Da T. Capote:
"Si spargono più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle inascoltate"
Ecco una verità antica quanto l'uomo e della quale tutti, prima o poi, ne dobbiamo apprendere la natura.
Quante volte, dopo la conclusione di una storia d'amore o di una particolare vicenda personale, ci siamo fermati a riflettere se forse non era meglio non aver mai intrapeso quel viaggio, non aver mai portato fino in fondo la conquista, viste a ritroso le sofferenze e gli agoni che quella battaglia vinta ci ha procurato.
Il Fato sembra divertirsi nel punire l'uomo regalandogli esattamente ciò che desidera.
Ma se avessimo lasciato l'opera incompiuta non sarebbe magari stato preferibile?
Non ci avrebbe permesso di godere soltanto del piacere dellla scoperta evitandoci il dolore del possesso e della sua inevitabile fine?
Eppure lo sappiamo che raggiunta la vetta non possiamo far altro che discenderne, esaurite le forze dopo la soddisfazione che la scalata porta con sè.
Dunque perchè tentare?
Così profondo è nell'uomo il desiderio di soddisfare se stesso che una volta raggiunto lo scopo si scopre, come tanti prima di noi, che la conoscenza è dolore, che ciò per cui si è tanto lottato ha pure il suo tremendo e scontato rovescio.
Dunque meglio non intraprendere quel viaggio, meglio continuare a fantasticare "sul grande mare che non attraversammo", risparmiandoci così la caduta, oppure ostinati andare avanti per scoprire poi "che più si è vicini a Cesare e più si ha paura?"
"Si spargono più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle inascoltate"
Ecco una verità antica quanto l'uomo e della quale tutti, prima o poi, ne dobbiamo apprendere la natura.
Quante volte, dopo la conclusione di una storia d'amore o di una particolare vicenda personale, ci siamo fermati a riflettere se forse non era meglio non aver mai intrapeso quel viaggio, non aver mai portato fino in fondo la conquista, viste a ritroso le sofferenze e gli agoni che quella battaglia vinta ci ha procurato.
Il Fato sembra divertirsi nel punire l'uomo regalandogli esattamente ciò che desidera.
Ma se avessimo lasciato l'opera incompiuta non sarebbe magari stato preferibile?
Non ci avrebbe permesso di godere soltanto del piacere dellla scoperta evitandoci il dolore del possesso e della sua inevitabile fine?
Eppure lo sappiamo che raggiunta la vetta non possiamo far altro che discenderne, esaurite le forze dopo la soddisfazione che la scalata porta con sè.
Dunque perchè tentare?
Così profondo è nell'uomo il desiderio di soddisfare se stesso che una volta raggiunto lo scopo si scopre, come tanti prima di noi, che la conoscenza è dolore, che ciò per cui si è tanto lottato ha pure il suo tremendo e scontato rovescio.
Dunque meglio non intraprendere quel viaggio, meglio continuare a fantasticare "sul grande mare che non attraversammo", risparmiandoci così la caduta, oppure ostinati andare avanti per scoprire poi "che più si è vicini a Cesare e più si ha paura?"
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