Alpinismo.

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    Alpinismo.

    parliamo di alpinismo e sopratutto di montagne...ricordo che da bambino ebbi ospite a casa mia il grande Achille Compagnoni..primo uomo a salire il K2 nel 1954...rimanemmo tutto il giorno a parlare di montagne...
    quale' secondo voi la montagna piu' difficile tra gli ottomila...per me la grande piramide del K2 la cui vetta e' sempre funestata da nuvole...essa e' la montagna che uccide ed e' inesorabile per chi cerca di scalarla.
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    #2
    il secondo ottomila che preferisco e' Il Nanga Parbat e la sua terribile parete Rupal...come il K2 anche il Nanga Parbat fa parte della catena del mitico Karakorum...sul Nanga Parbat Messner perse suo fratello in una drammatica discesa sulla parete Rupal...Messner lo cerco' per 1 giorno e 1 notte senza trovarlo...cosi ridiscese da solo in condizioni drammatiche e con le estemita' congelate... fu salvato da montanari ma in ospedale gli amputarono qualche dito dei piedi ormai necrotizzato...per l'alto livello di vittime che ci sono sul Nanga Parbat tale montagna e' definita la divoratrice di uomini.....
    altro che qualle mezza **** dell'EveresT.

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      #3
      La conquista della vetta ..la vittoria degli italiani.


      Cinque tentativi di scalare il K2 furono fatti a partire dal 1902, ma, a parte la spedizione del 1909 guidata da Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi, che scoprì la via di salita lungo lo sperone est della montagna (il leggendario Sperone degli Abruzzi)[1], non ci sarebbero stati grandi risultati fino al 1954, quando il 31 luglio una spedizione italiana guidata da Ardito Desio raggiunse la vetta. La notizia giunse in Italia a mezzogiorno del 3 agosto e fu accolta con grande entusiasmo e come simbolo della rinascita del Paese nel dopoguerra: da quel momento il K2 divenne per tutti la montagna degli italiani. I due alpinisti che raggiunsero effettivamente la vetta furono Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, anche se il merito va sicuramente all'intero gruppo, guidato con piglio di ferro da Desio (un uomo, sia detto per inciso, con enorme esperienza di spedizioni nell'Asia Centrale). L'attitudine quasi militare di questi, pur probabilmente giustificata dalla complessità dei problemi da affrontare (e dalla responsabilità di un'impresa che era stata caricata in Italia di molti significati extra-alpinistici) è tutt'ora oggetto di discussione.

      La spedizione fu inizialmente segnata dalla tragedia della morte di Mario Puchoz, una guida di Courmayeur colpito da polmonite probabilmente complicata da edema polmonare (venne seppellito al campo base). L'insistenza di Desio nel far continuare immediatamente le operazioni finì per creare una significativa frattura fra il capo spedizione e il gruppo di alpinisti, soprattutto il cosiddetto "gruppo di testa", composto da Compagnoni, Lacedelli, Walter Bonatti (considerato tra il 1954 e il 1965 uno dei migliori alpinisti al mondo), Erich Abram (una guida alto atesina) e Ubaldo Rey (un'altra guida di Courmayeur). Abram, Bonatti e Rey fecero il grosso del lavoro di messa in opera delle corde fisse sulla cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa poco sotto i 7000 metri che contiene il famoso Camino Bill.

      Il 30 luglio, il giorno prima della salita finale, si rischiò un altro dramma: Bonatti e il pachistano Mahdi, che portavano le bombole d'ossigeno al nono campo dove Compagnoni e Lacedelli, designati per conquistare la cima, li attendevano, non riuscirono a raggiungere la tenda del nono campo (da Compagnoni e Lacedelli posta più in alto di quanto concordato la sera prima per facilitare, a loro dire, la salita in vetta del giorno dopo). Al sopraggiungere dell'oscurità, Bonatti e Mahadi si trovarono così impossibilitati sia a salire sia a scendere. Essi dovettero quindi bivaccare all'aperto in condizioni climatiche proibitive, su un gradino di ghiaccio in mezzo a un ripido canalone che il vento notturno riempiva di neve, senza tenda e senza sacchi pelo, e sopravvissero solo grazie alla loro eccezionale forza fisica. Mahdi riportò un congelamento che obbligò all'amputazione di tutte le dita dei piedi.

      La mattina dopo Compagnoni e Lacedelli scesero a prendere le bombole (che garantivano una pressurizzazione pari a 6000 metri anche alla quota di circa 8100 metri), dove Bonatti e Mahdi le avevano lasciate (a poca distanza dal nono campo) e con esse fecero la salita finale; l'ossigeno tuttavia, secondo il loro racconto, si sarebbe esaurito due ore prima (a quota 8.400) della vetta che quindi avrebbero raggiunto senza il supporto dell'ossigeno, ma portando con sé le bombole (del peso di 19 kg) per lasciare in vetta un segno della loro conquista. Al ritorno entrambi erano in condizioni psicofisiche difficili e Compagnoni, che riferì di aver ceduto in vetta i suoi guanti a Lacedelli che li aveva persi scattando le foto (la versione in seguito venne modificata), riportò gravi congelamenti alle mani, per i quali fu necessaria l'amputazione di due dita.


      Le polemiche

      L'esatto svolgersi degli avvenimenti del 30 e 31 luglio 1954 è stato per lungo tempo controverso, soprattutto in mancanza di prove fattuali e solo discusso in funzione delle dichiarazioni delle parti. Secondo quanto riferirono Compagnoni e Lacedelli, alla cui versione si attenne la relazione di Desio (che non salì mai oltre il campo base, non essendo alpinista), essi avevano collocato il nono campo, la sera del 30, a circa 8160 metri di quota; da qui avrebbero parlato, a distanza e disturbati dal vento (ma Bonatti riferì che in quel momento il vento era assente e la conversazione era avvenuta con la massima facilità), con Bonatti e Mahdi, che si trovavano alcune decine di metri più sotto. Compagnoni riferì che essi credettero che i due, lasciate le bombole, fossero ridiscesi nella notte all'ottavo campo, posto a 7627 metri di quota; solo al mattino seguente, scendendo a prendere le bombole, videro da lontano un uomo (verosimilmente Mahdi, che fu il primo a scendere, seguito successivamente verso le h. 7 da Bonatti) che stava scendendo in quel momento, ma fino al loro ricongiungimento con i compagni non capirono cosa fosse accaduto.

      Nel 1964 fu pubblicato un articolo giornalistico sulla Nuova Gazzetta del Popolo che accusava Bonatti di aver quasi compromesso la spedizione per ambizione personale, tentando di raggiungere lui la cima con Mahdi, al quale aveva offerto del denaro perché lo aiutasse; in questo tentativo avrebbe usato le bombole di ossigeno, che per questo si sarebbero esaurite prima (a 8400 metri di quota, due ore prima di giungere in vetta). Bonatti fu inoltre accusato di aver abbandonato Mahdi, scendendo all'ottavo campo senza attenderlo. Ma a seguito di quell'articolo Bonatti fece causa per diffamazione contro il giornalista Nino Giglio [3], vinse la causa, donò l'indennizzo a un'associazione caritatevole, e pubblicò una versione dei fatti alquanto diversa: egli confermò di avere offerto del denaro a Mahdi, ma solo per convincerlo a salire con lui al nono campo, sostituendo Abram, che era stremato. La cattiva conoscenza dell'inglese da parte di entrambi, nonche' la diversa cultura, forse generò un fraintendimento. Bonatti inoltre sostenne che Compagnoni e Lacedelli non avevano posto il campo poco sotto quota 8000, come era stato concordato la sera del 29 Luglio, durante una animata discussione all'ottavo campo, tra lo stesso Bonatti, Lacedelli, Compagnoni e Gallotti, ma alcune centinaia di metri più in alto (poco oltre gli 8100 metri): fu per questo che lui e Mahdi non poterono raggiungerli e rischiarono la vita nel bivacco notturno, che secondo Bonatti avvenne poco oltre gli 8100 metri (invece dei 7990 indicati nella relazione ufficiale di Desio). Inoltre negò di aver abbandonato Mahdi, che al contrario era sceso prima di lui (gli altri alpinisti presenti all'ottavo campo lo confermarono) e smentì decisamente di aver usato le bombole, cosa peraltro impossibile in mancanza delle maschere e degli erogatori che erano negli zaini di Compagnoni e Lacedelli.

      Per confermare la sua versione, Bonatti mise in dubbio che l'ossigeno si fosse realmente esaurito due ore prima della fine dell'ascesa. A sostegno di questo egli portò varie prove ed argomentazioni: innanzitutto le fotografie scattate sulla cima, che ritraggono i suoi compagni in vetta, ancora con le maschere sul viso e collegate alle bombole di ossigeno. Assodato cio', non e' quindi mai stato esaurientemente spiegato il motivo per cui, i due alpinisti, Compagnoni e Lacedelli, avrebbero ugualmente portato le bombole di ossigeno del peso ciascuna di ben 19 Kg. ed ormai vuote, fin sulla vetta, invece di abbandonarle immediatamente alla quota di 8400 metri, come sarebbe stato lecito supporre. Da ultimo, Bonatti dimostrò come il tempo di ascesa indicato da Compagnoni e Lacedelli, di due ore per gli ultimi 200 metri di dislivello senza l'aiuto dell'ossigeno (ma con il peso delle bombole vuote ancora sulle spalle), fosse inverosimile (100 metri di dislivello all'ora), soprattutto se comparato con il tempo di ascensione fino ad allora tenuto dai due, ma con l'aiuto dell'ossigeno, nettamente piu' lento (31 metri di dislivello all'ora). Bonatti dichiarò infine di non essere mai stato consultato da Desio per la stesura della sua relazione: questa inizialmente non menzionava neppure l'episodio del bivacco notturno, che fu inserito (ma con quota sbagliata, a 8000 metri invece che a 8100 metri) solo dopo le sue rimostranze.

      Il processo diede ragione a Bonatti e l'autore dell'articolo, ammettendo davanti al giudice del Tribunale di Torino di aver trascritto quanto gli era stato riferito da Achille Compagnoni, dovette pubblicare una smentita; tuttavia la versione di Compagnoni e Lacedelli rimase quella "ufficiale" ancora a lungo e le discussioni si trascinarono, con Bonatti che insisteva affinché fossero riconosciute le sue ragioni. Alcuni sostennero che, essendosi scaricate le bombole d'ossigeno circa 200 metri sotto la cima (cosa mai provata e confutata dalle foto scattate in vetta), lo sforzo di Bonatti non sarebbe stato così fondamentale.

      Ci sono possibili spiegazioni al lungo silenzio del CAI sulla vicenda. Per molti anni spiacevoli vertenze finanziarie opposero il CAI al capo spedizione Ardito Desio e a Compagnoni: vi furono anche dei processi e alla fine, per decenni, nessuno più se la sentì di riesaminare i fatti alpinistici, forse per il timore di accendere polemiche anche all'interno dell'associazione. Si giunse addirittura a impedire che nel volume del CAI Alpinismo Italiano del Mondo (1972) apparisse anche la versione di Bonatti. Dal canto loro nemmeno gli alpinisti partecipanti alla spedizione se la sentirono di rivedere la vicenda solamente tra loro e senza appoggio ufficiale (anche se comunque, due di essi - Abram e Gallotti - testimoniarono a favore di Bonatti al processo del 1964 contro un giornalista della Nuova Gazzetta del Popolo).

      Soltanto nel 1994, nel quarantesimo anniversario, il CAI considerò nella loro interezza i documenti relativi alla storia del K2, pubblicando una revisione storica operata da Roberto Mantovani sul Catalogo Ufficiale del Museo Nazionale della Montagna di Torino, catalogo che accompagnava una mostra. Anche nella bibliografia vennero citate le pubblicazioni di Bonatti al riguardo.

      Finalmente nel maggio 2004, con l'avvicinarsi del cinquantenario del primo successo sul K2 (una spedizione italiana era in procinto di ritornare in vetta per festeggiare la data), una commissione storiografica voluta dal CAI riconobbe ufficialmente il ruolo svolto da Bonatti. Nonostante ciò, in un libro uscito pure nel 2004, Lacedelli (pur riconoscendo che Bonatti non fu trattato in modo corretto durante la spedizione, soprattutto nell'episodio del bivacco forzato) ribadì la sua versione: la cima fu raggiunta con le bombole ormai svuotate.

      A far luce sull'accaduto ha comunque senz'altro contribuito, nel 1994, la scoperta da parte del dottor Robert Marshall, di Melbourne, della pubblicazione della prime foto scattata in vetta al K2 (e mai pubblicata in Italia per anni) sull'annuario svizzero "Berge der Welt" [4] del 1955 (che mostrano che le maschere dell'ossigeno erano state effettivamente utilizzate da entrambi, Compagnoni e Lacedelli, fino in vetta e l'ossigeno non era quindi finito a quota 8.400 come sostenevano le versioni ufficiali . Sempre del 1994 è poi la dichiarazione di Lino Lacedelli, intervistato da Roberto Mantovani per La rivista della Montagna, su dove fosse stato piazzato il nono campo e perché: "Io volevo fermarmi prima, più in basso. Però Compagnoni non ne volle sapere" e aggiunge che quella di spostarsi più su della quota concordata con Bonatti "non fu una decisione saggia" . Nonostante ciò Desio non volle mai discostarsi dalla versione ufficiale scritta anni prima nella sua relazione. C'è però da ricordare che Desio non era un alpinista e quindi aveva seguito la spedizione stando al campo base limitandosi ad emettere alcuni ordini di servizio dattiloscritti (in totale 14 per tutta la durata della spedizione) che poi venivano recapitati anche ai campi più alti, sebbene con un certo ritardo.

      Resta comunque lettera morta l'auspicio del 1956 dei dirigenti del CAI che tutti i protagonisti scrivessero insieme un libro "per la vera storia del K2"

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        #4
        percorsi e accessi per il K2.

        Il versante pakistano - il più conosciuto:
        Lo sperone degli Abruzzi (o cresta sud-ovest) - è la via utilizzata per la prima ascesa e, nonostante sia considerata tra le vie più "normali", è piuttosto difficile e pericolosa.
        Cresta nord-est - via inaugurata da Rick Ridgeway, John Roskelly, Lou Reichardt e Jim Wickwire nel 1978.
        Sperone sud sud-est - variazione dello Sperone degli Abruzzi, è forse la via più "sicura".
        Il pilastro sud-ovest (la "linea magica") - Reinhold Messner con una sola occhiata la giudicò una via suicida; scalata nel 1986 da un gruppo di polacchi, mantiene ancora oggi la sua fama.
        Parete sud (la "via polacca") - non per tutti, forte pericolo di valanghe.
        Cresta Ovest.


        Il versante cinese - molto meno esplorato e frequentato, anche perché le autorità cinesi impediscono l'utilizzo di portatori locali quali gli sherpa nepalesi; esistono solo 2 percorsi esplorati:
        Cresta nord - inaugurata da una grande spedizione giapponese nel 1982, è forse uno dei percorsi himalayani più interessanti; da affrontare in gruppi numerosi, anche se ci sono problemi di spazio al campo 1 e al campo 4.
        Parete nord-ovest - inaugurata nel 1992, prevede il passaggio per la cresta nord-ovest per poi ricollegarsi al percorso precedente.

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          #5
          DIFFICOLTA'


          La difficoltà del K2, molto maggiore di quella dell'Everest, è testimoniata dal fatto che la seconda scalata è avvenuta solo 23 anni dopo la prima (cioè solo nel 1977) e fino al 2007 solamente 278 persone (di cui 35 italiane) hanno raggiunto la vetta (contro le oltre 3000 che hanno raggiunto quella dell'Everest); inoltre 66 persone sono morte, delle quali ben 16 nel tragico 1986 e spesso nella fase di discesa. I problemi stanno soprattutto nei numerosi passaggi difficili e ripidi e nel microclima, rigido e difficilmente prevedibile, che il più delle volte con lo scatenarsi di pericolosissime tormente impedisce di raggiungere la vetta per un'intera stagione.

          Il K2 ha dovuto attendere fino al 1978 per essere scalato senza ossigeno (Louis F. Reichardt, USA).

          Interessante anche il rapporto tra il K2 e le donne: le prime 5 alpiniste che hanno raggiunto la vetta hanno tutte perso la vita; infatti 3 di loro sono morte durante la discesa dal K2, mentre le altre 2 sono morte successivamente in altre scalate. Per questo c'è chi parla di una maledizione, che colpirebbe le donne che hanno conquistato questa montagna. Tale maledizione sembra essere stata interrotta dalla spagnola Edurne Pasaban che ha raggiunto la vetta il 26 luglio 2004 e successivamente dall'italiana Nives Meroi (in vetta il 26 luglio 2006) e dalla giapponese Yuka Komatsu (in vetta l' 1 agosto 2006 usando l'ossigeno).

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            #6
            Il K2 oggi

            Nel luglio 2004 la nutrita Spedizione celebrativa K2 1954-2004 (33 alpinisti, un numero troppo elevato secondo molti) ha tentato, portandola a termine, la scalata del K2 per festeggiare i 50 anni dall'impresa di Compagnoni e Lacedelli. Il 26 luglio - a tre anni di distanza da che l'ultimo alpinista aveva raggiunto la vetta - Silvio Mondinelli e Karl Unterkircher hanno (ri)conquistato il K2. Anche questa spedizione ha lasciato sul campo delle vittime: 5 sherpa sono affogati in territorio pakistano travolti da un'ondata di piena di un fiume che stavano guadando. Il drammatico evento è dovuto ad un cambio di percorso, fatto per raggiungere il campo base in tempi più rapidi per poter recuperare i 5 giorni persi per le nevicate precedenti. Probabilmente l'errore commesso è dovuto all'inesperienza o non conoscenza dei luoghi degli sherpa reclutati in vallate distanti. Infatti la spedizione italiana aveva molto materiale e non era riuscita a trovare nel luogo abbastanza portatori, tanto che era dovuto intervenire anche il governo per sopperire a questa mancanza.

            Il 20 luglio 2007 la spedizione italiana K2 Mountain Freedom 2007 [16] raggiunge la vetta del K2 attraverso lo sperone Abruzzi e senza l'ausilio dell'ossigeno con tre dei suoi alpinisti: Daniele Nardi, capospedizione, Mario Vielmo e Stefano Zavka. Michele Fait, il quarto uomo della spedizione, si ferma a qualche centinaio di metri dalla vetta. Vielmo e Zavka raggiungono la cima della montagna molto tardi, attorno alle 18.30 (ora locale), circa 2 ore e mezzo dopo il loro compagno e dopo altri scalatori russi, coreani, canadesi e americani impegnati sul K2 in quegli stessi giorni. Le previsioni meteorologiche erano concordi nel prevedere un peggioramento delle condizioni del tempo per la serata dello stesso giorno. Vielmo e Zavka, soli, cominciano la discesa dalla vetta verso il campo 4 (ca. 8000 m) alle 19.00, ma le condizioni del tempo diventano pessime: il vento fortissimo alza una fitta neve che, assieme alla notte e alla stanchezza accumulata durante la scalata del pomeriggio (durata più di 14 ore), rende problematiche le operazioni di discesa. Stefano Zavka [17], che non aveva con sé la radio e che durante la discesa aveva ceduto il passo a Vielmo che lamentava un congelamento di mani e piedi, si perde nella tempesta [18] e non farà più ritorno al campo 4; anche Mario Vielmo, alpinista esperto con alle spalle diversi 8000, si perde nella notte, ma alla fine riesce a raggiungere le tende dei compagni, con cui comunicava via radio, grazie alle luci frontali che questi avevano posto come segnale [19]. La spedizione, seguita anche dal giornalista Marco Mazzocchi con una troupe Rai, è stata documentata nel programma TV K2: il sogno, l'incubo, andato in onda su Rai 2 nell'ottobre 2007.

            Nel 2007 sono stati 29 gli scalatori che hanno raggiunto la vetta del K2: 18 il 20 luglio, 9 il 22 agosto e 2 il 2 ottobre. Dalla prima salita di Compagnoni e Lacedelli 269 uomini e 9 donne hanno raggiunto la cima della montagna. Di questi, 24 sono morti nella discesa [20].

            Ancora molto resta da scoprire: i percorsi di salita attuali sono piuttosto tortuosi, il versante cinese è poco conosciuto, nessuno ha mai compiuto con successo un'ascesa invernale (più volte tentata da spedizioni polacche).

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              Citazioni


              "Bonatti, come lui stesso spiega nel libro, aveva una gran voglia di arrivare su. E se ce l'avesse fatta fisicamente, non c'era motivo perché non tentasse con noi. É possibile che, nella speranza di arrivare in vetta non abbia voluto tornare indietro all'ottavo campo, come il buonsenso avrebbe consigliato, ma abbia preferito tentare il bivacco. Che, se proprio vogliamo essere sinceri, perché la verità bisogna anche dirla, non era poi tanto peggio, come situazione, di quella in cui ci trovavamo noi, nella tendina esposta alle intemperie sul crinale. In quei casi, come ben sanno gli alpinisti, forse si sta meglio in una buca..." (Achille Compagnoni, sul bivacco all'addiaccio di Bonatti a oltre 8000 m di quota, in un'intervista raccolta dalla giornalista Viviana Kasam per il Corriere della Sera dell'11 ottobre 1983)

              "Adesso il suo racconto è anche la verità del CAI. Bonatti ha vinto. Ma quale Bonatti? Chi è oggi il ragazzo di ventiquattro anni appena compiuti che quella notte perse - è lui a dirlo - la sua fiducia negli uomini?" (Andrea Casalegno, Il Sole 24 ore, 1994)

              "Sono fiero di quello che ho fatto. Ancora oggi il K2 è una montagna italiana. Chi si crede di essere Bonatti per gettare fango su degli eroi?" (Achille Compagnoni, Le Monde 1994)

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                #8
                prossimamente spero di poter parlare del Nanga Parbat..la divoratrice di uomini.

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                • Sergio
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                  • May 1999
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                  #9
                  Originariamente Scritto da epico Visualizza Messaggio
                  prossimamente spero di poter parlare del Nanga Parbat..la divoratrice di uomini.
                  Epico, sono copia ed incolla, smettila di dire baggianate.



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                  • Theycallmechobo
                    Il Pontificatore misericordioso
                    • Apr 2006
                    • 14007
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                    #10
                    Originariamente Scritto da Sergio Visualizza Messaggio
                    Epico, sono copia ed incolla, smettila di dire baggianate.

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                    • KURTANGLE
                      Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
                      • Jun 2005
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                      #11
                      a quest'ora?
                      Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                      parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                      Originariamente Scritto da GoodBoy!
                      ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                      grazie.




                      PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                      • Black87
                        Bodyweb Senior
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                        • A casa di socio a falsificare CV
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                        #12

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                        • ma_75
                          Super Moderator
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                          #13
                          Originariamente Scritto da epico Visualizza Messaggio
                          prossimamente spero di poter parlare del Nanga Parbat..la divoratrice di uomini.
                          Ma scalare il Monte di Venere, una volta almeno nella vita, no?
                          In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                          ma_75@bodyweb.com

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                          • KURTANGLE
                            Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
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                            #14
                            ahahahhahahahahahaha
                            Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                            parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                            Originariamente Scritto da GoodBoy!
                            ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                            grazie.




                            PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                            • Icarus
                              Bodyweb Senior
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                              • A casa di Steel77 a rubargli l'argenteria mentre è alla ricerca di se stesso.
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                              #15
                              Presidente siamo con Te,
                              meno male che Silvio muore.

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