Un rapporto internazionale ha quantificato i danni di 15 anni di conflitti in 23 paesi
L'Africa ha speso 200 miliardi in guerre
Il 95% delle armi leggere impiegate è prodotta fuori dal continente. Il presidente liberiano: «Serve un trattato»
I conflitti che hanno coinvolto 23 paesi africani sono costati, nel periodo che va dal 1990 al 2005, 284 miliardi di dollari (199,8 miliardi di euro) È una cifra enorme ma, secondo gli autori della ricerca Africa's missing billions, sicuramente sottostimata. «Si tratta del totale dei costi legati in modo diretto ai conflitti - spiegano gli autori della ricerca firmata dalle tre associazioni Oxfam, Saferworld e International Action Network on Small Arms - . Nei 284 miliardi si conteggiano soltanto le strutture distrutte, i costi medici e quelli legati agli sfollati». Poi ci sono gli altri, non conteggiati, a cominciare da quelli sostenuti dai paesi confinanti: gestione della popolazione in fuga, difficoltà o paralisi degli scambi commerciali, instabilità politica. Se sono quindi quasi 300 miliardi i costi "vivi" dei conflitti africani molti altri si perdono negli "effetti collaterali". Per esempio i mancati introiti: il ministro del turismo sudafricano, citato nel rapporto, ha stimato in quasi 22 milioni i turisti che hanno rinunciato a visitare il paese per paura delle violenza in soli cinque anni.
IL 95% DELLE ARMI ARRIVA DALL'ESTERO - I combattimenti sostenuti nei 15 anni esaminati nella ricerca, salvo qualche rarissima eccezione, sono sempre avvenuti con scontri a fuoco tradizionali, dove le armi leggere erano le uniche in dotazione ai belligeranti. Una in particolare: il Kalashnikov Ak-47. E questo fucile automatico, per il 95% dei casi, è sempre arrivato dall'estero. Le fabbriche principali che producono questo tipo di armi si trovano in 13 paesi: in Europa, in Asia e in Sud America. In Africa solo Egitto e Sudafrica hanno aziende che producono delle copie del Kalashnikov, in particolare il modello Misr e i Vektor R4 e R5. E lo stesso discorso vale per proiettili, caricatori, e in genere tutti i componenti di questo tipo di armi.
L'Africa resta il continente nero e diventa sempre più buio, dove è meglio non andare a guardare. Le dimensioni dei guadagni nel mercato delle armi rappresenta un freno micidiale alla reale attuazione dell'"Arms Trade Treaty" ( Trattato sul controllo del commercio delle armi) al quale sta da tempo lavorando l'Onu. Nel solo Mozambico, su 15 milioni di abitanti, si stima siano disponibili circa 10 milioni tra fucili, mitragliatrici, pistole ed altre armi, che provengono tutte dal di fuori del continente, salvo una piccola percentuale fornita dal Sudafrica.
CONFRONTO CON I PAESI NON IN GUERRA Nel rapporto si evidenzia un confronto, all'interno del Continente africano, tra la situazione dei paesi coinvolti nei conflitti e gli altri. La mortalità media infantile registrata nei primi è del 50% più elevata, così come i casi di denutrizione sono più numerosi del 15%. Secondo i dati di una ricerca del 2007 firmata dalla Banca Mondiale, citata nel rapporto Africa's missing billions, l'aspettativa di vita media nei paesi africani in guerra è di 48 anni mentre negli altri è di 53.
PRESIDENTE DELLA LIBERIA: «ARMI FUORI CONTROLLO» - Ellen Johnson Sirleaf, è un'ecomista ed è la prima donna presidente di una nazionale africana, la Liberia, paese dove il signore della guerra Charles Taylor rovesciò Samuel Doe dando il via a 14 anni di ininterrotta guerra civile. E' lei che firma l'introduzione al rapporto Africa's missing billions. «Sono da sempre preoccupata per la devastazione dell'economia africana prodotta dalle guerre. Con la mostruosa cifra persa nei conflitti, in questi anni avremmo potuto debellare l'Aids e sarebbero avanzati fondi sufficienti per construire scuole e ospedali e portare così la media del continente a un livello di istruzione e sanità accettabili. Nel mio paese, ad esempio, il conflitto ha quasi totalmente dilapidato le risorse minerarie e agricole. Siccome praticamente tutte le armi impiegate nelle guerre dell'Africa arrivano da fuori io rivolgo un nuovo appello ai governi del Mondo affinché lavorino al Trattato sul controllo del commercio delle armi, trovino finalmente un accordo e lo applichino. E' un primo indispensabile passo - conclude Ellen Johnson Sirleaf - per ridurre la violenza in Africa e nel resto del Mondo. I danni che le guerre causano devono essere chiari a tutti».
Stefano Rodi
I sostenitori della "Liberazione delle colonie" avevano previsto che l'Africa sarebbe divenuta il paradiso, tacciando di razzismo e ignoranza chi prevedeva un tracollo completo delle istituzioni in ragione dell'incapacità locale di gestire uno stato. A qualche decennio di distanza le opinioni dei c.d. "razzisti" si sono dimostrate addirittura troppo benevole.
Di chi è la colpa, dell'uomo bianco e delle multinazionali? del Galileo che non hanno mai avuto? dell'identità nazionale? di una serie di concause?
L'Africa ha speso 200 miliardi in guerre
Il 95% delle armi leggere impiegate è prodotta fuori dal continente. Il presidente liberiano: «Serve un trattato»
I conflitti che hanno coinvolto 23 paesi africani sono costati, nel periodo che va dal 1990 al 2005, 284 miliardi di dollari (199,8 miliardi di euro) È una cifra enorme ma, secondo gli autori della ricerca Africa's missing billions, sicuramente sottostimata. «Si tratta del totale dei costi legati in modo diretto ai conflitti - spiegano gli autori della ricerca firmata dalle tre associazioni Oxfam, Saferworld e International Action Network on Small Arms - . Nei 284 miliardi si conteggiano soltanto le strutture distrutte, i costi medici e quelli legati agli sfollati». Poi ci sono gli altri, non conteggiati, a cominciare da quelli sostenuti dai paesi confinanti: gestione della popolazione in fuga, difficoltà o paralisi degli scambi commerciali, instabilità politica. Se sono quindi quasi 300 miliardi i costi "vivi" dei conflitti africani molti altri si perdono negli "effetti collaterali". Per esempio i mancati introiti: il ministro del turismo sudafricano, citato nel rapporto, ha stimato in quasi 22 milioni i turisti che hanno rinunciato a visitare il paese per paura delle violenza in soli cinque anni.
IL 95% DELLE ARMI ARRIVA DALL'ESTERO - I combattimenti sostenuti nei 15 anni esaminati nella ricerca, salvo qualche rarissima eccezione, sono sempre avvenuti con scontri a fuoco tradizionali, dove le armi leggere erano le uniche in dotazione ai belligeranti. Una in particolare: il Kalashnikov Ak-47. E questo fucile automatico, per il 95% dei casi, è sempre arrivato dall'estero. Le fabbriche principali che producono questo tipo di armi si trovano in 13 paesi: in Europa, in Asia e in Sud America. In Africa solo Egitto e Sudafrica hanno aziende che producono delle copie del Kalashnikov, in particolare il modello Misr e i Vektor R4 e R5. E lo stesso discorso vale per proiettili, caricatori, e in genere tutti i componenti di questo tipo di armi.
L'Africa resta il continente nero e diventa sempre più buio, dove è meglio non andare a guardare. Le dimensioni dei guadagni nel mercato delle armi rappresenta un freno micidiale alla reale attuazione dell'"Arms Trade Treaty" ( Trattato sul controllo del commercio delle armi) al quale sta da tempo lavorando l'Onu. Nel solo Mozambico, su 15 milioni di abitanti, si stima siano disponibili circa 10 milioni tra fucili, mitragliatrici, pistole ed altre armi, che provengono tutte dal di fuori del continente, salvo una piccola percentuale fornita dal Sudafrica.
CONFRONTO CON I PAESI NON IN GUERRA Nel rapporto si evidenzia un confronto, all'interno del Continente africano, tra la situazione dei paesi coinvolti nei conflitti e gli altri. La mortalità media infantile registrata nei primi è del 50% più elevata, così come i casi di denutrizione sono più numerosi del 15%. Secondo i dati di una ricerca del 2007 firmata dalla Banca Mondiale, citata nel rapporto Africa's missing billions, l'aspettativa di vita media nei paesi africani in guerra è di 48 anni mentre negli altri è di 53.
PRESIDENTE DELLA LIBERIA: «ARMI FUORI CONTROLLO» - Ellen Johnson Sirleaf, è un'ecomista ed è la prima donna presidente di una nazionale africana, la Liberia, paese dove il signore della guerra Charles Taylor rovesciò Samuel Doe dando il via a 14 anni di ininterrotta guerra civile. E' lei che firma l'introduzione al rapporto Africa's missing billions. «Sono da sempre preoccupata per la devastazione dell'economia africana prodotta dalle guerre. Con la mostruosa cifra persa nei conflitti, in questi anni avremmo potuto debellare l'Aids e sarebbero avanzati fondi sufficienti per construire scuole e ospedali e portare così la media del continente a un livello di istruzione e sanità accettabili. Nel mio paese, ad esempio, il conflitto ha quasi totalmente dilapidato le risorse minerarie e agricole. Siccome praticamente tutte le armi impiegate nelle guerre dell'Africa arrivano da fuori io rivolgo un nuovo appello ai governi del Mondo affinché lavorino al Trattato sul controllo del commercio delle armi, trovino finalmente un accordo e lo applichino. E' un primo indispensabile passo - conclude Ellen Johnson Sirleaf - per ridurre la violenza in Africa e nel resto del Mondo. I danni che le guerre causano devono essere chiari a tutti».
Stefano Rodi
I sostenitori della "Liberazione delle colonie" avevano previsto che l'Africa sarebbe divenuta il paradiso, tacciando di razzismo e ignoranza chi prevedeva un tracollo completo delle istituzioni in ragione dell'incapacità locale di gestire uno stato. A qualche decennio di distanza le opinioni dei c.d. "razzisti" si sono dimostrate addirittura troppo benevole.
Di chi è la colpa, dell'uomo bianco e delle multinazionali? del Galileo che non hanno mai avuto? dell'identità nazionale? di una serie di concause?
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