70 parlamentari-delinquenti neo eletti sono così ripartiti:
- PDL 45 (proposti 56)
- PD 13 (proposti 18)
- Lega Nord 7 (proposti 8)
- UDC – Rosa Bianca 5 (proposti 9)
CONDANNATI, PRESCRITTI, INDAGATI, IMPUTATI E RINVIATI A GIUDIZIO
ELETTI IL 13 E 14 APRILE 2008 AL PARLAMENTO ITALIANO
Popolo delle Libertà (45)
Abrignani Ignazio (FI): Avvocato, ex capo della segreteria di Claudio Scajola, è indagato a Milano per dissipazione postfallimentare
nelle indagini sulla bancarotta della cit, l’agenzia di viaggi dello Stato di cui era commissario straordinario. La Cit
è stata acquista dall'imprenditore campano Gerardo Soglia (pure lui candidato per la Pdl, non si sa se anch’egli indagato oppure
no), indicato come uno degli imprenditori che dovrebbe far parte della fantomatica cordata Berlusconi per l’acquisto di
Alitalia.
Berlusconi Silvio (FI): 2 amnistie (falsa testimonianza P2 e falso in bilancio Macherio); 1 assoluzione dubitativa (corruzione
Gdf, falso bilancio Medusa); 1 assoluzione piena (corruzione giudici Sme-Ariosto); 2 assoluzioni per depenalizzazione del
reato da parte dello stesso imputato (falsi in bilancio All Iberian, Sme-Ariosto); 8 archiviazioni (6 per mafia e riciclaggio, 2 per
concorso in strage); 6 prescrizioni (finanziamento illecito a Craxi con All Iberian; falso in bilancio Macherio; falso in bilancio
e appropriazione indebita Fininvest; falso in bilancio Fininvest occulta; falso in bilancio Lentini; corruzione giudiziaria
Mondadori); 3 processi in corso: Telecinco (falso bilancio, frode fiscale, violazione antitrust spagnola), caso Mills (corruzione
giudiziaria), diritti Mediaset (appropriazione indebita, falso bilancio, frode fiscale), Saccà (corruzione); 1 indagine in corso
(istigazione alla corruzione di alcuni senatori).
Bergamini Deborah (FI): La sua posizione è al vaglio della Procura di Roma, cui i pm di Milano hanno trasmesso il fascicolo
relativo all’ipotesi di interruzione di pubblico servizio, in concorso con l’allora dg Rai Flavio Cattaneo, per aver ritardato le
notizie sui risultati elettorali delle regionali 2005, molto negativi per il governo Berlusconi.
Berruti Massimo Maria (FI): Condannato in via definitiva a 8 mesi per favoreggiamento, per aver depistato nell’estate del
1994 le indagini sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza dopo una visita a Berlusconi a Palazzo Chigi.
Brancher Aldo (FI): Condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi, si salva in
Cassazione grazie alla prescrizione (per il secondo reato) e alla depenalizzazione del reato (il primo) da parte del suo stesso
governo. Indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani (Bpl) all’Antonveneta: la Procura trova un
conto alla Banca Popolare di Lodi intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila
euro in due anni.
Briguglio Carmelo (FI): Nel 1999 viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e truffa alla Regione e all’Unione europea
nell’inchiesta della Procura di Palermo su presunti finanziamenti regionali e comunitari girati a tre società «amiche» per corsi
di formazione professionale. Il processo viene poi trasferito per competenza a Messina, dove i giudici annullano il precedente
decreto di rinvio a giudizio e ripartono praticamente da zero. Ma il tour non è finito, perché nel gennaio 2003 il gip messinese
dichiara prescritta una parte delle accuse, e dirotta quelle rimaste (truffa e falso) a Reggio Calabria, in quanto fra gli indagati
c’è anche un giudice di pace di Messina. E a Reggio Briguglio viene assolto nel 2006.
Camber Giulio (FI): Condannato nel 2007 dalla Corte d’appello di Trieste a 8 mesi di reclusione (con rito abbreviato e sconto
di un terzo della pena) per millantato credito nell’ambito del crac Kreditna Banka, l’istituto di credito della minoranza slovena
fallita nel 1997: nel novembre 1994 avrebbe ricevuto 100 milioni di lire dai vertici dell’istituto, garantendo loro un intervento
politico per salvarlo dalla bancarotta. Intervento poi mai compiuto. Infatti la banca fallì.
Cantoni Giampiero (FI): Ha patteggiato 2 anni di reclusione complessivi prima per corruzione (con risarcimento di 800
milioni di lire) e poi per concorso nella bancarotta fraudolenta del gruppo Mandelli.
Catone Giampiero (Dc Autonomie): arrestato a Roma nel 2001 per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata,
falso, false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta pluriaggravata (due bancarotte da 25 miliardi di lire l’una e 12
miliardi di finanziamenti a fondo perduto ottenuti dal ministero dell’Industria – secondo l’accusa – con carte e perizie false), è
stato rinviato a giudizio. Così come all’Aquila, sempre per bancarotta fraudolenta (fallimento dell’Abatec, azienda di Chieti da
lui stesso amministrata, che avrebbe dovuto produrre macchinari ad alta tecnologia per la lavorazione dei pannolini, ma fu
dichiarata fallita dopo un aumento di capitale deliberato prim’ancora che fossero sottoscritte le quote sociali). La stessa Procura
dell’Aquila ha chiuso un’altra indagine a carico di 44 persone, fra cui Catone, su una presunta mega-truffa ai danni della
multinazionale Merker e di diverse banche, tra le quali Intesa. Qui Catone è indagato per estorsione, insieme al fratello Mario,
dipendente di Banca Intesa, per aver spillato 118mila euro ad alcuni dirigenti Merker, millantando interventi politici per
risolvere i guai finanziari del gruppo.
Ciarrapico Giuseppe (FI): 5 condanne definitive, una in primo grado e una serie impressionante di arresti e procedimenti
penali. Nel 1973 la Corte d’Appello di Roma conferma la sentenza del Tribunale di Cassino e lo condanna per truffa aggravata
e continuata ai danni di Inps, Inail e Inam per non aver registrato sui libri paga gli stipendi dei dipendenti. La Cassazione
conferma la truffa, ne dichiara prescritta una parte e incarica la Corte d’appello di rideterminare la pena per l’altra. Nel 1974
altra condanna: il pretore di Cassino gli infligge una multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela
“il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”:sentenza confermata in Cassazione. Nel marzo ’93 viene arrestato a Roma per lo
scandalo Safim Leasing- Italsanità (per vari miliardi di lire avuti dalla Safim Factor scontando titoli di credito inesistenti dopo
aver affittato suoi immobili a Italsanità): nel 1995 viene condannato con rito abbreviato a 1 anno per falso in bilancio e truffa,
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Fonti: “Se li conosci li eviti” di Marco Travaglio e Peter Gomez - Ministero dell’Interno www.interno.it
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pena poi confermata in appello e in Cassazione. Aprile ’93: Di Pietro lo fa di nuovo arrestare per una stecca di 250 milioni di
lire versata al segretario del Psdi Antonio Cariglia su richiesta di Andreotti. “Era vero, li diedi per arruolare Domenico
Modugno alle feste dei socialdemocratici”, dirà lui anni dopo. Passa un mese e torna dentro, stavolta per un presunto miliardo
alla Dc andreottiana nello scandalo delle Poste. A giugno, condanna in primo grado a 6 mesi per diffamazione: aveva affisso a
Fiuggi un manifesto in cui dava a un consigliere comunale del “mentitore diffamatore mestatore”. Nel 1997 la Procura di
Roma lo fa rinviare a giudizio per peculato, abuso e falso nella sua attività di re delle acque minerali: secondo il pm Maria
Cordova, mentre era custode giudiziario dell’Ente Fiuggi, Ciarrapico omise di versare 20 miliardi al Comune e si appropriò di
somme di denaro per spese pubblicitarie, interessi passivi e acquisto di beni capitalizzati, rinnovando il contratto di vendita
dell’acqua Fiuggi a una sua società che offriva prezzi inferiori rispetto a un’altra (danneggiando il Comune, che percepiva un
tot a bottiglia). Nel 1995 viene condannato con rito abbreviato per falso in bilancio delle Terme Bognanco. Ma questi processi
finiscono in nulla. Nel 1998, però, arriva la mazzata: condanna in Cassazione a 4 anni e 6 mesi per la bancarotta fraudolenta
del Banco Ambrosiano. La sua “Fideico”, nel 1982, aveva ottenuto dalla Banca di Roberto Calvi e della P2 un improvviso
aumento della linea di credito da 4 a 39 miliardi, restituendo solo le briciole. Nel 1999, il kappaò: la quinta condanna definitiva
a 3 anni per il crac da 70 miliardi della società che controllava la “Casina Valadier”, il palazzetto liberty romano trasformato in
ristorante. Ma il Ciarra, pur dovendo scontare 7 anni e mezzo, non finisce in carcere: grazie all’età e agli acciacchi, ottiene
l’affidamento ai servizi sociali. Intanto i processi avanzano, con qualche botta di fortuna. Nel ’99, condannato in appello per
emissione di assegni a vuoto, il nostro eroe è assolto in Cassazione perchè il reato è stato appena depenalizzato. Nel 2000 cade
in prescrizione la condanna in primo grado per violazione della legge sulle assunzioni obbligatorie di invalidi. Nel 2001,
condanna in primo grado a Perugia per abuso d’ufficio insieme al giudice fallimentare di Frosinone che nel ’93 regalò
l’amministrazione controllata alla sua capogruppo “Italfin 80” in crisi nera, evitandogli il crac: reato poi estinto per
prescrizione. Intanto lui s’è dato alle cliniche private. E anche in quel ramo riesce a dare lavoro alla Giustizia. Nel 2002 il
Tribunale di Roma lo condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni: insieme ad alcuni
dirigenti della “Quisisana”, avrebbe imposto a una cinquantina di pazienti sottoposti a trasfusioni parcelle gonfiate per 3-400
mila lire l’una. E nel 2005 è rinviato a giudizio per ricettazione nella vecchia vicenda delle tangenti al ministero delle Poste.
Ma ci sono pure questioni recentissime, come quella che lo investe per la sua ultima vocazione: editore di giornali locali,
undici “cocoperative” tra la Ciociaria e il Molise, finanziati dallo Stato. Del novembre 2007, il Ciarra è indagato a Roma per
truffa ai danni di Palazzo Chigi: pare che tra il 2002 e il 2005 abbia incassato il doppio dei contributi dovuti, attestando
falsamente che le società “Editoriale Ciociaria Oggi” e “Nuova Editoriale Oggi” hanno una gestione separata. In attesa di
sapere come stanno le cose, il Gip gli ha sequestrato i 2,5 milioni che stavano arrivando dalla Presidenza del Consiglio. Intanto
il fisco italiano attende che il Ciarra versi 1,495 milioni di euro di tasse mai pagate. E non è questo l’unico suo debito: tallonato
dai piccoli azionisti dell’Ambrosiano, risulta residente per l’Anagrafe in una camera e servizi annessa a un capannone
industriale dove ha sede la tipografia di “Ciociaria Oggi”, a Villa Santa Lucia, vicino a Montecassino. Dove sovente bussa
l’ufficiale giudiziario. Invano.
Comincioli Romano (FI): Imputato per le false fatture e i bilanci truccati di Publitalia, insieme a Dell’Utri e altri, chiede di
patteggiare 1 anno e 8 mesi, ottiene il consenso del pm, ma nel 1995 il Tribunale ritiene troppo bassa la pena concordata e
preferisce processarlo: mossa incauta, visto che poi la Cdl, anche col suo voto, abroga di fatto il falso in bilancio, riducendo le
pene al lumicino e abbreviando le scadenze della prescrizione. A quel punto la IV sezione del Tribunale fa ricorso alla Corte di
giustizia europea e alla Corte costituzionale per l’incostituzionalità della legge. Ma la Corte europea rimanda al mittente
l’eccezione, mentre la Consulta tarda a rispondere e quando il processo riprenderà, i reati saranno comunque prescritti. Nel
febbraio 2008, alla vigilia della fine della legislatura, la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato respinge al mittente
la richiesta di autorizzazione (inoltrata dal gip di Milano Clementina Forleo) a usare le sue telefonate intercettate con l’amico
Stefano Ricucci a proposito della scalata al «Corriere della Sera».
De Angelis Marcello (An): Condannato in via definitiva a 5 anni di carcere (di cui 3 scontati in carcere) per banda armata e
associazione sovversiva come dirigente e portavoce del gruppo neofascista Terza Posizione, fondato da Roberto Fiore,
Gabriele Adinolfi e Ciccio Mangiameli.
De Gregorio Sergio (FI-Italiani nel Mondo): Dal giugno 2007 è indagato dalla Procura antimafia di Napoli per i reati di
riciclaggio e favoreggiamento della camorra. Nel febbraio 2008 è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di
Roma per il reato di corruzione. Entrambe le indagini nascono in Campania, dove la Guardia di finanza scopre, durante una
perquisizione a carico di Rocco Cafiero detto «’o Capriariello», ritenuto un componente del clan Nuvoletta, una serie di
assegni firmati??? o girati proprio da De Gregorio. I finanzieri, tra le carte del senatore, scoprono anche un accordo fra
l’associazione Italiani nel mondo e il coordinatore forzista Sandro Bondi, in cui si dà conto dell’impegno finanziario
concordato tra le parti (si parla di 500 o 700mila euro), delle quote già consegnate e quelle da fornire con cadenza mensile. I
magistrati sospettano che sia il prezzo pagato per convincere il senatore ad abbracciare il centrodestra. E trasmettono
l’inchiesta per competenza da Napoli a Roma.
Dell’Utri Marcello (FI): Condannato definitivamente a Torino a 2 anni e 3 mesi per false fatture e frodi fiscali nella gestione
di Publitalia (reato per cui fu arrestato per 18 giorni nel maggio 1995 e poi patteggiò la pena in Cassazione); condannato in
primo grado e in appello a Milano a 2 anni per tentata estorsione mafiosa insieme al boss trapanese Vicenzo Virga ai danni
dell’imprenditore Vincenzo Garraffa; condannato in primo grado a Palermo a 9 anni per concorso esterno in associazione
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mafiosa; salvato dall’immunità parlamentare dalla richiesta di arresto avanzata nel 1999 dai giudici di Palermo in un processo
per calunnia aggravata contro alcuni pentiti (processo chiuso in primo grado con l’assoluzione e ora in fase di appello).
De Luca Francesco (Dc Autonomie): Deputato forzista uscente, ora accasato con la Dc di Rotondi, è indagato dalla Procura
di Milano per tentata corruzione in atti giudiziari. Dalle intercettazioni delle sue telefonate con l’avvocatessa del clan
camorristico dei Guida, molto attivo a Milano, gli inquirenti hanno scoperto che la donna si era rivolta a lui, nell’autunno del
2006, per aggiustare un processo a carico dei suoi clienti davanti alla V sezione della Cassazione. E gli aveva inviato un
appunto con gli estremi della “pratica” addirittura via fax, su un’utenza del Senato. De Luca rispose di averlo “dato a quella
persona”, che “sta per andare via” (dalla Cassazione), ma “chi lo sostituisce è un amico”. Quando gli inquirenti si rendono
conto che l’avvocatessa parla con un deputato, interrompono gli ascolti, come imposto dalla legge Boato, e chiedono alla
Camera l’autorizzazione a usare telefonate e tabulati. La giunta per le autorizzazioni della Camera decide di non decidere,
“concordando all’unanimità un rinvio dell’esame”. Così, intanto, viene sciolto il Parlamento e De Luca – che nega di aver mai
contattato magistrati di Cassazione e parla di “equivoco” - viene ricandidato alla Camera in un posto sicuro nelle liste del Pdl,
in Veneto1.
Fasano Vincenzo (An): Ex assessore regionale di An, è stato coinvolto in due procedimenti penali relativi alla gestione delle
aree Asi di Battipaglia (Salerno). Assolto in appello dall’accusa di turbativa d’asta, per il quale era stato condannato a 1 anno
in primo grado; condannato a 2 anni per concussione il 16 ottobre 2007, pena peraltro indultata. La vicenda si riferisce a
richieste da parte di Fasano nei confronti di imprenditori che dovevano avviare un centro commerciale: di posti di lavoro,
appalti per la climatizzazione e la gestione dell'area carburanti. Candidato Pdl per il Senato in Campania.
Firrarello Giuseppe (FI): Arrestato e condannato in primo grado (il 13 aprile 2007) a Catania alla pena di 2 anni e 6 mesi di
reclusione per turbativa d’asta nel processo per le tangenti sulla costruzione del nuovo ospedale Garibaldi e del centro
residenziale per studenti universitari «Il Tavoliere». Il Tribunale ha trasmesso alla Procura una serie di atti perchè Firrarello
venga processato anche per concorso esterno in associazione mafiosa.
Fitto Raffaele (FI): Indagato a Bari per corruzione, falso e illecito finanziamento ai partiti, nel 2006 s’è salvato dalle manette
perché la Camera ha respinto la richiesta di autorizzazione ad arrestarlo inoltrata dai giudici di Bari. Nel dicembre 2007 la
Procura barese ha comunque chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione e illecito finanziamento. L’accusa riguarda presunte
tangenti versate a Fitto da Giampaolo Angelucci, re delle cliniche private (anche lui imputato a Bari), che gli avrebbe allungato
500mila euro per la sua lista alle elezioni regionali del 2005 (poi perdute contro Nichi Vendola) in cambio di favori illeciti per
vincere l’appalto da 198 milioni che gli ha consegnato le undici residenze sanitarie «assistite» dalla Regione Puglia.
Formigoni Roberto (FI): Imputato per abuso d’ufficio nel processo sui maneggi intorno alla fondazione Bussolera Branca.
Assolto in primo e secondo grado, s’è visto annullare la sentenza dalla Cassazione, che ha ordinato di rifare il processo
d’appello.
Galati Giuseppe (FI): Ex Udc recentemente passato a Forza Italia, è indagato a Catanzaro per associazione a delinquere,
truffa e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il pm Luigi De Magistris (nell’indagine «Poseidone», poi
avocata dal procuratore Mariano Lombardi) ipotizza che Galati facesse parte di un comitato d’affari che si occupava di spartire
tra i vari partiti i fondi pubblici stanziati dalla Regione e dall’Unione europea.
Giudice Gaspare (FI): Imputato a Palermo per associazione mafiosa, bancarotta fraudolenta aggravata e riciclaggio, nel 2006
è stato assolto in primo grado da tutte le accuse, salvo quella per bancarotta semplice, coperta però da prescrizione. Ma la
Procura, che aveva chiesto per lui una condanna a 15 anni, ha fatto ricorso in appello.
Grillo Luigi (FI): Nell’indagine sulle scalate bancarie del 2005, la Procura di Milano ha chiesto il suo rinvio a giudizio per
aggiotaggio per aver «contribuito a trasferire da Fazio a Fiorani informazioni riservate sull’iter di procedimenti di Bankitalia
nei confronti di Bpi» (la Popolare Italiana, ex Lodi, di Gianpiero Fiornai); e gli contesta inoltre un episodio di appropriazione
indebita («44mila euro nel 2005»). Nel 2006 Grillo, grazie alla prescrizione appena dimezzata dalla legge ex Cirielli, ha visto
cadere davanti al gip di Genova le accuse mosse contro di lui per una presunta truffa nella progettazione della Tav Milano-
Genova in concorso con dirigenti delle Fs e il costruttore Marcellino Gavio, sospettati di aver ottenuto illecitamente oltre 100
miliardi di lire per interventi di «conoscenza dell’assetto geologico dei terreni nella galleria Giovi».
La Malfa Giorgio (FI-Pri): Condannato definitivamente a 6 mesi per il finanziamento illecito della maxitangente Enimont:
nel 1992 incassò in nero 300 milioni Ferruzzi-Montedison.
Landolfi Mario (An): Ex ministro delle Telecomunicazioni e presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla
Rai, è indagato in Campania per corruzione e truffa «con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il clan mafioso
La Torre» nell’ambito di un’inchiesta sui fratelli Orsi, due imprenditori casertani diventati i re dei rifiuti grazie al legame con
la camorra e alle relazioni politiche a destra e sinistra. Contro Landolfi gli investigatori hanno raccolto molte dichiarazioni. Al
centro di tutto ci sono i posti di lavoro. Quando i politici chiedevano, il contratto doveva spuntare fuori a tutti i costi. Spiega
Michele Orsi: “Circa il 70 per cento delle assunzioni poi operate erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politicoelettorali,
richieste da Landolfi, Valente [il presidente del consorzio comunale, nda] e Cosentino [il coordinatore regionale di
Forza Italia, nda]... Molte delle assunzioni erano non solo inutili ma sostanzialmente fittizie, dato che questi non svolgevano
alcuna attività”. Questi «favori» poi diventavano voti. Raffaele Chianese, capo della segretaria di Landolfi - arrestato nel
dicembre del 2007 col segretario particolare dell’onorevole, Cosimo Chianese, per aver organizzato corsi professionali
fantasma in cambio di 250 mila euro di finanziamenti dall’Unione europea - raccomanda un uomo vicino alle cosche con
queste testuali parole: «Quello vale cento voti!». E Orsi replica promettendo il contratto: «Tieni presente che siamo vicini a te e
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Mario per queste elezioni. Qualunque cosa...». Risposta: «Grazie, a buon rendere». Spiega un pentito: “Quasi tutte le persone
che a Mondragone lavorano per la nettezza urbana sono state raccomandate dal clan. Qualunque iniziativa volessero prendere i
lavoratori dovevano concordarla con il clan, compreso l’iscrizione al sindacato o iniziative di protesta. Mi risulta che nel corso
degli anni sono stati organizzati dalla cosca vari pranzi elettorali per cercare di far votare tutti i dipendenti della nettezza
urbana per una certa persona… Per le ultime politiche è stato organizzato un rinfresco a favore di Landolfi a cui pure hanno
partecipato tutti i dipendenti della nettezza urbana. In quest’ultima occasione il clan si è occupato soltanto di far andare tutti
all’incontro”. I consorzi che gestiscono i rifiuti sono espressione diretta dei partiti. Lo racconta Giuseppe Valente, numero uno
della società mista che si occupa di pulire diciotto comuni sul litorale Domiziano, che dopo l’arresto ammette di avere «assunto
la presidenza quale incarico squisitamente politico, previa intesa con i referenti politici, i parlamentari Landolfi, Cosentino e
Coronella [senatore e leader provinciale di An, nda]». Ma non si tratta di semplice lottizzazione. Dietro i consorzi oltre che la
politica c’è pure la camorra. Chianese, il «portaborse » di Landolfi, dice al telefono che prima nella società della nettezza
urbana «c’erano ventidue assunti ma dieci erano camorristi. Non lavoravano, si pigliavano solo lo stipendio». Il seguito
dell’intercettazione è anche peggiore: «Quanti ce ne possono servire per pulire Mondragone? Trentacinque a esagerare. Invece
ora ce ne stanno 86, chi li deve pagare?». Lo Stato però davanti al dilagare della camorra sembra inerte. Dalla Prefettura di
Caserta – dicono gli atti della Procura – le informative di polizia arrivavano direttamente nelle mani sbagliate. E se si cercava
di applicare le misure minime di legge, come l’obbligo di certificato antimafia per gli appalti, c’era sempre un parlamentare
pronto a trovare una scorciatoia. Spiega ancora Orsi: “Quanto alle mie richieste rivolte ai politici di interessarsi per il rilascio
della certificazione antimafia, faccio presente che sollecitai direttamente l’onorevole Cosentino e – tramite Valente – Mario
Landolfi. Cosentino mi diede assicurazioni sul fatto che si sarebbe interessato: ricordo che questi ebbe a chiamare
telefonicamente, innanzi a me, il dottor Provolo [il vice-prefetto, nda] con il quale prese un appuntamento per avere dei
chiarimenti”. E Landolfi? “Chianese ci disse di aver ricevuto da Landolfi l’indicazione proveniente dalla Prefettura...
sottolineando che grazie a lui Landolfi si era recato presso la Prefettura per perorare il rilascio della certificazione antimafia”.
Dagli atti spunta poi un dialogo sconcertante. Sergio Orsi, uno dei re dei rifiuti, si fa avanti offrendo «amicizia». E Chianese
replica: «Mario i soldi se li può prendere solo da me, e non se li può prendere da nessun altro, quindi è inutile...». Poi precisa:
«Lui soldi non ne piglia... Cioè, i soldi che danno per fare l’attività. Finanzia il partito... Io me ne avvantaggio dal partito,
perché io prendo un incarico... e giustamente devo dare un contributo...». A quel punto il portaborse spiega: «Tu puoi
partecipare... se tu devi prendere un appalto per un lavoro, anziché darlo ad un altro, lo dai a me... È un contributo anche
questo...».
Lehner Giancarlo (FI): Per alcuni suoi articoli, e in particolare per un pamphlet calunnioso in cui accusava addirittura i
magistrati di Mani Pulite di «attentato a organo costituzionale» (cioè a Berlusconi), un reato da ergastolo, Lehner è stato
condannato per diffamazione dal Tribunale di Trento.
Martinat Ugo (An): Indagato dal 2 maggio 2005 a Torino, nella sua veste di viceministro delle Infrastrutture, per turbativa
d’asta e abuso in atti d’ufficio a proposito degli appalti per l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione e per due strade costruite in
vista delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Un rapporto della Dia, trasmesso dalla Guardia di finanza ai pm Francesco
Saluzzo, Paolo Toso e Cesare Parodi, parla di intercettazioni e definisce Martinat «soggetto supervisore per l’aggiudicazione di
varie gare d’appalto e per l’assegnazione di collaudi».
Matteoli Altero (An): Imputato a Livorno per favoreggiamento verso l’ex prefetto di Livorno, che avrebbe avvertito di
indagini e intercettazioni in corso su uno scandalo di abusi edilizi all’isola d’Elba, consentendo a lui e ad altri indagati di
inquinare le prove e di distruggere carte e addirittura computer, con gravi danni per le indagini. Il processo è iniziato il 20
ottobre 2006. Ma il 17 maggio 2007 la Camera l’ha bloccato (394 voti favorevoli, 2 contrari e 32 astenuti), sollevando un
conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato alla Corte Costituzionale contro il Tribunale dei ministri che, spogliandosi del
caso in quanto Matteoli è accusato come comune cittadino e non come ex ministro, non ha ritenuto di chiedere alla Camera
l’autorizzazione a procedere prevista per i ministri accusati di reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni. Così il
processo, in attesa della Consulta, si ferma.
Messina Alfredo (FI): Storico dirigente Fininvest e Mediaset, più volte indagato insieme al Cavaliere e ai suoi cari, ora è
vicepresidente di Mediolanum ed è sotto inchiesta a Milano (la Procura ha da poco depositato gli atti a fine indagini) per
favoreggiamento nella bancarotta fraudolenta dell’Hdc del sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. Nel 2004 Crespi chiede a
Mediaset di restituirgli 500 mila euro da lui anticipati a Telelombardia e Antenna3 per “risarcirli” del danno subìto dalla
fornitura di programmi a Italia 7 Gold da parte di Mediaset. La richiesta, tramite Deborah Bergamini, viene inoltrata a
Messina, che prende appuntamento per il 17 luglio con Paolo Del Bue, presidente della Arner Bank luganese, a cui chiede di
“prepararmi una di quelle cose”. Cioè, verosimilmente, i contanti. Perché parte della somma – secondo la Guardia di Finanza -
dev’essere versata a Crespi in contanti a Lugano e in nero da Messina e dal suo avvocato, Giorgio Perroni. Il giorno della
prevista trasferta in Svizzera, il 16 luglio 2004, gli investigatori milanesi – che intercettano i protagonisti – si preparano a
pedinarli a distanza. Messina va a prendere Perroni a Roma, dove incontra anche l’avvocato del Cavaliere, Niccolò Ghedini.
Poi però, mentre è già in viaggio verso Fiumicino, riceve una telefonata da Palazzo Chigi: è Valentino Valentini, capo della
segreteria del premier Berlusconi. Che lo richiama indietro per “un documento da consegnare”. Messina torna indietro e subito
disdice l’appuntamento con Del Bue. Qualcuno, evidentemente, ha fatto una soffiata sul pedinamento in corso. E la consegna
“salta”. “Purtroppo – dice l’avvocato di Crespi, che segue la pratica, al sondaggista - “(Messina o Perroni, ndr) ha avuto un
forte casino. Non è potuto andare dove doveva andare”. Messina è candidato Pdl al Senato in Lombardia.
- PDL 45 (proposti 56)
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- Lega Nord 7 (proposti 8)
- UDC – Rosa Bianca 5 (proposti 9)
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Abrignani Ignazio (FI): Avvocato, ex capo della segreteria di Claudio Scajola, è indagato a Milano per dissipazione postfallimentare
nelle indagini sulla bancarotta della cit, l’agenzia di viaggi dello Stato di cui era commissario straordinario. La Cit
è stata acquista dall'imprenditore campano Gerardo Soglia (pure lui candidato per la Pdl, non si sa se anch’egli indagato oppure
no), indicato come uno degli imprenditori che dovrebbe far parte della fantomatica cordata Berlusconi per l’acquisto di
Alitalia.
Berlusconi Silvio (FI): 2 amnistie (falsa testimonianza P2 e falso in bilancio Macherio); 1 assoluzione dubitativa (corruzione
Gdf, falso bilancio Medusa); 1 assoluzione piena (corruzione giudici Sme-Ariosto); 2 assoluzioni per depenalizzazione del
reato da parte dello stesso imputato (falsi in bilancio All Iberian, Sme-Ariosto); 8 archiviazioni (6 per mafia e riciclaggio, 2 per
concorso in strage); 6 prescrizioni (finanziamento illecito a Craxi con All Iberian; falso in bilancio Macherio; falso in bilancio
e appropriazione indebita Fininvest; falso in bilancio Fininvest occulta; falso in bilancio Lentini; corruzione giudiziaria
Mondadori); 3 processi in corso: Telecinco (falso bilancio, frode fiscale, violazione antitrust spagnola), caso Mills (corruzione
giudiziaria), diritti Mediaset (appropriazione indebita, falso bilancio, frode fiscale), Saccà (corruzione); 1 indagine in corso
(istigazione alla corruzione di alcuni senatori).
Bergamini Deborah (FI): La sua posizione è al vaglio della Procura di Roma, cui i pm di Milano hanno trasmesso il fascicolo
relativo all’ipotesi di interruzione di pubblico servizio, in concorso con l’allora dg Rai Flavio Cattaneo, per aver ritardato le
notizie sui risultati elettorali delle regionali 2005, molto negativi per il governo Berlusconi.
Berruti Massimo Maria (FI): Condannato in via definitiva a 8 mesi per favoreggiamento, per aver depistato nell’estate del
1994 le indagini sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza dopo una visita a Berlusconi a Palazzo Chigi.
Brancher Aldo (FI): Condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi, si salva in
Cassazione grazie alla prescrizione (per il secondo reato) e alla depenalizzazione del reato (il primo) da parte del suo stesso
governo. Indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani (Bpl) all’Antonveneta: la Procura trova un
conto alla Banca Popolare di Lodi intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila
euro in due anni.
Briguglio Carmelo (FI): Nel 1999 viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e truffa alla Regione e all’Unione europea
nell’inchiesta della Procura di Palermo su presunti finanziamenti regionali e comunitari girati a tre società «amiche» per corsi
di formazione professionale. Il processo viene poi trasferito per competenza a Messina, dove i giudici annullano il precedente
decreto di rinvio a giudizio e ripartono praticamente da zero. Ma il tour non è finito, perché nel gennaio 2003 il gip messinese
dichiara prescritta una parte delle accuse, e dirotta quelle rimaste (truffa e falso) a Reggio Calabria, in quanto fra gli indagati
c’è anche un giudice di pace di Messina. E a Reggio Briguglio viene assolto nel 2006.
Camber Giulio (FI): Condannato nel 2007 dalla Corte d’appello di Trieste a 8 mesi di reclusione (con rito abbreviato e sconto
di un terzo della pena) per millantato credito nell’ambito del crac Kreditna Banka, l’istituto di credito della minoranza slovena
fallita nel 1997: nel novembre 1994 avrebbe ricevuto 100 milioni di lire dai vertici dell’istituto, garantendo loro un intervento
politico per salvarlo dalla bancarotta. Intervento poi mai compiuto. Infatti la banca fallì.
Cantoni Giampiero (FI): Ha patteggiato 2 anni di reclusione complessivi prima per corruzione (con risarcimento di 800
milioni di lire) e poi per concorso nella bancarotta fraudolenta del gruppo Mandelli.
Catone Giampiero (Dc Autonomie): arrestato a Roma nel 2001 per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata,
falso, false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta pluriaggravata (due bancarotte da 25 miliardi di lire l’una e 12
miliardi di finanziamenti a fondo perduto ottenuti dal ministero dell’Industria – secondo l’accusa – con carte e perizie false), è
stato rinviato a giudizio. Così come all’Aquila, sempre per bancarotta fraudolenta (fallimento dell’Abatec, azienda di Chieti da
lui stesso amministrata, che avrebbe dovuto produrre macchinari ad alta tecnologia per la lavorazione dei pannolini, ma fu
dichiarata fallita dopo un aumento di capitale deliberato prim’ancora che fossero sottoscritte le quote sociali). La stessa Procura
dell’Aquila ha chiuso un’altra indagine a carico di 44 persone, fra cui Catone, su una presunta mega-truffa ai danni della
multinazionale Merker e di diverse banche, tra le quali Intesa. Qui Catone è indagato per estorsione, insieme al fratello Mario,
dipendente di Banca Intesa, per aver spillato 118mila euro ad alcuni dirigenti Merker, millantando interventi politici per
risolvere i guai finanziari del gruppo.
Ciarrapico Giuseppe (FI): 5 condanne definitive, una in primo grado e una serie impressionante di arresti e procedimenti
penali. Nel 1973 la Corte d’Appello di Roma conferma la sentenza del Tribunale di Cassino e lo condanna per truffa aggravata
e continuata ai danni di Inps, Inail e Inam per non aver registrato sui libri paga gli stipendi dei dipendenti. La Cassazione
conferma la truffa, ne dichiara prescritta una parte e incarica la Corte d’appello di rideterminare la pena per l’altra. Nel 1974
altra condanna: il pretore di Cassino gli infligge una multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela
“il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”:sentenza confermata in Cassazione. Nel marzo ’93 viene arrestato a Roma per lo
scandalo Safim Leasing- Italsanità (per vari miliardi di lire avuti dalla Safim Factor scontando titoli di credito inesistenti dopo
aver affittato suoi immobili a Italsanità): nel 1995 viene condannato con rito abbreviato a 1 anno per falso in bilancio e truffa,
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pena poi confermata in appello e in Cassazione. Aprile ’93: Di Pietro lo fa di nuovo arrestare per una stecca di 250 milioni di
lire versata al segretario del Psdi Antonio Cariglia su richiesta di Andreotti. “Era vero, li diedi per arruolare Domenico
Modugno alle feste dei socialdemocratici”, dirà lui anni dopo. Passa un mese e torna dentro, stavolta per un presunto miliardo
alla Dc andreottiana nello scandalo delle Poste. A giugno, condanna in primo grado a 6 mesi per diffamazione: aveva affisso a
Fiuggi un manifesto in cui dava a un consigliere comunale del “mentitore diffamatore mestatore”. Nel 1997 la Procura di
Roma lo fa rinviare a giudizio per peculato, abuso e falso nella sua attività di re delle acque minerali: secondo il pm Maria
Cordova, mentre era custode giudiziario dell’Ente Fiuggi, Ciarrapico omise di versare 20 miliardi al Comune e si appropriò di
somme di denaro per spese pubblicitarie, interessi passivi e acquisto di beni capitalizzati, rinnovando il contratto di vendita
dell’acqua Fiuggi a una sua società che offriva prezzi inferiori rispetto a un’altra (danneggiando il Comune, che percepiva un
tot a bottiglia). Nel 1995 viene condannato con rito abbreviato per falso in bilancio delle Terme Bognanco. Ma questi processi
finiscono in nulla. Nel 1998, però, arriva la mazzata: condanna in Cassazione a 4 anni e 6 mesi per la bancarotta fraudolenta
del Banco Ambrosiano. La sua “Fideico”, nel 1982, aveva ottenuto dalla Banca di Roberto Calvi e della P2 un improvviso
aumento della linea di credito da 4 a 39 miliardi, restituendo solo le briciole. Nel 1999, il kappaò: la quinta condanna definitiva
a 3 anni per il crac da 70 miliardi della società che controllava la “Casina Valadier”, il palazzetto liberty romano trasformato in
ristorante. Ma il Ciarra, pur dovendo scontare 7 anni e mezzo, non finisce in carcere: grazie all’età e agli acciacchi, ottiene
l’affidamento ai servizi sociali. Intanto i processi avanzano, con qualche botta di fortuna. Nel ’99, condannato in appello per
emissione di assegni a vuoto, il nostro eroe è assolto in Cassazione perchè il reato è stato appena depenalizzato. Nel 2000 cade
in prescrizione la condanna in primo grado per violazione della legge sulle assunzioni obbligatorie di invalidi. Nel 2001,
condanna in primo grado a Perugia per abuso d’ufficio insieme al giudice fallimentare di Frosinone che nel ’93 regalò
l’amministrazione controllata alla sua capogruppo “Italfin 80” in crisi nera, evitandogli il crac: reato poi estinto per
prescrizione. Intanto lui s’è dato alle cliniche private. E anche in quel ramo riesce a dare lavoro alla Giustizia. Nel 2002 il
Tribunale di Roma lo condanna a 1 anno e 8 mesi per truffa e violazione della legge sulle trasfusioni: insieme ad alcuni
dirigenti della “Quisisana”, avrebbe imposto a una cinquantina di pazienti sottoposti a trasfusioni parcelle gonfiate per 3-400
mila lire l’una. E nel 2005 è rinviato a giudizio per ricettazione nella vecchia vicenda delle tangenti al ministero delle Poste.
Ma ci sono pure questioni recentissime, come quella che lo investe per la sua ultima vocazione: editore di giornali locali,
undici “cocoperative” tra la Ciociaria e il Molise, finanziati dallo Stato. Del novembre 2007, il Ciarra è indagato a Roma per
truffa ai danni di Palazzo Chigi: pare che tra il 2002 e il 2005 abbia incassato il doppio dei contributi dovuti, attestando
falsamente che le società “Editoriale Ciociaria Oggi” e “Nuova Editoriale Oggi” hanno una gestione separata. In attesa di
sapere come stanno le cose, il Gip gli ha sequestrato i 2,5 milioni che stavano arrivando dalla Presidenza del Consiglio. Intanto
il fisco italiano attende che il Ciarra versi 1,495 milioni di euro di tasse mai pagate. E non è questo l’unico suo debito: tallonato
dai piccoli azionisti dell’Ambrosiano, risulta residente per l’Anagrafe in una camera e servizi annessa a un capannone
industriale dove ha sede la tipografia di “Ciociaria Oggi”, a Villa Santa Lucia, vicino a Montecassino. Dove sovente bussa
l’ufficiale giudiziario. Invano.
Comincioli Romano (FI): Imputato per le false fatture e i bilanci truccati di Publitalia, insieme a Dell’Utri e altri, chiede di
patteggiare 1 anno e 8 mesi, ottiene il consenso del pm, ma nel 1995 il Tribunale ritiene troppo bassa la pena concordata e
preferisce processarlo: mossa incauta, visto che poi la Cdl, anche col suo voto, abroga di fatto il falso in bilancio, riducendo le
pene al lumicino e abbreviando le scadenze della prescrizione. A quel punto la IV sezione del Tribunale fa ricorso alla Corte di
giustizia europea e alla Corte costituzionale per l’incostituzionalità della legge. Ma la Corte europea rimanda al mittente
l’eccezione, mentre la Consulta tarda a rispondere e quando il processo riprenderà, i reati saranno comunque prescritti. Nel
febbraio 2008, alla vigilia della fine della legislatura, la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato respinge al mittente
la richiesta di autorizzazione (inoltrata dal gip di Milano Clementina Forleo) a usare le sue telefonate intercettate con l’amico
Stefano Ricucci a proposito della scalata al «Corriere della Sera».
De Angelis Marcello (An): Condannato in via definitiva a 5 anni di carcere (di cui 3 scontati in carcere) per banda armata e
associazione sovversiva come dirigente e portavoce del gruppo neofascista Terza Posizione, fondato da Roberto Fiore,
Gabriele Adinolfi e Ciccio Mangiameli.
De Gregorio Sergio (FI-Italiani nel Mondo): Dal giugno 2007 è indagato dalla Procura antimafia di Napoli per i reati di
riciclaggio e favoreggiamento della camorra. Nel febbraio 2008 è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di
Roma per il reato di corruzione. Entrambe le indagini nascono in Campania, dove la Guardia di finanza scopre, durante una
perquisizione a carico di Rocco Cafiero detto «’o Capriariello», ritenuto un componente del clan Nuvoletta, una serie di
assegni firmati??? o girati proprio da De Gregorio. I finanzieri, tra le carte del senatore, scoprono anche un accordo fra
l’associazione Italiani nel mondo e il coordinatore forzista Sandro Bondi, in cui si dà conto dell’impegno finanziario
concordato tra le parti (si parla di 500 o 700mila euro), delle quote già consegnate e quelle da fornire con cadenza mensile. I
magistrati sospettano che sia il prezzo pagato per convincere il senatore ad abbracciare il centrodestra. E trasmettono
l’inchiesta per competenza da Napoli a Roma.
Dell’Utri Marcello (FI): Condannato definitivamente a Torino a 2 anni e 3 mesi per false fatture e frodi fiscali nella gestione
di Publitalia (reato per cui fu arrestato per 18 giorni nel maggio 1995 e poi patteggiò la pena in Cassazione); condannato in
primo grado e in appello a Milano a 2 anni per tentata estorsione mafiosa insieme al boss trapanese Vicenzo Virga ai danni
dell’imprenditore Vincenzo Garraffa; condannato in primo grado a Palermo a 9 anni per concorso esterno in associazione
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mafiosa; salvato dall’immunità parlamentare dalla richiesta di arresto avanzata nel 1999 dai giudici di Palermo in un processo
per calunnia aggravata contro alcuni pentiti (processo chiuso in primo grado con l’assoluzione e ora in fase di appello).
De Luca Francesco (Dc Autonomie): Deputato forzista uscente, ora accasato con la Dc di Rotondi, è indagato dalla Procura
di Milano per tentata corruzione in atti giudiziari. Dalle intercettazioni delle sue telefonate con l’avvocatessa del clan
camorristico dei Guida, molto attivo a Milano, gli inquirenti hanno scoperto che la donna si era rivolta a lui, nell’autunno del
2006, per aggiustare un processo a carico dei suoi clienti davanti alla V sezione della Cassazione. E gli aveva inviato un
appunto con gli estremi della “pratica” addirittura via fax, su un’utenza del Senato. De Luca rispose di averlo “dato a quella
persona”, che “sta per andare via” (dalla Cassazione), ma “chi lo sostituisce è un amico”. Quando gli inquirenti si rendono
conto che l’avvocatessa parla con un deputato, interrompono gli ascolti, come imposto dalla legge Boato, e chiedono alla
Camera l’autorizzazione a usare telefonate e tabulati. La giunta per le autorizzazioni della Camera decide di non decidere,
“concordando all’unanimità un rinvio dell’esame”. Così, intanto, viene sciolto il Parlamento e De Luca – che nega di aver mai
contattato magistrati di Cassazione e parla di “equivoco” - viene ricandidato alla Camera in un posto sicuro nelle liste del Pdl,
in Veneto1.
Fasano Vincenzo (An): Ex assessore regionale di An, è stato coinvolto in due procedimenti penali relativi alla gestione delle
aree Asi di Battipaglia (Salerno). Assolto in appello dall’accusa di turbativa d’asta, per il quale era stato condannato a 1 anno
in primo grado; condannato a 2 anni per concussione il 16 ottobre 2007, pena peraltro indultata. La vicenda si riferisce a
richieste da parte di Fasano nei confronti di imprenditori che dovevano avviare un centro commerciale: di posti di lavoro,
appalti per la climatizzazione e la gestione dell'area carburanti. Candidato Pdl per il Senato in Campania.
Firrarello Giuseppe (FI): Arrestato e condannato in primo grado (il 13 aprile 2007) a Catania alla pena di 2 anni e 6 mesi di
reclusione per turbativa d’asta nel processo per le tangenti sulla costruzione del nuovo ospedale Garibaldi e del centro
residenziale per studenti universitari «Il Tavoliere». Il Tribunale ha trasmesso alla Procura una serie di atti perchè Firrarello
venga processato anche per concorso esterno in associazione mafiosa.
Fitto Raffaele (FI): Indagato a Bari per corruzione, falso e illecito finanziamento ai partiti, nel 2006 s’è salvato dalle manette
perché la Camera ha respinto la richiesta di autorizzazione ad arrestarlo inoltrata dai giudici di Bari. Nel dicembre 2007 la
Procura barese ha comunque chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione e illecito finanziamento. L’accusa riguarda presunte
tangenti versate a Fitto da Giampaolo Angelucci, re delle cliniche private (anche lui imputato a Bari), che gli avrebbe allungato
500mila euro per la sua lista alle elezioni regionali del 2005 (poi perdute contro Nichi Vendola) in cambio di favori illeciti per
vincere l’appalto da 198 milioni che gli ha consegnato le undici residenze sanitarie «assistite» dalla Regione Puglia.
Formigoni Roberto (FI): Imputato per abuso d’ufficio nel processo sui maneggi intorno alla fondazione Bussolera Branca.
Assolto in primo e secondo grado, s’è visto annullare la sentenza dalla Cassazione, che ha ordinato di rifare il processo
d’appello.
Galati Giuseppe (FI): Ex Udc recentemente passato a Forza Italia, è indagato a Catanzaro per associazione a delinquere,
truffa e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il pm Luigi De Magistris (nell’indagine «Poseidone», poi
avocata dal procuratore Mariano Lombardi) ipotizza che Galati facesse parte di un comitato d’affari che si occupava di spartire
tra i vari partiti i fondi pubblici stanziati dalla Regione e dall’Unione europea.
Giudice Gaspare (FI): Imputato a Palermo per associazione mafiosa, bancarotta fraudolenta aggravata e riciclaggio, nel 2006
è stato assolto in primo grado da tutte le accuse, salvo quella per bancarotta semplice, coperta però da prescrizione. Ma la
Procura, che aveva chiesto per lui una condanna a 15 anni, ha fatto ricorso in appello.
Grillo Luigi (FI): Nell’indagine sulle scalate bancarie del 2005, la Procura di Milano ha chiesto il suo rinvio a giudizio per
aggiotaggio per aver «contribuito a trasferire da Fazio a Fiorani informazioni riservate sull’iter di procedimenti di Bankitalia
nei confronti di Bpi» (la Popolare Italiana, ex Lodi, di Gianpiero Fiornai); e gli contesta inoltre un episodio di appropriazione
indebita («44mila euro nel 2005»). Nel 2006 Grillo, grazie alla prescrizione appena dimezzata dalla legge ex Cirielli, ha visto
cadere davanti al gip di Genova le accuse mosse contro di lui per una presunta truffa nella progettazione della Tav Milano-
Genova in concorso con dirigenti delle Fs e il costruttore Marcellino Gavio, sospettati di aver ottenuto illecitamente oltre 100
miliardi di lire per interventi di «conoscenza dell’assetto geologico dei terreni nella galleria Giovi».
La Malfa Giorgio (FI-Pri): Condannato definitivamente a 6 mesi per il finanziamento illecito della maxitangente Enimont:
nel 1992 incassò in nero 300 milioni Ferruzzi-Montedison.
Landolfi Mario (An): Ex ministro delle Telecomunicazioni e presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla
Rai, è indagato in Campania per corruzione e truffa «con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il clan mafioso
La Torre» nell’ambito di un’inchiesta sui fratelli Orsi, due imprenditori casertani diventati i re dei rifiuti grazie al legame con
la camorra e alle relazioni politiche a destra e sinistra. Contro Landolfi gli investigatori hanno raccolto molte dichiarazioni. Al
centro di tutto ci sono i posti di lavoro. Quando i politici chiedevano, il contratto doveva spuntare fuori a tutti i costi. Spiega
Michele Orsi: “Circa il 70 per cento delle assunzioni poi operate erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politicoelettorali,
richieste da Landolfi, Valente [il presidente del consorzio comunale, nda] e Cosentino [il coordinatore regionale di
Forza Italia, nda]... Molte delle assunzioni erano non solo inutili ma sostanzialmente fittizie, dato che questi non svolgevano
alcuna attività”. Questi «favori» poi diventavano voti. Raffaele Chianese, capo della segretaria di Landolfi - arrestato nel
dicembre del 2007 col segretario particolare dell’onorevole, Cosimo Chianese, per aver organizzato corsi professionali
fantasma in cambio di 250 mila euro di finanziamenti dall’Unione europea - raccomanda un uomo vicino alle cosche con
queste testuali parole: «Quello vale cento voti!». E Orsi replica promettendo il contratto: «Tieni presente che siamo vicini a te e
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Mario per queste elezioni. Qualunque cosa...». Risposta: «Grazie, a buon rendere». Spiega un pentito: “Quasi tutte le persone
che a Mondragone lavorano per la nettezza urbana sono state raccomandate dal clan. Qualunque iniziativa volessero prendere i
lavoratori dovevano concordarla con il clan, compreso l’iscrizione al sindacato o iniziative di protesta. Mi risulta che nel corso
degli anni sono stati organizzati dalla cosca vari pranzi elettorali per cercare di far votare tutti i dipendenti della nettezza
urbana per una certa persona… Per le ultime politiche è stato organizzato un rinfresco a favore di Landolfi a cui pure hanno
partecipato tutti i dipendenti della nettezza urbana. In quest’ultima occasione il clan si è occupato soltanto di far andare tutti
all’incontro”. I consorzi che gestiscono i rifiuti sono espressione diretta dei partiti. Lo racconta Giuseppe Valente, numero uno
della società mista che si occupa di pulire diciotto comuni sul litorale Domiziano, che dopo l’arresto ammette di avere «assunto
la presidenza quale incarico squisitamente politico, previa intesa con i referenti politici, i parlamentari Landolfi, Cosentino e
Coronella [senatore e leader provinciale di An, nda]». Ma non si tratta di semplice lottizzazione. Dietro i consorzi oltre che la
politica c’è pure la camorra. Chianese, il «portaborse » di Landolfi, dice al telefono che prima nella società della nettezza
urbana «c’erano ventidue assunti ma dieci erano camorristi. Non lavoravano, si pigliavano solo lo stipendio». Il seguito
dell’intercettazione è anche peggiore: «Quanti ce ne possono servire per pulire Mondragone? Trentacinque a esagerare. Invece
ora ce ne stanno 86, chi li deve pagare?». Lo Stato però davanti al dilagare della camorra sembra inerte. Dalla Prefettura di
Caserta – dicono gli atti della Procura – le informative di polizia arrivavano direttamente nelle mani sbagliate. E se si cercava
di applicare le misure minime di legge, come l’obbligo di certificato antimafia per gli appalti, c’era sempre un parlamentare
pronto a trovare una scorciatoia. Spiega ancora Orsi: “Quanto alle mie richieste rivolte ai politici di interessarsi per il rilascio
della certificazione antimafia, faccio presente che sollecitai direttamente l’onorevole Cosentino e – tramite Valente – Mario
Landolfi. Cosentino mi diede assicurazioni sul fatto che si sarebbe interessato: ricordo che questi ebbe a chiamare
telefonicamente, innanzi a me, il dottor Provolo [il vice-prefetto, nda] con il quale prese un appuntamento per avere dei
chiarimenti”. E Landolfi? “Chianese ci disse di aver ricevuto da Landolfi l’indicazione proveniente dalla Prefettura...
sottolineando che grazie a lui Landolfi si era recato presso la Prefettura per perorare il rilascio della certificazione antimafia”.
Dagli atti spunta poi un dialogo sconcertante. Sergio Orsi, uno dei re dei rifiuti, si fa avanti offrendo «amicizia». E Chianese
replica: «Mario i soldi se li può prendere solo da me, e non se li può prendere da nessun altro, quindi è inutile...». Poi precisa:
«Lui soldi non ne piglia... Cioè, i soldi che danno per fare l’attività. Finanzia il partito... Io me ne avvantaggio dal partito,
perché io prendo un incarico... e giustamente devo dare un contributo...». A quel punto il portaborse spiega: «Tu puoi
partecipare... se tu devi prendere un appalto per un lavoro, anziché darlo ad un altro, lo dai a me... È un contributo anche
questo...».
Lehner Giancarlo (FI): Per alcuni suoi articoli, e in particolare per un pamphlet calunnioso in cui accusava addirittura i
magistrati di Mani Pulite di «attentato a organo costituzionale» (cioè a Berlusconi), un reato da ergastolo, Lehner è stato
condannato per diffamazione dal Tribunale di Trento.
Martinat Ugo (An): Indagato dal 2 maggio 2005 a Torino, nella sua veste di viceministro delle Infrastrutture, per turbativa
d’asta e abuso in atti d’ufficio a proposito degli appalti per l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione e per due strade costruite in
vista delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Un rapporto della Dia, trasmesso dalla Guardia di finanza ai pm Francesco
Saluzzo, Paolo Toso e Cesare Parodi, parla di intercettazioni e definisce Martinat «soggetto supervisore per l’aggiudicazione di
varie gare d’appalto e per l’assegnazione di collaudi».
Matteoli Altero (An): Imputato a Livorno per favoreggiamento verso l’ex prefetto di Livorno, che avrebbe avvertito di
indagini e intercettazioni in corso su uno scandalo di abusi edilizi all’isola d’Elba, consentendo a lui e ad altri indagati di
inquinare le prove e di distruggere carte e addirittura computer, con gravi danni per le indagini. Il processo è iniziato il 20
ottobre 2006. Ma il 17 maggio 2007 la Camera l’ha bloccato (394 voti favorevoli, 2 contrari e 32 astenuti), sollevando un
conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato alla Corte Costituzionale contro il Tribunale dei ministri che, spogliandosi del
caso in quanto Matteoli è accusato come comune cittadino e non come ex ministro, non ha ritenuto di chiedere alla Camera
l’autorizzazione a procedere prevista per i ministri accusati di reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni. Così il
processo, in attesa della Consulta, si ferma.
Messina Alfredo (FI): Storico dirigente Fininvest e Mediaset, più volte indagato insieme al Cavaliere e ai suoi cari, ora è
vicepresidente di Mediolanum ed è sotto inchiesta a Milano (la Procura ha da poco depositato gli atti a fine indagini) per
favoreggiamento nella bancarotta fraudolenta dell’Hdc del sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. Nel 2004 Crespi chiede a
Mediaset di restituirgli 500 mila euro da lui anticipati a Telelombardia e Antenna3 per “risarcirli” del danno subìto dalla
fornitura di programmi a Italia 7 Gold da parte di Mediaset. La richiesta, tramite Deborah Bergamini, viene inoltrata a
Messina, che prende appuntamento per il 17 luglio con Paolo Del Bue, presidente della Arner Bank luganese, a cui chiede di
“prepararmi una di quelle cose”. Cioè, verosimilmente, i contanti. Perché parte della somma – secondo la Guardia di Finanza -
dev’essere versata a Crespi in contanti a Lugano e in nero da Messina e dal suo avvocato, Giorgio Perroni. Il giorno della
prevista trasferta in Svizzera, il 16 luglio 2004, gli investigatori milanesi – che intercettano i protagonisti – si preparano a
pedinarli a distanza. Messina va a prendere Perroni a Roma, dove incontra anche l’avvocato del Cavaliere, Niccolò Ghedini.
Poi però, mentre è già in viaggio verso Fiumicino, riceve una telefonata da Palazzo Chigi: è Valentino Valentini, capo della
segreteria del premier Berlusconi. Che lo richiama indietro per “un documento da consegnare”. Messina torna indietro e subito
disdice l’appuntamento con Del Bue. Qualcuno, evidentemente, ha fatto una soffiata sul pedinamento in corso. E la consegna
“salta”. “Purtroppo – dice l’avvocato di Crespi, che segue la pratica, al sondaggista - “(Messina o Perroni, ndr) ha avuto un
forte casino. Non è potuto andare dove doveva andare”. Messina è candidato Pdl al Senato in Lombardia.
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