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bho D è che non la capisco questa musica, magari mi piace ma non mi entra dentro
o sento dei bassi potentissimi o resto sull'idea che se non c'è una chitarra (possibilmente fender) mi manca qualcosa
senza niente voler togliere a una gibson magari Les Paul che probabilmente era la perfezione
Vabbè ma son canzonette, non hanno la pretesa di entrare dentro
Morto Luigi Albertelli, il paroliere della Goldrake generation
Aveva 86 anni, si è spento nella sua Tortona. Autore dei testi delle sigle più amate dei cartoon, da Capitan Harlock a Daitarn III. Ma anche di tanti successi pop da classifica. I fan sui social: «Ciao maestro, ci hai regalato l’infanzia più bella»
«Si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole/tra le stelle sprinta e va». Le strofe che hanno cambiato le regole del gioco nella tv per ragazzi. Luigi Albertelli scrisse Goldrake Ufo Robot e il sodale Vince Tempera la musicò: era il 1978, un successo eterno, intatto. Oggi, venerdì 19 febbraio, Albertelli ci ha lasciato. Classe 1934, il paroliere si è spento a 86 anni nella sua Tortona, provincia di Alessandria.
Autore dei testi di sigle mai banali, rimaste nell’immaginario collettivo - Capitan Harlock, Daitarn III, Ufo robot su tutte e poi Huck e Jim, Capitan Futuro, Gatchman, Monkey, Astrorobot -; era il Mogol della tv per ragazzi ma nasce artisticamente autore di brani pop. Tutte hit da classifica (Piccola e fragile, Zingara, Non voglio mica la luna). E tra un pezzo per Iva Zanicchi e la sigla dell’anime Remi infila anche un evergreen come Furia cavallo del west o lo stracult di Pappalardo Ricominciamo.
Al Corriere Torino che lo ha intervistato nel 2019 in occasione dei 40 anni di Capitan Harlock svelò l’arma segreta del successo: «La voglia di divertirsi che genera lo slancio purificatore della creatività. È così m’inventai quel “mangia libri di cibernetica, insalata di matematica e a giocar su Marte va” di Goldrake, della cui storia sapevamo pochissimo. Era un momento magico per la canzone italiana».
Sulla pagina Fb Goldrake Generation scorre il commiato di migliaia di ragazzi diventati adulti: «Grazie di tutto Maestro, ci hai regalato l’infanzia più bella».
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Ieri sera ho postato quel brano, random, di una discografia sterminata e FORTEMENTE eterogenea.
Uno dei nostri maggiori parolieri di sempre
Albertelli è una firma storica della nostra canzone e ha certamente il merito di aver contribuito a "formare" un certo immaginario collettivo di più di una generazione di ragazzini che si incantavano, sognavano davanti agli schermi che trasmettevano quelle novità dei (meravigliosi) cartoni giapponesi, ma non può essere ridotto solo a quello, ovviamente.
Albertelli nasce come autore di grandi canzoni, alcune diventate dei classici (un elenco lungo, da Zingara, con la quale vinse Sanremo, fino ai successi mondiali di Drupi e a canzoni per Mina, Milva e tanti artisti italiani, vendendo milioni di copie prima delle milioni di copie che venderà con le sue storiche sigle).
E' uno degli epitomi di come un autore riesca a rivestire di parole ogni musica: nel caso di Albertelli, sempre cercando la qualità, la frase giusta, che rendesse al meglio, traducesse bene la musica. Rappresentante di quella grande scuola autorale italiana che ormai va scomparendo, dove gli autori puri contribuivano a costruire il repertorio degli interpreti puri, firmando successi su successi che poi resistevano alla prova del tempo.
Oggi tanti cantanti non hanno più repertorio perchè non hanno più autori. La musica viene prodotta velocemente, si "scarica" e poi si getta. Le canzoni firmare da Luigi Albertelli stanno ancora tutte lì.
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La differenza e’ nella discrezione: pensiamoci un momento, un autore immortale c’e’ sempre stato, in qualche attimo di vita nostra..anche senza saperlo.
Non credo esista nessuno in Italia che, consapevolmente o meno, non abbia mai ascoltato o canticchiato (emozionandosi magari) un brano di Albertelli.
La differenza e’ nella discrezione: pensiamoci un momento, un autore immortale c’e’ sempre stato, in qualche attimo di vita nostra..anche senza saperlo.
Non credo esista nessuno in Italia che, consapevolmente o meno, non abbia mai ascoltato o canticchiato (emozionandosi magari) un brano di Albertelli.
Pur senza nemmeno sapere chi fosse.
Eppure c’era, c’e’, ci sara’.
Con discrezione, senza clamore.
Esattamente. Questo vale per Albertelli e per tanti come lui. La lista è lunga, a riprova della qualità della nostra musica: chi non ha mai cantato, ad esempio, una canzone di Bigazzi (i successi planetari di Umberto Tozzi e non solo sono i suoi)? Alberto Salerno, un'altra firma della nostra canzone popolare...e tanti e tanti altri.
Io individuo proprio nella desertificazione degli autori, di coloro cioè che cesellavano per gli interpreti musiche e parole, sfornando canzoni capaci di resistere nei decenni, una delle ragioni della decadenza della nostra canzone. Cambiando la natura della canzone e dei cantanti (e dunque a monte il lavoro e le logiche e gli obiettivi dei discografici e della discografia), dove il prodotto, il protagonista (il cantante), la fruizione sono diventati velocissimi (e per convesso la qualità poverissima), ecco che s'è dissolto l'artigianato del fare e del rivestire musica, per cui, ad esempio nel campo femminile (dove più allignano le interpreti pure) poverissimi di ricchezza sono i repertori, quando, se anche pensiamo ad una Marcella Bella, cantante di seconda linea rispetto alle grandi interpreti storiche della nostra canzone, quella Marcella, al confronto delle cantanti odierne, ha un songbook che farebbe la felicità di uno qualunque dei nomi odierni...e quel repertorio è frutto degli autori alla Albertelli.
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tra parentesi Marcella Bella e’ tra le mie artiste italiane preferite, la adoro
testo di Bigazzi
Questa è straordinaria. La metto nella mia triade di Marcella, assime a "Nessuno mai" e "Io domani" - e siamo già a 3 canzoni storiche, da longseller.
Resterebbero fuori le "Montegna verdi", i "Senza un briciolo di testa", "Nell'aria" e tante altre...e, ripeto, Marcella non è Mina, Milva, la Vanoni, insomma non sta proprio in cima, eppure ha dei pezzi, una serie di canzoni che sono rimaste, sono storia, sono nel famoso "immaginario collettivo": quante cantanti odierne possono dire lo stesso?
Però per lei scrissero appunto Bigazzi, il fratello Gianni Bella, Mogol, Paoli ("Tanti auguri", non firmata) e altri, e quindi ecco che si ritrova nel carniere una serie di classici - e lo stesso discorso potremmo farlo per la Oxa, per la Bertè, per la Pravo, per tutte le interpreti degli anni '70, '80 ecc...
E' un repertorio che fanno un cantante ed una carriera, perchè la sola pura bravura tecnica non è sufficiente se poi non graffi nel tempo, nella memoria, nelle anime, nei cuori: quante canzoni resteranno delle Emma e delle Amoroso, due tra quelle che hanno più seguito? Qualcuno ha scritto per loro una "Montagne verdi"? No, perchè nessuno sa più scriverle. Oggi ci sono le penne veloci per successi veloci, da catena di montaggio...e difatti l'Italia è un Paese che non canta più, perchè il seme non resta e non fruttifica, la musica non resta "nell'aria" in modo tale da poterla cogliere e farne compagnia, rimembranza, eco.
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