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Vasco è un poeta, un poeta rock. Ovviamente non parlo del vasco 60enne, che ormai ha poco da dire.
Anche lui in un certo senso ha unito generazioni, non parlerei solo di generazione giusta
Non voglio sminuirlo.
Diverse canzoni piacciono pure a me.
Solo non mi sembra proporzionato il successo che ha rispetto alla qualità dei testi/musiche.
Forse più bravo nelle sonorità che come paroliere.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
risulta che siamo alquanto autarchici come musica, compaiono solo i pink floyd tra i più venduti.. o almeno lo eravamo fintanto che la musica si comprava anzichè scaricarla gratis.
Stonano i Lunapop in questa classifica
Tracklist: 1-Speak To Me (0:00) 2-Breathe (1:07) 3-On The Run (3:57) 4-Time (7:52) 5-The Great Gig In The Sky (14:45) 6-Money (19:29) 7-Us And Them (25:52) 8-Any…
mi dispiace non riuscire a apprezzarlo. Non è un album semplicissimo, strano che sia stato così venduto in Italia
si tratta di un lavoro fruibile a vari livello, da quello strettamente tecnico a quello puramente filosofico.
Un concept album nel senso pieno.
Non mancarono critiche molto forti, non ultima quella di una riconversione dei Pink Floyd in senso commerciale (chi conosce il percorso della band notera’ aspetti di discontinuita’, innegabili).
Non e’ un caso che, per tutta risposta, il disco successivo fu fisicamente inserito in una anonima busta di plastica nera (WYWH e’ il mio primo ascolto, in edizione originale, la cosa piu’ cara che ho al mondo).
Dark Side of the moon era avanti coi tempi e sta continuando ad esserlo, questa e’ la verita’.
L’iconica copertina e’ a sua volta un capolavoro, segno di come al solito nulla sia stato lasciato al caso (come non lo era prima e non lo sarebbe stato poi).
Penso, Artu, che un ascolto col testo a fronte ti farebbe capire come questo album ti conosca davvero fino in fondo, molto piu’ di quanto tu creda di non saperlo apprezzare.
Per chi non vuole percorrere i sentieri dei misteri orfici dei Bianchi, e preferisce la certezza canonica del Battisti mogoliano, posso comunque suggerire l'intero "Anima Latina", dove Battisti fa una capatina (da par suo) nel "progressive". Mogol cucirà su quelle musiche dei testi d'avanguardia, come mai più gli riuscirà di scrivere.
Poi io l'ho detto: Battisti è andato più avanti del suo pubblico, il quale avrebbe voluto dal questo inesausto creatore di hit (e del songbook della musica italiana) le solari e consuete certezze. Ma un artista, in specie l'artista di cui parliamo, non può rifare il verso a se stesso per tutta la vita: i Venditti possono cantare le canzoncine, fare la copia carbone; i Baglioni possono recitare Baglioni: Battisti crea musica, siamo su altri pianeti: parte da "Mi ritorni in mente" e chiude con l'avanguardia di "Hegel", con cioè la musica da venire: questo fa il genio, è un continuo vulcano creativo che certo non sta a fare il mercante in fiera per badare alle vendite, alla quota certa, e parliamo comunque dell'autore che più di tutti è stato il primo in classifica, ma non gliene ha mai fregato niente.
La fase con Panella inizia con un album fondamentale: Don Giovanni (1986). Vi appaiono ancora canzoni con una forma canonica (intro-strofa-ritornello-inciso) e Panella scrive ancora sulle musiche (da L'Apparenza in poi sarà invece Battisti a comporre sui testi già scritti da Panella).
Per chi volesse "spalancare l'anta" che trasporta nel mondo fatato dei Bianchi, quella è la porta da dove iniziare.
Tra l'altro lì Battisti fa un enunciato etico ed estetico, immagino rivolto (anche) a chi avrebbe voluto sentirlo cantare di canzoni del sole per sempre: "che ozio nella tournè/di mai più tornare/nell'intronata routine/del cantar leggero/l'amore sul serio": ma poi, quando attaccano quelle note, quando parte la voce, come può non venire anche quel brivido che solo sorge di fronte alla meraviglia?
Nel mentre c'è chi cantava "In questo mondo di ladri uh uh", Battisti componeva e pubblicava Don Giovanni: poi certo, occorre salire per stare dietro il capocordata, e spesso il pubblico ama cullarsi nelle sue certezze, nelle sonnolenti pigrizie: ciascuno sceglie come educare i propri padiglioni auricolari.
Battisti va viaggiato tutto, dal primo all'ultimo album, dalla prima all'ultima canzone: seguirlo dalla pianura alle colline alle prime salite e poi ancora più su, fino alle vette, dove l'aria è più rarefatta ma l'orizzonte impareggiabile - e dove si resta necessariamente in pochi.
Questa è la canzone che mi ha fulminato quando ero un giovanissimo adolescente. Invidio ancora adesso chi la può ascoltare la prima volta e quindi per la prima volta provare in pieno tutta l'onda emotiva che scatena questa canzone, che poi è un magico doppio di canzone, con le voci che vanno a sovrapporsi, con due linee melodiche che confluiscono, trovano sbocco nel potente pieno orchestrale del ritornello.
Provocò in me uno stordimento di quelli che poi ho provato solo in certi musei e di fronte a certe opere d'arte o monumentali (il David di Michelangelo, la prima volta che misi piede in San Pietro, la Sistina, l'altare di Pergamo in Berlino e qualche altro).
Una musica che è meraviglia e trasporto e un testo che pare lì catapultato da qualche raccolta poetica dei lirici greci. Canzone, come spesso in Battisti, inquieta e inquietante, dove appaiono i mondi interiori, che scava profondamente nel non detto e nei piani degli universi sognanti, abitati spesso da memorie e fantasmi, che formano il nostro io più intimo e a volte indicibile.
Come ebbe a dire Sgarbi, Battisti non ha cantato i giovani, li ha formati.
La stessa cosa mi accade con "I giardini di marzo". Ancora oggi devo ascoltarla con misura perchè mi commuove oltremodo. Sono scrigni da aprire con cautela.
Vedo che allora siamo d'accordo. Allora sono curioso... e ti chiedo, dove ti commuovi, in particolare? Nel mio caso tutta la canzone è una forte evocazione, che mi prende per mano e mi porta attraverso un mondo lontano ma che conosco, e mi prepara; poi quel mm-mm-mm-mm mi prende ed è lì che mi sento muovere dentro... non nel ritornello successivo, ma ma proprio lì. Volevo capire se sia così per tutti. Vorrei capire quanto siamo simili.
Prima parlavo del senso di mistero che mi trasmettevano le canzoni di Dalla quand'ero bambino, fin quasi a spaventarmi.
Ricordo che anche Dalla, come Battisti, nei suoi primi album si appoggiava a un paroliere, il poeta Roversi. Poi se ne separò per prendere una deriva che lo stesso Roversi ebbe a criticare dicendo che andava sul pop(olare). Ma penso che invece fu proprio in questi nuovi testi, più ancora che nelle melodie, che riuscì a esprimersi al meglio costruendo la sua cifra stilistica.
Questa canzone è un esempio della forza evocativa di cui parlo
Purtroppo durò pochi album, poi virò davvero sul pop, sempre peggio, da Attenti al lupo in poi
Stavo riflettendo sul povero Rino Gaetano, di cui più sopra è stata postata una sua canzone.
Oggi ad un Rino Gaetano verrebbe riconosciuto il suo talento? Io temo farebbe molta fatica, dovrebbe forse mischiarsi in mezzo agli "amici" della De Filippi, per venire istruito e poi esaminato dalle Cuccarini...e probabilmente, anzi certamente, bocciato.
Quando i talent non c'erano i talenti scoppiavano (di salute), perchè i talent erano le case discografiche con l'intuito di produttori, discografici, persone che investivano tempo e denaro per allevare artisti nei quali credevano, pure se quegli artisti magari per i primi dischi vendevano 10 copie: allora anche i Gaetano potevano sbocciare, perchè si aveva il tempo per coltivarli (oltre al fiuto di scovarli).
Col declino della discografia, con l'imperio della televisione, la cultura musicale è sparita. Adesso il talento deve o umiliarsi passando per programmi improbabili giudicati da ancor più improbabili "esperti", o fare una gavetta lunghissima dove solo per miracolo forse riuscirai ad emergere...facendo comunque fatica, visto che non si vende più mezzo disco e che la televisione è sempre occupata da quelle quattro inamovibili mummie.
Hai colto nel segno. Mi fa ridere e mi fa rabbia nello stesso, tempo. Bisognerebbe mandare un segnale chiaro: non si riconosce l'autorità di un tale tribunale.
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