Brevi Israele - 20.5.2008 18:33:00 Rogo di vangeli a Tel Aviv, nuovo episodio di intolleranza Decine di testi cristiani sono stati dati alle fiamme giovedì a Or Yehuda, nei pressi di Tel Aviv, ma le immagini dei roghi sono state diffuse solo oggi, destando sdegno in tutto il Paese. L'iniziativa è partita dal vicesindaco della cittadina Uzi Aharon, un ebreo ortodosso sefardita che, dopo aver appreso che in un rione era appena stata distribuita "propaganda di missionari", ha radunato gli allievi di un collegio rabbinico, che sono passati di casa in casa a ritirare i libri incriminati. Si tratta di testi del Nuovo e del Vecchio Testamento distribuiti da un gruppo di Ebrei messianici, che, pur osservando i riti ebraici, credono negli insegnamenti di Gesù. Questo non è il primo episodio di intolleranza verso il gruppo religioso, ma la polizia israeliana non ha ancora preso provvedimenti.
Una cronaca pubblicata da La REPUBBLICA del 21 maggio 2008:
Il fattaccio è accaduto giovedì scorso, nella cittadina israeliana di Or Yehuda, dove un gruppo di ragazzi ha dato alle fiamme decine di testi cristiani. La notizia è stata diffusa soltanto ieri e ha provocato, come era prevedibile, sdegno e incredulità in tutto in paese. Ma ecco come è andata. Dopo aver saputo che in un quartiere della sua città alcuni missionari avevano distribuito "propaganda sacra", il vice-sindaco di Or Yehuda, un ebreo ortodosso sefardita, ha invitato gli allievi di un collegio rabbinico a sequestrare, recandosi casa per casa, i libri "sacrileghi". Tra questi figuravano testi del Vecchio e Nuovo Testamento e pubblicazioni in ebraico a sostegno della dottrina di Gesù che, una volta raccolti tutti assieme, sono stati bruciati.
È stato il quotidiano Maariv a denunciare con più virulenza la vicenda. Ieri, il giornale di Tel Aviv ha pubblicato una foto del vice-sindaco con in mano un Vangelo di fronte alle ceneri fumanti di altri testi sacri. Il quale s´è difeso così: «Non c´è dubbio che la stampa abbia ingigantito la vicenda. Il rogo dei libri è stato una iniziativa spontanea di alcuni giovani, io sono arrivato a cose fatte». Ed ha poi aggiunto: «Quei testi cristiani hanno leso i nostri sentimenti religiosi. Secondo la nostra ortodossia, un libro che incita contro gli ebrei può essere arso. Se c´è motivo di scandalo, esso scaturisce dalle attività dei missionari cristiani, che bruciano le anime di fedeli ebrei».
I testi della "propaganda" sarebbero stati distribuiti nella case da "Ebrei messianici", quel gruppuscolo religioso che in Israele conta sì e no diecimila adepti e che pur osservando i riti ebraici crede negli insegnamenti di Gesù. I loro più strenui nemici sono i membri della organizzazione ultraortodossa Yad le-Achim, secondo i quali le attività dei missionari trascinano ogni anno centinaia di persone dall´ebraismo al cristianesimo.
Numerosi opinionisti e intellettuali hanno espresso la loro condanna per il rogo di Or Yehuda. In molti hanno evocato gli eventi del 10 maggio 1933 nella Piazza dell´Opera di Berlino, la Bebelplatz, dove i nazisti bruciarono migliaia di libri. C´è anche chi ha citato le profetiche parole di Heinrich Heine, poeta ottocentesco, tedesco ed ebreo. Scrisse Heine che «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani». Al momento nessun esponente di governo o personalità rabbinica ha accusato i responsabili del fattaccio.
Umberto De Giovannangeli sull'UNITA' dà molto più rilievo al silenzio su roghi mantenuto, per ora, da governo e autorità rabbiniche che al coro di condanne della società israeliana. L'esordio "ROGHI di libri sono da condannare sempre e ovunque, perché essi sono il segno di fanatismo, intolleranza, disprezzo... E ciò vale anche per Israele" ribadisce un concetto scontato e fa sorgere un dubbio: che per u.d.g. i roghi di libri siano da condannare soprattutto in Israele.
Si dovrebbe anche ricordare che per secoli il tentativo cristiano di convertire gli ebrei è stato condotto con la sopraffazione e la violenza. Questo non giustifica i roghi di libri, evidentemente, ma dovrebbe aiutare a distinguere.
I roghi in Israele sono anche il frutto di una storia e di motivazioni molto diverse da quelle che portarono i nazisti a bruciare i libri in piazza nel 1933.
ROGHI di libri sono da condannare sempre e ovunque, perché essi sono il segno di fanatismo, intolleranza, disprezzo... E ciò vale anche per Israele. Le imma-
gini di decine di testi cristiani ridotti in ceneri fumanti nella cittadina di Or Yehuda, presso Tel Aviv, hanno destato ieri incredulità e sdegno in Israele. A denunciare la profanazione è stato, con grande rilievo, il quotidiano Maariv. Espressioni di esecrazione sono poi giunte da opinionisti, intellettuali, e da privati cittadini in conversazioni alla radio o in interventi nei siti internet. Ma nessun esponente di governo nè alcuna personalità rabbinica ha sentito la necessità, il dovere, di alzare la voce e protestare pubblicamente. Cosa che invece ha fatto, tra i primi, Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, secondo cui da un lato occorre effettivamente sbarrare in Israele la strada ad attività missionarie, mentre dall’altro occorreva mostrare rispetto verso i testi cristiani. Secondo il giornale l’episodio è avvenuto giovedì quando il vicesindaco di Or Yehuda Uzi Aharon, un ebreo ortodosso sefardita, ha avuto sentore che in un rione era stata appena distribuita «propaganda di missionari». Su sua istruzione, gli allievi di un collegio rabbinico sono passati di casa in casa per raccogliere i libri (vi erano testi del Vecchio e Nuovo Testamento e anche pubblicazioni in ebraico a sostegno della dottrina di Gesù) che sono stati poi raccolti in un campo e dati alle fiamme. Maariv ha pubblicato una foto di Aharon mentre tiene in mano alcuni testi, fra cui un Vangelo; alle sue spalle si notano le ceneri fumanti di altri libri.
«Non c’è dubbio che la stampa ha ingigantito la vicenda» , ha lamentato ieri Aharon. «Il rogo dei libri è stato una iniziativa spontanea di alcuni giovani, io sono arrivato a cose fatte...» Quei testi cristiani, ha aggiunto, «hanno leso i nostri sentimenti religiosi». «Secondo la nostra ortodossia, un libro che incita contro gli ebrei può essere arso» ha poi osservato. «Se c’è motivo di scandalo - ha concluso - esso scaturisce dalle attività dei missionari cristiani, che bruciano le anime di fedeli ebrei».
A quanto pare i testi sono stati distribuiti da «Ebrei messianicì» che, pur osservando i riti ebraici, credono negli insegnamenti di Gesù. Il loro numero complessivo è di circa 10-15 mila, suddivisi in decine di piccole congregazioni in tutto il territorio israeliano. I loro più strenui nemici sono i membri della organizzazione ebraica ultraortodossa «Yad le-Achim». Un loro dirigente, Meir Cohen, ha detto la settimana scorsa al giornale religioso Hazofe che «le attività dei missionari si stanno allargando. Noi le definiamo “Crociate di argento”(allusione a presunti stimoli pecuniari, ndr), che ogni anno trascinano centinaia di persone dall’ebraismo al cristianesimo».
In molti commenti la prima associazione di idee degli israeliani è stata con gli eventi del 10 maggio 1933 nella Piazza dell’Opera di Berlino, la Bebelplatz, dove attivisti nazisti diedero fuoco a migliaia di libri di scrittori ebrei e non. Molti hanno anche ricordato le parole profetiche del poeta ottocentesco tedesco (ed ebreo) Heinrich Heine secondo cui «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani». Il rogo dei libri - ha notato ieri lo scrittore Haim Beer - fu il momento preciso in cui «si gettarono le basi del regno del male nazista». Beer, ebreo osservante, ha espresso orrore per il rogo dei Vangeli.
Nel frattempo fra gli «Ebrei messianici in Israele la preoccupazione sta salendo perché il rogo di Or Yehuda segue un altro grave episodio di intolleranza: l’invio di un pacco esplosivo a un membro della comunità, alcuni mesi fa, che provocò l’amputazione di un piede di un ragazzo. La polizia israeliana, accusano, sembra essere inerte.
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Una cronaca pubblicata da La REPUBBLICA del 21 maggio 2008:
Il fattaccio è accaduto giovedì scorso, nella cittadina israeliana di Or Yehuda, dove un gruppo di ragazzi ha dato alle fiamme decine di testi cristiani. La notizia è stata diffusa soltanto ieri e ha provocato, come era prevedibile, sdegno e incredulità in tutto in paese. Ma ecco come è andata. Dopo aver saputo che in un quartiere della sua città alcuni missionari avevano distribuito "propaganda sacra", il vice-sindaco di Or Yehuda, un ebreo ortodosso sefardita, ha invitato gli allievi di un collegio rabbinico a sequestrare, recandosi casa per casa, i libri "sacrileghi". Tra questi figuravano testi del Vecchio e Nuovo Testamento e pubblicazioni in ebraico a sostegno della dottrina di Gesù che, una volta raccolti tutti assieme, sono stati bruciati.
È stato il quotidiano Maariv a denunciare con più virulenza la vicenda. Ieri, il giornale di Tel Aviv ha pubblicato una foto del vice-sindaco con in mano un Vangelo di fronte alle ceneri fumanti di altri testi sacri. Il quale s´è difeso così: «Non c´è dubbio che la stampa abbia ingigantito la vicenda. Il rogo dei libri è stato una iniziativa spontanea di alcuni giovani, io sono arrivato a cose fatte». Ed ha poi aggiunto: «Quei testi cristiani hanno leso i nostri sentimenti religiosi. Secondo la nostra ortodossia, un libro che incita contro gli ebrei può essere arso. Se c´è motivo di scandalo, esso scaturisce dalle attività dei missionari cristiani, che bruciano le anime di fedeli ebrei».
I testi della "propaganda" sarebbero stati distribuiti nella case da "Ebrei messianici", quel gruppuscolo religioso che in Israele conta sì e no diecimila adepti e che pur osservando i riti ebraici crede negli insegnamenti di Gesù. I loro più strenui nemici sono i membri della organizzazione ultraortodossa Yad le-Achim, secondo i quali le attività dei missionari trascinano ogni anno centinaia di persone dall´ebraismo al cristianesimo.
Numerosi opinionisti e intellettuali hanno espresso la loro condanna per il rogo di Or Yehuda. In molti hanno evocato gli eventi del 10 maggio 1933 nella Piazza dell´Opera di Berlino, la Bebelplatz, dove i nazisti bruciarono migliaia di libri. C´è anche chi ha citato le profetiche parole di Heinrich Heine, poeta ottocentesco, tedesco ed ebreo. Scrisse Heine che «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani». Al momento nessun esponente di governo o personalità rabbinica ha accusato i responsabili del fattaccio.
Umberto De Giovannangeli sull'UNITA' dà molto più rilievo al silenzio su roghi mantenuto, per ora, da governo e autorità rabbiniche che al coro di condanne della società israeliana. L'esordio "ROGHI di libri sono da condannare sempre e ovunque, perché essi sono il segno di fanatismo, intolleranza, disprezzo... E ciò vale anche per Israele" ribadisce un concetto scontato e fa sorgere un dubbio: che per u.d.g. i roghi di libri siano da condannare soprattutto in Israele.
Si dovrebbe anche ricordare che per secoli il tentativo cristiano di convertire gli ebrei è stato condotto con la sopraffazione e la violenza. Questo non giustifica i roghi di libri, evidentemente, ma dovrebbe aiutare a distinguere.
I roghi in Israele sono anche il frutto di una storia e di motivazioni molto diverse da quelle che portarono i nazisti a bruciare i libri in piazza nel 1933.
ROGHI di libri sono da condannare sempre e ovunque, perché essi sono il segno di fanatismo, intolleranza, disprezzo... E ciò vale anche per Israele. Le imma-
gini di decine di testi cristiani ridotti in ceneri fumanti nella cittadina di Or Yehuda, presso Tel Aviv, hanno destato ieri incredulità e sdegno in Israele. A denunciare la profanazione è stato, con grande rilievo, il quotidiano Maariv. Espressioni di esecrazione sono poi giunte da opinionisti, intellettuali, e da privati cittadini in conversazioni alla radio o in interventi nei siti internet. Ma nessun esponente di governo nè alcuna personalità rabbinica ha sentito la necessità, il dovere, di alzare la voce e protestare pubblicamente. Cosa che invece ha fatto, tra i primi, Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, secondo cui da un lato occorre effettivamente sbarrare in Israele la strada ad attività missionarie, mentre dall’altro occorreva mostrare rispetto verso i testi cristiani. Secondo il giornale l’episodio è avvenuto giovedì quando il vicesindaco di Or Yehuda Uzi Aharon, un ebreo ortodosso sefardita, ha avuto sentore che in un rione era stata appena distribuita «propaganda di missionari». Su sua istruzione, gli allievi di un collegio rabbinico sono passati di casa in casa per raccogliere i libri (vi erano testi del Vecchio e Nuovo Testamento e anche pubblicazioni in ebraico a sostegno della dottrina di Gesù) che sono stati poi raccolti in un campo e dati alle fiamme. Maariv ha pubblicato una foto di Aharon mentre tiene in mano alcuni testi, fra cui un Vangelo; alle sue spalle si notano le ceneri fumanti di altri libri.
«Non c’è dubbio che la stampa ha ingigantito la vicenda» , ha lamentato ieri Aharon. «Il rogo dei libri è stato una iniziativa spontanea di alcuni giovani, io sono arrivato a cose fatte...» Quei testi cristiani, ha aggiunto, «hanno leso i nostri sentimenti religiosi». «Secondo la nostra ortodossia, un libro che incita contro gli ebrei può essere arso» ha poi osservato. «Se c’è motivo di scandalo - ha concluso - esso scaturisce dalle attività dei missionari cristiani, che bruciano le anime di fedeli ebrei».
A quanto pare i testi sono stati distribuiti da «Ebrei messianicì» che, pur osservando i riti ebraici, credono negli insegnamenti di Gesù. Il loro numero complessivo è di circa 10-15 mila, suddivisi in decine di piccole congregazioni in tutto il territorio israeliano. I loro più strenui nemici sono i membri della organizzazione ebraica ultraortodossa «Yad le-Achim». Un loro dirigente, Meir Cohen, ha detto la settimana scorsa al giornale religioso Hazofe che «le attività dei missionari si stanno allargando. Noi le definiamo “Crociate di argento”(allusione a presunti stimoli pecuniari, ndr), che ogni anno trascinano centinaia di persone dall’ebraismo al cristianesimo».
In molti commenti la prima associazione di idee degli israeliani è stata con gli eventi del 10 maggio 1933 nella Piazza dell’Opera di Berlino, la Bebelplatz, dove attivisti nazisti diedero fuoco a migliaia di libri di scrittori ebrei e non. Molti hanno anche ricordato le parole profetiche del poeta ottocentesco tedesco (ed ebreo) Heinrich Heine secondo cui «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani». Il rogo dei libri - ha notato ieri lo scrittore Haim Beer - fu il momento preciso in cui «si gettarono le basi del regno del male nazista». Beer, ebreo osservante, ha espresso orrore per il rogo dei Vangeli.
Nel frattempo fra gli «Ebrei messianici in Israele la preoccupazione sta salendo perché il rogo di Or Yehuda segue un altro grave episodio di intolleranza: l’invio di un pacco esplosivo a un membro della comunità, alcuni mesi fa, che provocò l’amputazione di un piede di un ragazzo. La polizia israeliana, accusano, sembra essere inerte.
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