Ahi voce segreta dell'amore oscuro!
ahi belato senza lana! ahi ferita!
ahi ago di fiele,camelia reclinata!
ahi corrente senza mare, città senza mura!
(...)
Lascia il duro avorio della mia testa
abbi pietà di me,spezza il mio dolore!
ch'io sono amore,ch'io sono natura!
Questo canto del poeta Garcia Lorca quanto è lontano a mio parere dalle luccicanti e sterili palliets che vengono dal mondo gay, dalle sue pretese, dal suo roboante " orgoglio".
Quanto invece questo lamento rivolto all' Amore Oscuro, quello che non dice il suo nome risulta più vero, più ancorato nell'animo di ogni Uomo, davvero oltre le mode da circensi dei vari gay pride per piantarsi direttamente nell'animo privato dell'individuo, qualunque sia la sua natura sessuale che deve rimanere,
se ne vogliamo salvare l'unicità, taciuta appunto, senza quel bisogno di visibilità a tutti i costi che ha ridotto (grazie ai gay) l'arte omosessuale a macchietta, ed i suoi grandi rappresentani a paladini di un pensiero che neppure lontanamente essi immaginavano.
Che distanza, ad esempio, tra la figura pur conturbante del Cristo giudice della Sistina o del Davide di Michelangelo da ciò che la "cultura" gay ne ha fatto, stravolgendone complemente il significato datogli dall'artista, che tutto voleva raffigurarvi tranne che poster dell'immaginario gay, così come ora vengono raffigurate per un loro malinteso orgoglio omosessuale.
Che distanza oggi tra l'opera e le rivendicazioni di un Pasolini e le markette televisive, tra un sentimento taciuto che esplodeva poi come magma in opere che hanno meravigliato, e le Platinette e le Luxuria odierne.
Il Platone del Simposio, oggi anche lui arruolato tra le fila gay, mai si sarebbe sognato di leggittimare unioni con tanto di prole da parte di due uomini o leggi ad hoc per gli omosessuali.
Se c'è un senso nell'omosessualità è proprio quello inteso dal grande filosofo o dall'esempio che ne ha dato l'esercito dei Tebani nei tempi gloriosi:
Un legame, un forte e poetico modo di apprendere le arti della vita che l'amante s'incaricava di far appendere al più giovane amato, un discepolo legato al maestro fino al termine dell'adolescenza per poter poi camminare con le proprie gambe per il mondo, senza voler istituzionalizzare quel legame e senza sbandierare chissà quali "pretese" che avrebbero fatto inorridire un Greco.
La cultura gay ha avuto il solo merito di gettare nel ridicolo tutto quel pensiero e quelle arti magnifiche che artisti omosessuali sono riusciti nei secoli a far scaturire dal loro profondo conflitto interiore imponendole, come il Giudizio di Michelangelo, all'umanità intera, e che la interroga.
Non meritano, a mio parere, di essere arruolati dal chiasso e dal vuoto di chi vuole il trionfo delle "parità" per finire poi, da loro stessi guidati, nello squallore di una dark room.
ahi belato senza lana! ahi ferita!
ahi ago di fiele,camelia reclinata!
ahi corrente senza mare, città senza mura!
(...)
Lascia il duro avorio della mia testa
abbi pietà di me,spezza il mio dolore!
ch'io sono amore,ch'io sono natura!
Questo canto del poeta Garcia Lorca quanto è lontano a mio parere dalle luccicanti e sterili palliets che vengono dal mondo gay, dalle sue pretese, dal suo roboante " orgoglio".
Quanto invece questo lamento rivolto all' Amore Oscuro, quello che non dice il suo nome risulta più vero, più ancorato nell'animo di ogni Uomo, davvero oltre le mode da circensi dei vari gay pride per piantarsi direttamente nell'animo privato dell'individuo, qualunque sia la sua natura sessuale che deve rimanere,
se ne vogliamo salvare l'unicità, taciuta appunto, senza quel bisogno di visibilità a tutti i costi che ha ridotto (grazie ai gay) l'arte omosessuale a macchietta, ed i suoi grandi rappresentani a paladini di un pensiero che neppure lontanamente essi immaginavano.
Che distanza, ad esempio, tra la figura pur conturbante del Cristo giudice della Sistina o del Davide di Michelangelo da ciò che la "cultura" gay ne ha fatto, stravolgendone complemente il significato datogli dall'artista, che tutto voleva raffigurarvi tranne che poster dell'immaginario gay, così come ora vengono raffigurate per un loro malinteso orgoglio omosessuale.
Che distanza oggi tra l'opera e le rivendicazioni di un Pasolini e le markette televisive, tra un sentimento taciuto che esplodeva poi come magma in opere che hanno meravigliato, e le Platinette e le Luxuria odierne.
Il Platone del Simposio, oggi anche lui arruolato tra le fila gay, mai si sarebbe sognato di leggittimare unioni con tanto di prole da parte di due uomini o leggi ad hoc per gli omosessuali.
Se c'è un senso nell'omosessualità è proprio quello inteso dal grande filosofo o dall'esempio che ne ha dato l'esercito dei Tebani nei tempi gloriosi:
Un legame, un forte e poetico modo di apprendere le arti della vita che l'amante s'incaricava di far appendere al più giovane amato, un discepolo legato al maestro fino al termine dell'adolescenza per poter poi camminare con le proprie gambe per il mondo, senza voler istituzionalizzare quel legame e senza sbandierare chissà quali "pretese" che avrebbero fatto inorridire un Greco.
La cultura gay ha avuto il solo merito di gettare nel ridicolo tutto quel pensiero e quelle arti magnifiche che artisti omosessuali sono riusciti nei secoli a far scaturire dal loro profondo conflitto interiore imponendole, come il Giudizio di Michelangelo, all'umanità intera, e che la interroga.
Non meritano, a mio parere, di essere arruolati dal chiasso e dal vuoto di chi vuole il trionfo delle "parità" per finire poi, da loro stessi guidati, nello squallore di una dark room.
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