SANTIAGO DEL CILE (CILE) - L'ex dittatore cileno Augusto Pinochet è morto a Santiago del Cile all'età di 91 anni a seguito dell'infarto che lo aveva colpito il 3 dicembre scorso.
«Si comunica - sostiene il dodicesimo bollettino dell'ospedale militare in cui era ricoverato dal 3 dicembre scorso - la dolorosa morte dell'ex presidente della repubblica ed ex comandante in capo dell'esercito, capitano generale Augusto Pinochet Ugarte». «Alle 13.30 (le 17:30 italiane) - si aggiunge nel bollettino - il paziente ha sofferto un inatteso e grave scompenso che ha obbligato il suo trasferimento in condizioni critiche nel reparto di rianimazione». «Sono state applicate tutte le misure mediche possibili per rianimarlo - conclude il Bollettino - ma non si è ottenuta una risposta clinica positiva, e la morte è intervenuta alle 14.15 (le 18.15 in Italia)».
GLI ANNI DELLA DITTATURA - Pinochet fu presidente de facto del regime militare in Cile (1973-1990) e per quasi 25 capo di uno dei più temuti eserciti dell'America latina. Giunse a dichiarare: «In Cile non si muove una foglia senza che io lo sappia». Nato a Valparaiso il 25 novembre 1915 e primo di sei figli, entrò per volere del padre, ma soltanto al terzo tentativo, nel 1933, nella Scuola Militare. Sposatosi nel 1943 con Lucia Hiriart Rodriguez, ha avuto cinque figli (Ines Lucia, Augusto Osvaldo, Maria Veronica, Marco Antonio e Jacqueline Maria) che gli hanno dato una trentina di nipoti. Amante della famiglia, del cinema e dei libri di storia, Pinochet fu nominato al vertice dell'esercito, 20 giorni prima del golpe, proprio da quel presidente Salvador Allende che lo considerava un militare tutto d'un pezzo. L'11 settembre 1973 tradì la fiducia del legittimo presidente e lo destituì, facendolo uccidere in un cruento colpo di Stato. Lo stadio nazionale fu trasformato in lager, si scatenarono le violenze e le torture della terribile polizia politica, e ci furono circa 2.000 desaparecidos. Pinochet riuscì successivamente a imporsi come presidente della giunta militare battendo abilmente l'ammiraglio Josè Toribio Merino e il 17 dicembre 1974 assunse la presidenza del paese. Riconfermato l'11 marzo 1981 per un secondo mandato di otto anni, ebbe l'appoggio di molti cileni, in particolare degli uomini d'affari che negli anni Ottanta hanno prosperato grazie a un programma economico neoliberista, che ha permesso al Cile di sanare la sua economia ma con alti costi sociali. Il 7 settembre 1986 uscì indenne da un attentato realizzato dal Fronte patriottico Manuel Rodriguez (Fpmn) che costò la vita a cinque uomini della sua scorta. Il suo allontanamento dalla presidenza cilena coincise con un referendum popolare che lui era sicuro di vincere il 5 ottobre 1988. Ma il risultato lo sorprese e amareggiò: il 42% disse sì alla sua permanenza e il 55,2% rispose invece no, e così il 10 marzo 1990 Pinochet uscì dalla Moneda, lasciando il posto al presidente democristiano Patricio Aylwin. Restò però alla guida dell'esercito, un incarico che avrebbe abbandonato soltanto il 10 marzo 1998, per assumere il giorno dopo la funzione di senatore a vita.
I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI - In questi ultimi anni Pinochet era stato arrestato più a volte a seguito dell'accuse giunte da vari tribunali, anche stranieri, in merito agli omicidi e alle torture avvenute sotto la sua dittatura.
L'immagine di invulnerabilità di Augusto Pinochet cominciò ad incrinarsi il 16 ottobre 1998, quando il giudice spagnolo Baltasar Garzon ordinò e ottenne il suo arresto a fine di estradizione. L'ex generale passò in cella a Londra 503 giorni, e grazie ad una sotterranea trattativa fra la Gran Bretagna e il Cile, il ministro dell'interno dell'epoca, Jack Straw, respinse la richiesta del magistrato spagnolo e lo rimandò a casa dove tornò il 3 marzo 2000. L'ex dittatore non aveva ancora chiaro in quel momento che l'ultima fase della sua vita sarebbe stato un lungo e stringente calvario, costellato di oltre 300 denunce per violazione dei diritti umani, dell'avvio di numerose cause, alcune delle quali sono ancora aperte, e di tre arresti domiciliari.
RINVIATO A GIUDIZIO - Nel gennaio 2002, il giudice Juan Guzman, oggi in pensione, lo rinviò a giudizio per reati collegati con la «Carovana della Morte», uno squadrone militare che percorse il Cile nel 1973 per assassinare gli oppositori. Nel luglio dello stesso anno, però, la Corte suprema decise la sospensione del processo, viste le condizioni mentali - una forma leggera di demenza - dell'imputato. Questa sentenza permise anche la chiusura di un'altra causa che lo vedeva implicato: quella dell'attentato che causò la morte (a Buenos Aires, nel settembre 1974) del suo predecessore alla guida dell'esercito, il generale Carlos Prats. Ma un'intervista concessa da Pinochet ad una televisione di Miami nel dicembre 2003 riaprì il dibattito sulla lucidità dell'ex generale e permise la presentazione di una nuova richiesta di revoca della sua immunità per il processo legato alla Operazione Condor, la rete repressiva organizzata alla fine degli anni '70 dalla Dina, temibile polizia politica della dittatura, con le consorelle degli altri regimi militari della regione. Il giudice Guzman rinviò a giudizio Pinochet per questa causa, ma nuovamente la Corte suprema utilizzò l'argomento delle condizioni di salute per bloccare la procedura. Ma contemporaneamente un altro pm cileno, Sergio Munoz, aveva miglior fortuna con una causa - quella per i conti scoperti nel 2004 nella Riggs Bank degli Stati Uniti - che toccava non la sfera dei diritti umani, ma l'etica e l'onorabilità di Pinochet. È proprio per i reati di evasione e frode fiscale ed uso di passaporti falsi che nel 2005 il giudice Carlos Cerda rinviò a giudizio l'ex generale, come il suo predecessore Munoz aveva fatto con la moglie Lucia Hiriart e il figlio minore Marco Antonio. Ma non è tutto: poche ore dopo la libertà provvisoria concessa dalla Corte d'appello all'ex dittatore per la causa relativa ai conti Riggs, il 24 novembre 2005 il giudice Victor Montiglio annunciò il suo rinvio a giudizio per la cosiddetta Operazione Colombo, disponendone gli arresti domiciliari. L'Operazione Colombo fu un montaggio orchestrato dalla Dina, temibile polizia politica della dittatura militare, per occultare nel 1975 la morte di 119 oppositori.
ARRESTI DOMICILIARI - Liberato il 12 gennaio 2006, il 30 ottobre scorso Pinochet è stato posto nuovamente agli arresti domiciliari per i crimini della prigione segreta di Villa Grimaldi. Dieci giorni dopo è stato liberato dietro cauzione, ma il 27 novembre un giudice ha ordinato il suo arresto e gli arresti domiciliari per la vicenda della «Carovana della morte». Dal 3 di questo mese Pinochet era stato ricoverato nell'ospedale militare di Santiago del Cile per infarto. Le sue condizioni negli ultimi giorni sembravano essere migliorate, tanto che si era parlato di dimetterlo. Oggi la morte
Allora, inizio io: qualcuno ha il coraggio di dire: pace all'anima sua?
«Si comunica - sostiene il dodicesimo bollettino dell'ospedale militare in cui era ricoverato dal 3 dicembre scorso - la dolorosa morte dell'ex presidente della repubblica ed ex comandante in capo dell'esercito, capitano generale Augusto Pinochet Ugarte». «Alle 13.30 (le 17:30 italiane) - si aggiunge nel bollettino - il paziente ha sofferto un inatteso e grave scompenso che ha obbligato il suo trasferimento in condizioni critiche nel reparto di rianimazione». «Sono state applicate tutte le misure mediche possibili per rianimarlo - conclude il Bollettino - ma non si è ottenuta una risposta clinica positiva, e la morte è intervenuta alle 14.15 (le 18.15 in Italia)».
GLI ANNI DELLA DITTATURA - Pinochet fu presidente de facto del regime militare in Cile (1973-1990) e per quasi 25 capo di uno dei più temuti eserciti dell'America latina. Giunse a dichiarare: «In Cile non si muove una foglia senza che io lo sappia». Nato a Valparaiso il 25 novembre 1915 e primo di sei figli, entrò per volere del padre, ma soltanto al terzo tentativo, nel 1933, nella Scuola Militare. Sposatosi nel 1943 con Lucia Hiriart Rodriguez, ha avuto cinque figli (Ines Lucia, Augusto Osvaldo, Maria Veronica, Marco Antonio e Jacqueline Maria) che gli hanno dato una trentina di nipoti. Amante della famiglia, del cinema e dei libri di storia, Pinochet fu nominato al vertice dell'esercito, 20 giorni prima del golpe, proprio da quel presidente Salvador Allende che lo considerava un militare tutto d'un pezzo. L'11 settembre 1973 tradì la fiducia del legittimo presidente e lo destituì, facendolo uccidere in un cruento colpo di Stato. Lo stadio nazionale fu trasformato in lager, si scatenarono le violenze e le torture della terribile polizia politica, e ci furono circa 2.000 desaparecidos. Pinochet riuscì successivamente a imporsi come presidente della giunta militare battendo abilmente l'ammiraglio Josè Toribio Merino e il 17 dicembre 1974 assunse la presidenza del paese. Riconfermato l'11 marzo 1981 per un secondo mandato di otto anni, ebbe l'appoggio di molti cileni, in particolare degli uomini d'affari che negli anni Ottanta hanno prosperato grazie a un programma economico neoliberista, che ha permesso al Cile di sanare la sua economia ma con alti costi sociali. Il 7 settembre 1986 uscì indenne da un attentato realizzato dal Fronte patriottico Manuel Rodriguez (Fpmn) che costò la vita a cinque uomini della sua scorta. Il suo allontanamento dalla presidenza cilena coincise con un referendum popolare che lui era sicuro di vincere il 5 ottobre 1988. Ma il risultato lo sorprese e amareggiò: il 42% disse sì alla sua permanenza e il 55,2% rispose invece no, e così il 10 marzo 1990 Pinochet uscì dalla Moneda, lasciando il posto al presidente democristiano Patricio Aylwin. Restò però alla guida dell'esercito, un incarico che avrebbe abbandonato soltanto il 10 marzo 1998, per assumere il giorno dopo la funzione di senatore a vita.
I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI - In questi ultimi anni Pinochet era stato arrestato più a volte a seguito dell'accuse giunte da vari tribunali, anche stranieri, in merito agli omicidi e alle torture avvenute sotto la sua dittatura.
L'immagine di invulnerabilità di Augusto Pinochet cominciò ad incrinarsi il 16 ottobre 1998, quando il giudice spagnolo Baltasar Garzon ordinò e ottenne il suo arresto a fine di estradizione. L'ex generale passò in cella a Londra 503 giorni, e grazie ad una sotterranea trattativa fra la Gran Bretagna e il Cile, il ministro dell'interno dell'epoca, Jack Straw, respinse la richiesta del magistrato spagnolo e lo rimandò a casa dove tornò il 3 marzo 2000. L'ex dittatore non aveva ancora chiaro in quel momento che l'ultima fase della sua vita sarebbe stato un lungo e stringente calvario, costellato di oltre 300 denunce per violazione dei diritti umani, dell'avvio di numerose cause, alcune delle quali sono ancora aperte, e di tre arresti domiciliari.
RINVIATO A GIUDIZIO - Nel gennaio 2002, il giudice Juan Guzman, oggi in pensione, lo rinviò a giudizio per reati collegati con la «Carovana della Morte», uno squadrone militare che percorse il Cile nel 1973 per assassinare gli oppositori. Nel luglio dello stesso anno, però, la Corte suprema decise la sospensione del processo, viste le condizioni mentali - una forma leggera di demenza - dell'imputato. Questa sentenza permise anche la chiusura di un'altra causa che lo vedeva implicato: quella dell'attentato che causò la morte (a Buenos Aires, nel settembre 1974) del suo predecessore alla guida dell'esercito, il generale Carlos Prats. Ma un'intervista concessa da Pinochet ad una televisione di Miami nel dicembre 2003 riaprì il dibattito sulla lucidità dell'ex generale e permise la presentazione di una nuova richiesta di revoca della sua immunità per il processo legato alla Operazione Condor, la rete repressiva organizzata alla fine degli anni '70 dalla Dina, temibile polizia politica della dittatura, con le consorelle degli altri regimi militari della regione. Il giudice Guzman rinviò a giudizio Pinochet per questa causa, ma nuovamente la Corte suprema utilizzò l'argomento delle condizioni di salute per bloccare la procedura. Ma contemporaneamente un altro pm cileno, Sergio Munoz, aveva miglior fortuna con una causa - quella per i conti scoperti nel 2004 nella Riggs Bank degli Stati Uniti - che toccava non la sfera dei diritti umani, ma l'etica e l'onorabilità di Pinochet. È proprio per i reati di evasione e frode fiscale ed uso di passaporti falsi che nel 2005 il giudice Carlos Cerda rinviò a giudizio l'ex generale, come il suo predecessore Munoz aveva fatto con la moglie Lucia Hiriart e il figlio minore Marco Antonio. Ma non è tutto: poche ore dopo la libertà provvisoria concessa dalla Corte d'appello all'ex dittatore per la causa relativa ai conti Riggs, il 24 novembre 2005 il giudice Victor Montiglio annunciò il suo rinvio a giudizio per la cosiddetta Operazione Colombo, disponendone gli arresti domiciliari. L'Operazione Colombo fu un montaggio orchestrato dalla Dina, temibile polizia politica della dittatura militare, per occultare nel 1975 la morte di 119 oppositori.
ARRESTI DOMICILIARI - Liberato il 12 gennaio 2006, il 30 ottobre scorso Pinochet è stato posto nuovamente agli arresti domiciliari per i crimini della prigione segreta di Villa Grimaldi. Dieci giorni dopo è stato liberato dietro cauzione, ma il 27 novembre un giudice ha ordinato il suo arresto e gli arresti domiciliari per la vicenda della «Carovana della morte». Dal 3 di questo mese Pinochet era stato ricoverato nell'ospedale militare di Santiago del Cile per infarto. Le sue condizioni negli ultimi giorni sembravano essere migliorate, tanto che si era parlato di dimetterlo. Oggi la morte
Allora, inizio io: qualcuno ha il coraggio di dire: pace all'anima sua?
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