Roma - «Non possiamo essere i più sciocchi della terra...». Sciocchi? «Cioè, non possiamo risparmiare sulla spesa del nostro gruppo e far sopravvivere gruppi con sei deputati. Nei tagli della politica bisogna agire con reciprocità».
L’Italia dei valori di Di Pietro, lo conferma il capogruppo Massimo Donadi, in questo momento alla Camera è un gruppo in deroga. Aiutato. Anche se a norma di regolamento. Non ha più i venti deputati necessari per avere di diritto questo status: il gruppo è sceso sotto il cruciale numero di venti onorevoli e dunque ha avuto bisogno di un piccolo «condono» per sopravvivere.
Quella dell’Idv è la quinta deroga concessa in questa legislatura dall’ufficio di presidenza della Camera a un partito di maggioranza dopo Verdi, Comunisti Italiani, Rosa nel pugno e Udeur, tutti gruppi nati (a maggio del 2006) per deroga, perché non arrivavano a 20 deputati. Essere gruppo per un partito non è solo una questione di prestigio. Significa avere rappresentanti in ufficio di presidenza, più personale e più uffici. Soldi.
C’è deroga e deroga, risponde Donadi al Giornale: «Eravamo venti e poi siamo diventati meno. Nel nostro caso c’è inoltre il precedente di Rinnovamento Italiano di Dini». Ma certamente la deroga-facile non aiuta il taglio dei costi della politica.
Il problema era stato già sollevato dall’opposizione durante l’approvazione del bilancio di Montecitorio con un ordine del giorno di Forza Italia. Ma ora si scopre che su sette gruppi della maggioranza di governo alla Camera soltanto due (Ulivo e Rifondazione) sono regolari. Gli altri cinque sono tutti «aiutati». E tra i derogati c’è anche il partito di Di Pietro.
L’Italia dei valori di Di Pietro, lo conferma il capogruppo Massimo Donadi, in questo momento alla Camera è un gruppo in deroga. Aiutato. Anche se a norma di regolamento. Non ha più i venti deputati necessari per avere di diritto questo status: il gruppo è sceso sotto il cruciale numero di venti onorevoli e dunque ha avuto bisogno di un piccolo «condono» per sopravvivere.
Quella dell’Idv è la quinta deroga concessa in questa legislatura dall’ufficio di presidenza della Camera a un partito di maggioranza dopo Verdi, Comunisti Italiani, Rosa nel pugno e Udeur, tutti gruppi nati (a maggio del 2006) per deroga, perché non arrivavano a 20 deputati. Essere gruppo per un partito non è solo una questione di prestigio. Significa avere rappresentanti in ufficio di presidenza, più personale e più uffici. Soldi.
C’è deroga e deroga, risponde Donadi al Giornale: «Eravamo venti e poi siamo diventati meno. Nel nostro caso c’è inoltre il precedente di Rinnovamento Italiano di Dini». Ma certamente la deroga-facile non aiuta il taglio dei costi della politica.
Il problema era stato già sollevato dall’opposizione durante l’approvazione del bilancio di Montecitorio con un ordine del giorno di Forza Italia. Ma ora si scopre che su sette gruppi della maggioranza di governo alla Camera soltanto due (Ulivo e Rifondazione) sono regolari. Gli altri cinque sono tutti «aiutati». E tra i derogati c’è anche il partito di Di Pietro.
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