I Marilyn file
Marilyn Monroe
Il Presidente John Fitzgerald Kennedy in un momento di colloquio con il fratello Robert, all'epoca Ministro della Giustizia
“Oggi ci troviamo sul limite di una Nuova Frontiera, una frontiera di possibilità e di pericoli sconosciuti”. - John Kennedy, Discorso di accettazione alla candidatura, 15 Luglio 1960
1962: la radio echeggia le note di Louis Armstrong, mentre Hollywood sforna La conquista del West con James Stewart, Lawrence D’Arabia con Peter O’Toole, Cento ragazze e un marinaio con Elvis Presley, e Il Giorno più Lungo, con John Wayne e Robert Mitchum. Oltre ai pionieri del West e agli eroi dell’ultimo conflitto mondiale, musicals spumeggianti e commedie brillanti, fatti apposta per dimenticare la guerra. Norma Jean Baker Mortenson, in arte Marilyn Monroe, sembrava la “medicina” perfetta per il morale degli USA. Allegra, prorompente, piena di vita, incarnazione della “Fidanzata d’America”, Marilyn non solo era destinata a far perdere la testa all’uomo medio, ma doveva, con i suoi comportamenti eccentrici e il suo sex appeal, esorcizzare lo spettro nucleare e la guerra fredda. 1962: il corpo esanime di Marilyn viene scoperto tra le lenzuola rosa del suo letto. Il sogno si trasforma in un incubo. Sul comodino, diverse boccette di pillole vuote. La stampa parla subito di suicidio, e la notizia fa il giro del mondo.
I Primi sospetti “Suicidio un corno”, tuona l’ex marito di Marilyn, Bob Slatzer. “L’hanno uccisa. Sapeva troppo”. La diatriba è recente, e scuote come un terremoto chi ci ha sempre creduto. Slatzer sostiene che la fine di Marilyn sa di servizi segreti e di cover up. Ma perché sarebbe stata uccisa? Forse all’origine c’è il rapporto sentimentale che la legava all’allora Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy e a qualcosa che Kennedy le rivelò: un segreto di stato terribilmente scottante, e che i servizi vollero, con la sua morte, seppellire definitivamente? Secondo alcuni rivelatori e insiders, il predecessore di Kennedy, Eisenhower, avrebbe incontrato una delegazione aliena nel 1954, nella base aerea di Muroc. Da allora (probabilmente da una decina d’anni prima) il problema UFO sarebbe stato gestito dalle massime cariche dello Stato. Logico che anche il successore di Ike fosse a conoscenza del problema. Kennedy dunque sapeva? Lo attestano alcuni documenti siglati MJ-12. Anzi, Kennedy sarebbe entrato a far parte del novero di “chi sa” nell’immediato dopoguerra, prima come esperto di intelligence della Marina, poi come Congressman del Massachusetts. Ma mentre Eisenhower lasciava carta bianca alla CIA, Kennedy pretendeva il controllo assoluto su ogni meccanismo di intelligence. Inoltre, in più di un discorso egli fece intendere che credeva nella vita extraterrestre e nel diritto dei cittadini di sapere la verità.
Qualcosa dallo spazio La relazione fra John Kennedy e la Monroe era iniziata nel ‘54. Un vero colpo di fulmine. Una storia fatta di incontri clandestini al Carlyle Hotel di New York. Politicamente, imbarazzante. Quando Kennedy chiese al fratello Robert di “consolarla e farle dimenticare il Presidente”, Marilyn - una donna per nulla uguale al cliché di bionda svampita per eccellenza - se ne accorse. E non le sfuggirono, probabilmente, i viaggi improvvisi di John verso mete lontane, basi dell’aeronautica nel deserto del Nevada (come l’Area 51) per vedere “qualcosa proveniente dallo spazio”, come risulterebbe da conversazioni telefoniche della stessa Monroe intercettate dai servizi. Ed ecco i suoi pianti, il suo terrore di rimanere sola, la minaccia quasi infantile di rivelare tutto ciò che sapeva alla stampa, se l’avesse lasciata anche Robert, di cui infine si era innamorata. Avrebbe detto tutto. Anche il terribile segreto.
Una morte atroce Due giorni dopo quella telefonata di sfogo in cui minacciava di parlare di UFO e alieni alla stampa, la notte tra il 4 e il 5 Agosto 1962, Marilyn fu trovata morta nel suo appartamento al 12305 Fifth Helena Drive, a Brentwood, Los Angeles. Avrebbe ingerito pillole di barbiturici, a dozzine, senza ingerire neppure un goccio d’acqua. Deceduta ufficialmente a mezzanotte, l’ambulanza viene chiamata solo alle 3.30. Giunti sul luogo, il paramedico e l’autista dell’ambulanza, James Hall, le danno dell’ossigeno. È in semicoma. Si riprende, le torna il colorito in viso. Stanno per portarla via con la barella per trasportarla in ospedale, quando arriva il suo psichiatra, il dottor Ralph Greenson (morto nel 1979), che li allontana, si china su Marilyn e le pratica una violenta iniezione intracardiaca, spezzandole una costola. Marilyn muore in pochi istanti. I paramedici sono esterrefatti: hanno appena assistito ad un omicidio. Lui è il dottore, loro poco più che infermieri, non possono protestare. Ma cosa c’era nella siringa? Il certificato di morte, stilato dal dottor Thomas Noguchi (il coroner - medico legale - più famoso di Hollywood, scomparso recentemente), attesterà che l’attrice è morta per avvelenamento da barbiturici, solamente, non ingeriti, anche se sul corpo non vennero riscontrati segni di punture. Di Nembutal non si trova traccia nel fegato o nello stomaco. Solo nel sangue. Come le fosse stato iniettato in vena. O direttamente nel cuore. Effetto immediato. Alle 4.00 del mattino l’autoambulanza viene mandata via. Vuota. Il corpo della Monroe è ancora in casa. Prima di andarsene, l’autista vede giungere sul luogo un agente di polizia e un uomo in abiti civili. Lo riconosce: è Peter Lawford (morto nel 1984), cognato di John Kennedy. Alle 4.24 l’agente di polizia Jack Clemmons viene chiamato dal dottor Greenson. L’attrice si è suicidata, dice. Al suo arrivo Clemmons trova la signora Eunice Murray, governante della Monroe e Greenson, il quale con voce stridula lo incita più volte a scrivere la parola “suicidio” nel suo rapporto. Ma a Clemmons i conti non tornano. Le versioni della Murray e di Greenson non coincidono, e nel corso degli anni cambieranno considerevolmente. Gli viene detto che l’attrice è morta a mezzanotte, perché aspettare oltre quattro ore, con un corpo senza vita in casa, prima di dare l’avviso e chiamare la polizia? E perché, se come afferma Greenson, Marilyn per suicidarsi si era chiusa in camera e lui per entrare aveva sfondato la finestra, i vetri rotti si trovavano fuori in giardino e non dentro, sul pavimento? Clemmons non trovò risposte ai suoi dubbi. Il diario di Marilyn, a cui lei stessa avrebbe accennato nella sua telefonata, pieno di argomenti scottanti e dichiarazioni esplosive, venne rinvenuto sul luogo e posto nella cassaforte dell’ufficio del coroner, Noguchi). Il giorno dopo era svanito. Mentre avrebbe fatto testo il referto autoptico addomesticato (che avvalora la tesi del suicidio mediante ingestione di 47 pillole di barbiturici) redatto da Theodore Curfey. Presente all’autopsia, il vice coroner Lionel Grandison avrebbe testimoniato che ad occultare le prove sarebbe stato proprio il suo capo, il coroner di Los Angeles, Theodore Curfey. La stessa notte della morte di Marilyn, una macchina governativa con a bordo il senatore Bob Kennedy fu fermata da un agente della stradale, Lynn Franklin, a pochi chilometri dalla casa dell’attrice. La macchina andava a 120 Km orari in una zona il cui limite di velocità era di soli 40. L’agente riconobbe subito il senatore Kennedy, seduto sul sedile posteriore, al volante c’era Peter Lawford, e accanto il dottor Greenson. I tre erano tesi, il volto madido di sudore. Avevano fretta. Dove era appena stato Bob Kennedy? A cosa aveva assistito?
Uno scenario allucinante Secondo la ricostruzione dei ricercatori (e degli investigatori incaricati da Slatzer), sarebbe ipotizzabile il seguente scenario. Quella sera Bob Kennedy si era recato a parlare con la Monroe, forse per dirle che anche lui, come il fratello, aveva intenzione di rompere la relazione. Sembra che tutti desiderassero Marilyn, ma che nessuno riuscisse a starle vicino per più di tanto. La reazione dell’attrice probabilmente fu terribile. È possibile che Marilyn, di temperamento esplosivo, avesse deciso di convocare la stampa e dire tutto. Sarebbero allora intervenuti gli uomini dell’intelligence che, dopo aver allontanato il fratello del Presidente per evitare ogni complicazione, le iniettarono una prima dose di Nembutal. In fondo era la prassi, trattandosi di sicurezza nazionale. Poi si allestisce lo “scenario” del suicidio con tanto di flaconi vuoti di pillole, ma dimenticando di porre una brocca o un bicchiere d’acqua. “Marilyn non riusciva a prendere neanche una piccola pillola per il mal di testa, senza un paio di bicchieri d’acqua”, afferma chi la conosceva bene. Insomma, la tesi del suicidio non regge. La morte della Monroe sconvolse i due fratelli Kennedy, che non potevano attendersi un intervento così drastico da parte dei servizi segreti nel loro privato. Non a caso, poco dopo l’accaduto il Presidente John Kennedy affermò: “lo stesso ufficio del Presidente viene usato per sovvertire i diritti dei cittadini, ed è mio diritto renderlo noto”. Tra Kennedy e i servizi andava avanti un braccio di ferro iniziato quando il Presidente destituì Allen Dulles dalla carica di capo della CIA. E probabilmente uno degli argomenti di contrasto erano gli UFO. Forse la Monroe stava per rivelare cosa veniva custodito nell’Area 51? Come avrebbero reagito i media, di fronte a un testimone così in vista? Come insabbiare tutta la faccenda? Tappandole la bocca.
Le tesi di John Lear e Milton William Cooper Forse John Kennedy aveva deciso che il prezzo del silenzio era diventato troppo alto, e che c’era solo un modo per evitare che i servizi segreti e alcuni gruppi ombra acquisissero troppo potere: dire tutta la verità sugli UFO. Questa è più di una teoria, secondo John Lear, pilota aeronautico ed ex agente CIA, e figlio di William Lear, magnate dell’industria Lear Jet. Noto in ambiente ufologico per le sue rivelazioni sul cosiddetto Patto Scellerato (accordo che un governo ombra, il Gruppo MJ-12, avrebbe stipulato con gli alieni all’insaputa degli elettori) Lear fu contattato da un ufficiale della Marina USA, Milton William Cooper, il quale raccontava di aver visto documenti militari concernenti gli UFO nel 1966, quando era di servizio sul sottomarino dell’US Navy USS Tiru. Nel 1988, allontanato dal servizio per aver divulgato fatti coperti da segreto militare e aver parlato con il ricercatore Stanton Friedman, nei mesi seguenti Cooper vuotò il sacco, e su un sito Internet parlò di tutti i documenti governativi top secret riguardanti gli UFO da lui personalmente visionati. Lear avallò gran parte delle sue rivelazioni. Nel 1988 decaddero i diritti sul famoso spezzone filmato di Abraham Zapruder, il cineoperatore che involontariamente impresse in 26 secondi di pellicola la morte del Presidente Kennedy. Così C. Hansson, un ricercatore indipendente che investigava sul caso JFK già da parecchio, lo incorporò in un suo documentario intitolato The Truth Betrayed: Dallas Revisited. Sempre alla ricerca di finanziamenti per le sue indagini, Hansson spedì una copia del documentario a John Lear. Lear iniziò ad appassionarsi al caso JFK, e Cooper gli disse di conoscere il motivo per cui sarebbe stato organizzato l’attentato: Kennedy avrebbe minacciato alcuni esponenti dell’intelligence di “voler dire al pubblico tutta la verità sugli UFO, e così il MJ-12 decise di farlo fuori”. Cooper sosteneva di aver visto documenti timbrati MJ-12 che narravano con dovizia di particolari come l’assassinio fosse stato pianificato ed eseguito da uomini dei servizi. Quello stesso anno Lear mostrò il documentario di Hansson nel corso della riunione annuale degli ex agenti dei servizi segreti USA, che si tenne a Las Vegas, chiedendo ai colleghi: “se ipoteticamente i vostri superiori vi avessero ordinato di uccidere il Presidente degli Stati Uniti, avreste obbedito?” Quattro persone alzarono la mano. Forse il terribile segreto di Marilyn fu lo stesso che causò la morte di un Presidente giunto alla decisione di rendere noto quello che oggi il dottor Michael Wolf definisce “Il Grande Annuncio”. E questo certamente non piacque ai burrattinai. Non sapremo mai la natura dei segreti racchiusi nel diario rosso di Marilyn. Ma quelle pagine bruciano ancora, come pagine di storia mai scritte. Bruciano, come una verità ancora coperta da un’orribile “ragion di stato”.
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