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Tread ufficiale "SEI NAZIONI"
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Originariamente Scritto da Superfustakkion Visualizza Messaggioio ho visto che fanno solo figure di merda quando giocano
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Il calendario e partite in tv.
Per il terzo anno consecutivo LA7 trasmetterà in diretta ed in esclusiva, tutte le partite del 6 Nazioni 2006 di rugby, il più antico e affascinante torneo sportivo del mondo.
"Siamo vicini agli azzurri, sarà una stagione importante per la nostra nazionale e per LA7 - ha commentato il direttore dello sport di LA7 Aldo Biscardi - seguiremo con passione l'Italia del rugby con la speranza di migliorare i risultati conseguiti sino ad ora. Seguirò con attenzione, e da tifoso degli azzurri, le imprese dei nostri ragazzi. Il nostro obiettivo è di rendere sempre più popolare il rugby, uno sport di grande lealtà e sportività". "Sono orgoglioso del fatto che il rugby abbia adottato per primo l'utilizzo della moviola in campo e spero che anche il calcio ne segua l'esempio al più presto possibile".
Nella prima giornata, sabato 4 febbraio 2006, gli azzurri, guidati dal commissario tecnico Pierre Berbizier, affronteranno l'Irlanda al Lansdowne Road di Dublino.
L'incontro d'esordio avrà inizio alle ore 14.30 e sarà anticipato da un prepartita di presentazione dell'incontro con interviste agli azzurri e con la storia del Lansdowne Road, uno dei più antichi stadi europei, l'unico che prevede ancora - ma soltanto per le partite di rugby - un settore con i posti in piedi.
Al termine della partita degli azzurri LA7 rimarrà collegata con il 6 Nazioni trasmettendo in diretta dal Flaminio di Roma il tradizionale "terzo tempo" di Irlanda - Italia.
A seguire l'attesissimo confronto tra i campioni del mondo dell'Inghilterra e del Galles, vincitore della scorsa stagione. Il calcio d'inizio di quest'ultimo match è previsto per le ore 16.30, anche questa partita sarà preceduta da uno speciale.
La grande avventura del rugby su LA7 inizia con la Coppa Del Mondo 2003, seguita dal Torneo 6 Nazioni 2004 e 2005 e dai Jaguar Test Match 2004 e 2005. Il 6 Nazioni 2005, in onda nel febbraio dello scorso anno, ha registrato un totale di quasi 13 milioni di spettatori. Il picco di ascolti è stato raggiunto in occasione della partita Scozia - Italia con una share del 5,8%.
Per le partite dell'Italia al Flaminio LA7 integrerà la produzione della Bbc con approfondimenti.
Si conferma così l'impegno della rete per offrire al proprio pubblico la possibilità di seguire gli eventi più prestigiosi e interessanti legati al mondo del rugby. Uno sport ricco di appassionati, molti dei quali insospettabili, che su LA7 ha fatto segnare sempre grandi successi, anche in termini di ascolti.
Il calendario degli incontri:
- prima giornata:
4 febbraio Irlanda-Italia ore 14.30; Inghilterra-Galles ore 16.30
5 febbraio Scozia-Francia ore16.00
- seconda giornata:
11 febbraio Francia-Irlanda ore 14.30; Italia-Inghilterra ore 17.00
12 febbraio Galles-Scozia ore 16.00
- terza giornata:
25 febbraio Francia-Italia ore 15.00; Scozia-Inghilterra ore 18.30
26 febbraio Irlanda-Galles ore 15.00
- quarta giornata:
11 marzo Galles-Italia ore 14.30; Irlanda-Scozia ore 16.30
12 marzo Francia-Inghilterra ore 16.00
- quinta giornata:
18 marzo Italia-Scozia ore 14.30; Galles-Francia ore 16.30
19 marzo Inghilterra-Italia ore 18.30Last edited by Senna94; 01-02-2007, 22:12:17.
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dico solo una cosa..........
NON VEDO L ORA !!!!!!!!!!!!!!!!
postate un calendario!Originariamente Scritto da SPANATEMELAparliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentusOriginariamente Scritto da GoodBoy!ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
grazie.
PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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Six nations, la storia.
LE QUATTRO NAZIONI
La prima classifica ufficiosa del torneo si ebbe nel 1883. E' bene sottolineare il termine "ufficioso", perché tale resterà a lungo. Infatti per centodieci anni (fino al 1993) non esisteva una classifica ufficiale della manifestazione né una coppa per la formazione vincitrice. Le partite si susseguivano regolarmente anno dopo anno nel periodo invernale alimentando miti, storie, leggende di trionfi e disfatte, personaggi e campioni, ma nessuna istituzione rugbistica stilava graduatorie. A esse pensavano i giornali. Le nazioni, in origine, erano quattro, e tutte britanniche: Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda. Si usava definire il torneo Home International Championship e quello del 1883 se lo aggiudicò l'Inghilterra, con un neo: gli inglesi e gli scozzesi disputarono una gara in più, mentre Irlanda e Galles non si incontrarono tra loro. L'anno successivo (1884) si disputò il primo torneo completo di tutti i match ed è ancora l'Inghilterra a primeggiare. Le acque però tornano agitate per i problemi sorti tra inglesi e scozzesi: la prossima edizione non "monca" si avrà nel 1887 e fu appannaggio della Scozia di McLagan, mentre l'Inghilterra per tre edizioni sprofonda all'ultimo posto, nel bel mezzo della diatriba per la questione dell'International Board. Era successo, infatti, che la Scozia aveva aderito alla proposta dell'Irlanda per la creazione di un organismo internazionale che unificasse le regole e gli inglesi avevano boicottato i rivali blu. Seguono altre edizioni incomplete: 1888 e 1889, e più avanti 1897 e 1898. Se si esclude l'exploit irlandese del 1888, questi anni vedono l'alternanza al vertice di Inghilterra e Scozia. Nel 1890 si arriva a un accordo sul regolamento e l'anno successivo la Scozia conquista la sua prima triplice corona. Il 1893 segna il primo trionfo del Galles, grazie al nuovo sistema di gioco dei quattro "tre quarti", mentre l'Inghilterra entra in un declino con cui dovrà fare i conti fino al 1912, anno in cui gli uomini della Rosa torneranno al successo. Nel 1893 ebbe luogo anche il primo match disputato a Cardiff, precisamente il 7 gennaio. Il Galles batte l'Inghilterra 12-11 con un drop di Billy Bancroft, negli ultimi istanti di una partita giocata nel fango. Infatti il giorno prima la coltre di neve e ghiaccio che ricopriva il terreno dell'Arms Park venne sciolta con bracieri, usando 18 tonnellate di carbone. Mentre l'Irlanda chiude alla grande l'Ottocento, aggiudicandosi le edizioni 1894, 1896 e 1899, Galles e Scozia dominano la scena nel primo decennio del XX secolo. Memorabile la sfida dei Dragoni con l'Inghilterra nel gennaio 1903 a Swansea. Piove a dirotto sul St. Helen's. Il capitano dei rossi è Tom Pearson che dopo dieci minuti va in meta, ma si infortuna e deve uscire. Con un uomo in meno, il Galles combatte e ne mette a segno addirittura altre tre con Jehoida Hodges: tripletta record, superato solo dopo sessant'anni.
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GLI ANNI DIECI: L'INGRESSO DELLA FRANCIA
Quando l'Inghilterra riassaporerà il primato, il "Quattro Nazioni" o come lo si voglia chiamare, non era più tale, perché le contendenti erano diventate cinque, con l'ammissione della Francia già dal 1910. Il 1° gennaio i transalpini le buscano sode dal Galles: 49-14. I primi cinque anni sono durissimi per la nuova arrivata, che non andrà oltre il quarto posto del 1911. Nel 1912 gli inglesi spezzano una serie di quattro successi gallesi, vincitori della triplice corona dodici mesi prima. Nel 1913 la Francia viene rimproverata per l'indisciplina del pubblico durante il match con la Scozia: la pace verrà fatta sette anni dopo. L'Inghilterra, battendo tutte le avversarie, ottiene il primo Grande Slam del torneo allargato a cinque partecipanti e si ripete nel 1914, ultima edizione prima del blocco dovuto alla Grande Guerra. Nel conflitto le Nazionali britanniche perderanno 76 giocatori, la Francia 23.
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GLI ANNI VENTI
Fino al 1919 la disputa del torneo è sospesa per gli eventi bellici, ma con gli anni Venti si ritorna a giocare. E' il giorno di capodanno del 1920 e al Parco dei Principi di Parigi, di fronte a 25 mila spettatori, va in scena il match inaugurale del Cinque Nazioni tra Francia e Scozia. Non è una partita come tutte le altre: sette anni prima, nel 1913, stesso giorno stesse contendenti, si era verificata un'incresciosa invasione di campo del pubblico casalingo, infuriato per l'inflessibile arbitraggio dell'inglese Baxter colpevole di aver favorito gli scozzesi (vittoriosi per 3-21). Di conseguenza, la Scozia aveva congelato qualsiasi rapporto con i francesi. Ora, in un contesto pressoché identico e con un risultato finale ancora arridente alla Scozia (0-5, una meta allo scadere), si temeva la stessa conclusione della volta precedente. Invece l'arbitro - anche lui inglese - Frank Potter-Irwin viene circondato minacciosamente dalla folla e poi... portato in trionfo! E' un rugby d'altri tempi: il terza ala scozzese Jock Wemyss, colpevole di aver smarrito la vecchia maglia da gioco usata prima della guerra (gli altri erano tutti giocatori nuovi), non viene fornito della nuova uniforme e si presenta nel tunnel di ingresso al campo a torso nudo. Solo all'ultimo momento un dirigente - vista la giornata di intemperie - chiude un occhio e gli consegna la maglia, evitandogli qualche malanno. Nello stesso anno, il 17 gennaio, il Galles strapazza l'Inghilterra a Swansea 19-5. In uno stadio battuto da vento gelido e pioggia, protagonisti del primo tempo sono l'ala inglese Harold Day e il centro gallese Jerry Shea. Quest'ultimo porta i suoi sul 3-0 e nel secondo tempo dilaga, riuscendo nell'impresa della full house: meta, trasformazione, calcio e drop. Nel 1921, sempre al St. Helen's di Swansea, il Galles perde partita (8-14) e faccia di fronte alla Scozia, in un match caratterizzato da continue invasioni di campo di un pubblico numericamente eccessivo e debordante rispetto alla capienza delle tribune. L'anno successivo la Scottish Football Union (dal 1924 Scottish Rugby Union) decide di costruire un nuovo stadio che sostituisse quello di Inverleith, ormai inadeguato alla popolarità del rugby scozzese e delle sue leggende MacGherron, Drysdale, Liddell. Vennero così acquistati diciannove acri di terreno a Murrayfield dal club di polo di Edimburgo e in tre anni innalzato il nuovo tempio. Il 31 marzo 1925 la partita inaugurale con l'Inghilterra, battuta 14-11, che consegnò alla Scozia il suo primo Grande Slam, interrompendo il predominio inglese. Sono anni eroici in cui il suono delle cornamuse riecheggia anche oltre il vallo di Adriano: nel 1926 la Scozia fu la prima britannica a violare Twickenham, superando 9-17 un'Inghilterra vincitrice dello Slam cinque volte nelle ultime otto edizioni. Rose rosse e highlanders dominarono gli anni '20, con la felice parentesi dei gallesi del 1922. Dragoni che, però, non poterono far nulla, due anni dopo, di fronte a un'Irlanda forte di ben tre coppie di fratelli: Tom e Frank Hewitt (ala destra e mediano di apertura, entrambi di Belfast); George e Harry Stephenson (tra quarti, anch'essi dalla capitale nordirlandese); Dick e Billy Collopys, piloni dublinesi. La gara, giocata a Cardiff, finisce 10-13 con la meta decisiva del 17enne Frank Hewitt. Nel 1929, l'Irlanda perderà in casa con la Scozia 7-16, nell'ultima partita in cui si proibirono mete per invasione di campo. Il tre quarti verde Jack Arigho era infatti pervenuto in area di meta, senza poter schiacciare a terra l'ovale perché l'area era intasata di tifosi festanti (ce n'erano quarantamila quel giorno a Lansdowne Road). Lo stesso accade poco dopo a Rowland Byers: meta annullata. Tempi di vacche magre per la Francia: l'apprendistato è dei più difficili per i whipping boys (più o meno "vittime predestinate"), come gli inglesi chiamano con disprezzo i francesi. Quattro cucchiai di legno e le perle del pareggio con l'Inghilterra nel 1922 (11-11) e la vittoria sui "maestri" per 3-0 nel 1927.
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GLI ANNI TRENTA
L'edizone 1930 vide quattro delle cinque partecipanti giungere al traguardo ex aequo con due vittorie ciascuna. Cenerentola rimase la Scozia. Il tallonatore inglese Sam Tucker riuscì a scendere in campo per il rotto della cuffia in Galles-Inghilterra. Escluso dalla selezione della Rosa rossa, viene richiamato appena due ore prima del match per sostituire l'infortunato Henry Rew. A Bristol c'è pronto un aereo della federazione per lui, ma una volta atterrato nei pressi di Cardiff, il nostro Tucker deve affidarsi a un passaggio in un camion puzzolente fino al centro cittadino e deve districarsi nella ressa scatenatasi all'ingresso dell'Arms Park per l'acquisto dei biglietti. Entrerà nello spogliatoio cinque minuti prima del fischio d'inizio, il tempo di cambiarsi e imboccare il tunnel. I bianchi inglesi vincono 3-11: per Tucker il più classico dei veni, vidi, vici. L'anno seguente, sempre nella capitale gallese, va in scena quella che John Griffiths in Rugby's Strangest Matches ha definito "l'unica in cui si segni sia prima sia dopo il tempo regolamentare". Le squadre sono Galles e Scozia e l'Arms Park è stracolmo e festante. Un clima che induce gli organizzatori ad anticipare di cinque minuti il calcio d'inizio (14.55 anzichè 15) e dopo altri tre Jack Morley viene mandato in meta da Claud Davey, in anticipo sull'orario ufficiale di avvio. Le due contendenti danno vita a una battaglia entusiasmante: la Scozia, con i suoi fortissimi avanti, pareggia e s'invola sull'8-3 e poi viene raggiunta a sua volta dal Galles, che ha ottimi tre quarti. Durante i minuti di recupero, Ronnie Boon trova uno spiraglio aperto nella difesa tartan e va a schiacciare l'ovale in meta:13-8. In quel 1931 la Francia vince due gare (Irlanda e Inghilterra), ma non s'immagina certo quel che le sta per accadere: i Galletti sono esclusi dal torneo per professionismo. Saranno riammessi nel 1939, ma dovranno aspettare il 1947 per poter rigiocare una partita del Cinque Nazioni. Infatti dal 1940 al 1946 la seconda guerra mondiale impedisce lo svolgimento della competizione e si disputa solo qualche amichevole.
Gli anni '30 non videro un dominio netto di una Nazionale rispetto a tutte le altre: Inghilterra e Scozia vinsero due titoli in solitaria, Galles e Irlanda uno, parecchi i successi a pari merito. Vivian Jenkins era l'estremo della nazionale gallese, protagonista in un memorabile 13-0 all'Irlanda del 1934 (a Swansea): solo ventotto anni dopo un estremo riuscirà nuovamente ad andare in meta. Due anni dopo, di fronte ai settantamila di Cardiff ammassati su ogni scalino e in ogni anfratto dell'Arms Park, ancora i Dragoni battono i verdi 3-0 con un calcio di Jenkins. Fuori dello stadio, risse, scontri, cariche e purtroppo un morto.
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GLI ANNI QUARANTA E CINQUANTA
La bufera bellica si è placata, lasciando un po' ovunque sull'Europa i suoi cumuli di macerie, fisiche e morali. Lo spirito sportivo rinasce e si torna a giocare a rugby: l'edizione della ripresa, 1947, se l'aggiudica l'Inghilterra sul Galles, ma desterà scalpore la doppietta irlandese nel 1948 e 1949. Una sola sconfitta su otto partite (con la Francia) grazie alla sua stella, il mediano d'apertura Jackie Kyle di Belfast, detto "The Ghost" per il suo essere imprendibile e anche "Double Man", uomo doppio e quindi onnipresente in campo. E' il momento d'oro dell'Irlanda, che nel 1951 giungerà ancora prima, ma a fianco della Francia, dopo un pareggio (3-3) con il Galles. I transalpini finalmente possono rientrare nell'élite europea della palla ovale e nel 1948 ottengono la loro prima vittoria in terra gallese (3-11). Galles e Inghilterra si aggiudicheranno gran parte delle edizioni degli anni '50, ma la Francia è in netta parabola ascendente e affiancherà i vincitori nel 1951, 1954, 1955 e 1958. Nel 1959 arriva a pari merito con irlandesi e gallesi, ma per la prima volta risulta in vantaggio nella differenza punti e quindi è virtualmente in testa (non esiste ancora il concetto di vincitore unico e assoluto per il Cinque Nazioni). Sono gli anni di Jean Prat, "Monsieur Rugby", nativo di Lourdes e seconda celebrità della cittadina secondo soltanto all'Immacolata Concezione. Terza linea ala, con un piede destro straordinario, è il faro di una Francia che finalmente compie il salto di qualità. Nel 1951 è Twickenham a cadere per la prima volta al cospetto dei transalpini e l'anno successivo tocca a Murrayfield. Prat concepisce il rugby come gioco corale, una caratteristica che diventerà distintiva della palla ovale francese. L'altro leader francese è il seconda linea Lucien Mias, "Docteur Pack", anch'egli "rivoluzionario" con l'introduzione della penetrazione in verticale degli avanti. Barthe, Carrère e Crauste costituiscono una formidabile terza linea. Mias si ritira nel 1959, ma il suo abbandono non condizionerà il rendimento della squadra.
L'Irlanda attraversa un periodo di delicato equilibrio sociale e politico. Nel 1954, a Belfast, i giocatori dell'Ulster non vogliono saperne di ascoltare l'inno britannico: la decisione avvelena ulteriormente il clima. Da allora le partite casalinghe dell'Irlanda si giocheranno stabilmente a Dublino. 1957: Galles-Irlanda a Cardiff, pioggia, fango, freddo. Terry Davies, estremo, è l'eroe dei Dragoni, autore del calcio decisivo per il 6-5 finale, dopo un primo tempo che aveva arriso ai verdi. Un giro di calendario dopo ancora Davies, che insieme ai compagni gioca con le divise di allenamento per una banale confusione di borse, può ripetersi a Twickenham ma il vento decide di allontanare l'ovale dall'interno dei pali e la partita termina 3-3. Due amici tifosi, uno inglese e uno gallese, la mattina seguente, segheranno e ruberanno la traversa, facendo addirittura autografare i pezzi di legno allo stesso Davies incontrato lungo la strada! In quel 1957 l'Inghilterra del tallonatore Eric Evans ottiene il Grande Slam dopo vent'anni, ma che diventano ventinove se si considera il torneo completo a cinque squadre (nel 1937 la Francia era esclusa).
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GLI ANNI SESSANTA
Gli anni '60 sono legati senza soluzione di continuità al decennio che li ha preceduti, cioè con il dominio francese. Ritirati ormai Prat e Mias, è Pierre Albaladejo, mediano d'apertura del Dax, ad assurgere agli onori delle cronache con il triplo drop con cui nel 1960 nega all'Inghilterra il Grande Slam (allo Stade de Colombes finì 9-9). Per tutti è "Monsieur Drop". I Galletti trionfano in solitaria nel 1961 e 1962, lasciano agli inglesi il titolo 1963 (unica parentesi "bianca" in un decennio soltanto "bleu" e "red") e ritorneranno al successo nel 1967 e 1968, conquistando il loro primo Grande Slam. La Francia perfeziona la sua evoluzione tecnico-tattica: difesa, ripiazzamento, uomo in più. In questo decennio si manifesta anche la supremazia del Galles, primo dal 1964 al 1966 e ancora nel 1969. Tra le curiosità di questo periodo, nel 1962 il match Irlanda-Galles slittò da marzo a novembre per un'epidemia di vaiolo e si concluse in parità (3-3). Pochi giorni dopo iniziò un inverno tra i più gelidi che la storia ricordi e che condizionerà l'edizione 1963 del torneo, vinta dagli inglesi. Galles-Inghilterra è a rischio rinvio, ma si fa di tutto per giocare: il campo dell'Arms Park viene ricoperto da 30 tonnellate di paglia, da togliere appena prima della partita, per evitare il formarsi di una lastra di ghiaccio. Ingenti quantità di sale sono cosparse su tribune e terrapieni. Addirittura, il rettangolo di gioco subisce una riduzione, perché alcune porzioni sono irrimediabilmente congelate. Le squadre entrano in campo soltanto al fischio iniziale, sarebbe stato troppo ascoltare gli inni all'aperto, con 6 gradi sotto lo zero. L'Inghilterra, che era riuscita a svolgere qualche allenamento in più rispetto ai rivali, vince 6-13. E comunque nessuno riportò seri infortuni. I Dragoni si rifanno in Scozia, stavolta su un campo decente grazie al sistema di riscaldamento del manto erboso ideato dai padroni di Murrayfield: un bel "cappotto", e non è soltanto una "freddura": 0-6, con il capitano Clive Rowlands autore di un drop da posizione impossibile. Quel giorno fu stabilito anche il record di 111 touche. Il 1965, seppur nel bel mezzo dell'età dell'oro gallese, è ricordato per la meta di Andy Hancock a Twickenham, il 20 marzo. Sotto di tre punti per quasi 80 minuti e con la Scozia sempre in attacco, l'ala inglese riceve l'ovale presso la propria area di meta e lo schiaccia dalla parte opposta dopo una corsa forsennata di novanta metri, placcato inutilmente sulla linea di meta. Praticamente l'unica azione dell'Inghilterra in tutto il match, capace di cogliere impreparati fotografi e cameramen. Le due rivali però chiusero il torneo in fondo alla classifica. In Galles-Inghilterra del 1967, emerge il tre quarti centro, riadattato a estremo, Keith Jarrett, capace di metter dentro sette calci e una meta a soli diciotto anni. Risultato finale: 34-21, unica vittoria gallese di quell'anno, ma quell'annata costituì solo una piccola parentesi negativa, preludio a una straordinaria serie di successi colorati di rosso. Da quelli che in origine erano semplici ritrovi sulla spiaggia di Aberaeron per allenarsi, nasce lo "Squad System", cioè il raduno sistematico della Nazionale per prepararsi tatticamente e fare gruppo in vista della partita. Fino ad allora i raduni nel Cinque Nazioni erano vietati. Inoltre, viene introdotta la regola che vieta il calcio diretto in touche se si è fuori della propria area dei 22. Il Galles torna a decollare: dopo un altro passaggio a vuoto nel 1968, l'anno successivo giunge alla pari con la Francia. Siamo all'anticamera di un grandissimo ciclo gallese, quello degli anni '70, un'epopea tra le più significative della storia dello sport.
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GLI ANNI SETTANTA
Negli anni '70 una nazione arrivò a identificarsi nella sua squadra di rugby: il Galles. Sette titoli (1971, 1972, 1973, 1975, 1976, 1978, 1979) contro i due della pur quotatissima Francia (1970, 1977) e il successo solitario dell'Irlanda nel 1974. Cominciamo da quest'ultimo: il leggendario Willie John Mc Bride, seconda linea che ha già trentaquattro anni e che milita in Nazionale da dodici (chiuderà nel 1975), guida i verdi a una storica vittoria in quel di Twickenham per 21-26. Una volta McBride aveva giocato alcuni minuti di un match contro la Francia, seppur avesse una frattura alla tibia sinistra. Quell'anno il Galles si concesse una pausa, non andando oltre una vittoria e due pareggi e nonostante ciò giunse al secondo posto. Per l'Irlanda le circostanze storiche non sono certo le più felici. Salto indietro di due anni: 30 gennaio 1972, giornata nota come Bloody Sunday, domenica di sangue. Tredici pacifici manifestanti nordirlandesi sono uccisi dai soldati inglesi a Londonderry e la protesta divampa in tutto il Paese. Siamo nel bel mezzo del Cinque Nazioni: Scozia e Galles, data la situazione politica estremamente instabile, si rifiutano di andare in Irlanda e quasi un secolo dopo l'ultima volta si ha un torneo incompleto. A Dublino, per i successivi venticinque anni, non sarà più suonato l'inno God save the Queen. In ogni caso il vincitore è il Galles (ultima apparizione in maglia rossa del mitico Barry John, ritiratosi a soli 27 anni), cucchiaio di legno all'Inghilterra, il primo della storia del XV della Rosa. L'infelice bis nel 1976: i "tuttibianchi" toccano il fondo. L'epopea dei Dragoni era iniziata con la vittoria del torneo nel 1969, anno in cui vennero introdotte le sostituzioni. Ma già dalla metà del decennio i gaelici avevano imposto la loro superiorità. "Nelle valli minerarie e lungo i cento chilometri che vanno da Newport a Llanelli - scrive Francesco Volpe - fiorisce una generazione di talenti paragonabile a quella dell'Olanda di Johann Cruyff". Barry John, Gareth Edwards, JP Rhys, Phil Bennett, Carwyn James, Raymond Gravell, Gerald Davis resero il Galles imbattibile. Nel 1971 espugna Murrayfield e i giornalisti dissero di aver visto "la migliore squadra di tutti i tempi". Nel 1973 si verifica un particolarissimi ex aequo tra tutte e cinque le partecipanti, con due vittorie e due sconfitte per tutti, ma è ancora il Galles ad avere la miglior differenza punti (però all'epoca non si teneva conto di ciò). Quattro triplici corone consecutive (1976-1979) e sei in totale, partendo dal 1979; tre Grandi Slam (1971, 1976, 1978): solo la granitica Francia di Jacques Fouroux - detto "le Petit Caporal", mediano di mischia - e Jean Pierre Rives - "l'Angelo Biondo" - sembra poter tenere testa ai Dragoni nella seconda metà degli anni '70. Nel 1975 e 1976 si giocano vere e proprie finali tra le due nazioni, ma ha la meglio il Galles di Ray Gravell, Phil Bennett e Gareth Edwards. L'Irlanda, all'ultimo match in carriera di McBride, è respinta 32-4, la Francia 10-25 e 19-13. Nel 1977, con un bel 16-9, il torneo invece lo vincono i bleus. Chiudiamo il decennio con altre due memorie: nel 1978 si verificò la prima espulsione di un giocatore; l'edizione 1976 si apre in un Murrayfield battuto da un vento incredibilmente secco: la Francia vince 6-13 e l'arbitro inglese Ken Pattinson, reo di aver fischiato un fuorigioco inesistente, terminerà lì la sua carriera internazionale. Dagli anni '70 il Cinque Nazione aumenta esponenzialmente la sua popolarità e visibilità. La televisione, per soddisfare le esigenze di sponsor e audience, impone un calendario più regolare, con cinque giornate non consecutive da gennaio a marzo e di sabato. Sulla tv italiana le partite sono commentate da Paolo Rosi, ex azzurro e primo italiano a segnare una meta a Twickenham. La sua conoscenza enciclopedica del rugby e la sua dote inesauribile di aneddoti contribuiscono alla diffusione dello sport ovale in Italia. E a proposito di quella partita a cui si è accennato, Scozia-Francia del 10 gennaio 1976, Rosi disse la storica frase "mentre soffia il vento gelido delle Highlands...".
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GLI ANNI OTTANTA
Nel 1979 si consuma l'ultimo successo del grande Galles: bisognerà attendere il 1988 per rivedere i Dragoni in cima alla classifica, e neanche da soli. C'era infatti la Francia, quella Francia che, liberatasi dell'ostacolo gallese, potrà finalmente dominare il decennio, insieme all'Irlanda. Nel mezzo del regno blu e verde c'è però spazio per due ritorni eccellenti: Inghilterra e Scozia. Nel 1980 la Rosa del capitano Bill Beaumont torna a vincere il torneo dopo diciassette anni. Memorabile il match contro il Galles, vinto 9-8 con un drop a tempo scaduto di Dusty Hare. Nel 1984 la Scozia centra il Grande Slam. Erano 59 anni che non accadeva. In questa occasione, dopo Scozia-Francia 21-12, si ritira il transalpino Rives. Quattro i successi della Francia negli anni '80: 1981, 1986, 1987, 1989. Due gli Slam (1981 e 1987) Nel 1983 giunge pari con l'Irlanda, trionfatrice nel 1982 e 1985. L'allenatore dei Galletti è Jacques Fouroux, in campo a tradurre in pratica le sue direttive vanno Serge Blanco, talentuoso e spettacolare estremo di colore; Philippe Sella, il centro che stabilisce il record di 111 presenze in Nazionale; Pierre Berbizier, mediano di mischia e anima del gioco della Grande Francia; Laurent Rodriguez, potentissimo numero otto. Nel biennio 1986-87 si completa la "linea delle meraviglie": Blanco, Bonneval, Charvet, Mesnel e Sella. Contro gli irlandesi, nel 1986, Sella va in meta dopo un'azione lunghissima, durata 65 secondi. La Francia trascorre il primo tempo a demolire fisicamente il pack avversario e poi, non appena le maglie difensive si allargano, sfrutta abilmente ogni varco e non lascia scampo. Ci si avvia così verso gli anni '90, che segneranno il riemergere dell'Inghilterra. Le vittorie della Rosa erano diventate così rare che fu considerata storico e degna di libagioni collettive il colpo parigino del 1982 (15-27). Il "terzo tempo" non fu trascorso al pub, ma all'ospedale per una lavanda gastrica.
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GLI ANNI NOVANTA
Il nuovo decennio comincia con una memorabile vittoria della Scozia sull'Inghilterra, partita decisiva che consegna agli Highlanders un altro Grande Slam dopo quello del 1984. E' la Scozia di David Sole, Gavin Hastings e John "The White Shark" Jeffrey, oltre al capitano Craig Chalmers. I blu avevano vinto tutte le partite, finora, e così gli inglesi, i quali però sembravano molto più uno schiacciasassi. A Murrayfield la gara della verità, che avrebbe consegnato al vincitore non solo titolo e Slam, ma anche la Calcutta Cup e la Triple Crown. All'intervallo la Scozia conduce 9-4, con tre calci di Chalmers e una meta non trasformata di Guscott (il punteggio per la meta era ancora 4+3 e non 5+2, come oggi). Nel secondo tempo, mentre tutti si aspettano la reazione dell'Inghilterra, la Scozia continua a spingere sull'acceleratore e va ancora in meta con Stanger. Finirà 13-7, dopo un calcio di Hodgkinson: tripudio finale scozzese con invasione pacifica di campo. L'astio verso gli inglesi era particolarmente avvertito in quegli anni, a causa della situazione politica: era il periodo del governo di Margaret Thatcher e della sua austerità economica e durezza fiscale.
Tre anni dopo, nel 1993, una grande svolta interessa il torneo: viene istituito il Championship Trophy e per la prima volta questa competizione assegnerà una coppa. Quindi, niente più vittorie a pari merito: in caso di parità in classifica, conterà, d'ora in poi, la differenza punti ed eventualmente la differenza mete. Ormai la tv e il professionismo sono entrati a pieno titolo nel Cinque Nazioni. E le novità continuano: nel 1998 viene invitata a far parte del "club" l'Italia, forte di alcune vittorie decisive in test-match contro Francia, Scozia e Irlanda, e di un movimento in crescita. Gli Azzurri debutteranno nel 2000.
Gli anni '90 vedono il predominio di Inghilterra, riorganizzata e tornata finalmente competitiva, e della Francia. I bianchi vincono le edizioni 1991, 1992, 1995 e 1996, con tre Slam e sei triplici corone (in otto tornei). I Galletti hanno la meglio nel 1993, 1997 e 1998, gli ultimi due con tutte vittorie. Uno dei successi più straordinari della Francia fu quello del 1997 a Twickenham: in svantaggio 20-6 dopo i primi quaranta minuti e di fronte a un pubblico in delirio, Lamaison guida i francesi a un'incredibile rimonta fino al 20-20. A tre minuti dalla fine, lo stesso Lamaison centra i pali con un calcio: 20-23, il tempio è espugnato.
Il titolo 1994 va al Galles per differenza punti con l'Inghilterra, che pur aveva sconfitto i Dragoni 15-8 nell'ultima partita. L'edizione 1999, ultima del Cinque Nazioni che dall'anno successivo diventerà Sei Nazioni, se l'aggiudica la Scozia, nonostante ancora una volta gli inglesi fossero arrivati a pari punti con i blu, tra l'altro battuti 24-21 nello scontro diretto. Da ricordare, in Scozia-Francia 33-20, la meta più veloce della storia del torneo: John Leslie va a schiacciare dopo nove secondi, uno in meno dell'inglese Leo Price in Inghilterra-Galles 7-3 a Twickenham nel 1923.
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NUOVO MILLENNIO, E' SEI NAZIONI
L'importanza dell'edizione 2000 è fondamentale: il torneo sbarca nel nuovo millennio presentando una nuova partecipante. Non accadeva dal 1910, quando fu ammessa la Francia. L'Italia ovale può esultare: è entrata in quello che forse è il club più esclusivo del pianeta. L'allenatore degli Azzurri è Brad Johnstone, neozelandese che ha raccolto l'eredità di Georges Coste, il tecnico francese che ha fatto compiere al rugby italiano il definitivo salto di qualità. La stella è Diego Dominguez, mediano di apertura che ha già 34 anni e ha atteso questo momento per tutta la carriera. Sono i suoi drop e calci a determinare il trionfo italiano nel match di esordio contro la Scozia, campione in carica. A Roma l'Italia vince 34-20 ed evita il cucchiaio di legno. Utensile che, però, sarà regolarmente recapitato nella cucina azzurra nel 2001 e 2002. Nel 2003, con il nuovo tecnico John Kirwan, l'Italia supera 30-22 il Galles e l'anno successivo 20-14 la Scozia: Lo Cicero e compagni sembrano in grado di poter vincere almeno due incontri, ma nel 2005 ripiomba l'oscurità e una sciagurata partita gettata al vento a Murrayfield, con un'infinità di calci falliti che avrebbero condotto indubbiamente al successo gli Azzurri, il tecnico ex All Black deve lasciare la panchina a Pierre Berbizier, leggenda francese. Questa, in breve, l'evoluzione italiana nei primi anni di Sei Nazioni. Un bilancio magrissimo, ma in linea con le aspettative e la storia di questo torneo, dove non si improvvisa niente e dove la tradizione conta moltissimo. Il Flaminio non è Twickenham e nemmeno l'avveniristico Millennium, non ha il fascino di Murrayfield o la storia di Lansdowne Road. Lo scudetto tricolore non è la Rosa rossa inglese o il trifoglio o il cardo, e neppure il galletto. Ma la tradizione non si inventa da un giorno all'altro, va coltivata, alimentata, costruita nel tempo, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Per l'Italia sportiva è un privilegio grandissimo disputare questo torneo e sembra che il pubblico lo stia capendo. Intanto, nel primo decennio del XXI secolo, sono ancora Inghilterra e Francia (tre vittorie a testa) a volare alto, ma il Galles ha piazzato a sorpresa il Grande Slam 2005. Nel 2006 è tornata a vincere la Francia. La Scozia e l'Irlanda, con i verdi che pur dispongono di talenti del calibro di O'Driscoll, Stringer e O'Gara, sembrano un gradino sotto, con l'Italia - dove Pierre Berbizier è succeduto a Kirwan - che prova e riprova a fare qualche sgambetto. Intanto ha ottenuto uno storico pareggio a Cardiff nell'edizione 2006.
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I Leggendari
Questa è una piccola galleria di giocatori che hanno fatto la storia e la leggenda del Quattro, Cinque e poi Sei Nazioni. Certamente ne mancano molti: per ora iniziamo con questi, man mano ne verranno aggiunti altri.
DAVID R. "Darkie" BEDELL-SIVRIGHT (1880-1915)
Vincitore della triplice corona nel 1901, 1903 e 1907. Una delle ali più talentuose del suo tempo, era un ottimo giostratore di palla e un giocatore duro, tenace, irriducibile. Giocò insieme al fratello John contro il Galles nel 1902. Fu anche campione scozzese di pugilato, categoria pesi massimi. Esercitò la professione di chirurgo ed entrò in marina come ufficiale medico: morì di setticemia nel 1935 a Gallipoli, in Italia, a soli 34 anni.
ARTHUR GOULD (1865-?)
Soprannominato "Monkey" per la sua agilità, Arthur Gould, ruolo trequarti, fu capitano del Galles e vincitore della Triplice Corona nel 1893. Il fratello maggiore Bob era già un giocatore internazionale. Debuttò nel Galles contro l'Inghilterra nel gennaio 1885, poteva giocare estremo o centro. Giocava inoltre in un buon club (il Newport, poi passò al Cardiff) e gradualmente iniziò a crearsi una notevole reputazione. Nonostante il suo esasperato individualismo, sapeva piazzare trasformazioni, calci e drop decisivi. Visse il periodo della trasformazione del gioco gallese nel sistema dei quattro tre quarti. Nel 1896 decise di ritirarsi, ma tornò l'anno successivo per giocare contro l'Inghilterra. Ha totalizzato 27 presenze in Nazionale. Giocatore universale, è stato uno dei maggiori corridori di tutti i tempi, istintivo nello schivare i placcaggi, nei cambi di direzione e nelle finte. Lavorava sempre per migliorare. Era mancino, ma sapeva calciare anche col destro. "Il maggiore contributo - diceva Gwyn Nicholls - per la perfezione tattica del Galles nella prima Età dell'Oro lo dobbiamo a lui".
BILLY BANCROFT
Insieme al fratello Jack, è una leggenda del rugby gallese. Disputa tutti i match internazionali dal 1890 al 1901 e aveva nel calcio, potente e preciso, il suo punto di forza. Vinse le Triplici Corone 1893 e 1900. Solo in una partita dovette abbandonare il campo prima della fine, il 18 marzo 1899: a Cardiff, nella sfida decisiva con l'Irlanda costretta a vincere, Bancroft si frattura due costole in un placcaggio dei fratelli Ryan, che scaraventano Billy tra gli spettatori oltre la linea di touche.
JACK BANCROFT
La scena era tutta per il fratello Billy, più grande di età e più famoso, ma l'estremo Jack Bancroft alla fine della sua carriera in Nazionale avrà totalizzato 80 punti contro i 60 di Billy. Esordì nel Galles all'Arms Park di Cardiff contro l'Inghilterra, edizione 1909, in piena Età dell'Oro, la prima. Fu ininterrottamente protagonista fino al titolo 1911. Smise nel 1914, sia per infortunio sia per lo scoppio della prima guerra mondiale. Non era certo un talento smisurato, ma lavorava duro per limare i propri difetti. Indubbiamente coraggioso, tuttavia il pubblico gallese, ingrato, gli rinfaccia la responsabilità della sconfitta a Twickenham con cui chiude la carriera.
GWYN NICHOLLS (1874-1939)
Nato a Westbury on Severn, ottenne 24 presenze con il Galles, di cui dieci da capitano. Guidò i Dragoni alla conquista della Triplice Corona nel 1900, 1902 e 1905. Fu forse il più forte trequarti centro del suo tempo, ma poteva giocare anche come mediano ed era dotato di un ottimo calcio. Sapeva sempre leggere la partita e prendere sempre la decisione giusta, passando il pallone al momento giusto e sapendosi mettere a disposizione del trequarti ala, cosa rara nel rugby di ogni epoca. Debutta in Nazionale nel 1896 a Cardiff, la città del club dove giocava, contro la Scozia e fa coppia con Arthur Gould. Il decollo è rapido: Nicholls diventa il leader del Galles nella prima Età dell'Oro. Segna la meta decisiva a Belfast che consegna ai rossi la Triplice Corona nel 1900. Due anni dopo si ripete ancora contro l'Irlanda e così nel 1905, sempre di fronte ai malcapitati irlandesi. Si ritira nel 1907, a 33 anni. Nel 1923, memore del suo spirito da rugbista, salva una ragazza che sta annegando nel fiume Weston. Nicholls muore nel 1939 per malattia del sistema nervoso.
RHYS GABE (1880-1967)
Rhys Thomas Gabe nacque a Llangennech. Giocava soprattutto centro e collezionò 24 caps con il Galles. Con Gwyn Nicholls formò una devastante coppia di centri sia nel Cardiff sia in Nazionale. Debuttò con i Dragoni nel 1901, contro l'Irlanda, giocando ala sinistra. Nel 1905 era presente nella storica vittoria sulla Nuova Zelanda e due anni dopo fu capitano del Galles nel match con l'Irlanda. La sua meta più importante la segnò nel 1908 ai danni dell'Inghilterra: approfittando di una fitta nebbia, Gabe raccolse l'ovale da una zuffa e corse verso la linea di meta, mentre il compagno di squadra Bush correva in direzione opposta per confondere gli avversari. Gabe si ritirò nel 1908.
DICKIE OWEN
E' stato uno dei tre più grandi mediani di mischia della storia del Galles, insieme a Haydn Tanner e Gareth Edwards. Detto "L'Ercole tascabile", capace di mandare in confusione qualsiasi avversario. Non aveva l'aspetto di un giocatore di rugby, era fisicamente piccolo, ma correva, placcava, inventava. Comprendeva e intuiva tattiche e combinazioni, fu il primo a sfruttare i movimenti insieme con i tre quarti ala, finora inutilizzati, e a sviluppare i contrattacchi. Pur non perdendo il proprio individualismo, grazie alla voglia di dettare sempre il gioco, sapeva tirare fuori il meglio dai compagni. Ottenne trentacinque presenze in Nazionale. Nel 1901 debutta con l'Irlanda, nel 1902 e nel 1905 vince la Triple Crown, nel 1903 il suo Galles perde solo con la Scozia. Chiude la carriera nel 1912, da capitano, a Swansea, giocando una grande partita: Galles-Scozia 21-6. Al fischio finale è portato in trionfo dai compagni.
DICK JONES
Mediano di apertura di Swansea, formava con Dickie Owen una coppia perfetta, capace di comprendersi a meraviglia e di mettersi a disposizione dei tre quarti. Jones fu un brillante corridore e sapeva schivare, dribblare e fintare in modo magistrale. Il suo calcio lo rese uno dei primi mediani a unire corsa e calcio in attacco. Giocò insieme a Owen contro l'Inghilterra nel 1902, ma poi Jones fu messo da parte in favore di Lloyd. Ritornò in Nazionale nel 1904 e per almeno due anni fu al massimo della condizione. Si fratturò il collo del piede, infortunio che lo tenne lontano dal rugby fino al 1907. L'anno successivo tornò in Nazionale e vinse la Triplice Corona negli anni 1908, 1909 e 1911. Un altro serio infortunio troncò la sua carriera.
CLIFFORD PRITCHARD (1881-1916)
Nato a Pontypool, fu grande tallonatore ed eccellente calciatore, ottenne cinque presenze con il Galles tra il 1904 e il 1907. Esordisce contro l'Irlanda, si ritirerà nel 1911. Muore nel 1916 in Francia, gravemente ferito durante la guerra di trincea.
VIVIAN JENKINS (1911-2004)
Vivian Gordon James Jenkins, per tutti "Viv", nacque il 2 novembre 1911 a Port Talbot e crebbe vicino Bridgend. Divenne famoso come giornalista sportivo, ma in gioventù ebbe una notevole carriera rugbistica con Galles, Barbarians e Lions, e inoltre giocò a cricket con il Glamorgan. Debuttò in Nazionale nel 1933, come estremo, e nei suoi 14 caps è inclusa la prima vittoria del Galles a Twickenham, nello stesso anno, oltre al famoso trionfo sugli All Blacks a Cardiff (1935). Viv Jenkins fu inoltre il primo estremo gallese a segnare una meta in un match internazionale: accadde nel 1934, a Swansea, contro l'Irlanda. L'ultima presenza nel 1939 di fronte all'Inghilterra: quindi, Viv appese al chiodo le scarpe da gioco e impugnò la penna.
BLEDDYN WILLIAMS (1923)
Nato a Taff Wells, non lontano da Cardiff, il 22 febbraio 1923, giocò 22 volte con il Galles come tre quarti centro e fu il capitano nel tour australe dei Lions nel 1950. Robusto nel placcaggio e impetuoso nella corsa, era noto per la sua forte leadership. Formò una famosa coppia centrale con Jack Matthews.
CLIFFORD MORGAN (1930)
Clifford Morgan, ala, è nato il 7 aprile 1930 a Trebanog, nella valle di Rhondda, in una famiglia di minatori. Esordì in Nazionale nel 1951 contro l'Irlanda e indossò la maglia dei Dragoni fino al 1958 per un totale di 29 presenze. Fu capitano dal 1956. Vinse quattro volte il torneo dal 1952 al 1956: la seconda Età dell'Oro del Galles.
JEAN PRAT (1923-2005)
Jean Prat, meglio noto come "Monsieur Rugby", è stata la prima stella di assoluta grandezza della palla ovale francese, che dopo la fine della seconda guerra mondiale veniva riammessa al torneo dopo una lunga squalifica per professionismo. Nato il primo agosto 1923 in quel di Lourdes, debutta in Nazionale nel 1949 (perse parecchi anni di carriera a causa del conflitto e della prigionia in Germania) e fu capitano dal 1953 al 1955. Per la prima volta la Francia sconfisse gli inglesi a Twickenham nel 1951 (3-11), anno della vittoria del torneo, l'unica di Prat. Nel 1954 Jean Prat guidò i suoi a storici successi su Scozia, Irlanda e perfino Nuova Zelanda, allo Stade de Colombes. Colleziona in tutto 51 presenze con la Francia, 16 da capitano. In campo, era un giocatore capace di tutto: mete, drop, leadership. Il suo senso del gioco e il suo furore agonistico erano rispettati dai suoi avversari, onore fino a quel momento rarissimo per un giocatore francese. Prat fu persino portato in trionfo dai gallesi alla fine della sua carriera internazionale (1955). Allenò la Francia dal 1963 al 1967, vincendo altri tre titoli. E' morto il 25 febbraio 2005 a Tarbes dopo una lunga malattia.
LUCIEN MIAS (1930)
La Francia degli anni '50 portò novità e stupore nel torneo: se Jean Prat era "Monsieur Rugby", altri suoi compagni non mancarono di meritarsi eccellenti soprannomi. Pierre Albaladejo, con il suo piede fatato, divenne "Monsieur Drop", mentre Lucien Mias fu per tutti "Docteur Pack", l'inventore di soluzioni fondamentali nel gioco in mischia e della touche lunga in movimento. Nato a Saint-Germain-de-Calberte il 29 settembre 1930, fu un seconda linea di grande carisma. Ebbe 29 presenze con la Francia, sei volte da capitano. Giocò in Nazionale dal 1951 al 1954 e poi dal 1957 al 1959, due periodi separati dai suoi studi universitari. Vinse il torneo nel primo e nell'ultimo anno della sua carriera in maglia blu, concludendo portato in trionfo dai suoi compagni.
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WILLIE JOHN McBRIDE (1940)
Willie John Mc Bride fu un mitico seconda linea dell'Irlanda per ben tredici anni, dal 1962 al 1975. Nato a Toombridge, Antrim, il 6 giugno 1940, debuttò sulla scena internazionale con una netta sconfitta a Twickenham (16-0). L'ultima apparizione in maglia verde la registrò a Cardiff, e fu nuovamente una sconfitta pesantissima: 32-4. Totalizzò 63 presenze, di cui dodici da capitano. Nel suo palmares, la vittoria nel torneo del 1974.
BARRY JOHN (1945)
"Per tutti - scrive Marco Pastonesi - è probabilmente il più forte mediano d'apertura che il mondo del rugby abbia mai visto. Per i gallesi è indubbiamente il più forte mediano di apertura che il mondo del rugby abbia mai visto. Probabilmente o indubbiamente, certamente per tutti è che fra il 1970 e il 1972 non esiste giocatore su questo pianeta così forte come lui. La consacrazione arriva nel 1971: è lui a guidare i Lions, cioè la selezione delle quattro nazioni britanniche, e a disputare una partita dell'altro mondo. E non solo perché si gioca in Nuova Zelanda e non solo perché ad affrontarlo ci sono gli All Blacks. Da quell'istante non sarà più Barry John, ma King John. Tant'è che quando, a soli 27 anni, abdica, il Galles sprofonda in una sorta di lutto nazionale". Barry John è nato a Cefneithin il 6 gennaio 1945, debutta in Nazionale nel 1966 e si ritira soltanto sei anni dopo, con 25 presenze all'attivo. Vince tre tornei, con lo Slam del 1971 e la Triple Crown del 1969. Era diverso in quanto a struttura fisica rispetto al classico mediano di apertura gallese, cioè piccolo e sveltissimo. Lui era più alto e magro. Come mai questo giocatore, che non aveva eguali in quanto a lettura del gioco, velocità di gambe e fiducia in sé stesso (e anche un ottimo calcio), interruppe la carriera così prematuramente? Forse, dopo l'incredibile tournée australe con i Lions e il trionfo nel Cinque Nazioni 1971, non riesce a gestire la grande popolarità che lo circondava. Lui, poco amante dei riflettori, preferì tornare alla vita semplice da dividere tra amici e famiglia. Nonostante lo stupore generale al suo annuncio di ritirarsi, Barry John non fece marcia indietro. Phil Bennett, il suo successore in maglia rossa, lo descrive come "un genio. La sua arroganza è tale da separarlo dai suoi contemporanei, ma è anche un'arroganza giusta, una confidenza e una sicurezza in sé stesso che gli permettono di fare cose che gli altri giocatori semplicemente non immaginano, né tantomeno osano fare".
GARETH EDWARDS (1947)
Gareth Edwards, mediano di mischia (cioè colui che passava l'ovale a Barry John prima e a Phil Bennett poi) è una leggenda del rugby gallese. La sua carriera in Nazionale si estenda dal 1967 al 1978 e copre quindi tutta la terza Età dell'Oro nella storia dei Dragoni. A Cardiff, presso il Saint David Center, gli hanno perfino innalzato una statua. E' nato a Pontardawe (Gwaun-cae-Gurven nella lingua cimrica), villaggio di minatori, il 12 luglio 1947. Ebbe 53 caps di cui 13 da capitano. Debuttò al Colombes di Parigi contro la Francia, che vinse 20-14. Edwards fu protagonista in sette tornei vinti e partecipò inoltre alle tournée dei Lions nel 1968 e 1971. Quella che viene ritenuta la meta più bella nella storia del rugby la segna proprio lui, ma non nel Cinque Nazioni, bensì nel match tra Barbarians e All Blacks del 1973, a Cardiff: novanta metri di corsa, sei passaggi, ventitré secondi di azione. Cliff Morgan, altra leggenda gallese degli anni '50 e in quel momento telecronista, andò in delirio! Così invece la ricorda Gareth: "Se fossimo a un programma di quiz, e fermassero l'immagine quando Bennett raccoglie il pallone nei nostri 22, e mi chiedessero: "Adesso che succede?", forse risponderei: "Phil Bennett viene spiaccicato". Questa è una delle ragioni in cui in quel momento urlo a Phil di liberarsi del pallone calciandolo in touche, Io ho già il fiatone, e un attimo di sosta per la touche mi restituirebbe la vita. Ma quando Phil fa esattamente il contrario di quello che io e la maggior parte dei compagni ci aspettiamo, l'azione si incendia. Ricordo i capelli al vento di JPR placcato al collo, ricordo il sostegno di Pullin, ricordo anche di imprecare tranquillamente, fra me e me: "Ma che diavolo vogliono fare adesso?" Mi riferisco ai miei compagni, indemoniati. Ma dalla folla si leva un tuono, come un fiume che straripa, come una valanga che si stacca dalla montagna. Come se giocatori, spettatori e stadio si sollevino da terra. A quel punto mi metto a correre anch'io dietro il pallone. Mi ci vuole un po' per recuperare i metri perduti. Penso che uno dei nostri sia stato placcato e che io debba trovarmi là, a recuperare il pallone e ad aprirlo al largo. Quando Dawes passa a David, sono costretto a uno sprint. E quella è la chiave. Perché nell'istante in cui ricevo il pallone, sono al massimo della velocità. E' una specie di intercetto: so che il pallone deve andare a John Bevan. Per questo grido a Quinnell, in gaelico, di darmelo. Mi sento addosso ancora i brividi e l'adrenalina. Ma in quel momento non penso a niente di niente. Mi chiedo solo se i miei tendini possano reggere lo sforzo. Fino al tuffo finale. Mi tuffo perché Bill Samuel, che mi ha insegnato rugby a scuola, diceva sempre che è più difficile fermare chi si tuffa invece di chi corre. E so che c'è qualcuno che mi sta arrivando contro, lo sento, ma non oso guardarlo. Ho paura di svegliarmi da un sogno".
RAY GRAVELL (1951)
Trequarti centro del Galles dal 1975 al 1982, è un altro componente della mitica squadra dei Dragoni che dominò in quel periodo. Aspetto rude, con barba folta e capelli rossi, e cuore tenero, fu tra i più forti placcatori nella storia del rugby, si contraddistinse per la frase "Devi placcare subito, anche se subito è già troppo tardi". Nato a Cydweli, da una famiglia di minatori (il padre si suicidò quando Ray aveva appena quattordici anni), il 12 settembre 1951, debutta in Nazionale al Parco dei Principi di Parigi nel7 1975, vincendo con la Francia 25-10. Chiude la carriera nel 1982 a Cardiff contro la Scozia, perdendo 34-28. Ha indossato la magia rossa 23 volte.
J.P.R. WILLIAMS (1949)
John Peter Rhys Williams divenne leggenda con le sue iniziali JPR e il suo look lo rese simbolo di un'epoca: calzettoni bassi alla George Best, basettoni interminabili da chitarrista rock. Nato a Bridgend nel 1949, fu l'estremo del Galles dal 1969 al 1981, per un totale di 55 partite, di cui cinque da capitano. Debuttò nel Cinque Nazioni sul campo di Murrayfield e i Dragoni sconfissero la Scozia 3-17. Sempre affrontando i blu e sempre a Edimburgo chiuse la carriera, stavolta perdendo 15-6. Robusto, veloce, coraggioso, imprevedibile, è un giocatore completo, dotato di grande rapidità in attacco e ottimo placcatore in difesa. Vince otto volte il torneo, sei volte la Triple Crown, tre il Grande Slam, ma il suo record più singolare è che in undici anni non ha mai perso con gli Inglesi.
BILL BEAUMONT (1952)
Seconda linea dell'Inghilterra dal 1975 al 1982, William Blackledge "Bill" Beaumont è nato a Preston, nel Lancashire, il 9 marzo 1952. Ha debuttato con il quindici della Rosa perdendo a Dublino con l'Irlanda 12-9, chiudendo la carriera in Nazionale con un pareggio a Murrayfield per 9-9. Ha totalizzato 34 caps, di cui 21 da capitano. Il suo approccio modesto e pensieroso gli fece guadagnare il rispetto di compagni e avversari, che lo premiarono con i gradi di capitano sia dell'Inghilterra sia dei British Lions. I suoi marchi di fabbrica erano l'abilità con l'ovale e la mobilità, che gli consentirono adattarsi facilmente e precocemente al rugby moderno. Vinse il torneo nel 1980, con tanto di Grande Slam, Calcutta Cup e Triple Crown. Dovette ritirarsi nel 1982, a trent'anni, a causa di un grave infortunio. Rimane uno dei più popolari eroi del rugby, grazie alla sua modestia e il senso dell'umorismo.
JEAN-PIERRE RIVES (1952)
Jean-Pierre Rives è diventato famoso come "L'Angelo Biondo", ma in campo era un vero diavolo, incapace di risparmiarsi. Questo flanker (terza ala) transalpino dalla folta capigliatura, titolato nel 1977 e nel 1981, è stato uno dei più forti giocatori della Francia. Nato a Tolosa l'ultimo giorno del 1952, ha giocato con il galletto sul petto dal 1975 al 1984, debuttando trionfalmente a Twickenham: quella volta la Francia passò 20-27. Chiuse la carriera in blu perdendo a Murrayfield 21-12 nella sua cinquantanovesima presenza in Nazionale. Fu capitano trentaquattro volte. Secondo Rives "il rugby non è violento né brutale: è solo uno sport di contatto, e soprattutto un modo di concepire la vita. Io scelgo di gicoare a rugby: non è il mio lavoro, ma è il mio piacere, quindi me lo voglio godere fino in fondo. Non voglio essere frustrato e combattere. Se combatti combatti con i tuoi amici, allora è meglio andare a pescare". Considerava i rugbisti veri persone sensibili e generose. Aveva un ruolo molto chiaro del proprio dovere e di quello dei compagni: "Il compito del capitano è quello di arrivare per primo allo stadio. E' una tradizione che va rispettata. Ma in campo è la squadra intera che deve entrare per prima, perché la squadra è molto più importante dei giocatori, e anche del capitano. I miei doveri di capitano si esauriscono prima del match, quando cerco di convincere ogni giocatore di poter dare di più di quello di cui si crede capace. Il resto è solo formalità".
PIERRE BERBIZIER (1958)
Mediano di mischia, dopo un inizio da tre quarti centro, ha giocato per la Francia dal 1981 al 1991, vincendo quattro titoli con due Grandi Slam. Nato a Saint-Gaudens il 17 giugno 1958, ha ottenuto 56 presenze in Nazionale (13 da capitano), debuttando a Parigi con una vittoria sugli scozzesi per 16-9. Ha partecipato alla Coppa del Mondo nel 1987, vincendo l'argento. Ha chiuso la carriera a Twickenham perdendo 21-19 con l'Inghilterra. Dopo il ritiro, è subito diventato allenatore della Francia: sulla panchina dei Galletti ha trionfato nel 1993, rimanendo per altri due anni. Dall'aprile 2005 allena l'Italia, dopo tre anni al Narbonne e altri come opinionista sportivo de L'Equipe.
SERGE BLANCO (1958)
Estremo di origine venezuelana, è nato a Caracas il 31 agosto 1958. Arrivò in Francia ancora bambino. Fu estremo della Nazionale francese dal 1980 al 1991, con la quale vinse quattro volte il torneo, con due Grandi Slam. Il debutto con i blues avvenne in Sudafrica, a Pretoria, nella quale occasione i locali Springbocks vinsero sui Galletti 37-15. Chiuse la carriera a Parigi, in Coppa del Mondo, perdendo 19-10 con l'Inghilterra. Per lui un totale di 93 caps con la Francia, 17 da capitano. Il suo rugby spettacolare lo rese il miglior estremo degli anni '80, capace di segnare 38 mete. E' ricordato per la grande intesa in campo con Philippe Sella e la sua posizione intercalare nella linea dei tre quarti. Giocò solo nel Biarritz a livello di club.
JOHN JEFFREY (1959)
John Jeffrey, terza linea scozzese degli anni '80, è The White Shark, "lo squalo bianco": squalo per la cattiveria agonistica, bianco per il colore dei capelli. Giocò con la Scozia come terza linea (insieme a Finlay Calder e Derek White) dal 1984 al 1991, collezionando 40 caps. Vinse il torneo nel 1984 e nel 1990, in entrambe le occasioni centrando il Grande Slam e ovviamente la Triple Crown e la Calcutta Cup. Erano decenni che la Scozia non otteneva così tanti successi. Nato a Kelso, non lontano dal confine inglese, il 25 marzo 1959, Jeffrey si contraddistinse per la resistenza al gioco duro. Segnò undici mete con la maglia blu. Nel 1990, a Murrayfield contro l'Inghilterra nel match decisivo, passò la palla a Gavin Hastings che con Tony Stanger costruì la meta che valse la vittoria.
GAVIN HASTINGS (1962)
Nato a Edimburgo il 3 gennaio 1962, Gavin "Big Man" Hastings, estremo, gioca in Nazionale dal 1986 al 1995, vincendo il Sei Nazioni 1990. Presenze totali: 59. Con lui, in campo anche il fratello Scott, tre quarti centro, che di caps ne mette su 65. Giocatore completo, anche se al calcio alternò periodi fortunati ad altri di clamorosi errori. Per Gavin il debutto fu durissimo: sbagliò il calcio d'inizio e subì una meta dal francese Berbizier dopo neppure un minuto di gioco, ma nel corso della stessa partita la Scozia va a vincere 18-17 grazie a sei calci di Hastings. All'inferno e ritorno, è proprio il caso di dirlo: d'ora in poi sarà lui a guidare la Scozia, conquistando i gradi di capitano nel 1993 che manterrà per venti incontri, fino al ritiro.
DAVID SOLE (1962)
Il pilone David Sole giocò per la Scozia dal 1986 al 1992. Totalizzò 44 presenze. Sarà per sempre ricordato come l'uomo che guidò la Scozia nella lenta marcia d'ingresso sul campo di Murrayfield, nella storica partita contro l'Inghilterra, edizione 1990. Quell'ingresso, che a prima vista sembrò dimesso e rassegnato, infiammò invece la folla che spinse i blu al successo. La Scozia di Sole, Jeffrey e Hastings trionfò con un Grande Slam. L'abilità di Sole nel possesso dell'ovale era inestimabile.
NEIL JENKINS (1971)
Neil Jenkins, insieme all'italiano Diego Dominguez, è stato il più preciso calciatore del rugby attuale. Mediano d'apertura, è nato a Church Village l'8 luglio 1971. Ha debuttato nel Galles nel 1991 contro l'Inghilterra, perdendo a Cardiff 25-6. Si è ritirato nel 2002 dopo una lunga carriera in rosso per un totale di 87 presenze. Ha vinto il torneo nel 1994, per lui la sfortuna di trascorrere la sua carriera in un decennio non felicissimo per i Dragoni.
DIEGO DOMINGUEZ (1966)
Uno dei più forti e talentuosi mediani di apertura del rugby moderno, è stato il leader della crescita della Nazionale italiana. Grazie anche alle sue prodezze, gli Azzurri sono stati ammessi nel 2000 al torneo, che così è diventato il Sei Nazioni. Originario dell'Argentina (conta due presenze con i Pumas e 27 punti segnati), ma di madre italiana, è nato a Cordoba il 25 aprile 1966. Iniziò a praticare il rugby in una squadra per allievi di La Tablada sin quando diventò titolare in prima squadra; convocato dal selezionatore della nazionale argentina, disputò 2 partite ufficiali affrontando le nazionali di Paraguay e Cile durante il campionato sudamericano del 1989. Ingaggiato da una squadra di Cognac in Francia nel 1989 si mise in evidenza nel ruolo di trequarti centro e nel 1990 accettò l'ingaggio dell'Amatori Rugby Milano. Diego Dominguez prese la residenza a Milano, avendo la madre proprio milanese ebbe presto la cittadinanza italiana e nella compagine lombarda assunse il ruolo di mediano d'apertura; convocato nella Nazionale italiana, esordì il 2 marzo 1991 affrontando una selezione francese e la sua ultima presenza fu del 22 febbraio 2003 fronteggiando gli irlandesi. La sua partita più memorabile è stata quella del debutto italiano al Sei Nazioni, nel 2000: 34-30 alla Scozia e Diego grande protagonista con i suoi drop. Nel 1997 accettò il contratto della squadra parigina Stade Français nella quale ha disputato la sua ultima partita della carriera il 26 giugno 2004 affrontando il Perpignan allo stadio di Francia, a Parigi, nella partita di finale del campionato francese: lo Stade Français Paris ha vinto per 38 a 20 e Diego Dominguez ha segnato 20 punti realizzando 5 calci di punizione, 1 calcio di conversione, 1 calcio di rimbalzo da 40 metri. Attualmente il noto campione è imprenditore e agente procuratore per rugbysti. Le sue cifre della carriera azzurra sono straordinarie: 74 presenze (due da capitano), 983 punti segnati, 208 calci di punizione realizzati, 127 calci di trasformazione realizzati, 20 drop e 9 mete. Ha disputato i Mondiali 1991, 1995 e 1999 e il Sei Nazioni dal 2000 al 2003.
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Originariamente Scritto da checco78 Visualizza MessaggioSenna,sei un appassionato di rugby?
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Originariamente Scritto da KURTANGLE Visualizza Messaggiodico solo una cosa..........
NON VEDO L ORA !!!!!!!!!!!!!!!!
postate un calendario!
ma sei rinco? l'ho postato proprio sopra il tuo post...
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Originariamente Scritto da Senna94 Visualizza Messaggioinfatti, per te è come il calcio...
per me a rugby si deve giocare come bud spencer in buldozer
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Originariamente Scritto da Senna94 Visualizza MessaggioAnche discreto giocatore in serie C, prossimamente.9-7-2006 CAMPIONI DEL MONDOOOOOOO!!!!!!!
viola forever
"Il successo altrui non deve essere vissuto come un insuccesso nostro-prima regola per imparare a vivere"
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Originariamente Scritto da Senna94 Visualizza Messaggioma sei rinco? l'ho postato proprio sopra il tuo post...
Originariamente Scritto da SPANATEMELAparliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentusOriginariamente Scritto da GoodBoy!ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
grazie.
PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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Originariamente Scritto da Superfustakkion Visualizza Messaggionon seguo nemmeno il calcio,
per me a rugby si deve giocare come bud spencer in buldozer
ma che credi? che sia nà rissa?
è lo sport più onorevole che ci sia...
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Originariamente Scritto da Senna94 Visualizza Messaggioecco lo dicevo, te di rugby un ci capisci nà ****...
ma che credi? che sia nà rissa?
è lo sport più onorevole che ci sia...
per raggiungere la meta bisogna dare ginokkiate nello stomaco e doppio maglio sulla skiena dei difensori
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