semmai andare a vedere il rapprto fra il Gesù uomo e la sua presunta divinità.
                In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                ma_75@bodyweb.com

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                • ma_75
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                  Visto che sino ancora dubbi su quel che hodetto prima, posto il lavor di Lavency, di cui parlavo prima che dimostra, incontrovertibilmente, che il testo è di Tacito. Se vogliamo nagarlo gli argomenti contrari devono essere di analoga pregnanzna. mi pare.



                  Annales XV,44 (ed. Teubner)

                  Sed non ope humana, non largitionibus principis aut deum placamentis decedebat infamia quin iussum incendium crederetur. Ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit quos per flagitia inuisos uulgus Christianos appellabat. Auctor nominis eius Christus Tibero imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat ; repressaque in praesens exitiablilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per Vrbem etiam, quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. Igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis conuicti sunt. Et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent aut crucibus adfixi [aut flammandi atque] ubi defecisset dies in usum nocturni luminis urerentur. Hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat et circense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus plebi uel curriculo insistens. Vnde quamquam aduersus sontes et nouissima exempla meritos miseratio oriebatur tamquam non utilitate publica sed in saeuitiam unius absumerentur




                  non ope humana, non largitionibus principis aut deum placamentis
                  Les termes ope, largitionibus, placamentis, en tête de phrase, reprennent les faits évoqués en 44, 1-2.
                  La construction syntaxique caractérisée par la séquence / ablatif sur nom d'inanimé en fonction d'agent + verbe intransitif avec au nominatif le terme sujet de l'activité signifiée par le verbe / est normale en latin. Le français préfère la tournure « active » assignant au terme agent la fonction de sujet grammatical : de là, la traduction : « ni les ressources humaines, ni les largesses de l'empereur... ne faisaient diminuer la rumeur... ». On observera la disposition des termes en ordre croissant avec asyndète et anaphore de non et, à l'intérieur du second membre, la coordination par aut. La corrélation aut (+ exclusive) - uel (+ choix) affirmée par la grammaire normative ne se vérifie pas chez Tacite : A. XIV, 35 : uincendum uel cadendum, et le choix de l'une et de l'autre conjonction peut résulter d'un souci de variatio : H. II, 68 : legati tribunique... seueritatem aemulantur uel tempestiuis conuiuiis gaudent ; proinde miles intentus aut licenter agit.
                  Deum : 31 occurrences chez Tacite contre 14 fois deorum (L. Constans, Étude sur la langue de Tacite, Paris, Delagrave, 1893, p. 12).
                  Placamentis. Le terme date du Ier siècle après J.-Chr. (Pline et Tacite) : Tite-Live employait placamen (VII, 2). Tacite (L. Constans, op. cit., p. 5) affectionne les formations en -mentum : eiectamentum (G. XLV, 17), imitamentum (A. III, 15 ; XIII, 4), meditamentum (A. XV, 35), uimentum (A. XII, 8).
                  decebat infamia quin incendium iussura crederetur
                  La langue de Tacite se caractérise par l'extension qu'elle accorde à des tournures peu représentées chez Cicéron, César et Tite-Live. La prose classique tend à limiter à certaines expressions la construction / quin + subjonctif / en fonction de constituant de type /id/ : non est dubium quin, non abest suspicio quin. Tacite élargit, comme ici, le paradigme. On trouve ainsi (A. XIII, I4) non abnuere se quin cuncta infelicis domus mala patefierent (« elle ne refusait pas que soient mis à jour tous les malheurs d'une malheureuse maison »). Dans d'autres constructions, quin + subjonctif en arrive à fonctionner comme doublet de sed + indicatif : A. XI, 32, gens non atrocitate, non clementia mutabatur quin bellum exerceret castrisque legionum premenda foret (« cette nation, ni la rigueur, ni la clémence ne la faisaient changer, mais elle faisait la guerre et il fallait installer des légions à demeure pour les mater »).
                  Iussum incendium crederetur. Tacite exploite avec un rare bonheur les ressources de la construction passive, dont la fonction stylistique fondamentale est de permettre à l'écrivain d'omettre la mention de l'agent de l'action qu'il évoque. L'anonymat de l'agent et le mystère qu'il couvre sont ainsi préservés.
                  abolendo rumori
                  La valeur sémantique de « destination » attribuée traditionnellement au monème / datif / apparaît nettement dans des énoncés tels que aliquis alicui rem aufert, qui autorisent des jeux de mots (Plaute, Aul. 634-635) en justifiant deux interprétations : « qqun enlève une chose à quun/pour qqun » ; elle est confirmée par les nombreuses alternances libres [datif/ ad + acc.] du type inutilis bello (César, B.G., 7, 78) : inutilis ad bellum (id. 77) et par les contrastes réguliers [datif : ab + abl.] comme aliquis rem ab aliquo alicui petit. L'emploi du datif d'un substantif avec adjectif verbal conjoint est connu dès Plaute : Tri. 229 : utram aetati agundae arbitrer firmiorem (« laquelle dois-je considérer comme la plus sûre dans la vie ? ») et 232 : utra in parte plus sit uoluptatis uitae ad aetatem agundam (« de quel côté trouve-t-on plus de plaisir à vivre ? »). Tacite utilise plus généreusement que ses devanciers cette construction, avec généralement l'adjectif verbal antéposé. L. Constans, p. 54 relève 47exemples de pareille construction, comme A. XIII, 42 : eloquentiam tuendis ciuibus exercere (« consacrer son éloquence à protéger les citoyens »). Cette construction apparaît maintes fois comme un substitut de la proposition finale : A. XIII, 13 cubiculum offerre contegendis (= quo contegeret) quae prima aetas et summa fortuna expeterent (« offrir sa chambre pour cacher ce que la jeunesse et le plus haut rang peuvent exiger »). On observe ainsi au niveau de la langue la compatibilité régulière du datif dans les constructions [nom + adjectif verbal] d'une part, et de l'ablatif dans les constructions [nom + participe] d'autre part : dans l'un et l'autre cas sont utilisés les traits pertinents de l'opposition « datif » : « ablatif », le datif incluant la destination, l'ablatif incluant l'origine. Le remplacement de contegendis par contectis dans la phrase de Tacite A. XIII, 13 citée ci-dessus fournirait un exemple significatif des valeurs ainsi actualisables.
                  subdidit reos
                  Le sens de « mettre en remplacement » est nettement attesté : Cicéron, Dom., 85 : aliquem in locum. alicuius. Chez Tacite, A. III, 67, maiestatis crimina subdebantur (« on forgeait des accusations de lèse-majesté »). Particulièrement instructif pour l'interprétation de notre passage : A. I, 6 : metuens ne reus subderetur (« craignant d'être pris comme inculpé »).
                  quaesitissimis poenis
                  On observera du point de vue de la technique littéraire le procédé dit de la « chose jugée » : Tacite quafifie les châtiments qu'il ne décrira que plus tard.
                  per flagitia... per procuratorem
                  L'opposition ab aliquo : per aliquem, en liaison avec une construction passive permet d'actualiser la distinction (« à l'initiative de » : « par l'intermédiaire de » : Cicéron, Dom., 32 : ab improbis expulsus, per bonos restitutus (« chassé par les gens malhonnêtes, rétabli grâce aux gens honnêtes ») et Rosc. 80 : uolgo occidebantur : per quos et a quibus ? (« on tuait en masse : qui tuait et qui faisait tuer ? »). L'extension des paradigmes n'est toutefois pas identique : ab aliquo est lié à la construction passive d'une part, à l'animé d'autre part. Per + accusatifapparaît en dehors de la construction passive et, dès l'époque classique, entre en concurrence avec la tournure à l'ablatif du nom inanimé : César, B.G., VII, 78 aetate inutiles et II,16 per aetatem inutiles (« rendus inutiles à cause de leur âge »). Tacite exploite maintes fois cette concurrence en vue de la variatio : A. I, 11 : incertum metu an per inuidiam (« on ne sait si c'est par crainte ou par haine »). Cfr encore H. I, 46 ; I, 8 ; A. II, 5.
                  Tiberio imperitante
                  Tacite affectionne les formations fréquentatives. Il crée aduectare (A. VI, 13), auctitare (A. VI, 16), redemptare (H. III, 34) (L. Constans, op. cit., p. 6). On sait que la valeur intensive se dégrade dès Plaute : Pseud. 975 me quaeritat et 978 quem tu quaeris. Le latin classique use des intensifs avec plus de réticence : Tite-Live, VII, 10 traduit par exsere le terme exsertare qu'il lit dans son modèle, Claudius Quadrigarius (Aulu-Gelle, N.A., IX, 13). Tacite, comme Salluste, tourne le dos à l'usage classique et on verra dans son attitude un recours au langage parlé dans la mesure où celui-ci tend à remplacer les formes brèves par des formes plus longues (cfr auris : auricula).
                  Igitur
                  Pratiquement inusitée chez César (un seul exemple : B.C., I, 85), régulièrement en seconde place chez Cicéron, la conjonction igitur se trouve normalement en tête d'énoncé chez Tacite et chez Salluste. On notera soigneusement que Tacite utilise igitur lorsqu'il s'agit de reprendre un récit interrompu. Parmi les très nombreux exemples cités par le Lexicon Taciteum (pp. 550-551), retenons A. XIV, 3 où il s'agit de reprendre le cours du récit interrompu par les explications du chapitre 2, ou encore XIV, 40 où l'auteur écrit Ei propinquus Valerius Fabianus capessendis honoribus destinatus subdidit testamentum adscitis Vinicio Rufino et Terentio equitibus Romanis. (« Un de ses parents, Valérius Fabianus, destiné aux honneurs, lui supposa un testament avec la complicité de Vinicius Rufinus et de Térentius Lentinus, chevaliers romains. »). Tacite identifie alors ces personnages : Illi Antonium Primum et Asinium Marcellum sociauerant. Antonius audacia promptus, Marcellus Asinio Pollione proauo clarus neque morum spernendus habebatur, nisi quod paupertatem praecipuum malorum credebat (« Ceux-ci s'étaient associé Antonius Primus et Asinius Marcellus. Antonius était plein d'audace, et Marcellus, qui devait son éclat à son bisaïeul Asinius Pollion, avait une réputation convenable, si ce n'est qu'il voyait dans la pauvreté le pire des malheurs. »). En reprenant son récit, Tacite écrit : Igitur Fabianus...
                  Il nous paraît clair que dans notre passage, igitur correpti... reprend, comme le suggèrent la plupart des commentateurs, le récit interrompu après la parenthèse explicative du terme « Christiani ».
                  Correpti qui fatebantur
                  C'est la crux du passage (E. Koestermann, Tacitus, Annalen, IV, p. 256).
                  Corripere est fréquent chez Tacite. L'équivalent français le plus obvie paraît être « saisir ». Ainsi A. XV, 66 : (miles) corripitur uinciturque (« le soldat est saisi et garrotté »). Corripere se dit de la maladie qui « saisit » les personnes (A. XIII, 66 ; XVI, 5) ou du feu qui « saisit » les choses (A. XIII, 57 ; XV, 38). Souvent employé en contexte judiciaire (A. III, 28 ; III, 49 ; IV, 19 ; IV, 66 ; XII, 42), il apparaît notamment quand il s'agit de décrire l'action des délateurs :
                  H. II, 84 : passim delationes et locupletissimus quisque in praedam correpti (« partout des délations, et les plus riches saisis comme une proie »).
                  A. III, 49 : Clutorium Priscum... corripuit delator (« Clutorius Priscus fut pris à partie par un délateur »).
                  A. VI, 46 : a delatoribus corripitur ob seruum adulterum, nec dubitabatur de flagitio : ergo omissa defensione finem uitae sibi posuit (« elle devint la proie des délateurs à cause de son adultère avec un esclave. Le scandale ne faisant pas de doute, elle renonça à se défendre et mit elle-même fin à ses jours »).
                  On notera une fois encore l'emploi de la construction passive avec omission de l'agent (cfr iussum incendium).
                  Qui fatebantur
                  On s'est souvent demandé ce que ces gens « avouaient » : le crime d'incendie ou leur appartenance à la secte chrétienne. L'indicatif imparfait surprend et le philologue se demande si les choses n'auraient pas été plus simples si Tacite avait écrit Correpti qui faterentur.
                  Il s'agit d'abord de préciser ce que fateri signifie chez Tacite. Cicéron distinguait confiteri, fateri et profiteri :
                  Caec. 24 Quid confitetur atque ita libenter confitetur ut non solum fateri sed etiam profiteri uideatur ? (« qu'avoue-t-il, et même qu'avoue-t-il si volontiers qu'il paraît non seulement le reconnaître, mais le proclamer hautement ? »)
                  On hésite à invoquer sans réticence ce texte de l'orateur classique, d'autant plus que Tacite aime à employer le verbe simple en lieu et place du composé : ponere pour componere (A. I, 7), propinquare pour appropinquare (H. II, 24), temnere pour contemnere (H. III, 47) (L. Constants, op. cit., p.28 ; A. A.Dräger, Über Syntax und Stil des Tacitus, Leipzig, Teubner, 1868, p. 8).
                  Tacite emploie souvent fateri (Dial. 10, 17, 21 ; H. II, 76 ; IV, 31 ; IV, 41 ; V, 4 ; V, 25 ; A. I, 13 ; I, 44 ; II, 13 ; III, 54 ; IV, 71 ; VI, 8 ; VI, 26 ; XI, 2 ; XI, 31 ; XV, 10 ; XV, 44 ; XV, 56). Dans certains contextes, le sens de « reconnaître, avouer » peut convenir aisément : H. IV, 41 : Africanus neque fateri audebat neque abnuere poterat (« Africanus n'osait pas avouer et ne pouvait nier »). Cfr A. XV, 56 ; XV, 10. Dans pas mal d'autres, le sens est très proche de declarare. Ainsi
                  H. IV, 31 : fortunam partium praesens fatebatur (« il attestait par sa présence la fortune de son parti »).
                  H. V, 4 : longam olim famem crebris adhuc ieiuniis fatebantur (« ils témoignent de la longue famine de jadis par les jeûnes fréquents qu'ils observent encore aujourd'hui »).
                  H. V, 25 : Ventum ad extrema ni... noxii capitis poena paenitentiam faterentur (« on en était venu aux extrémités si on n'attestait pas en punissant une tête coupable la sincérité de son repentir »).
                  A. 11, 13 : cum... reddendam(que) gratiam in acie faterentur (« ils déclarent qu'il faut lui témoigner leur reconnaissance sur la ligne de bataille »).
                  Ainsi encore A. I, 13 ; IV, 71.
                  Le verbe fateri chez Tacite exprime donc l'action de « déclarer » et là où le contexte s'y prête, « reconnaître, faire l'aveu de », mais on voit assez que ce dernier trait n'est pas impliqué dans les constantes sémantiques du verbe. Il nous paraît donc prudent d'opter d'abord pour la valeur la plus neutre : « déclarer ».
                  Ceci dit, nous devons nous demander ce que les gens en question « déclaraient ». Je vois mal pour ma part que l'action répressive ait pu ne pas avoir trait au crime d'incendie, puisque c'est bien pour se laver de tout soupçon à cet égard que Néron - abolendo rumori - cherche et trouve des hommes à désigner à sa place à la vindicte publique. L'empereur, nous dit Tacite, a choisi les Chrétiens qu'il savait vulnérables à cause de la réprobation sociale dont ils étaient l'objet. Il lui fallait des Chrétiens pour avoir des coupables, en l'occurrence des incendiaires. Il lui fallait au mieux s'en prendre d'abord (primum) non pas à des gens qui viendraient déclarer (Tacite aurait alors écrit qui faterentur) qu'ils étaient Chrétiens, mais des gens qui se déclarant Chrétiens (fatebantur), étant connus comme tels dans la vie courante, seraient d'autant plus facilement chargés du crime d'incendie qu'ils passaient pour capables, voire coupables, de toutes sortes d'infamies. L'affaire s'amplifiant, le nombre des arrestations augmentant, on ne pouvait délaisser le motif officiel de la poursuite (haud proinde) mais on en vint à des reproches plus vagues, mais tout aussi efficaces, la haine du genre humain. Mais à ce moment, l'essentiel pour Néron était acquis : il était, ou presque, hors cause.
                  J'ai donné mon avis, j'ai donné mon choix personnel. Mais comme traducteur, je dois transcrire pour mon lecteur non pas ce que j'infère du texte de Tacite, mais ce que communique l'écrivain latin. Tacite n'a pas été explicite, le constituant /id/, l'objet de fatebantur, est omis. Si je traduis par « avouer », j'engage trop mon lecteur. Si j'opte pour « déclarer leur foi », je choisis à la place de mon lecteur. Je propose « se manifester » qui a l'avantage non pas de voiler mon incertitude, mais d'accorder à mon lecteur - maladroitement peut-être, mais honnêtement, je crois - ce plaisir subtil que Tacite réservait si volontiers à ses auditeurs quand par la breuitas qu'il aimait pratiquer dans son discours, il laissait à leur imagination la charge, mais aussi l'agrément de préciser le flou de sa narration.
                  pereuntibus
                  On parle tantôt d'ablatif absolu sans sujet (A. A. Dräger, op. cit., p. 71) soit que le terme nominal soit connu par le contexte antécédant (H. IV, 25 ; A. I, 5, etc) soit qu'il soit indéterminé (Agr. 18 ; H. I, 27, etc.). On pense aussi à un datif apparenté au dativus judicantis (type in universum aestimanti, Germ. 6). L'indifférenciation formelle des deux cas oblige à hésiter ici comme en A. XIII, 15 promittentibus tam praecipitem necem quam si ferro urgeretur, cubiculum Caesaris iuxta decoquitur uirus (« ils promettaient que la mort serait aussi rapide que s'il était frappé par le fer ; le poison est préparé près de l'appartement de l'empereur »). Le sens de l'ensemble ne pouvant être mis en péril, on optera plus facilement pour le datif si la valence syntaxique du verbe-base de l'énoncé comporte un élément à marquer par le datif.
                  interirent
                  Une nouvelle fois (cfr decedebat), le verbe intransitif avec l'ablatif du terme inanimé en fonction d'agent. Correspondant « actif » : interficere.
                  Nero obtulerat
                  L'emploi des temps doit toujours être étudié soigneusement, surtout chez Tacite. Le passage de l'imparfait au parfait traduit bien sûr le passage de la description à la narration : decedebat - subdidit - correpti - addita. Chez Tacite, on accordera une attention particulière à l'emploi du plus-que-parfait qui permet à l'écrivain tant de retours en arrière. Jeux de contrastes très fréquents chez Tacite : la narration, chez lui, ne suit guère le court rectiligne du temps.
                  habitu aurigae permixtus plebi uel curriculo insistens
                  Tacite aime les « rallonges participiales ». J.-P. Chausserie-Laprée, L'expression narrative chez les historiens latins, Paris, De Boccard, 1969, p. 135 évoque avec raison les « 4 rallonges descriptives » qui ont comme objet de distinguer une attitude, une démarche, un mouvement d'un personnage. Le procédé, sans exemple apparemment chez les premiers historiens, est connu de Tite-Live et très prisé par Tacite.
                  quamquam sontes
                  L'effipse du verbe est très fréquente chez Tacite. Non seulement esse, mais d'autres verbes peuvent être omis, notamment les verbes de mouvement : A. IV, 57 : Caesar in Campaniam (profectus). Dans la présente phrase, il n'est pas nécessaire de recourir à cette explication. Quamquam et quamuis sont souvent construits avec un adjectif, un participe (Constans, op. cit., p. 108).Ainsi A. I, 43 ut Belgarum quamquam offerentium, decus istud et claritudo sit (« que les Belges qui s'offrent pourtant, obtiennent la gloire et l'éclat de... »).
                  In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                  ma_75@bodyweb.com

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                    Originariamente Scritto da Templare Visualizza Messaggio
                    se ti fidi:
                    "Tuttavia, non i rimedi escogitati, né la generosità del principe (Nerone), né le cerimonie religiose per propiziarsi gli dei potevano soffocare l’infame diceria che l’incendio fosse stato ordinato. Nerone allora, per troncare quelle voci, fece passare per colpevoli e sottopose a raffinatissimi tormenti coloro che il volgo chiamava Cristiani e odiava per le loro azioni nefande. Cristo, il fondatore della setta dal quale avevano preso il nome, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato sotto il regno di Tiberio. Ma la rovinosa superstizione, repressa per il momento, dilagava di nuovo non solo per la Giudea, luogo d’origine del male, ma anche per Roma, dove confluivano e trovavano seguito tutte le atrocità e le vergogne del mondo. Dapprima pertanto si processarono coloro che erano confessi: poi, in base alle loro denunzie, moltissimi vennero convinti non tanto di avere appiccato il fuoco, quanto di odiare il genere umano. I condannati a morte furono anche oggetto della scherno più atroce. Alcuni, coperti con pelli di fiere, erano dilaniati dal morso dei cani; altri crocifissi o arsi vivi, per rischiarare come fiaccole la notte, dopo il tramonto del sole. Per un tale spettacolo Nerone aveva offerto i suoi giardini e dava giochi al Circo, mischiandosi alla folla in costume d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò costoro, sebbene colpevoli e meritevoli dei castighi più gravi, suscitavano pietà, come gente sacrificata non al pubblico bene, ma alla crudeltà di uno solo" (Annali - capitolo XV- XLIV).

                    "Nerone che si trovava ad Anzio quando scoppiò l’incendio, per soccorrere il popolo atterrito, ritornato a Roma, aprì il Campo di Marte, i monumenti di Agrippa e perfino i suoi giardini. Fece innalzare costruzioni improvvisate per dare ricovero alla gente mancante di tutto: da Ostia fece venire le cose più necessarie e ridusse a tre sesterzi il prezzo del frumento... eseguì la ricostruzione di Roma, alla quale partecipò in parte a sue spese, con tanta saggezza e sollecitudine come mai era stato fatto dagli altri imperatori sotto i quali erano scoppiati gl’incendi precedenti." (cap.XLIII).
                    Riposto la tua domanda per non perdere il filo logico:

                    In proposito, visto che tanto apprezzi Tacito, non t'è mai sorto il dubbio di una sospetta intromissione nel suo famoso passo degli annali? Mi siego, quando leggi i capitoli XV, XLIV, in cui si parla di "cristo" e delle persecuzioni dei cristiani e lo confronti con il capitolo XLIII, non ti è mai sembrato strano, pur riferendosi allo stesso evento, il modo in cui viene raffigurata e descritta la figura di Nerone?

                    I capitoli (vado a memoria) mi sembrano quelli e però io non trovo nulla di strano, anzi ritrovo perfettamente nei comportamenti, nelle azioni, nei modi di affronatare tutta l'emergenza dell'incendio quei modi di fare che la storiografia dice di Nerone.
                    Abbiamo infatti si lo stesso evento ma diviso in due atti, la notizia dell'incendio ed il primo affrontare l'emergenza e poi il tentativo di Nerone di stornare da sè, individuando un altro colpevole (lo farà anche quando sarà accusato di aver attentato alla vita della madre), l'accusa di aver ordinato lui l'incendio dell'Urbe.
                    Quindi subito l'imperatore si preoccupa di dare salvezza e ricovero alla plebe (sappiamo di quanto Nerone fosse sensibile agli uomori del popolino e quanto invece avesse invisa tutta la classe senatoria, che considerava un freno alle sue azioni e anche ai suoi "talenti") lodato,e non può essere altrimenti, per quest'azione anche da Tacito, ma poi lo scarto seguente che a te pare "a naso" sospetto è invece naturale se consideriamo l'accusa che subito si sparge per Roma, ovvero che sia stato lo stesso Nerone, già noto al popolo per certe sue bizzarrie, ad aver appiccato il fuoco.
                    Le mosse successive sono perfettamente neroniane:
                    Spaventato dal perdere il favore popolare, sentiti i consiglieri (e sappiamo di quale pasta fossero...) subito rivolta lo scenario e getta l'accusa sopra coloro che Tacito definisce "setta già invisa al genere umano", perfetto capro espiatorio da gettare in pasto alla plebe.
                    Le stesse scenografiche modalità con cui manderà a morte i cristiani sono in linea col capitolo precedente, anche qui modalità tese a favorire, a far "divertire" e a tacitare la plebe, offrendo grandiosi e vari spettacoli di morte.
                    Questa doppia faccia dell'imperatore se vedi bene in Tacito è sempre presente, basta leggere tutta la tragicomica vicenda della congiura dei Pisoni, e come egli reagisca sia in pubblico che in privato per rendersi conto di come il Nerone riportatoci da Tacito in questi capitoli sia lo stesso Nerone di sempre, reazioni comprese.
                    Le interpolazioni si ricavano da passi filologicamente stonati e incongruenti all'interno dello stesso testo, con uso di linguaggi, codici, strutture che chiaramente non appartengono al contesto, dopo attenti confronti con altri scritti dello stesso autore:
                    Qui, come dici anche tu, può sorgere un sospetto dovuto ad un sentire personale, ma che non possiamo definire fattuale.
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                      Non sapevo mentre scrivevo il mio personale intervento che fosse già intervenuto Ma_ con tutta una serie di fonti storiche, altrimenti mi sarei risparmiato la fatica
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                        Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza Messaggio

                        Ma poi oltre ai dati filologici sul testo che non sono al momento confutabili, sono proprio le motivazioni dei negazionisti ad essere fallaci, prima si dice che è stato costruito un falso nel XIV secolodo dall'umanista Bracciolini, poi si scopre che il manoscirtto originale è dell'XI secolo e quindi tutto cade, allora si dice che il testo tacitiano è interpolato, ma anche questo si dimostra falso e con argomenti filologici...poi arriva chrestos, l'agitatore giudeo, che però è grafia usuale anche per Cristo e, soprattutto, muore come lui e vive dove vive lui, coincidenza un tantino sospetta. Non dimentichiamoci poi che a Roma ben poco si sapeva di cose palestinesi e per loro Cristo, Cresto o chiunque altro ben poca era la differenza, quindi ecco anche la facilità di confusioni e sovrapposizioni.
                        Su coloro che non lo citano, un argumentum ex silentio non è mai un buon argomento, in qualunque ambito scientifico. Svetonio poi (che fu segretario di Adriano non di Domiziano, che venne fatto secco quando Svetonio aveva solo 16 anni) parla di Chrestos, è vero, ma ripeto la confusione è possibile-anche nel darlo per vivo 20 anni dopo la morte-, ed anche se si trattasse di un altro agitatore quasi omonimo, non dimostrebbe comunque nulla. Non credo che la strada per scardinare i fonamenti del cattolicesimo possa nascere dalla negazione dell'esistenza storica di un Gesù di Nazareth, si deve semmai andare a vedere il rapprto fra il Gesù uomo e la sua presunta divinità.
                        E' quella infatti semmai la chiave, concordo in pieno.
                        Discutere della storicità (viste tutte le evidenze archeologiche e filologiche)
                        è un vicolo cieco che va a scapito semmai di chi tenta quella strada;
                        Oggi si cerca di scoprire del perchè e come dal Gesù storico si sia passati al Gesù della fede, su questo si muove la ricerca.
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
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                          E' quella infatti semmai la chiave, concordo in pieno.
                          Discutere della storicità (viste tutte le evidenze archeologiche e filologiche)
                          è un vicolo cieco che va a scapito semmai di chi tenta quella strada;
                          Oggi si cerca di scoprire del perchè e come dal Gesù storico si sia passati al Gesù della fede, su questo si muove la ricerca.

                          si si

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                          • Templare
                            Bodyweb Senior
                            • Jan 2007
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                            • Livorno
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                            ero già in difficoltà nel rispondere alle argomentazioni di Sean, figuriamoci ora che è intervenuto l'illustre Ma_. Comunque, non ho una tale padronanza del francese. Sicuramente, conoscendo la mia sete di conoscenza provvederlò a tradurre il testo.
                            Non nobis domine non nobis sed nomini tuo da gloriam

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                            • ma_75
                              Super Moderator
                              • Sep 2006
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                              Originariamente Scritto da Templare Visualizza Messaggio
                              ero già in difficoltà nel rispondere alle argomentazioni di Sean, figuriamoci ora che è intervenuto l'illustre Ma_. Comunque, non ho una tale padronanza del francese. Sicuramente, conoscendo la mia sete di conoscenza provvederlò a tradurre il testo.

                              Considera che in pratica segnala le occorrenze di una singola forma verbale o di certe figure retoriche in altri passi di Tacito, per dimostrare che la mano è la stessa
                              In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                              ma_75@bodyweb.com

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                              • Sergio
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                                • May 1999
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                                Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                                è molto più facile argomentare questioni complesse: lì si da il proprio contributo di fede, storico, filosofico, sociologico, etc. etc., partecipandovi secondo il proprio background (e ne nascono discussioni davvero piacevoli ed interessanti).
                                quando si va al "basic" come tu tendi a fare ora ("facendoci fare un atterraggio brusco nella polvere" -sergio cit-), tutto diventa non solo meno propenso ad escursioni in vari campi (rispondenti alle singole vocazioni di chi vi contribuisce) da parte dei partecipanti, ma addirittura scary: io comincio a sentirmi perso, frastornato ed impotente come un uccellino bagnato (per i franchi tiratori: non fate battute da laidi ..essendone uno io, so quando mi espongo).
                                Certo, discutiamo di supposizioni e farciamo il tutto con una abbondante dose di sinonimi, un pò come la nouvelle cousine, ti arrivano due piattini con un pezzetto di carne rincalcagnito, due foglie e un disegnino fatto con olio scuro tipo sint 2000 : "Breast of Chicken served with your choice of one traditional Belgian Sauce: Provencale, Champignons a la creme, Hawaiian OR Green Peppercorn, Filet Mignon / Grilled Beef Tenderloin served with your choice of one Belgian Sauce: Provencale, Champignons a la creme" ...... si, ma : "che m'hai dato da magnà?" , cioè, rischi di perdere di vista lo scopo primario ed originale, nutrirti.

                                Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                                perchè dio invece di fare tutto sto psicodramma storico non si mostra ad ogni creatura che viene alla luce singolarmente? potrei cercare di rispondere con altre mille circonvoluzioni e capriole di destrezza pseudo-culturale ed intellettualoide, ma scelgo l'onesta nuda ora: tutto il mio sforzo (e "il problema" mi sta a cuore, tanto eh) ed impegno, sotto quest' aspetto della mia vita, sono rivolti a cercar di fronteggiare domande come questa in modo da raggiungere una posizione che mi sottragga alla disperazione esistenziale del dubbio nichilista. è il task esistenziale più difficile, e anche da come ti ha risposto sean prima credo lui senta in modo simile....come del resto tutti noi in quanto condividiamo l'esperienza esistenziale dell'essere umani...
                                Heheh, così mi piaci, picodramma storico, rende bene l'idea
                                Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                                io trovo non troppo difficile applicare i messaggi simbolici della parola di cristo nella mia esistenza quotidina (e, quando riesco a farlo, in quei frangenti sento la gioia di partecipare a quella "vita nuova, sperimentabile già sulla terra" di cui parlano giovanni e paolo; e mi rendo conto di cosa intendano per "vivere, e non speculare" il messaggio, la novella), ma quando si cozza il muso contro le questioni "basic" come sopra (come quando tu ora ci prendi la testa e ci forzi a strofinare il muso nella sabbia - il tuo atterraggio nella polvere va-), il tutto diventa arduo e scary.
                                Nel messaggio di cristo e nella sua applicazione nel quotidiano mi ci ritrovo benissimo, secondo me fa parte del buonsenso, della logica comune, ragionando in senso sociale più che individuale è un comportamento innato, IMHO.
                                Ma ribadisco, in tutto questo non vedo il bisogno dello psicodramma, insomma ci arrivo da solo che non devo uccidere, devo volere bene al resto delle persone, se do una mano a mr.x lui poi la da a me e viceversa.

                                Sempre IMHO, il premio chiamato paradiso e la punizione chiamata inferno, se non rispetto le regolette inventate dalla chiesa di turno io le equiparo esattamente alla mammina che dice al bimbo : "Se non fai quello che ti dico poi viene il bau bau"

                                Ri-pardon



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