l' odio, l' invidia, la rabbia, come pure l' amore, si riconducono tutti a una visione egoistica della vita e sono dettati dalla consapevolezza di esistere e dalla volontà di tutelare se stessi.
Se odio qualcuno è perchè vedo in lui una minaccia al mio mondo, al mio bene, alla mia visione.
E si ama chi è funzionale al nostro bene, oppure chi fa parte del nostro mondo.
Questo significa fondare "per sè" il proprio scopo: orientare le proprie scelte e i modi in accordo con uno scopo che risiede nel sè, e al sè è limitato.
La consapevolezza di esistere limita gli uomini nelle loro scelte:
i lupi non sanno di avere un volto
non sanno di avere freddo
non hanno bisogno di uno specchio, i lupi,
non sanno di esistere
e non cercano riposo
e non parlano di sè
perchè sanno che il senso non è nel loro
volto
nel freddo, nello specchio, nel letto, nei capelli
il senso è laggiù
dove stanno andando
ora
Avere uno scopo significa diventare suo incarnato strumento: lo scopo non deve risiedere in sè, ma noi dobbiamo andare a lui.
Non deve riguardare l' istinto, la felicità, la realizzazione personale, perchè tali fini sono ancora limitati al proprio bene.
Lo scopo non deve essere strumento, ma fine.
Lo scopo puro non può coesistere con la consapevolezza di essere.
La prova della non esistenza di dio è questa per me: l' umana consapevolezza di essere è determinata e costruita intorno alla percezione fisica dell' IO corporeo. Intorno al proprio corpo l' uomo costruisce un limitato campo di affetti e modi che a sè e alla propria salvaguardia si riconducono.
qualsiasi odio, critica o pure amore è in accordo con la consapevolezza di esistere, perchè se non sapessimo di essere non potremmo isolare l' affetto in un campo emotivo costruito intorno al nucleo fisico del proprio sè: non si amano i figli altrui, ma i propri.
chi vive per un disincarnato scopo nn può odiare nè amare, perchè egli non esiste più come individuo, avendo dato sè allo scopo.
l' amore o il giudizio divino sono trasposizioni di sentimenti antropomorfi su una immaginifica divinità: se dio ci amasse o premiasse i buoni e punisse i cattivi, egli non fonderebbe su di sè il proprio scopo, ma ancora per sè: scegliendo di accogliere nel suo campo fisico coloro che sono in accordo con la sua visione del mondo e il suo bene, tenendo fuori quelli che la minacciano.
Inoltre dio fonda per sè il proprio scopo, chiedendo all' uomo di essere qualcosa che egli è già -bontà e giustizia- gli chiede di adeguarsi a un parametro innato in sè, elevando la sua egotica soggettività a valore universale: atteggiamento umano, che implicherebbe che dio non su di sè, ma per sè fonda il suo facile scopo
Se odio qualcuno è perchè vedo in lui una minaccia al mio mondo, al mio bene, alla mia visione.
E si ama chi è funzionale al nostro bene, oppure chi fa parte del nostro mondo.
Questo significa fondare "per sè" il proprio scopo: orientare le proprie scelte e i modi in accordo con uno scopo che risiede nel sè, e al sè è limitato.
La consapevolezza di esistere limita gli uomini nelle loro scelte:
i lupi non sanno di avere un volto
non sanno di avere freddo
non hanno bisogno di uno specchio, i lupi,
non sanno di esistere
e non cercano riposo
e non parlano di sè
perchè sanno che il senso non è nel loro
volto
nel freddo, nello specchio, nel letto, nei capelli
il senso è laggiù
dove stanno andando
ora
Avere uno scopo significa diventare suo incarnato strumento: lo scopo non deve risiedere in sè, ma noi dobbiamo andare a lui.
Non deve riguardare l' istinto, la felicità, la realizzazione personale, perchè tali fini sono ancora limitati al proprio bene.
Lo scopo non deve essere strumento, ma fine.
Lo scopo puro non può coesistere con la consapevolezza di essere.
La prova della non esistenza di dio è questa per me: l' umana consapevolezza di essere è determinata e costruita intorno alla percezione fisica dell' IO corporeo. Intorno al proprio corpo l' uomo costruisce un limitato campo di affetti e modi che a sè e alla propria salvaguardia si riconducono.
qualsiasi odio, critica o pure amore è in accordo con la consapevolezza di esistere, perchè se non sapessimo di essere non potremmo isolare l' affetto in un campo emotivo costruito intorno al nucleo fisico del proprio sè: non si amano i figli altrui, ma i propri.
chi vive per un disincarnato scopo nn può odiare nè amare, perchè egli non esiste più come individuo, avendo dato sè allo scopo.
l' amore o il giudizio divino sono trasposizioni di sentimenti antropomorfi su una immaginifica divinità: se dio ci amasse o premiasse i buoni e punisse i cattivi, egli non fonderebbe su di sè il proprio scopo, ma ancora per sè: scegliendo di accogliere nel suo campo fisico coloro che sono in accordo con la sua visione del mondo e il suo bene, tenendo fuori quelli che la minacciano.
Inoltre dio fonda per sè il proprio scopo, chiedendo all' uomo di essere qualcosa che egli è già -bontà e giustizia- gli chiede di adeguarsi a un parametro innato in sè, elevando la sua egotica soggettività a valore universale: atteggiamento umano, che implicherebbe che dio non su di sè, ma per sè fonda il suo facile scopo
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