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Considerazioni sul Fascismo (astenersi dalle frasi fatte e motivare!)
oh fin qui ci sono eh. ma in concreto i mezzi di produzione sono privati o no? l' economia è mai stata collettivizzata con successo durante in ventennio o sono impazzito io? cosa esattamente rifluisce nel fondo di lavoro dell' operaio che spartisce con gli altri il capitale, il plusvalore? scusate la terminologia nemica.
---------- Post added at 22:58:48 ---------- Previous post was at 22:56:00 ----------
spostate tutto
La proprietà privata nel Corporativismo Fascista (da qui in poi lo identificherò con la maiuscola) è salva, chiaramente, non siamo al comunismo I termini sono impropri, difatti: non si parla di nessuna "collettivizzazione" della economia, ma di una partecipazione di tutti i cittadini al suo prodursi, col capitale che non finisce nè nelle tasche dello Stato (come nel marxismo, ovvero non si ha la massimalizzazione del capitale, il suo trionfo) nè in quelle dei pochi oligarchi-padroni (il capitalismo cosidetto liberale). Finisce nelle tasche dell'operaio il plusvalore, esattamente, oltre alla partecipazione ai fondi di riserva e al capitale azionario. Su questa adesione "totalitaria" alla vita dello Stato (nel suo senso così ben declinato da Mussolini) si innesta quella che si chiama democrazia organica.
Dal momento che la base sceglie quelli che ritiene i migliori per essere rappresentata all'interno dei gruppi dirigenti le varie corporazioni, si ha via via una elezione continua di rappresentanti sino agli organi ultimi dello Stato, ovvero quella punta della piramide autenticamente degli "ottimati" che richiamava anche Ma_.
Si è tutti innervati (come appunto in un organismo vitale) entro lo Stato; tutti si partecipa alla sua edificazione e alla sua prosperità materiale e spirituale.
Lo Stato nuovo e l'uomo nuovo.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
La proprietà privata nel Corporativismo Fascista (da qui in poi lo identificherò con la maiuscola) è salva, chiaramente, non siamo al comunismo I termini sono impropri, difatti: non si parla di nessuna "collettivizzazione" della economia, ma di una partecipazione di tutti i cittadini al suo prodursi, col capitale che non finisce nè nelle tasche dello Stato (come nel marxismo, ovvero non si ha la massimalizzazione del capitale, il suo trionfo) nè in quelle dei pochi oligarchi-padroni (il capitalismo cosidetto liberale). Finisce nelle tasche dell'operaio il plusvalore, esattamente, oltre ai fondi di riserva e al capitale azionario. Su questa partecipazione "totalitaria" alla vita dello Stato (nel suo senso così ben declinato da Mussolini) si innesta quella che si chiama democrazia organica.
Dal momento che la base sceglie quelli che ritiene i migliori per essere rappresentata all'interno dei gruppi dirigenti le varie corporazioni, si ha via via una elezione continua di rappresentanti sino agli organi ultimi dello Stato, ovvero quella punta della piramide autenticamente degli "ottimati" che richiamava anche Ma_.
Si è tutti innervati (come appunto in un organismo vitale) entro lo Stato; tutti si partecipa alla sua edificazione e alla sua prosperità materiale e spirituale.
Lo Stato nuovo e l'uomo nuovo.
Come sappiamo il mancato successo del corporativismo fascista fu uno dei maggiori crucci di Mussolini che vi aveva riposto grandi speranze. Speranze che nascevano dal superamento della dicotomia capitale/lavoro e delle due alternative comunista e liberale.
Nel corporativismo si supera il dualismo padrone/operaio perchè entrambi sono compartecipi del successo industriale, lavorano per un comune obiettivo, non militano più su due parti opposte della barricata. Era-nell'idea mussoliniana-la negazione della lotta di classe. Negazione, badiamo bene, non dei suoi presupposti ma delle sue conseguenze. E' il capitalismo a disarmare il lavoratore davanti al padrone e, peraltro, a creare le conseguenze per la fioritura della lotta di classe di cui si appropria il marxismo. Marxismo e capitalismo sono le due idee in lotta di cui, sperabilmente, il corporativismo rappresenta la sintesi.
Quel che mi sembra interessante è come, oggi, anche se nessuno oserebbe pronunciare parole del genere, si vada verso idee non tanto dissimili quando si parla di compartecipazione degli operai agli utili dell'azienda in cambio di maggiore flessibilità o comunque revisioni dello statuto dei lavoratori. Ovviamente un'idea valida in teoria non è detto lo sia anche in pratica e se l'operaio non ha la minima idea di come vada gestita un'azienda la sua compartecipazione a livello decisionale è non solo inutile ma perfino dannosa. Sul modello politico della democrazia organica a me pare che si tratti, in estrema sintesi, di un ampliamento della teoria del clan, che diviene sempre più grosso procedendo dalla microunità famiglia a quella condominio, azienda, estendendo la rappresentanza a tutti i settori. Come ben sappiamo il clan ha funzionato per millenni, come forma di gestione della società, sia pure mutando i suoi connotati, passando da un clan-tribù ad un clan-ghène, ad un clan-gens. Ed ha funzionato, sostanzialmente, fino alla fine della repubblica romana (che era una repubblica tutt'altro che democratica, vivaddio i romani avevano orrore della democrazia). Quando però Roma si è ingrandita il modello aristocratico, che abbiamo visto essere l'ultima sintesi di una struttura su base familiare, è diventato troppo stretto, inadatto alle nuove sfide imperiali. Ed allora è stato necessario individuare un dominus, non più inter pares, non più pro tempore. Le decisioni rapide, la velocità di esecuzione e non solo di pensiero hanno richiesto un uomo solo su cui pesasse la responsabilità del comando.
Credo, quindi, che il modello proposto sia difficilmente applicabile su una scala ampia quale uno stato moderno. Ci sarebbe, poi, anche da riflettere su che tipo di individui premierebbe una rappresentatività di questo genere. Il vincolo del sangue finirebbe per mutarsi in parentopoli, quello delle affinità culturali in lottizzazioni a tutti i livelli. Rimarrebbe solo il vincolo della pecunia che se già non feteva ai tempi di Vespasiano, oggi è addirittura entrata nella costituzione:
La proprietà privata nel Corporativismo Fascista (da qui in poi lo identificherò con la maiuscola) è salva, chiaramente, non siamo al comunismo I termini sono impropri, difatti: non si parla di nessuna "collettivizzazione" della economia, ma di una partecipazione di tutti i cittadini al suo prodursi, col capitale che non finisce nè nelle tasche dello Stato (come nel marxismo, ovvero non si ha la massimalizzazione del capitale, il suo trionfo) nè in quelle dei pochi oligarchi-padroni (il capitalismo cosidetto liberale). Finisce nelle tasche dell'operaio il plusvalore, esattamente, oltre alla partecipazione ai fondi di riserva e al capitale azionario. Su questa adesione "totalitaria" alla vita dello Stato (nel suo senso così ben declinato da Mussolini) si innesta quella che si chiama democrazia organica.
Dal momento che la base sceglie quelli che ritiene i migliori per essere rappresentata all'interno dei gruppi dirigenti le varie corporazioni, si ha via via una elezione continua di rappresentanti sino agli organi ultimi dello Stato, ovvero quella punta della piramide autenticamente degli "ottimati" che richiamava anche Ma_.
Si è tutti innervati (come appunto in un organismo vitale) entro lo Stato; tutti si partecipa alla sua edificazione e alla sua prosperità materiale e spirituale.
Lo Stato nuovo e l'uomo nuovo.
affascinante per certi aspetti ma mi pare di individuarne alcuni limiti,sulla base di alcune convinzioni che per ovvi motivi non posso giustificare qui, anche perche sarei ammorbante.
il superamento del lavoro salariato non è compiuto,perche non è compiuta sottomissione delle forze produttive all' individuo sociale. la proprietà privata capitalistica non è abolita, nè la lotta di classe, il capitale non permetterebbe mai un simile depotenziamento corporativista fin quando è in vita.
mi pare che il corporativismo sia incompatibile con l' inevitabile sviluppo del capitalismo globale, è come vole mettere uno squalo feroce in un acquario per pesci rossi. è invece una prospettiva che diventa secondo me interessante per quanto riguarda l' organizzazione di piccole e medie aziende ,le quali come si sa contribuiscono, a differenze della grande industria, al libero sviluppo dell individuo operaio.
ps
in marx la questione della dittatura del proletariato, cui mi pare accenni , è in verità più complessa , ma è sempre un altro paio di maniche.
---------- Post added 17-11-2010 at 00:20:09 ---------- Previous post was 16-11-2010 at 23:58:09 ----------
pps
ricordo che stesso qui si è parlato dell' ipotesi per cui mussolini sarebbe stato destituito proprio quando voleva (finalmente) dare avvio ad una seria socializzazione dell' economia.si è parlato di un complotto dei poteri forti se non sbaglio.
Come sappiamo il mancato successo del corporativismo fascista fu uno dei maggiori crucci di Mussolini che vi aveva riposto grandi speranze. Speranze che nascevano dal superamento della dicotomia capitale/lavoro e delle due alternative comunista e liberale.
Nel corporativismo si supera il dualismo padrone/operaio perchè entrambi sono compartecipi del successo industriale, lavorano per un comune obiettivo, non militano più su due parti opposte della barricata. Era-nell'idea mussoliniana-la negazione della lotta di classe. Negazione, badiamo bene, non dei suoi presupposti ma delle sue conseguenze. E' il capitalismo a disarmare il lavoratore davanti al padrone e, peraltro, a creare le conseguenze per la fioritura della lotta di classe di cui si appropria il marxismo. Marxismo e capitalismo sono le due idee in lotta di cui, sperabilmente, il corporativismo rappresenta la sintesi.
Quel che mi sembra interessante è come, oggi, anche se nessuno oserebbe pronunciare parole del genere, si vada verso idee non tanto dissimili quando si parla di compartecipazione degli operai agli utili dell'azienda in cambio di maggiore flessibilità o comunque revisioni dello statuto dei lavoratori. Ovviamente un'idea valida in teoria non è detto lo sia anche in pratica e se l'operaio non ha la minima idea di come vada gestita un'azienda la sua compartecipazione a livello decisionale è non solo inutile ma perfino dannosa. Sul modello politico della democrazia organica a me pare che si tratti, in estrema sintesi, di un ampliamento della teoria del clan, che diviene sempre più grosso procedendo dalla microunità famiglia a quella condominio, azienda, estendendo la rappresentanza a tutti i settori. Come ben sappiamo il clan ha funzionato per millenni, come forma di gestione della società, sia pure mutando i suoi connotati, passando da un clan-tribù ad un clan-ghène, ad un clan-gens. Ed ha funzionato, sostanzialmente, fino alla fine della repubblica romana (che era una repubblica tutt'altro che democratica, vivaddio i romani avevano orrore della democrazia). Quando però Roma si è ingrandita il modello aristocratico, che abbiamo visto essere l'ultima sintesi di una struttura su base familiare, è diventato troppo stretto, inadatto alle nuove sfide imperiali. Ed allora è stato necessario individuare un dominus, non più inter pares, non più pro tempore. Le decisioni rapide, la velocità di esecuzione e non solo di pensiero hanno richiesto un uomo solo su cui pesasse la responsabilità del comando.
Credo, quindi, che il modello proposto sia difficilmente applicabile su una scala ampia quale uno stato moderno. Ci sarebbe, poi, anche da riflettere su che tipo di individui premierebbe una rappresentatività di questo genere. Il vincolo del sangue finirebbe per mutarsi in parentopoli, quello delle affinità culturali in lottizzazioni a tutti i livelli. Rimarrebbe solo il vincolo della pecunia che se già non feteva ai tempi di Vespasiano, oggi è addirittura entrata nella costituzione:
"L'Italia è una repubblica fondata sul denaro".
Dobbiamo presupporre che il Fascismo, in qualche maniera, sarebbe mutato:
E' un mezzo, non è un fine. E' un ideale, non un dogma da idolatrare. Dunque i pericoli insiti nei vari passaggi cui è chiamata a realizzarsi la democrazia organica sarebbero stati limitati dalla nuova educazione Fascista, quella chiamata a dare uno spirito, una educazione civica ed una spina dorsale ad un popolo che dai tempi di Roma non l'ha più avuto. Avremmo avuto una trasmutazione anche dei costumi, questo dobbiamo tenere presente, e, se pur vero che un Catilina lo troveremo sempre, avremmo avuto anche tanti Catoni e tanti Ciceroni, chiamati a porre, di volta in volta, un Cesare a guidare la Nazione, un Cesare che sarebbe stato espressione diretta di quella Nazione, un suo figlio e giammai un prodotto di partito o della economia (vedi Berlusoni). Il Fascismo sarebbe sfociato verso una forma di democrazia (basta leggersi i punti del Congresso di Verona, quelli fondanti la Repubblica di Salò), forma che non sappiamo quale avrebbe potuto essere. Seguendo l'autentico spirito insito nella dottrina Fascista (che tende a risolvere ed interpretare le problematiche che si presentano all'uomo) noi dobbiamo immaginare che questa democrazia avrebbe assunto un carattere adatto al popolo e alla entità dello Stato che la esprimevano:
Questa la grande e ancora misconosciuta forza insita nell'Idea Fascista.
Per il Ventennio abbiamo però (come è stato raffigurato con un'immagine felicissima e che rende) il vino nuovo dell'ideale Fascista travasato negli otri vecchi (lo stato ancora monarchico; certe alleanze con le parti più borghesi e conservatrici, etc...), e gli otri si sono rotti. La Repubblica di Salò ci ha fatto intravedere ciò che realmente avrebbe potuto essere una completa applicazione del programma sociale del Fascismo, proprio perchè finalmente la rivoluzione era libera da tutti i vecchi legacci che la tenne spesso inchiodata al palo. C'è da educare un popolo, però, oltre che a riedificare uno Stato, perchè le tue obiezioni abbiano logica e conseguente soluzioni; il Duce per vent'anni ha cercato, per prima cosa, di dare una educazione spirituale al popolo, di fargli prendere coscienza di questa nuova e fatale missione. Nel frattempo si cercava di costruire lo Stato nuovo, ma prima si è guardato all'uomo.
L'italiano non ci ha creduto sino in fondo, ed oggi ci ritroviamo con gli otri vecchi, inadatti, autentiche urne cinerarie riaggiustate e rimesse al loro posto, e tutti vediamo i risultati di questa opera di restaurazione:
Chi ci guadagna? Il popolo certamente no, tenuto nella più bestiale ignoranza e nelle condizioni di non capire e dunque di non nuocere.
Ma l'Idea, la visione politica e umana di questo autentico Rinascimento mediterraneo, di questo parto tutto italiano che è stato il Fascismo, è ancora viva. E' un'arca per il popolo, la sua autentica salvezza, per noi tutti, se solo avessimo il coraggio di spezzare le comode catene che ci tengono ai due cuscini sui quali crediamo di dormire sonni sicuri per slanciarci verso di Essa, smettendola di far finta di non capire che solo lì è la palingenesi.
Serve chi ci indichi le porte del Tempio, la via che oggi sconosciamo; chi evochi l'Idea dal suo antro segreto dove pure ancora veglia; chi le dia nuova forma e sostanza per l'uomo di qui e di ora. Chi ci convinca che non siamo nè ombre, nè morti nè schiavi, ma uomini vivi, carne sangue e spirito, popolo e Nazione.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Dobbiamo presupporre che il Fascismo, in qualche maniera, sarebbe mutato:
E' un mezzo, non è un fine. E' un ideale, non un dogma da idolatrare. Dunque i pericoli insiti nei vari passaggi cui è chiamata a realizzarsi la democrazia organica sarebbero stati limitati dalla nuova educazione Fascista, quella chiamata a dare uno spirito, una educazione civica ed una spina dorsale ad un popolo che dai tempi di Roma non l'ha più avuto. Avremmo avuto una trasmutazione anche dei costumi, questo dobbiamo tenere presente, e, se pur vero che un Catilina lo troveremo sempre, avremmo avuto anche tanti Catoni e tanti Ciceroni, chiamati a porre, di volta in volta, un Cesare a guidare la Nazione, un Cesare che sarebbe stato espressione diretta di quella Nazione, un suo figlio e giammai un prodotto di partito o della economia (vedi Berlusoni). Il Fascismo sarebbe sfociato verso una forma di democrazia (basta leggersi i punti del Congresso di Verona, quelli fondanti la Repubblica di Salò), forma che non sappiamo quale avrebbe potuto essere. Seguendo l'autentico spirito insito nella dottrina Fascista (che tende a risolvere ed interpretare le problematiche che si presentano all'uomo) noi dobbiamo immaginare che questa democrazia avrebbe assunto un carattere adatto al popolo e alla entità dello Stato che la esprimevano:
Questa la grande e ancora misconosciuta forza insita nell'Idea Fascista.
Per il Ventennio abbiamo però (come è stato raffigurato con un'immagine felicissima e che rende) il vino nuovo dell'ideale Fascista travasato negli otri vecchi (lo stato ancora monarchico; certe alleanze con le parti più borghesi e conservatrici, etc...), e gli otri si sono rotti. La Repubblica di Salò ci ha fatto intravedere ciò che realmente avrebbe potuto essere una completa applicazione del programma sociale del Fascismo, proprio perchè finalmente la rivoluzione era libera da tutti i vecchi legacci che la tenne spesso inchiodata al palo. C'è da educare un popolo, però, oltre che a riedificare uno Stato, perchè le tue obiezioni abbiano logica e conseguente soluzioni; il Duce per vent'anni ha cercato, per prima cosa, di dare una educazione spirituale al popolo, di fargli prendere coscienza di questa nuova e fatale missione. Nel frattempo si cercava di costruire lo Stato nuovo, ma prima si è guardato all'uomo.
L'italiano non ci ha creduto sino in fondo, ed oggi ci ritroviamo con gli otri vecchi, inadatti, autentiche urne cinerarie riaggiustate e rimesse al loro posto, e tutti vediamo i risultati di questa opera di restaurazione:
Chi ci guadagna? Il popolo certamente no, tenuto nella più bestiale ignoranza e nelle condizioni di non capire e dunque di non nuocere.
Ma l'Idea, la visione politica e umana di questo autentico Rinascimento mediterraneo, di questo parto tutto italiano che è stato il Fascismo, è ancora viva. E' un'arca per il popolo, la sua autentica salvezza, per noi tutti, se solo avessimo il coraggio di spezzare le comode catene che ci tengono ai due cuscini sui quali crediamo di dormire sonni sicuri per slanciarci verso di Essa, smettendola di far finta di non capire che solo lì è la palingenesi.
Serve chi ci indichi le porte del Tempio, la via che oggi sconosciamo; chi evochi l'Idea dal suo antro segreto dove pure ancora veglia; chi le dia nuova forma e sostanza per l'uomo di qui e di ora. Chi ci convina che non siamo nè ombre, nè morti nè schiavi, ma uomini vivi, carne sangue e spirito, popolo e Nazione.
sto cercando di capire come faccia ad essere d'accordo con tutto il tuo post, ma non con la premessa.
il fascismo era soprattutto prassi, anzi direi che era prassi prima di essere chiamato fascismo. la definizione arriva a posteriori.
(non dire vecchi legacci, che poi penso ai lacci e lacciUoli di craxi )
come via intermedia e non definitiva il corporativismo poteva essere un modello transitorio decisamente migliore di quello sovietico verso il c...( si può pronunciare qui ?) nella sua ultima intervista ricordo una rivendicazione di mussolini riguardo il tentativo di attuare il socialismo in italia. ma si sa che l' ultimo fascismo tentò di riprendere il primo...e sempre nel mezzo che ci si perde..
sto cercando di capire come faccia ad essere d'accordo con tutto il tuo post, ma non con la premessa.
il fascismo era soprattutto prassi, anzi direi che era prassi prima di essere chiamato fascismo. la definizione arriva a posteriori.
(non dire vecchi legacci, che poi penso ai lacci e lacciUoli di craxi )
Emendiamo pure "ideale": prassi rende assai meglio
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come via intermedia e non definitiva il corporativismo poteva essere un modello transitorio decisamente migliore di quello sovietico verso il c...( si può pronunciare qui ?) nella sua ultima intervista ricordo una rivendicazione di mussolini riguardo il tentativo di attuare il socialismo in italia. ma si sa che l' ultimo fascismo tentò di riprendere il primo...e sempre nel mezzo che ci si perde..
Il perchè non lo si sia attuato completamente durante il Ventennio lo abbiamo detto sia io che Mauro; troppi e troppo forti erano ancora le istanze liberl-conservatrici del sistema-Italia ereditato dal Duce, e ci si misero di traverso anche parecchi di coloro che invece erano stati chiamati ad attuare il programma.
Il compito era enorme. Il Corporativismo è solo un aspetto del prisma:
C'era prima di tutto da rendere un popolo a se stesso, rendergli la stessa idea di Popolo. Come spiegato anche da Mauro, per superare poi le tensioni sociali si pensò al Corporativismo, questa Terza Via tra capitalismo liberale e marxismo, mentre tu mi pare che continui ad appiattire quest'ultimo sul Corporativismo. Prendo da qui:
il superamento del lavoro salariato non è compiuto,perche non è compiuta sottomissione delle forze produttive all' individuo sociale. la proprietà privata capitalistica non è abolita, nè la lotta di classe, il capitale non permetterebbe mai un simile depotenziamento corporativista fin quando è in vita.
Nel Corporativismo non si vuole il superamento del lavoro salariato, ma una più equa ripartizione, aggiungendoci gli utili derivanti dal capitale acquisito; le forze produttive non devono essere sottomesse all'individuo, ma semmai questo vi deve partecipare con cognizione perchè si abbia maggiore produzione e dunque maggior guadagno; non si vuole l'abolizione della proprietà privata, perchè questa rappresenta, nel Fascismo "il frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana (...) Essa non deve però diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del lavoro"* La lotta di classe di ispirazione marxista viene però a mancare quando manca la sua ragione stessa di essere:
Partecipare alla costruzione del capitale, godendone poi gli utili, fa mancare il motivo stesso della lotta, lasciando intatta la libera iniziativa dell'individuo ed il frutto del suo lavoro (che cade sotto alla proprietà privata).
Che il capitalismo non permetta questa visione politica lo ha già dimostrato con la II GM, mi pare Il marxismo, d'altra parte, ha fallito su tutta la linea, un disastro dalla portata storica enorme, perchè sradica la persona invece di piantarla in una storia spirituale, politica, economica e sociale che lo Stato si incarica di difendere e preservare, un humus senza il quale vi è la spersonalizzazione che abbiamo visto nei regimi comunisti.
Per quanto riguarda questo punto:
ricordo che stesso qui si è parlato dell' ipotesi per cui mussolini sarebbe stato destituito proprio quando voleva (finalmente) dare avvio ad una seria socializzazione dell' economia.si è parlato di un complotto dei poteri forti se non sbaglio.
è chiaro che molto si è giocato contro il Fascismo sulla sua visione economica e sociale; l'alleanza altrimenti inspiegabile tra comunisti e liberal-democrazie contro il Fascismo ci dice e ci chiarisce quanto questa visione fosse temuta (per ragioni diverse) da ciascuno di essi. Anche all'interno dello stesso Stato si è annidiato il nemico; quando donna Rachele disse che "Mussolini era circondato da traditori", non andò molto lontano dal vero.
_______________
* Punto 10 del Congresso di Verona.
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cmq quello che vorrei chiarire , rispetto a quanto mi pare di aver capito del corporativismo, è che se l' obiettivo è il superamento delle contraddizioni del capitale o si supera il capitale in una nuova forma di produzione sviluppandone le contraddizioni o le si addomesticano. nel primo caso si fallisce se si tenta questa impresa senza fare la rivoluzione nei paesi occidentali, nel secondo caso si fallisce perche prima o poi il capitale ti farà le penne , una volta esauritasi la protezione garantita dell' apparato statale. a me pare che la vicenda del fascismo possa rientrare in questa seconda opzione.per questo ho espress i miei dubbi riguardo il socialismo corporativista, dubbi che hanno come riferimento la teoria economica marxista,quindi sono naturalmente "di parte" . ma non saprei come affrontare diversamente il discorso dato che di "economia politica borghese" non me ne intendo. Aggiungo che lo stesso socialismo europeo di sinistra è morto inseguendo l' illusione di una mediazione all' interno delle strutture liberali, basta guardare l' evoluzione dei simboli dei partiti di sinistra italiani.
cmq quello che vorrei chiarire , rispetto a quanto mi pare di aver capito del corporativismo, è che se l' obiettivo è il superamento delle contraddizioni del capitale o si supera il capitale in una nuova forma di produzione sviluppandone le contraddizioni o le si addomesticano. nel primo caso si fallisce se si tenta questa impresa senza fare la rivoluzione nei paesi occidentali, nel secondo caso si fallisce perche prima o poi il capitale ti farà le penne , una volta esauritasi la protezione garantita dell' apparato statale. a me pare che la vicenda del fascismo possa rientrare in questa seconda opzione.per questo ho espress i miei dubbi riguardo il socialismo corporativista, dubbi che hanno come riferimento la teoria economica marxista,quindi sono naturalmente "di parte" . ma non saprei come affrontare diversamente il discorso dato che di "economia politica borghese" non me ne intendo. Aggiungo che lo stesso socialismo europeo di sinistra è morto inseguendo l' illusione di una mediazione all' interno delle strutture liberali, basta guardare l' evoluzione dei simboli dei partiti di sinistra italiani.
La dottrina del Corporativismo (in quella precisa epoca, poi...) ci dà però l'idea di quanto il Fascismo fosse capace di prendere di petto le questioni che angosciavano la società e di cercare di dare a quelle una soluzione nuova ed efficace, slegata da ogni ideologia imperante e dogmatica.
Questa è lezione viva e necessaria, che appunto non tramonta come le ideologie, dunque è "qui" e continua ad essere "qui", da applicarsi pragmaticamente (così facciamo contenta Gorgone) alle diverse epoche storiche che l'uomo si trova a vivere nel suo continuo darsi un presente.
Nel Fascismo l'imperativo è la soluzione, non la medicina.
...ma di noi
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popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
come via intermedia e non definitiva il corporativismo poteva essere un modello transitorio decisamente migliore di quello sovietico verso il c...( si può pronunciare qui ?) nella sua ultima intervista ricordo una rivendicazione di mussolini riguardo il tentativo di attuare il socialismo in italia. ma si sa che l' ultimo fascismo tentò di riprendere il primo...e sempre nel mezzo che ci si perde..
pensi alla triade?
(mussolini bombacci silvestri?)
Come spiegato anche da Mauro, per superare poi le tensioni sociali si pensò al Corporativismo, questa Terza Via tra capitalismo liberale e marxismo, mentre tu mi pare che continui ad appiattire quest'ultimo sul Corporativismo. Prendo da qui:
Nel Corporativismo non si vuole il superamento del lavoro salariato, ma una più equa ripartizione, aggiungendoci gli utili derivanti dal capitale acquisito; le forze produttive non devono essere sottomesse all'individuo, ma semmai questo vi deve partecipare con cognizione perchè si abbia maggiore produzione e dunque maggior guadagno; non si vuole l'abolizione della proprietà privata, perchè questa rappresenta, nel Fascismo "il frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana (...) Essa non deve però diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del lavoro"* La lotta di classe di ispirazione marxista viene però a mancare quando manca la sua ragione stessa di essere:
Partecipare alla costruzione del capitale, godendone poi gli utili, fa mancare il motivo stesso della lotta, lasciando intatta la libera iniziativa dell'individuo ed il frutto del suo lavoro (che cade sotto alla proprietà privata).
Che il capitalismo non permetta questa visione politica lo ha già dimostrato con la II GM, mi pare Il marxismo, d'altra parte, ha fallito su tutta la linea, un disastro dalla portata storica enorme, perchè sradica la persona invece di piantarla in una storia spirituale, politica, economica e sociale che lo Stato si incarica di difendere e preservare, un humus senza il quale vi è la spersonalizzazione che abbiamo visto nei regimi comunisti.
hai ragione,però ti spiego perche la appiattisco su una concezione marxista ( non sovietica).
Prendiamo la questione dei cicli industriali, nel momento in cui c'è una naturale fase di recessione la suddivisione equa non solo non può più avvenire, ma avviene che il capitale per difendere se stesso deve espellere forza-lavoro. come si da risposta a questo? non è semplicemente una questione di welfare, se la si vuole affrontare sistemicamente. Ma perche ci sono le fasi di recessione? Perche siccome il capitalismo è produzione per la produzione , valore che si valorizza, la ricchezza non è l' uomo ma la produzione.
Nella società antica la produzione della ricchezza era subordinata all' uomo, nella società capitalistica il contrario ,per questo la modernità non è mai soddisfatta di sè stessa e quando lo è risulta volgare. romantica invece ogni visione che rimpiange quella condizione.
Nel momento in cui il valore delle merci non si realizza sul mercato il capitale reagisce naturalmente come può , tutelando sè stesso a danno della comunità, dei lavoratori, etc...quello che sta accadendo oggi. Quello che voglio dire senza voler annoiare nessuno è che c'è un problema intrinseco al capitalismo che non può essere risolto con la ripartizione equa, con la partecipazione alla produzione etc... , e cioè : la produzione di merci sulla base del valore di scambio,la quale presuppone il plusvalore , la sussunzione del lavoratore ai mezzi di produzione privati. Per questo dico , se si assume che il capitalismo è una contraddizione in progresso il superamento ideale è il "ripristino"(non lo è) della condizione per cui è l' individuo-sociale il fine della produzione.
ora il punto che rilevavo è semplicemente questo: a me pare che il corporativismo abbia una matrice socialista-marxista ( Karlo non leggere,ho messo il trattino.dai) , si vuole superare il capitalismo o quantomeno dargli una nuova forma,c'è l' enfasi sulla comunità, sulla libertà del lavoratore, della sua sovraordinazione alle forze produttive. sia le vicende storiche sia alcuni inghippi teorici, diciamo cosi, mi fanno pensare che la terza via sia più una via di mezzo,perche non esaurisce fino alla fine appunto il dispositivo "originale". Soprattutto la questione dei mezzi di produzione per quanto riguarda la grande industria, è davvero difficile che un capitalista ,che non venga espropriato con la forza, voglia suddividere il plusvalore equamente con gli operai quando le macchine, e tutto il resto sono di sua proprietà.
---------- Post added at 02:18:47 ---------- Previous post was at 02:05:21 ----------
pensi alla triade?
(mussolini bombacci silvestri?)
bombacci forse era un illuso ,tuttavia forse sapeva bene ,da comunista ,che la rivoluzione o si faceva in europa o non si faceva affatto.
---------- Post added at 02:30:39 ---------- Previous post was at 02:18:47 ----------
ps
ci tengo a specificare che non voglio confutare il corporativismo,che non conosco bene,a favore di alcunchè. mi pare tuttavia che storicamente si sia effettivamente data ,durante il fascismo, una indecisione tra conservazione e rivoluzione economica, di qui la terza via . poi si discute dell' incapacità solo teorica di questa di produrre realmente efficace,dato che non è mai stata applicata concretamente. ora la domanda che vorrei porvi,realmente interessante, è: la terza via , come teoria economica non è essa il frutto di quella che fu una rivoluzione a metà,con il fascismo un pò nelle istituzioni liberali , un pò fuori, un pò con i lavoratori,un pò con gli industriali...quale fu il prezzo della svolta a destra di mussolini,che molto presto ,a mio parere, soffocò nella culla le istanze socialiste e futuriste del primo fascismo?
ci tengo a specificare che non voglio confutare il corporativismo,che non conosco bene,a favore di alcunchè. mi pare tuttavia che storicamente si sia effettivamente data ,durante il fascismo, una indecisione tra conservazione e rivoluzione economica, di qui la terza via . poi si discute dell' incapacità solo teorica di questa di produrre realmente efficace,dato che non è mai stata applicata concretamente. ora la domanda che vorrei porvi,realmente interessante, è: la terza via , come teoria economica non è essa il frutto di quella che fu una rivoluzione a metà,con il fascismo un pò nelle istituzioni liberali , un pò fuori, un pò con i lavoratori,un pò con gli industriali...quale fu il prezzo della svolta a destra di mussolini,che molto presto ,a mio parere, soffocò nella culla le istanze socialiste e futuriste del primo fascismo?
Storicamente questa indecisione la si è data, questo è esatto ed è il motivo del fallimento della sua (del Corporativismo) incompleta attuazione durante il Ventennio, e vieppiù nelle fasi in cui Mussolini avrebbe potuto imporre qualsiasi cosa agli italiani, tanto era, dalla gran parte, idolatrato.
"Il Corporativismo si è fermato sulla soglia delle aziende", si è scritto, e pure qua c'è una parte di vero:
Ma perchè?
In estrema sintesi:
- Le organizzazioni padronali conservarono tutta la loro forza, forti del fatto che tra attuazione della conquista dell'Impero (la colonizzazione), vari altri sforzi economici interni ed esterni, la preparazione per l'entrata in guerra, si aveva bisogno di patteggiare con gli industriali. Per tutto il Ventennio la Confindustria (che "formalmente" era Fascista ed aveva giurato fedeltà al Duce) cercò di ritardare quando non sabotare l'applicazione delle riforme corporative.
- L'elefantiasi della burocratizzazione del sistema (eredità dello Stato monarchico) che faceva sovente restare sulla carta le riforme programmate.
- L'autarchia in cui - per un certo periodo - fu costretta la politica economica italiana, che diede la stura a quella sorta di assistenzialismo di Stato a tutti (fasce ricche e deboli del Paese), e che trasformava dunque la stessa politica economica dello Stato in aiuto alle aziende (creazione dell'IRI) e non in riforma del sistema.
- L'opera di "mimesi" compiuta dal capitalismo liberale in Italia, che della politica sociale del Fascismo accettò e attuò solo alcune parti programmatiche, come la riforma del sindacato, la creazione delle varie opere di assistenza e di previdenza ai lavoratori (già questa, di per sè, una grande conquista del Fascismo), certi tavoli contrattuali sul salario, sulle condizioni e sugli orari del lavoro:
Questo, per gli industriali, e non più di questo si intendeva per Corporativismo.
E invece nelle intenzioni del Fascismo cosa avrebbe dovuto essere questa Terza Via, che non è una rivoluzione a metà, come la definisci, ma un vero atto programmatico che nasce per inglobare prima e superare poi le due grandi dottrine storiche del capitalismo e del marxismo?
Scrive Ugo Spirito "Non si socializzano i beni di produzione , o beni strumentali, nè si sopprime il diitto di proprietà (...) Si procede sul filo dell'umanesimo del lavoro gentiliano, riconoscendo all'individuo, con una concezione antropocentrica dei rapporti intercorrenti tra impresa, sindacato, corporazione, Stato, il ruolo di soggetto del fenomeno socio-economico. (...) Si socializza il consiglio di amministrazione e si limitano i profitti non già togliendoli ai privati, ma facendo partecipare ad essi i lavoratori" (1)
Ecco dunque che si risponde alla tua obiezione, che pecca di eccessivo marxismo quasi fosse quel fallimento storico, quella utopia l'autentica ed unica possibilità di raggiungere l'eguaglianza tra capitale e lavoro però sulla pelle dell'individuo e della stessa Nazione e dei suoi valori tradizionali e spirituali:
Soprattutto la questione dei mezzi di produzione per quanto riguarda la grande industria, è davvero difficile che un capitalista ,che non venga espropriato con la forza, voglia suddividere il plusvalore equamente con gli operai quando le macchine, e tutto il resto sono di sua proprietà.
Nessun esproprio, nessuna rivoluzione del proletariato. Si afferma soltanto che la proprietà privata è cosa buona e giusta, nei limiti però di una più ampia giustizia sociale e conseguente dignità per tutti.
Il capitalista deve capire che fa parte di uno Stato che ha finalità etiche:
La sua sete di ricchezza (individualismo mercificante e becero, crapulo e plebeo potremmo dire) deve trovare un limite nella moralità che lo Stato è chiamato a difendere, sopratutto nella integrità di chi partecipa alla creazione di questo capitale, ovvero la forza-lavoro, chi presta la sua opera.
Per venire alla tua domanda finale:
quale fu il prezzo della svolta a destra di mussolini,che molto presto ,a mio parere, soffocò nella culla le istanze socialiste e futuriste del primo fascismo?
il prezzo fu di avere il mussolinismo in luogo del Fascismo, e da qui l'applicazione stentata, quando non la totale resa (restando spesso solo a livello giuridico) della attuazione delle riforme "rivoluzionarie", quelle sociali del Fascismo sansepolcrino.
Mussolini per creare l'uomo nuovo (è sempre l'uomo che interessa al Fascismo, in prima istanza) usò i mezzi vecchi; usò lo Stato albertino, usò la borghesia, usò gli industriali, usò la Chiesa, usò tutto ciò che di più conservatore aveva l'Italia, convinto che sarebbe bastata la sua sola forza magnetica e straordinariamente persuasiva ("il Duce ha sempre ragione") per dare propellente alle istanze innovatrici, che invece si infransero sugli scogli semisommersi della conservazione e dello spirito disincantato degli italiani, che vedevano (nella maggioranza silenziosa) il Fascismo come una opportunità da "subire" acriticamente (aveva in fondo dato l'Impero all'Italia; reso sicure le strade; l'assistenza ai giovani e agli anziani; fatto superare brillantemente la più grave crisi economica della storia, il '29, etc...) e non invece una prassi, un modo di essere e di pensare, un umanesimo appunto da sostenere con tutto se stessi.
Quell'atteggiamento è lo stesso a motivo per cui l'italiano oggi si ritrova un Berlusconi e lo vota; o perchè nello ieri qua hanno governato tutti (Austria, Francia, Spagna e compagnia) tranne gli italiani.
Mussolini proclamò, in netta opposizione al materialismo marxista e alla degenerazione liberal-capitalista, il ritorno allo spirito:
Perchè possa cambiare lo Stato Mussolini capisce che prima deve mutare l'uomo. Ci credettero profondamente in pochi, lo aiutarono ancora in meno. Lungo il Ventennio gli italiani preferirono vivacchiare piuttosto che cominciare a vivere, e il Duce, forse pago del consenso, non intuì il veleno mortale di coprire con la sua genialità e personalità (eccolo il mussolinismo) le falle nel sistema, dovute a tutti quei compromessi che si prese a bordo da dopo la marcia su Roma, e solo per salvare le apparenze del vecchio Stato.
Mussolini volle la pace augustea senza però riuscire a trasformare le istituzioni del vecchio ordinamento statuale in qualcosa di nuovo e di adatto al progetto, come invece fece il Romano, che lavorò però su e con ben altro materiale umano.
Fu proprio quel Bombacci, che qui avete richiamato, a scuoterlo da "sinistra" con Salò, facendolo (ri)tornare alle istanze prime del Fascismo:
Troppo tardi.
Ancora una volta Thule, emersa per mostrare come in sogno a noi mortali ciò che avrebbe potuto essere, si inabissò portandosi via il sangue dei migliori e restituendoci quello dei servi.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
D
i solito i programmi della Rai non brillano per originalità ed equilibrio, scadono spesso nel trash e nella rissa, oppure si inchinano al politicamente corretto con relativo effetto soporifero. Per questo non ci si aspettava granché dalla puntata di “Centocinquanta” di mercoledì sera, trasmissione nazionalpopolare condotta da Pippo Baudo e Bruno Vespa e intrisa di inevitabile retorica. E invece. Sorpresa.
Dopo un inizio un po’ prevedibile sull’impreparazione (reale, ci mancherebbe) dei nostri soldati, mandati allo sbaraglio nell’affrontare le tragedie della Seconda guerra mondiale, dalla Grecia alla Russia, passando per gli atti tanto eroici quanto vani dei “leoni” della Divisione Folgore a El Alamein, illustrate con il monologo teatrale “Li Romani in Russia” di Simone Cristicchi (testo del poeta Elia Marcelli) e le centomila gavette di ghiaccio di bedeschiana memoria, ecco il primo momento spiazzante. Luca Biagini e Lucianna De Falco, nei panni di Benito Mussolini e Donna Rachele nello spettacolo “Quel Venticinque luglio a Villa Torlonia” di Pier Francesco Pingitore, ricostruiscono il ritorno a casa del Duce dopo la fatale seduta del Gran Consiglio, mettendo in risalto l’ambiguità di Vittorio Emanuele III. Si tratta di una visuale inedita su un momento cruciale del Novecento. Segue il racconto dell’8 settembre, l’armistizio, la vergognosa fuga del re e di Badoglio a Pescara descritta con sacrosanta durezza dal duo Baudo-Vespa e resa immortale nelle conseguenze da Alberto Sordi in “Tutti a casa”.
Ma il piatto forte è stato la seconda parte della trasmissione, dedicata a una sorta di piccolo processo postumo al capo del fascismo e al sovrano fuggitivo, alla presenza di Alessandra Mussolini, orgogliosa nipote del Duce, Emanuele Filiberto di Savoia, pronipote di Vittorio Emanuele III ben più severo nel giudizio delle gesta del proprio antenato, e degli storici Nicola Tranfaglia, Francesco Perfetti, Gianni Oliva e Giordano Bruno Guerri. Poteva venirne fuori il consueto pateracchio. E invece. Sorpresa. Dalla «inevitabile» marcia su Roma al delitto Matteotti e al «magistrale discorso del 3 gennaio imposto al Duce dall’ala estremista», dalla conquista dell’Impero «apogeo del consenso» alle leggi razziali, studiosi di estrazione e orientamento assai diversi (Tranfaglia è stato assistente di Alessandro Galante Garrone e si è candidato varie volte con il Pdci, la Sinistra arcobaleno e l’Idv; Perfetti è un allievo del grande Renzo De Felice ed ex collaboratore di Libero; Oliva è stato assessore in Piemonte con la Bresso; Bruno Guerri è un opinionista del Giornale) sono riusciti, incalzati anche dalle domande di alcuni studenti universitari, a ripercorrere le tappe fondamentali della storia del fascismo senza litigare, senza darsi sulla voce e persino concordando sui punti-chiave.
L’insospettabile Tranfaglia ha definito il regime «una dittatura autoritaria che negli ultimi anni, attraverso l’alleanza con i nazisti e le imprese coloniali e la preparazione della guerra, ha avuto tratti di totalitarismo», mentre Oliva ha sottolineato le differenze con la Russia stalinista, puntando sul grande consenso, la stragrande maggioranza degli italiani, goduto dal fascismo, anche se poi si pone sempre il problema dei meccanismi tramite i quali quel consenso è stato ottenuto. Ciliegina sulla torta: l’abisso tra Ponza e Ventotene, dove venivano mandati al confino gli oppositori, e la Siberia o le esecuzioni di massa. Verità a lungo neglette che ora finiscono su Raiuno. Rendendoci vogliosi di vedere che succederà nella prossima puntata, quando verrà esaminato il periodo compreso tra l’8 settembre 1943 e il 1946, insomma la sanguinosa guerra civile. Pippo, Bruno, non deludeteci.
qualcuno ha visto la trasmissione?
vale la pena rivederla?
"
Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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