Solare spaziale, l'ultima frontiera dell'energia alternativa
Una centrale elettrica a 35.000 chilometri dalla terra.
Il Pentagono è già al lavoro
17/10/2007 Un raggio di energia proveniente dallo spazio che potrebbe fornire in un anno una quantità di energia pari a tutte le riserve di petrolio della terra. Una manna per il global warming. Fantascienza? Ancora per poco. Quando idee del genere vengono al Pentagono e alla Nasa messi insieme, c'è da scommettere che ne verrà fuori qualcosa di concreto in tempi relativamente stretti.
L'idea è quella di un'enorme specchio solare orbitante a 35.000 chilometri di altezza che raccolga la luce del sole e la spedisca sulla terra sotto forma di energia. Due dati tecnici danno l'idea dell'impresa titanica: i pannelli solari dovrebbero aver una superficie compresa tra i 50 e i 100 km quadrati e la sola stazione trasmittente dovrebbe avere un diametro di 1,5 km (v. foto sotto). Sulla terra la stazione ricevente sarà una struttura lunga 14 km e larga 10. In mezzo, un flusso di microonde o un enorme raggio laser. In confronto il programma Apollo per lo sbarco sulla luna diventa un gioco di aeroplanini di carta.
Il solare perfetto
Un impianto di questo genere risolverebbe tutti i problemi di efficienza energetica tipici degli impianti solari (termici o fotovoltaici) terrestri. Innanzitutto avrebbe un'esposizione continua senza l'interruzione notturna. Inoltre non subirebbe cali di produzione in quanto privo del filtro dell'atmosfera terrestre (più o meno inquinata) e delle variazioni atmosferiche (nuvole e pioggia). Insomma, una rivoluzione nelle energie alternative.
Operativo nel 2015
In realtà tutto questo è ben più di un'idea. Si tratta di un progettoavviato da tempo, con tempi stabiliti - un primo lancio è previsto tra otto anni - e obiettivi precisi - arrivare nel 2050 a coprire in questo modo il 10% del fabbisogno energetico americano. Ma com'è intuibile, si tratta di un programma che di stratosferico ha anche costi e problemi tecnici. Quanto ai primi, basti pensare che mandare 1 kg a una distanza orbitale di 2.000 km costa dai 6.600 agli 11.000 dollari, e qui si parla di impianti giganteschi da far arrivare a 35.000 km (che è l'orbita geosincrona). Per quello che riguarda i problemi tecnici uno dei tanti è quello della sicurezza della trasmissione dell'energia sulla terra: che effetto può avere sull'ambiente circostante un fascio di microonde da 10 gigawatt di potenza proveniente dal cielo?
Un energia strategica
C'è da chiedersi che cosa spinga il Pentagono a sponsorizzare attivamente un progetto di questo genere. Escludendo un'estemporanea quanto improbabile anima ecologista dei militari Usa, le ragioni di tale impegno vanno ricercate negli equilibri geopolitici mondiali, come lo stesso Pentagono afferma senza reticenze. La scarsità delle riserve petrolifere e il crescente fabbisogno energetico a livello globale, soprattutto delle economie emergenti, sarà - per il Dipartimento della difesa americano - la principale causa dei conflitti del 21° secolo. Gli Usa hanno tutto l'interesse a puntare sull'autonomia energetica e a ridurre la loro dipendenza dai paesi produttori di greggio, spesso considerati ostili. Una scelta obbligata per garantire il tenore di vita dei cittadini americani (di gran lunga i primi consumatori di energia al mondo) ma soprattutto l'egemonia del paese sullo scacchiere internazionale. Insomma, i militari Usa fiutano la "guerra per l'energia" e vogliono assicurarsi il vantaggio strategico.
Una centrale elettrica a 35.000 chilometri dalla terra.
Il Pentagono è già al lavoro
17/10/2007 Un raggio di energia proveniente dallo spazio che potrebbe fornire in un anno una quantità di energia pari a tutte le riserve di petrolio della terra. Una manna per il global warming. Fantascienza? Ancora per poco. Quando idee del genere vengono al Pentagono e alla Nasa messi insieme, c'è da scommettere che ne verrà fuori qualcosa di concreto in tempi relativamente stretti.
L'idea è quella di un'enorme specchio solare orbitante a 35.000 chilometri di altezza che raccolga la luce del sole e la spedisca sulla terra sotto forma di energia. Due dati tecnici danno l'idea dell'impresa titanica: i pannelli solari dovrebbero aver una superficie compresa tra i 50 e i 100 km quadrati e la sola stazione trasmittente dovrebbe avere un diametro di 1,5 km (v. foto sotto). Sulla terra la stazione ricevente sarà una struttura lunga 14 km e larga 10. In mezzo, un flusso di microonde o un enorme raggio laser. In confronto il programma Apollo per lo sbarco sulla luna diventa un gioco di aeroplanini di carta.
Il solare perfetto
Un impianto di questo genere risolverebbe tutti i problemi di efficienza energetica tipici degli impianti solari (termici o fotovoltaici) terrestri. Innanzitutto avrebbe un'esposizione continua senza l'interruzione notturna. Inoltre non subirebbe cali di produzione in quanto privo del filtro dell'atmosfera terrestre (più o meno inquinata) e delle variazioni atmosferiche (nuvole e pioggia). Insomma, una rivoluzione nelle energie alternative.
Operativo nel 2015
In realtà tutto questo è ben più di un'idea. Si tratta di un progettoavviato da tempo, con tempi stabiliti - un primo lancio è previsto tra otto anni - e obiettivi precisi - arrivare nel 2050 a coprire in questo modo il 10% del fabbisogno energetico americano. Ma com'è intuibile, si tratta di un programma che di stratosferico ha anche costi e problemi tecnici. Quanto ai primi, basti pensare che mandare 1 kg a una distanza orbitale di 2.000 km costa dai 6.600 agli 11.000 dollari, e qui si parla di impianti giganteschi da far arrivare a 35.000 km (che è l'orbita geosincrona). Per quello che riguarda i problemi tecnici uno dei tanti è quello della sicurezza della trasmissione dell'energia sulla terra: che effetto può avere sull'ambiente circostante un fascio di microonde da 10 gigawatt di potenza proveniente dal cielo?
Un energia strategica
C'è da chiedersi che cosa spinga il Pentagono a sponsorizzare attivamente un progetto di questo genere. Escludendo un'estemporanea quanto improbabile anima ecologista dei militari Usa, le ragioni di tale impegno vanno ricercate negli equilibri geopolitici mondiali, come lo stesso Pentagono afferma senza reticenze. La scarsità delle riserve petrolifere e il crescente fabbisogno energetico a livello globale, soprattutto delle economie emergenti, sarà - per il Dipartimento della difesa americano - la principale causa dei conflitti del 21° secolo. Gli Usa hanno tutto l'interesse a puntare sull'autonomia energetica e a ridurre la loro dipendenza dai paesi produttori di greggio, spesso considerati ostili. Una scelta obbligata per garantire il tenore di vita dei cittadini americani (di gran lunga i primi consumatori di energia al mondo) ma soprattutto l'egemonia del paese sullo scacchiere internazionale. Insomma, i militari Usa fiutano la "guerra per l'energia" e vogliono assicurarsi il vantaggio strategico.
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