Afghanistan - 05.1.2007Più oppio per tuttiNel 2006 l'Afghanistan è diventato il principale fornitore di eroina al mondoIl 2006 si è chiuso con un triste primato: grazie alla enorme crescita dell'industria dell'oppio – le terre coltivate a papavero, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, sono aumentate del 59 percento rispetto al 2005 - l'Afghanistan ormai detiene il monopolio pressoché totale della produzione di eroina nel mondo. Il governo di Kabul e la comunità internazionale cercano di correre ai ripari, ma con scarsi risultati.
Una guerra fallita. La lotta al narcotraffico, nonostante le svariate decine di milioni di dollari impiegate dal governo afgano, è finora miseramente fallita. La produzione ha raggiunto livelli record, nel 2006 sono stati distrutti circa 15.300 ettari di coltivazioni di papavero, meno del 10 percento delle colture totali. Le regioni più ricche di papaveri sono quelle meridionali, e in particolare le province di Helmand e Uruzgan. Non è un caso che siano le stesse zone dove è più forte la resistenza talebana: i profitti dell'oppio, di cui i contadini ricevono una minima parte, vanno a ingrassare i signori della guerra locali e i combattenti del mullah Omar. Con la complicità, secondo molti osservatori, dei funzionari governativi, che chiudono un occhio o due in cambio di soldi e protezione. I papaveri dunque finanziano la jihad. Se ne è accorto il presidente afgano, Hamid Karzai: “Bisogna distruggere l'oppio, o l'oppio distruggerà noi”. Se ne è accorto Habibullah Qaderi, ministro della lotta al narcotraffico: “Nel Paese ci sono quasi un milione di tossicodipendenti”. E se n'è accorto anche il resto del mondo, inondato di eroina “made in Afghanistan”.
Dall'Afghanistan al resto del mondo. Secondo lo sceriffo della contea di Los Angeles, ad esempio, le morti per eroina nella zona sotto la sua giurisdizione sono aumentate del 75 percento dal 2002 al 2004. Poiché gli altri fattori collegabili ai decessi da overdose erano rimasti invariati in quel periodo, l'accresciuta mortalità è da attribuirsi, secondo gli esperti, proprio alle sostanze provenienti dall'Afghanistan, molto più pure rispetto a quelle generalmente in commercio. La Dea, l'ente governativo statunitense che si occupa della lotta al narcotraffico, ha dichiarato che l'eroina afgana costituiva nel 2001 il 7 percento del volume di stupefacenti in commercio negli Usa; tre anni dopo la percentuale era raddoppiata.
Chi ci guadagna? E' da notare poi che il traffico di oppio non arricchisce soltanto signori e signorotti della guerra afgani: a ogni passaggio di mano il margine di profitto aumenta esponenzialmente. L'oppio grezzo, nel 2006, costava in Afghanistan circa 70 euro al chilo. L'eroina raffinata, nel mondo occidentale, poco meno di 70 euro al grammo. Se per i contadini afgani strangolati dai debiti la coltivazione di papavero rappresenta solo un mezzo di sussistenza (spesso l'unico, poiché l'oppio rende più di qualsiasi altra coltivazione), sono i trafficanti internazionali che si mettono in tasca il grosso dei guadagni. Come denuncia anche Antonio Maria Costa, direttore dell'agenzia Onu per la lotta alla droga: “L'Afghanistan ne ricava una brutta fama, gli stranieri ne ricavano grossi profitti”, stimati in 50 miliardi di dollari nel 2006.
Quali soluzioni? Finora, dunque, l'eradicazione dei campi di papavero non è servita. Né sono serviti i programmi di “pubblica consapevolezza” organizzati dal governo afgano. I contadini ammettono di essere in mano ai trafficanti, e di non poter rinunciare alla coltivazione di oppio per motivi economici e per paura di ritorsioni. L'idea, suggerita da diversi fronti, di trasformare il mercato illegale in un commercio legale di oppio per l'industria farmaceutica è stata bocciata come irrealistica da Antonio Maria Costa: “Sul mercato della droga rende tre volte tanto, e comunque la produzione mondiale afgana dello scorso anno equivale al fabbisogno mondiale di morfina per cinque anni”. Gli Stati Uniti hanno chiesto al governo afgano di intraprendere una campagna di fumigazioni aeree dei campi di papavero, proposta che ha scatenato le critiche dei britannici e dei canadesi impegnati in Afghanistan. Il generale britannico David Richards, fino al prossimo febbraio comandante delle truppe straniere di Isaf nel Paese, sostiene che le fumigazioni inevitabilmente distruggerebbero oltre ai papaveri anche gli altri raccolti, e questo porterebbe a un aumento dell'ostilità degli afgani verso la presenza straniera. Il governo afgano ha dapprima rifiutato l'ipotesi, poi accettato di condurre fumigazioni ma solo da terra, escludendo l'uso di aerei. Non è chiaro però se e quando inizieranno. Né quale sarà il loro effetto sulla vita di quel 12 percento di popolazione che sopravvive grazie alla coltivazione del papavero.