Un tempo, prima delle elezioni, si discuteva di sviluppo, di innovazione, del futuro delle nuove generazioni. Di un mondo migliore. Piano, piano. Elezione dopo elezione. Scavando sempre più verso il basso, siamo arrivati in fondo. Senza accorgerci. Gli anni sono passati e l’Italia non c’è più. I dibattiti politici si sono trasformati nell’analisi delle disgrazie nazionali. Ricordano i discorsi dei vecchi che, per prima cosa, ti chiedono se sai chi è morto il giorno prima ( loro lo sanno…) o se conosci la malattia della signora della casa di fronte ( loro lo sanno…). Non è un Paese per giovani.
I partiti si confrontano sulla bancarotta dell’Alitalia, sul fallimento di Malpensa, sulla catastrofe dei rifiuti tossici in Campania, sul crollo del turismo, sulle mozzarelle di bufala radioattive, sull’imigrazione senza controllo, sullo sfascio della giustizia, sul debito pubblico, sulla mafia. Questo ricorderemo della campagna elettorale 2008. Le nuove parole d’ordine, le malattie del Paese che vorrebbero curare i nostri dipendenti. Loro che sono i virus, i responsabili. Senza pudore. Meglio un morto in casa che un Veltrusconi all’uscio.
Nel racconto “I sette piani”, Dino Buzzati descrive la parabola di un uomo ricoverato per una banale malattia al settimo piano di una clinica. Ogni volta che si aggrava scende di un livello, senza poter risalire. Fino al primo piano dove peggiora e muore. Noi siamo già in cantina.
Hanno creato i problemi della sicurezza, dello stipendio, della casa, della criminalità organizzata e ci offrono le soluzioni. La classe politica che ha fallito si propone di intervenire per il bene del Paese con “misure necessarie”. E’ come se in sala operatoria ci fosse Jack lo squartatore.
L’Alitalia è fallita definitivamente durante il quinquennio della coppia Testa d’Asfalto – Emmenthal Lunardi (presidente del Consiglio – ministro dei Trasporti). La Campania è diventata la spazzatura del mondo grazie a Bassolino e al suo protettore D’Alema. Il debito pubblico è finito sulla luna durante la gestione Tremonti. Per ogni sfascio il nome c’è. Per fortuna che il nome c’è. Fate abbassare la voce a questa gente durante i loro comizi. Fateli scendere dal predellino. Fateli ritornare sul pullman con i loro servi dell’informazione.
V-day 25 aprile. Libera informazione in libero Stato.
fonte il grande beppe...
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