Oftalmologia
Un organo con tante variabili
La capacità rifrattiva di un occhio umano dipende dal potere rifrattivo della cornea e del cristallino, dalla lunghezza assiale (cioè la lunghezza dell’occhio), dall’indice rifrattivo dell’umor vitreo e dell’umore acqueo, e infine dall’età. In realtà ciò che varia tra un occhio e l’altro sono la forma, la dimensione e il potere di cornea, cristallino e lunghezza assiale. Aspetti ampiamente determinati per ereditarietà. Nei primi anni di vita le componenti rifrattive si modificano in modo coordinato e complementare (processo di emmetropizzazione) durante la crescita dell’occhio. L’occhio umano dopo la nascita mantiene la lunghezza assiale entro il 2% dal punto focale ottimale e un’immagine chiara focalizzata sulla retina si ottiene tra i nove e i 14 anni. La rifrazione dipende dalle componenti biometriche (lunghezza assiale, curvatura della cornea, spessore del cristallino) che a loro volta vanno considerate dei tratti caratteriali quantitativi la cui variazione è strettamente correlata alla miopia (fenotipo clinico) e a un’ereditarietà familiare. Per esempio, la variabilità della lunghezza assiale dipende dall’eredità in un percentuale che varia dal 40 al 94%, per l’ereditarietà della curvatura corneale la percentuale varia tra il 60 e il 92%. Inoltre, la correlazione positiva tra la miopia dei genitori e dei loro figli indica una chiara componente genetica nella predisposizione al difetto. In uno studio è stata osservata una prevalenza della miopia del 7,3% nei bambini di sette anni quando nessuno dei genitori era miope, saliva al 26,2% se uno dei genitori lo era e al 45% se lo erano entrambi. Gli studi sui gemelli hanno confermato queste ipotesi osservando una concordanza maggiore dell’errore rifrattivo e delle componenti rifrattive in gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Si è anche cercato di capire se determinati comportamenti familiari potessero influenzare la predisposizione genetica al difetto, come, per esempio, eseguire attività in cui è prevista una forte vicinanza dello sguardo durante il suo svolgimento. In realtà questo atteggiamento posturale non influiva, o comunque in modo non significativo sulla variabilità dell’errore rifrattivo.
Rischio inevitabile
Insomma, quando un difetto è scritto nei geni c’è poco da fare, vale a dire che la miopia prima o poi farà la sua comparsa. Errori di rifrazione da moderati a gravi possono implicare una degenerazione graduale della vista. Un‘elevata miopia è stata associata a cataratta, glaucoma, distacco della retina e danni della parete oculare con degenerazione della retina. Per esempio, il rischio di distacco della retina è da tre a sette volte più alto nelle persone con più di cinque diottrie di miopia, rispetto a una miopia più lieve. E tra cinque e 10 diottrie il rischio diventa da 15 a 35 volte più grande rispetto a quello associato a bassi livelli di ipermetropia. Conoscere i meccanismi genetici coinvolti in questa predisposizione genetica può permettere di intervenire, per esempio per evitare una forte progressione del difetto.
***** questo è stato scritto da un oftalmologo ignorantissimo....
prima di tutto nn si kiamano difetti ma vizi e nn si trasmettono nei geni.....quindi nn si ereditano... e poi superati i 45 anni subentra la presbiopia quindi se sei miope hai il 90% di diventare presbite...quindi nn ci azzecca un kazz la storiella scritta nel DNA....
lo strabismo è dato dal nervo atrofizzato e i muscoli oculari scordinati...il cervello per dare un immagine nitida ripone tutta la sua attenzione su di un okkio solo facendo diventare momentaneamente ceko l'altro okkio....ma nn si trasmette questo perkè cm i vizi di refrazione si diventa così cn il passare dell'età e a causa di fattori esterni.....
Ultimo aggiornamento: 19/01/07
Occhiali in eredità Spesso non è un caso essere miopi, ipermetropi o astigmatici, se da qualche parte della famiglia il difetto è presente. I difetti di rifrazione, il diabete, il labbro leporino, la spina bifida, il glaucoma e lo strabismo tendono a ricorrere all’interno di un gruppo familiare, ma non è stato possibile ricondurli alla mutazione di un singolo gene. E per questo motivo, disturbi o malattie del genere vengono chiamati poligenici, se condizionati anche da fattori ambientali, multifattoriali.Un organo con tante variabili
La capacità rifrattiva di un occhio umano dipende dal potere rifrattivo della cornea e del cristallino, dalla lunghezza assiale (cioè la lunghezza dell’occhio), dall’indice rifrattivo dell’umor vitreo e dell’umore acqueo, e infine dall’età. In realtà ciò che varia tra un occhio e l’altro sono la forma, la dimensione e il potere di cornea, cristallino e lunghezza assiale. Aspetti ampiamente determinati per ereditarietà. Nei primi anni di vita le componenti rifrattive si modificano in modo coordinato e complementare (processo di emmetropizzazione) durante la crescita dell’occhio. L’occhio umano dopo la nascita mantiene la lunghezza assiale entro il 2% dal punto focale ottimale e un’immagine chiara focalizzata sulla retina si ottiene tra i nove e i 14 anni. La rifrazione dipende dalle componenti biometriche (lunghezza assiale, curvatura della cornea, spessore del cristallino) che a loro volta vanno considerate dei tratti caratteriali quantitativi la cui variazione è strettamente correlata alla miopia (fenotipo clinico) e a un’ereditarietà familiare. Per esempio, la variabilità della lunghezza assiale dipende dall’eredità in un percentuale che varia dal 40 al 94%, per l’ereditarietà della curvatura corneale la percentuale varia tra il 60 e il 92%. Inoltre, la correlazione positiva tra la miopia dei genitori e dei loro figli indica una chiara componente genetica nella predisposizione al difetto. In uno studio è stata osservata una prevalenza della miopia del 7,3% nei bambini di sette anni quando nessuno dei genitori era miope, saliva al 26,2% se uno dei genitori lo era e al 45% se lo erano entrambi. Gli studi sui gemelli hanno confermato queste ipotesi osservando una concordanza maggiore dell’errore rifrattivo e delle componenti rifrattive in gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Si è anche cercato di capire se determinati comportamenti familiari potessero influenzare la predisposizione genetica al difetto, come, per esempio, eseguire attività in cui è prevista una forte vicinanza dello sguardo durante il suo svolgimento. In realtà questo atteggiamento posturale non influiva, o comunque in modo non significativo sulla variabilità dell’errore rifrattivo.
Rischio inevitabile
Insomma, quando un difetto è scritto nei geni c’è poco da fare, vale a dire che la miopia prima o poi farà la sua comparsa. Errori di rifrazione da moderati a gravi possono implicare una degenerazione graduale della vista. Un‘elevata miopia è stata associata a cataratta, glaucoma, distacco della retina e danni della parete oculare con degenerazione della retina. Per esempio, il rischio di distacco della retina è da tre a sette volte più alto nelle persone con più di cinque diottrie di miopia, rispetto a una miopia più lieve. E tra cinque e 10 diottrie il rischio diventa da 15 a 35 volte più grande rispetto a quello associato a bassi livelli di ipermetropia. Conoscere i meccanismi genetici coinvolti in questa predisposizione genetica può permettere di intervenire, per esempio per evitare una forte progressione del difetto.
***** questo è stato scritto da un oftalmologo ignorantissimo....
prima di tutto nn si kiamano difetti ma vizi e nn si trasmettono nei geni.....quindi nn si ereditano... e poi superati i 45 anni subentra la presbiopia quindi se sei miope hai il 90% di diventare presbite...quindi nn ci azzecca un kazz la storiella scritta nel DNA....
lo strabismo è dato dal nervo atrofizzato e i muscoli oculari scordinati...il cervello per dare un immagine nitida ripone tutta la sua attenzione su di un okkio solo facendo diventare momentaneamente ceko l'altro okkio....ma nn si trasmette questo perkè cm i vizi di refrazione si diventa così cn il passare dell'età e a causa di fattori esterni.....
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