allora.. in relazione a quello che scrivevo nel 3d sulla felicità: essa riguarda solo l' appagamento dell' istinto di vita (avere abbastanza per vivere: denaro, divertimento, ragazze, riposo), quindi potremmo tradurre questa parola in FACILITA'.
La facilità però si esaurisce giorno per giorno: se ti viene a mancare ciò che ti rendeva "facile", se hai vissuto una vita appagante e all' improvviso tutto ti viene negato, sarà come se ti mancasse il cibo: non ti servirà a niente aver avuto.
Inoltre tutti andiamo a perdere: chi è felice, chi disperato, ma tutti finiremo nel vuoto, e tra 100 anni nessuno saprà niente del nostro volto, della nostra felicità, delle nostre lacrime. Cosa è meglio quindi: vivere per uno scopo esterno a noi (la felicità in esso e nella poesia di lottare: lottare è già il sogno, già la vittoria) oppure per cercare facilità di ripetere una cosa che è già finita?
credo che non c'è niente di male nel prendere ciò che possiamo per ridere un po', ma non ha senso restare qui fermi a prendere.
Ma mi sto facendo un' altra domanda: se facilità è assecondare l' istinto in ogni sua forma, se è scivolare sulla strada più facile, e avere famiglia, lavoro, divertimento, se tutto il nostro modo è basato su questo principio, e evitiamo il freddo e la fatica e la fame perchè tali stimoli sono contrari all' istinto di vita, se invece fondiamo il nostro modo non più sull' istinto, ma sulla ragione e sulla poesia, possiamo resettare l' istinto e le percezioni, e trarre piacere dal freddo e energia dal sonno e eccitazione dall' ansia?
è possibile questo?
se noi non fossimo uomini, ma androidi, e se il nostro cuore non fosse un nucleo freddo d' istinto, ma calda poesia, che bisgno avremmo di perdere tempo a godercela?
se facilità è avere abbastanza per vivere, allora dico che felicità è non avere mai abbanza, ma lo stesso ridere e forzare!
felicità è poesia.
La facilità però si esaurisce giorno per giorno: se ti viene a mancare ciò che ti rendeva "facile", se hai vissuto una vita appagante e all' improvviso tutto ti viene negato, sarà come se ti mancasse il cibo: non ti servirà a niente aver avuto.
Inoltre tutti andiamo a perdere: chi è felice, chi disperato, ma tutti finiremo nel vuoto, e tra 100 anni nessuno saprà niente del nostro volto, della nostra felicità, delle nostre lacrime. Cosa è meglio quindi: vivere per uno scopo esterno a noi (la felicità in esso e nella poesia di lottare: lottare è già il sogno, già la vittoria) oppure per cercare facilità di ripetere una cosa che è già finita?
credo che non c'è niente di male nel prendere ciò che possiamo per ridere un po', ma non ha senso restare qui fermi a prendere.
Ma mi sto facendo un' altra domanda: se facilità è assecondare l' istinto in ogni sua forma, se è scivolare sulla strada più facile, e avere famiglia, lavoro, divertimento, se tutto il nostro modo è basato su questo principio, e evitiamo il freddo e la fatica e la fame perchè tali stimoli sono contrari all' istinto di vita, se invece fondiamo il nostro modo non più sull' istinto, ma sulla ragione e sulla poesia, possiamo resettare l' istinto e le percezioni, e trarre piacere dal freddo e energia dal sonno e eccitazione dall' ansia?
è possibile questo?
se noi non fossimo uomini, ma androidi, e se il nostro cuore non fosse un nucleo freddo d' istinto, ma calda poesia, che bisgno avremmo di perdere tempo a godercela?
se facilità è avere abbastanza per vivere, allora dico che felicità è non avere mai abbanza, ma lo stesso ridere e forzare!
felicità è poesia.
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