Che ne pensate?
per la suprema corte «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede»
Rischia il carcere chi crea un'email falsa
Cassazione ha condannato a un anno un fiorentino che aveva creato indirizzo di posta spacciandosi per un'amica
ROMA - A questo punto a rischiare la galera sono milioni di italiani. La Cassazione fissa i paletti per regolare il mondo di internet: non ci si può spacciare, creando una mail di posta elettronica falsa, per un’altra persona magari di sesso diverso, ingannando gli utenti della rete: si rischia fino a un anno di reclusione. È quanto affermato dalla Suprema Corte che, con la sentenza n. 46674 ha confermato la condanna per sostituzione di persona nei confronti di un 37enne fiorentino che aveva creato un indirizzo di posta elettronica spacciandosi per una sua amica e intrattenendo sotto mentite spoglie rapporti con gli utenti della rete.
LA SENTENZA - In particolare i giudici della quinta sezione penale nel confermare la violazione dell’articolo 494 del Codice penale hanno precisato che «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. E siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia di un determinato destinatario, così il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome». Così ragionando il collegio di legittimità ha ravvisato che in questo caso concreto si configurasse il reato. Il ragazzo si era difeso motivando la possibilità per chiunque di attivare un account di posta elettronica recante un nominativo diverso dal proprio, anche di fantasia. I giudici della quinta sezione penale, pur ammettendo che questo è «pacificamente vero» hanno sottolineato l'esistenza del reato perchè «nel caso in esame il soggetto indotto in errore non è tanto l'ente fornitore del servizio di posta elettronica, quanto piuttosto gli utenti della rete i quali, ritenendo di interloquire con una determinata persona, in realtà inconsapevolmente si sono trovati ad avere a che fare con una persona diversa». La Corte ha evidenziato inoltre che non è affatto irrilevante che i messaggi contenuti nelle e-mail erano spediti non solo da un soggetto diverso da quello che «appariva offrirli» ma per di più era anche di sesso diverso. In altre parole il ragazzo non solo ha recato danno alla persona di cui usava l'identità (la ragazza inoltre aveva iniziato a ricevere anche telefonate da uomini che le chiedevano incontri a scopo sessuale) ma ha ingannato gli utenti e quindi ha leso la fede pubblica, per cui in base all'articolo 494 del Codice penale rischia sino a un anno di carcere.
14 dicembre 200
Qualcuno dovrà cominciare a preoccuparsi?
per la suprema corte «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede»
Rischia il carcere chi crea un'email falsa
Cassazione ha condannato a un anno un fiorentino che aveva creato indirizzo di posta spacciandosi per un'amica
ROMA - A questo punto a rischiare la galera sono milioni di italiani. La Cassazione fissa i paletti per regolare il mondo di internet: non ci si può spacciare, creando una mail di posta elettronica falsa, per un’altra persona magari di sesso diverso, ingannando gli utenti della rete: si rischia fino a un anno di reclusione. È quanto affermato dalla Suprema Corte che, con la sentenza n. 46674 ha confermato la condanna per sostituzione di persona nei confronti di un 37enne fiorentino che aveva creato un indirizzo di posta elettronica spacciandosi per una sua amica e intrattenendo sotto mentite spoglie rapporti con gli utenti della rete.
LA SENTENZA - In particolare i giudici della quinta sezione penale nel confermare la violazione dell’articolo 494 del Codice penale hanno precisato che «oggetto della tutela è l’interesse riguardante la pubblica fede, in quanto questa può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. E siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia di un determinato destinatario, così il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome». Così ragionando il collegio di legittimità ha ravvisato che in questo caso concreto si configurasse il reato. Il ragazzo si era difeso motivando la possibilità per chiunque di attivare un account di posta elettronica recante un nominativo diverso dal proprio, anche di fantasia. I giudici della quinta sezione penale, pur ammettendo che questo è «pacificamente vero» hanno sottolineato l'esistenza del reato perchè «nel caso in esame il soggetto indotto in errore non è tanto l'ente fornitore del servizio di posta elettronica, quanto piuttosto gli utenti della rete i quali, ritenendo di interloquire con una determinata persona, in realtà inconsapevolmente si sono trovati ad avere a che fare con una persona diversa». La Corte ha evidenziato inoltre che non è affatto irrilevante che i messaggi contenuti nelle e-mail erano spediti non solo da un soggetto diverso da quello che «appariva offrirli» ma per di più era anche di sesso diverso. In altre parole il ragazzo non solo ha recato danno alla persona di cui usava l'identità (la ragazza inoltre aveva iniziato a ricevere anche telefonate da uomini che le chiedevano incontri a scopo sessuale) ma ha ingannato gli utenti e quindi ha leso la fede pubblica, per cui in base all'articolo 494 del Codice penale rischia sino a un anno di carcere.
14 dicembre 200
Qualcuno dovrà cominciare a preoccuparsi?
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