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Campionato Europeo di Calcio 2024 - commenti alle partite e all'Italia qui

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    Per 45 minuti almeno sta funzionando il gufaggio albionico... ma ancora è luuunghissima.

    Panzer?
    Last edited by Irrlicht; 30-06-2024, 18:58:42.
    Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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      Maddai che gol ha fatto
      Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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        Gol al 95esimo
        Originariamente Scritto da Marco pl
        i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
        Originariamente Scritto da master wallace
        IO? Mai masturbato.
        Originariamente Scritto da master wallace
        Io sono drogato..

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          Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
          Con la patetica eliminazione dell'Italia, non mi resta che gufare Francia ed Inghilterra...per il resto, vinca chi vuole...tranne quelle due.
          Non sei più il ghepardo di una volta.
          sigpic
          Free at last, they took your life
          They could not take your PRIDE

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            Mannaggia la miseria, erano quasi fuori, pronti per essere sbertucciati
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
            nella necropoli deserta»

            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Peccato
              Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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                Originariamente Scritto da topscorer Visualizza Messaggio
                Esatto, basterebbe mettere l'obbligo di schierare almeno 5 italiani in prima squadra, e 10 nelle squadre giovanili, non inteso come 10 undicesimi eh, 10 nella lista, panchina compresa, 10 su 20 o comunque il 50%, 8 su 16, una cosa del genere.
                Il Milan si è portato avanti e, da regola interna, si autobbliga ad avere in rosa almeno 5 giocatori bianchi!
                I SUOI goals:
                -Serie A: 189
                -Serie B: 6
                -Super League: 5
                -Coppa Italia: 13
                -Chinese FA Cup: 1
                -Coppa UEFA: 5
                -Champions League: 13
                -Nazionale Under 21: 19
                -Nazionale: 19
                TOTALE: 270

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                  Inghilterra-Svizzera il primo quarto. La Svizzera non sarà un avversario semplice per gli inglesi.
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
                  nella necropoli deserta»

                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                    Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                    Mannaggia la miseria, erano quasi fuori, pronti per essere sbertucciati
                    Quando in campo hai uno come Jude può sempre succedere di tutto....
                    Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                    parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                    Originariamente Scritto da GoodBoy!
                    ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                    grazie.




                    PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                      L'Italia è davvero così scarsa? I talenti su cui punterà Spalletti dopo Euro 2024

                      Le statistiche da incubo degli azzurri in Germania segnano un passaggio epocale: il declino si può arrestare o manca il talento? Chi potrebbe far parte della Nazionale del futuro

                      Ma siamo davvero così scarsi? Dall’Olympiastadion a Casa Azzurri un fantasma si aggira per l’Europa ed è il «calciatore italiano» come categoria tecnica e dello spirito, uscito a pezzi da questo Europeo: il primo della storia azzurra con due sconfitte, nelle quali, giusto per rimarcare la pochezza tecnica, l’Italia ha fatto solo un tiro in porta a partita, evento verificatosi solo altre tre volte in un grande torneo. Insomma, il passaggio è a suo modo epocale: il declino si può arrestare? «Ho tentato di ringiovanire la squadra e siccome rimango qui, in futuro questo sarà fatto ancora di più» dice il c.t. Spalletti, mentre il presidente Gravina ricorda che «in 60 giorni non si può pensare che fioriscano dei Ronaldo, dei Mbappé e dei Messi. L’esigenza è valorizzare il talento, perché per la prima volta abbiamo vinto con la Under 17, siamo campioni d’Europa anche con la U19 e vicecampioni del mondo con la U20. Ma poi questi ragazzi hanno zero minuti nelle prime squadre».​

                      Il talento manca o è gestito male?

                      In sostanza: la fiammella del talento in Italia brucia ancora, nonostante tutto, ma le squadre non danno fiducia ai ragazzi, preferendo stranieri già esperti. La teoria della selezione naturale potrebbe far pensare che se i giocatori sono forti, a 18-20 anni, dovrebbero comunque trovare spazio nei club. Quindi forse il talento medio che si produce nei nostri settori giovanili, se si blocca sempre sulla soglia del professionismo, non è così attrezzato come pensiamo. Magari anche perché a 17-18 anni spagnoli, francesi, tedeschi, ma anche portoghesi e olandesi, giocano già con le nazionali dei più grandi.

                      L'esempio di Calafiori

                      Però questo è stato anche l’Europeo di Riccardo Calafiori, la cui parabola sembra esemplare: un anno fa era reduce dalla stagione del rilancio al Basilea, lasciato a casa dalla Under 21 all’Europeo (fallimentare), è esploso al Bologna con Thiago Motta, che gli ha cambiato posizione in campo, da esterno a centrale e soprattutto gli ha dato una strada da seguire per esaltare le proprie qualità tecniche, tattiche e atletiche. Con un altro allenatore sarebbe diventato una delle possibili colonne del futuro? Altra provocazione: uno come Yamal in Italia andrebbe a farsi le ossa in serie B o in C?

                      ​ La Nazionale di Spalletti in Germania era la penultima per esperienza nel torneo e una di quelle con l’età media più bassa. E se si considera che Scalvini e Udogie sono rimasti a casa solo perché infortunati e Tonali ha perso un anno per le scommesse ma tornerà in azzurro, i primi nomi nuovi ci sono già e in parte sono frutto del ringiovanimento già attuato da Mancini. Alcuni uomini dell’Europeo, come il 34enne Darmian o il 32enne Jorginho sembrano ai saluti, anche Mancini non è in cima ai pensieri di Spalletti per la ripartenza. Da valutare invece Di Lorenzo, tra i peggiori in Germania ma figlio sportivo del c.t.: Bellanova di anni ne ha 24 e forse qualche minuto poteva anche giocarlo, viste le prestazioni del capitano del Napoli. Altrimenti anche i discorsi sul merito lasciano il tempo che trovano.

                      Casadei, Fabbian e non solo: su chi punterà Spalletti

                      Nell’ultimo campionato si sono messi in evidenza Fabbian del Bologna, Baldanzi alla Roma, Prati del Cagliari, tutti Under 21 come Casadei del Chelsea e Gnonto del Leeds, più giovane marcatore azzurro con Mancini. Soprattutto i primi due potrebbero già essere chiamati a settembre. Ma ci sono anche Kayode della Fiorentina, il 19enne Koleosho ora al Burnley e il bresciano Ndour del Psg, 19 anni pure lui. Senza dimenticare Camarda, la prossima grande speranza fra i centravanti: il milanista ha 16 anni, ha appena trascinato l’U17 alla vittoria dell’Europeo ed è atteso al salto in Lega Pro con la Under 23 rossonera: un altro passaggio simbolico da tenere d’occhio. Ma qualcosa si muove. E il lavoro del coordinatore delle giovanili Maurizio Viscidi sta creando una base su cui contare. Magari non per vincere il prossimo Mondiale, ma per battere la Svezia o la Macedonia di turno e riprovare l’ebbrezza di partecipare, questo sì. O è chiedere troppo?

                      ​CorSera
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                        Perché Spalletti e i giocatori dell’Italia non andavano d’accordo

                        ​Il martellamento tattico, i cambi di modulo, le conferme e le esclusioni: tutte le frizioni tra il ct e la squadra fino all’eliminazione da Euro 2024

                        Il martellamento tattico, i cambi di modulo, le conferme e le esclusioni: tutte le frizioni tra il ct e la squadra fino all’eliminazione da Euro 2024


                        Gli errori di Gravina e l’umiltà che manca a Spalletti

                        ​Il presidente della Figc non è riuscito a trovare con i club l’armonia necessaria per le riforme. Il ct ha caricato troppo i giocatori, finendo per schiantarli, invece di esaltarli

                        Il presidente della Figc non è riuscito a trovare con i club l’armonia necessaria per le riforme. Il ct ha caricato troppo i giocatori, finendo per schiantarli…
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Spalletti, gli errori da ct: tra ossessioni e fantasmi il ct sa di aver sbagliato e migliorerà

                          ​Ostinato, resistente, ossessionato, Luciano Spalletti ha capito di avere sbagliato puntando troppo in alto. «Ci sono differenze tra allenare un club e fare il c.t., devo imparare velocemente»

                          Spalletti si dimette? No. Chiede scusa? Sì. Seguono divagazioni in una mattina livida, a Iserlohn, la foresta dei cattivi presagi, la sede di un ritiro tragico: osservare bene il cittì, mentre — seduto accanto al presidente Gabriele Gravina — parla dopo il tonfo, la notte di brutti pensieri, la mortificazione, la pena. Ma senti: come c’è arrivato fin qui?
                          Non esistono foto di Luciano Spalletti da bambino. Però di quando aveva i capelli, cercando, qualcosa si trova. Superati i sessanta, non solo le rughe raccontano la nostra storia. Anche i capelli.​

                          Indagare aiutandosi con le immagini di Google, si capisce subito: è di quelli che la carriera se la sono cercata, e sudata. Per dire: diventa commissario tecnico senza avere mai indossato la maglia azzurra e avendoci invece solo giocato contro, in amichevole, quando era un medianaccio dell’Empoli, con calvizie già incipiente e foto ricordo accanto a Roberto Baggio (ma il suo idolo è sempre stato Giancarlo Antognoni). Ostinato, resistente. Anche in amore. Mario Sconcerti — caro, grandissimo Mario — raccontava che Spalletti conobbe la sua compagna Tamara, attuale madre dei tre figli, ai tempi in cui militava nello Spezia: lei vendeva l’Unità come all’epoca usavano fare i militanti del Pci, suonando porta a porta, un pianerottolo dopo l’altro, e così lui decise di andare in marcatura stretta — altroché il calcio liquido, «relazionale», con cui ha un po’ intontito i suoi in questo Europeo — abbonandosi, ripetutamente, al quotidiano fondato da Antonio Gramsci.​

                          Ossessivo e geniale

                          Mai niente di semplice. Da allenatore di club deve affrontare psicodrammi collettivi (con Totti, a Trigoria: dove aveva ragione lui, come s’è poi capito) e situazioni complesse (caso Icardi-Wanda Nara, a Milano), ma non esita, con coraggio brutale, a fare la valigia per andare ad allenare a San Pietroburgo (strepitosa foto, aveva già la boccia, mentre corre ad esultare sotto la Curva a torso nudo, e a -10). Senza capelli, colleziona dieci campionati consecutivi di serie A sopra i 60 punti, conducendo quattro squadre diverse in Champions: Udinese, Roma, Inter e Napoli. Dove, l’anno scorso, realizza il suo capolavoro: riportando lo scudetto, senza Maradona, e dopo 33 anni.
                          Ma questo non è un ritratto, è un santino.
                          Infatti.

                          Adesso arriviamo al carattere. A certi anfratti bui di Spalletti. Che sono la sua meravigliosa forza e la sua tremenda debolezza. Perché il riconosciuto puro genio tattico si accompagna a un puntiglio prossimo all’ossessione. È un visionario: ma se non riesci a vedere quello che vede lui, diventa facilmente irritabile. E permaloso (eufemismo). Così, scivola. Come l’altro giorno, a briglie libere, senza lo stile di un cittì, polemizzando con un giornalista di Radio24: «Io ho 65 anni, le mancano ancora 14 anni di pippe per…». Dopo chiede scusa. Con quella brace nello sguardo. Perché poi il guaio è che, ogni tanto, intravede fantasmi. Sospetta congiure. È la sua trappola. E lo sa.
                          Così, quando a Napoli capisce che può essere l’occasione giusta, trasforma il suo piccolo ufficio nel centro sportivo di Castelvolturno, in una tana. Inaccessibile. Segreta. Con un letto sbilenco comprato in un centro commerciale, un cuscino sintetico, le maglie di Maradona — come reliquie — appese alle pareti: di lato, la scrivania con i suoi famosi quaderni pieni di appunti, di frecce e cerchietti, di post-it con i nomi dei calciatori.

                          Spalletti li vuole che vivano di aspirazioni sublimi. Come lui. Uno schema banale lo deprime. Invece lo eccita inventare (tipo certe difese «rotanti» a tre e mezzo, oppure Totti falso nove, Perrotta assaltatore, Brozovic play maker e Lobotka bussola vivente). Passione sfrenata, studio maniacale. Rovista nelle tattiche altrui, saccheggia, le migliora. Pizarro, quando era il regista della Roma, giurava di avere sempre a disposizione almeno cinque possibili linee di passaggio. Se capiti a cena con Spalletti, al dolce è lì che, spostando i bicchieri, ti spiega come si alza il pressing sul portatore di palla avversario.
                          Il guaio è che laggiù, su quel campo di allenamento, ha preteso di più. Da se stesso. E, soprattutto, dagli azzurri. Li trovava modesti (e non gli si può dare torto): ma invece di progettargli addosso un calcio accessibile, su misura, di facile realizzazione, ha provato a infilarli dentro alcune sue affascinanti allucinazioni. E ha blindato tutto.

                          Spalletti sa di aver sbagliato

                          La squadra è andata via di testa. Non ha retto. La verità è che per insegnare certi schemi occorre un lavoro quotidiano: il cittì, invece, ha poco tempo, deve assemblare, possibilmente mettendo leggerezza. Lui giura di aver capito: «Ci sono differenze tra allenare un club e la Nazionale. Devo imparare velocemente».

                          Bisogna credergli. È un uomo onesto, perbene. Sa di avere sbagliato. Capisce che, pur nella crisi profonda del calcio italiano, quei tipini scarsi e flaccidi può comunque farli giocare un po’ meglio.
                          Mister, veda lei. Però, adesso, ci porti ai Mondiali.

                          ​CorSera
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Sacchi sull'Italia: «I giocatori non hanno dato niente, manca un'etica forte. Esonerare Spalletti non serve»

                            L'ex ct della Nazionale Arrigo Sacchi è molto arrabbiato per l'eliminazione dell'Italia: «Esonerare Spalletti sarebbe stato un errore, serve un'etica forte, serve un rinnovamento. Il nostro calcio, come il Paese, è vecchio»

                            «Siamo messi male, molto male. Perché puoi non essere un campione, ma devi dare tutto. E invece questi giocatori non hanno dato niente». Arrigo Sacchi è deluso e amareggiato. Come milioni di italiani, che sabato hanno assistito a una delle peggiori partite della storia azzurra. Per l’eliminazione, ma soprattutto per lo spirito inesistente di una squadra arresasi già prima di giocare.

                            Cosa l’ha delusa di più?
                            «Un’eliminazione così è inaccettabile. Si può perdere, ma si deve dare sempre un esempio di dignità e di orgoglio. La Nazionale ha il dovere di mandare un messaggio che va oltre il calcio, a tutto il Paese. Manca un’etica forte».

                            Si sarebbe aspettato le dimissioni di Spalletti?
                            «No. Ha le sue colpe, questo è sicuro, perché tutti sono responsabili. Ma non è l’unico. E dando la colpa solo a lui, pensando di risolvere tutto trovando un unico responsabile, soluzione tipicamente italiana, si continuerà a sbagliare. Mi spiace per Luciano: è un bravo allenatore. Quando entri in un frullatore così, ne esci a pezzi».

                            C’è un consiglio che sente di dargli, da collega e soprattutto da ex c.t. azzurro?
                            «È giusto ripartire da lui perché è uno stratega. Farà tesoro degli errori, ne sono certo. Ma ora deve puntare solo su calciatori che ritiene ideali alle sue idee di gioco. Deve andare per persuasione e percussione, con un progetto definito e senza paure. Prima di tutto però deve puntare su uomini giusti, con valori morali solidi. Occorrono ragazzi affidabili e intelligenti. Siamo messi male, servono scelte forti e coraggiose».

                            E anche una riflessione ampia, che coinvolga tutto il sistema, senza nascondersi.
                            «Il problema è che siamo vecchi. Come Paese. E il calcio è semplicemente lo specchio del Paese. Chi deve decidere è così preso dagli aspetti politici che non pensa mai alla tecnica, al pallone, nel senso stretto. Al centro del dibattito ci deve essere il gioco».

                            Come se ne esce? Il sistema va riformato?
                            «Serve un rinnovamento, siamo rimasti fuori due volte dal Mondiale. Ma quante volte lo abbiamo ripetuto? Poi però non facciamo niente. In Germania hanno 24 centri federali. In Francia 16. La Svizzera 3. Noi uno, costruito nel 1957. Senza strutture non c’è progettualità. Senza progettualità non c’è crescita».

                            Gli svizzeri sono diventati forti, noi siamo diventati scarsi. Come è successo?
                            «Quando nel 2010 sono entrato in Figc come coordinatore tecnico, a ogni partita contro i ragazzini svizzeri prendevamo 3-4 gol. Così sono andato da loro, per capire. Noi facevamo due giorni di allenamento, di corsa. Loro, avendo tre centri federali che raccolgono ragazzi ogni 80-90 km, lavoravano una settimana intera. È così che si cresce».

                            Si ha la sensazione che corrano tutti più di noi.
                            «Per fare il pressing giusto, quello che ti fa vincere le partite, servono tempistiche corrette, distanze corrette, un gruppo organico, valori morali. Il pressing va allenato. Ci sono giocatori che costano 70 milioni. Ma non sanno pressare. Non conta quanto costi, ma quanto vali».

                            C’entra anche il fatto che in serie A il minutaggio degli stranieri arriva al 65%?
                            «Il problema non sono gli stranieri, ma gli stranieri mediocri. Tolgono spazio ai giovani italiani senza accrescere il livello, anzi lo abbassano. Rileggete la storia: ogni volta che abbiamo favorito l’invasione di giocatori dall’estero, l’Italia è andata in difficoltà».

                            Giocatori scadenti, allenatori fortissimi. Siamo più bravi a insegnare che a fare?
                            «Come eccellenza, sì. Alcuni stanno tracciando una strada, attraverso il gioco: Gasperini, Sarri, Italiano, De Zerbi. Ma il problema è alla base. Servono allenatori che guardano al futuro. Serve formare i maestri, soprattutto nei settori giovanili, nelle scuole calcio. Altrimenti succede come l’altra sera: professionisti strapagati che non sanno cosa fare col pallone tra i piedi».

                            Il quadro è cupo. Dobbiamo rassegnarci?
                            «Il calcio dà sempre un’altra occasione, è la sua bellezza. A patto però di cambiare idee, con umiltà. Si può fare. L’abbiamo già visto altrove, in altri Paesi. Ma per farlo ci dobbiamo rinnovare, puntando sul gioco, sui fatti e non sulle parole. Sul merito e non sul clientelismo. Ma il segreto del successo è solo uno».

                            Quale?
                            «Giocare di squadra. Solo così si vince».

                            ​CorSera
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Sacchi dice una cosa molto importante, ovvero la mancanza dei centri federali. In Italia c'è solo quello di Coverciano, quando si scopre che la Germania ne ha ben 24 e la Svizzera 3, uno ogni 80 km...e noi uno per tutta l'Italia.

                              Occorre dunque aprire dei centri federali a macchia di leopardo sul territorio, per farvi convergere i giocatori ed i giovani talenti, per essere più vicini a dove si gioca il calcio, e non aspettare che il calcio venga da te.
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                Spalletti chiede scusa, Gravina cerca scuse: ma così l'Italia rischia di non fare i Mondiali
                                Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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