Ecco, già il Partito Democratico sa di pagliacciata, poi questa storia di Veltroni che ci vuole candidare la moglie di Berlusconi completa il quadro.
Per chi crede ancora che in Italia i politici non siano tutti un unica accozzaglia di buffoni
MILANO — L'impresa è quasi impossibile, ma il reclutatore non si scoraggia: «Voglio Veronica Lario in squadra». Eccola, l'ultima novità del candidato principe alla segreteria del Pd prossimo venturo. In piena corsa verso le primarie del 14 ottobre, Walter Veltroni si concede in un'intervista a Maria Latella e sul settimanale A prova a tradurre il modello Sarkozy nell'italica scelta dei compagni di strada assoldati direttamente dal campo avversario: «Ci sarebbe una donna che non so come collocare nel nostro panorama politico, e di cui conosco le curiosità culturali...».
Sì, l'obiettivo più ambito sarebbe Madame Berlusconi in persona: «L'ho incontrata qui in Campidoglio e mi sembra abbia due caratteristiche rare, entrambe utili a questo Paese: è open minded, curiosa e ha una grande autonomia intellettuale. Mi sembra una personalità di primissimo piano». E se non ha ancora pensato a un incarico da cucire addosso alla consorte dell'ex presidente del Consiglio, il sindaco di Roma ritiene però che «sarebbe bello disporre di un contesto dove Veronica Berlusconi possa dare un suo contributo. Tra l'altro, in questi anni, ho molto apprezzato la sua discrezione. In un mondo ossessionato dallo star system, è davvero una persona rara». È solo l'ultimo, Veltroni, ad essersi accostato al fan club «rosso» dedicato a Miriam Bartolini. Il primo che intuì quanto la first lady più schiva della storia istituzionale potesse essere utile alla sinistra fu Paolo Flores D'Arcais, che nel marzo del 2003 la invitò a dire ciò che pensava della guerra in Iraq in una lunga riflessione pacifista pubblicata su MicroMega. Quella sua convinzione che «se i movimenti pacifisti non ci fossero, sarebbe il deserto spirituale, una pietrificazione delle coscienze» le attirò in men che non si dica l'amore incondizionato di Cobas, Disobbedienti e No-global. Contentissimi, a modo loro, Luca Casarini («Purtroppo dubito che possa influenzare il marito...») e Francesco Caruso («Se è vero, deve divorziare e chiedere gli alimenti). Ma volle dire la sua anche la diessina Livia Turco: «È davvero un bell'esempio di autonomia e autorevolezza femminile. È la conferma di quanto sarebbe meglio se a governare fossero le donne».
Sette mesi dopo (ottobre 2003) arrivò il turno di Franca Rame, non ancora scoraggiata senatrice dell'Idv ma furiosa compagna di un Dario Fo a rischio censura per il suo Anomalo bicefalo tutto incentrato sul Cavaliere. Veronica Lario ne auspicò pubblicamente la messa in scena e la compagna storica del Nobel per la Letteratura — rivendicando da sempre «una sorta di simpatia» per la moglie dell'odiatissimo premier — la ripagò con parole affettuose affidate alla prima pagina dell'Unità: «Una donna con la D maiuscola, che dimostra cultura e intelligenza e che si è esposta per difendere un principio di democrazia». Gli ammiratori sono poi diventati un'intera legione lo scorso febbraio, dopo l'uscita della lettera nella quale la signora Berlusconi pretendeva dal marito pubbliche scuse causa eccessivo machismo. Giovanna Melandri e Franca Bimbi, Marina Magistrelli e Franco Giordano, Barbara Pollastrini, Sandra Bonsanti, Vladimir Luxuria e Paola Binetti, Antonio Polito: tutti a difendere lei, «il suo coraggio e la sua forza intellettuale, la sua autonomia e la sua dignità». Ci si è messo persino Roberto Benigni, che a marzo, dal palco del suo Tutto Dante, si è rivolto all'illustre ospite seduta in platea al Palasharp di Milano: «Veronica, se non fossi sposato la sposerei...». E adesso il «corteggiamento» di Veltroni. Chissà se il Riformista rispolvererebbe ancora oggi il «complesso di Veronica» coniato 4 anni fa, quell'antica sindrome della sinistra italiana «che consiste nel dar ragione a chiunque dia torto a Berlusconi e ai suoi accoliti anche quando hanno ragione» e, soprattutto, nell'applaudire a qualsiasi cosa dica «la moglie del tiranno
Per chi crede ancora che in Italia i politici non siano tutti un unica accozzaglia di buffoni
MILANO — L'impresa è quasi impossibile, ma il reclutatore non si scoraggia: «Voglio Veronica Lario in squadra». Eccola, l'ultima novità del candidato principe alla segreteria del Pd prossimo venturo. In piena corsa verso le primarie del 14 ottobre, Walter Veltroni si concede in un'intervista a Maria Latella e sul settimanale A prova a tradurre il modello Sarkozy nell'italica scelta dei compagni di strada assoldati direttamente dal campo avversario: «Ci sarebbe una donna che non so come collocare nel nostro panorama politico, e di cui conosco le curiosità culturali...».
Sì, l'obiettivo più ambito sarebbe Madame Berlusconi in persona: «L'ho incontrata qui in Campidoglio e mi sembra abbia due caratteristiche rare, entrambe utili a questo Paese: è open minded, curiosa e ha una grande autonomia intellettuale. Mi sembra una personalità di primissimo piano». E se non ha ancora pensato a un incarico da cucire addosso alla consorte dell'ex presidente del Consiglio, il sindaco di Roma ritiene però che «sarebbe bello disporre di un contesto dove Veronica Berlusconi possa dare un suo contributo. Tra l'altro, in questi anni, ho molto apprezzato la sua discrezione. In un mondo ossessionato dallo star system, è davvero una persona rara». È solo l'ultimo, Veltroni, ad essersi accostato al fan club «rosso» dedicato a Miriam Bartolini. Il primo che intuì quanto la first lady più schiva della storia istituzionale potesse essere utile alla sinistra fu Paolo Flores D'Arcais, che nel marzo del 2003 la invitò a dire ciò che pensava della guerra in Iraq in una lunga riflessione pacifista pubblicata su MicroMega. Quella sua convinzione che «se i movimenti pacifisti non ci fossero, sarebbe il deserto spirituale, una pietrificazione delle coscienze» le attirò in men che non si dica l'amore incondizionato di Cobas, Disobbedienti e No-global. Contentissimi, a modo loro, Luca Casarini («Purtroppo dubito che possa influenzare il marito...») e Francesco Caruso («Se è vero, deve divorziare e chiedere gli alimenti). Ma volle dire la sua anche la diessina Livia Turco: «È davvero un bell'esempio di autonomia e autorevolezza femminile. È la conferma di quanto sarebbe meglio se a governare fossero le donne».
Sette mesi dopo (ottobre 2003) arrivò il turno di Franca Rame, non ancora scoraggiata senatrice dell'Idv ma furiosa compagna di un Dario Fo a rischio censura per il suo Anomalo bicefalo tutto incentrato sul Cavaliere. Veronica Lario ne auspicò pubblicamente la messa in scena e la compagna storica del Nobel per la Letteratura — rivendicando da sempre «una sorta di simpatia» per la moglie dell'odiatissimo premier — la ripagò con parole affettuose affidate alla prima pagina dell'Unità: «Una donna con la D maiuscola, che dimostra cultura e intelligenza e che si è esposta per difendere un principio di democrazia». Gli ammiratori sono poi diventati un'intera legione lo scorso febbraio, dopo l'uscita della lettera nella quale la signora Berlusconi pretendeva dal marito pubbliche scuse causa eccessivo machismo. Giovanna Melandri e Franca Bimbi, Marina Magistrelli e Franco Giordano, Barbara Pollastrini, Sandra Bonsanti, Vladimir Luxuria e Paola Binetti, Antonio Polito: tutti a difendere lei, «il suo coraggio e la sua forza intellettuale, la sua autonomia e la sua dignità». Ci si è messo persino Roberto Benigni, che a marzo, dal palco del suo Tutto Dante, si è rivolto all'illustre ospite seduta in platea al Palasharp di Milano: «Veronica, se non fossi sposato la sposerei...». E adesso il «corteggiamento» di Veltroni. Chissà se il Riformista rispolvererebbe ancora oggi il «complesso di Veronica» coniato 4 anni fa, quell'antica sindrome della sinistra italiana «che consiste nel dar ragione a chiunque dia torto a Berlusconi e ai suoi accoliti anche quando hanno ragione» e, soprattutto, nell'applaudire a qualsiasi cosa dica «la moglie del tiranno
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