Dopo aver riportato le mie personali impressioni sul trofeo “Due Torri” ed averlo fatto dando un taglio da opinionista al commento, nel tentativo di stimolare non tanto la polemica – che è l’ultima cosa che ci serve – quanto la discussione costruttiva intorno ad argomenti di comune interesse; vorrei ora concentrarmi su quello che, per quanto mi riguarda, era il motivo principe della mia presenza a Bologna.
Non che la gara non mi interessasse, tutt’altro – e chi mi ha visto con penna e blocchetto costantemente in mano a prendere appunti potrà confermarlo… - ma il 2° incontro interfederale costituiva un appuntamento di risonanza troppo grande per essere oscurato da una seppur importante gara.
La scelta di vedersi a Bologna è partita dal presupposto che un po’ tutti, per ovvie ragioni, sarebbero stati presenti nel capoluogo emiliano e quindi si sarebbe evitato il disagio di dover affrontare una nuova apposita trasferta: motivazioni giustificate dunque, se non fosse per il fatto che molti dei personaggi che avrebbero dovuto presenziare all’incontro erano straimpegnati durante il weekend, chi perché aveva degli atleti al seguito, chi perché impegnato in giuria, chi perché impossibilitato ad arrivare di sabato…
L’ardua impresa di trovare una sede, un giorno ed un orario comodo per tutti ha comportato un balletto di spostamenti dell’appuntamento che ha disorientato un po’ tutti, principalmente chi aveva organizzato di andare a Bologna soltanto per la riunione.
Alla fine si è deciso di far svolgere l’incontro a cavallo tra il pregara e la gara, decisione discutibile per tanti motivi, non ultimo quello della mancanza di tempo e della naturale, comprensibilissima stanchezza di alcuni.
Premetto che la riunione aveva un preciso ordine del giorno:
1) Trovare una sede idonea per il Super Campionato Italiano
2) Stabilire i criteri di accesso
3) Stabilire le categorie di peso e/o altezza
4) Nominare i giudici che avrebbero costituito l’albo giudicante.
Durante la 1° riunione di Napoli, ai rappresentanti di tutte le federazioni intervenute era stato concesso uno spazio per esporre il proprio parere e, a fine giornata, era stato compilato un resoconto, controfirmato da tutti, in cui si tracciavano le linee guida di quello che avrebbe dovuto essere l’inizio di una vera e propria collaborazione.
Tali linee guida riguardavano più settori: si andava dalla reciproca collaborazione nella promozione e nello svolgimento delle competizioni all’istituzione di una Scuola Interfederale di giudici; dall’organizzazione di un Super Campionato Italiano alla creazione di una scuola di formazione per tecnici che avesse caratteristiche scientifiche e metodologiche condivise.
Un documento programmatico di ampio respiro dunque, che non si fermava solo al momento agonistico e che aveva lo scopo di rivalutare il nostro sport agendo da varie angolazioni.
E’ chiaro a chiunque che un programma di questo tipo non potrà mai essere realizzato in tempi brevi, tanto più che sino a ieri i dirigenti delle varie federazioni evitavano anche solo di guardarsi in faccia per non dire di peggio…il solo fatto di trovarsi seduti attorno ad un unico tavolo, di discutere e di avere l’umiltà di ascoltare tutte le proposte, mi era già sembrato un grande successo.
E’ bene anche ricordare che la 1° riunione di Napoli era nata in un modo del tutto particolare: non si è trattato di un’iniziativa partita dall’alto, ossia dai vertici federativi, ma di un moto spontaneo caldeggiato da alcuni membri particolarmente “sensibili” delle federazioni stesse.
Si è partiti dall’idea di un accordo tra la WPF-I e lo CSEN, spalleggiato da Nicola Camera, Francesco De Nardo ed Andrea Tedeschi, a cui man mano si sono aggregati esponenti delle maggiori federazioni, attraverso un passa parola fatto principalmente tramite il forum di Bodyweb.
Quello che sarebbe dovuto essere il punto d’incontro tra due federazioni, giorno per giorno si è andato trasformando in un momento aggregativo generale che andava ben al di là delle più rosee previsioni.
Probabilmente il fatto di essere un qualcosa lanciata lì e cresciuta quasi da sola ha avuto effetti positivi e negativi allo stesso tempo: positivi perché i presidenti delle varie sigle federative si sono trovati quasi costretti a dover accettare di partecipare, visto l’unanime consenso di base che si era andato creando attorno a questa ipotesi aggregativa; negativi perché non si è avuta la certezza che tutti fossero stati avvertiti per tempo.
Non tutto però può essere sempre perfetto, soprattutto in questo caso in cui il risultato finale è finito con l’andare ben oltre le intenzioni iniziali: del resto sono convinto del fatto che se si fosse organizzata una riunione tradizionale, con tanto di inviti ufficiali ai singoli Presidenti, quasi nessuno si sarebbe reso disponibile o, nella migliore delle ipotesi, lo spirito sarebbe stato ben diverso.
Senza dubbio il fatto che ai vertici di molte federazioni vi fossero persone nuove, lontane dalle vecchie polemiche e dalle lotte degli anni 80/90, ha favorito un dialogo più sereno e maturo.
Probabilmente vi starete chiedendo il motivo per cui sto facendo questa introduzione così minuziosa, è presto detto: la 2° riunione ha avuto una impostazione diversa rispetto alla prima; sì, è vero, anche questa è stata promossa ed organizzata sfruttando le potenzialità di internet e quelle di alcune persone particolarmente attive (Nicola Camera ed Andrea Tedeschi su tutti), però l’eco del successo del primo incontro ha spinto a partecipare anche coloro i quali, per diverse motivazioni, non erano stati presenti a Napoli.
C’erano gli inviati delle principali testate del settore, come Amedeo Marsan (direttore di “Cultura Fisica”), che ha dedicato alla riunione l’editoriale dell’ultimo numero del giornale, e Rossella Pruneti (inviata di “Big”), che in tutti i numeri dedica uno spazio a questo argomento, nonché tutti i nomi storici che hanno costruito (e distrutto allo stesso tempo) la cultura fisica italiana: Franco Fassi (ex Presidente della FIACF, la vecchia IFBB Italia), Bruno Piccoli (ex Presidente dell'AICAP/WABBA), Filippo Massaroni (Presidente della NABBA Italia) ed ha fatto una piccola e silenziosa apparizione anche Umberto Devetak tanto che alcuni di noi, io in testa, hanno temuto l’imminente inizio di una rissa non solo verbale...
Per fortuna almeno questa ipotesi è stata scongiurata.
Sarà stata la stanchezza per l’orario scelto o la consapevolezza di aver poco tempo a disposizione per discutere tutti gli argomenti, fatto sta che si è andati subito a discutere, senza troppi preamboli, gli argomenti all’ordine del giorno, senza considerare che, nel lasso di tempo intercorso tra il primo incontro e questo di Bologna, alcuni dei progetti già accennati e controfirmati a Napoli hanno avuto ulteriori evoluzioni.
L’ipotesi del Super Campionato Italiano ha preso corpo riscontrando l’interesse di molte aziende del settore, disposte anche ad investire su un progetto di questo tipo; sono stati fatti nomi di sponsor, luoghi ed eventi papabili per lo svolgimento della manifestazione…
Il mio obiettivo non è quello né di condannare né di difendere nessuno: quando nascono incomprensioni o divergenze, mi piace soltanto sforzarmi di mettermi nei panni di ciascuno dei partecipanti e provare ad interpretare i progetti alla luce di quello che è il loro vissuto nel campo della Cultura Fisica.
Tutti noi conosciamo Filippo Massaroni, chi di fama (come me) chi di persona, tutti conosciamo la veemenza del suo carattere e la forza di alcune sue posizioni: ognuno di noi del resto ha pregi e difetti ripartiti in ugual misura; l’optimum, per quello che è lo scopo di questi incontri, sarebbe quello di fare dei pregi dei singoli un bene comune e minimizzare i difetti attraverso una giusta dose di tolleranza e di autocontrollo.
Probabilmente Massaroni, dico probabilmente, non avendo avuto modo di conoscere molte delle persone, non avendo partecipato direttamente al primo incontro ed avendo solo sotto mano il documento programmatico che ne era scaturito, si aspettava che la riunione di Bologna avesse la finalità di continuare ad approfondire tutte le tematiche di cui si è detto in precedenza.
Del resto il prof. Carlo Altamura, rappresentate NABBA a Napoli, già in quella prima occasione aveva indicato quali fossero gli obiettivi che la sua federazione riteneva prioritari: con un discorso forse un po’ retorico, ma applaudito da tutti, Altamura aveva invitato i presenti a riflettere su quali fossero le cause vere della disaffezione nei confronti del bodybuilding da parte delle masse e, ancor prima, da parte della famiglia italiana: aveva parlato di modelli sbagliati e poco vicini al gusto del frequentatore medio delle palestre, di frammentazione delle risorse umane e di criteri di formazione dei tecnici eterogenei, carenti e troppo poco uniformi per avere una speranza di essere riconosciuti come validi dalla comunità scientifica.
Chi potrebbe non condividere un discorso di questo tipo? Infatti tutti applaudimmo Altamura, pur consapevoli che un programma di lavoro che avesse lo scopo di affrontare e dare una soluzione praticabile a problemi di carattere sportivo/sociale, doveva essere strutturato sulla base di un’unione già consolidata, attraverso gruppi di lavoro o commissioni preposte ad affrontare singolarmente i problemi e capaci di relazionare in maniera efficace tra loro.
Posso pensare che Massaroni si aspettasse di dover discutere di queste problematiche e che, sentendo parlare solo di gare, di campionati, di categorie di peso e di sponsor, con lo spirito sospettoso e disilluso di chi in 30 anni ne ha viste di tutti i colori, abbia pensato che la finalità dei nostri incontri fosse solo quella di organizzare gare e che, dietro l’impulso di coesione, vi fossero solo bassi interessi personali.
Quello che non mi sento di condividere è la reazione che Massaroni ha avuto solo sulla base di una impressione, derivata tra l’altro da poche battute di una riunione che aveva già un suo preciso ordine del giorno.
Ciò nonostante non credo assolutamente che Massaroni fosse venuto a Bologna con lo scopo preciso di screditare i nostri sforzi e mi dissocio da chi generalizza apostrofando come “vecchio” tutti coloro che hanno fatto la storia del nostro sport in Italia.
Che alcune posizioni intransigenti siano ormai anacronistiche non vi è dubbio, ma penso valga la pena di riflettere attentamente prima di dare dei giudizi frettolosi: Massaroni ha portato a Bologna una bozza di quello che sarebbe potuto essere un piano di lavoro coordinato, ne ha fatto un’ampia relazione scritta e l’ha consegnata ad alcuni dei partecipanti prima dell’inizio dell’incontro.
Purtroppo non ne ho una copia e ho soltanto visionato il documento per sommi capi, però pensate che una persona che abbia solo l’intenzione di mandare tutto in fumo si preoccupi di scrivere un documento di svariate pagine (almeno una ventina…) sui possibili piani di lavoro da intraprendere?
Io penso proprio di no e, dunque, sono più portato a credere che si sia trattato di un equivoco dovuto alla fretta e, diciamocelo pure, ad una certa carenza di informazione riguardo l’oggetto di questo secondo incontro. In fondo se voi vi foste impegnati ad analizzare un problema di ampio respiro, aveste trovato delle possibili strade da percorrere, aveste scritto una relazione approfondita ed articolata e vi foste aspettati di discutere di tali proposte insieme ai dirigenti di tutte le federazioni e poi, alla resa dei conti, vi foste trovati a parlare soltanto di date, di categorie di peso e di sponsor come l’avreste presa?
Non vorrei che le mie parole fossero equivocate, non sto giustificando l’attacco a 360 gradi di Filippo Massaroni ed il suo modo quanto meno “forte” di relazionarsi con gli altri, sto solo cercando di comprenderne le motivazioni senza banalizzare il tutto come ho sentito fare qua e là.
Il Super Campionato Italiano senz’altro si farà dal momento che quasi tutte le federazioni hanno mostrato di essere interessate al progetto, stabiliremo insieme le modalità, il luogo della competizione che riterremo più idoneo, la data, ma comunque si farà.
Tornando all’aspetto programmatico, che è poi quello che più ci interessa, indipendentemente dalle liti e dalle incomprensioni che ci sono state e che probabilmente continueranno ad esserci, alla luce di quanto accaduto a Bologna, è doveroso fare un punto della situazione.
Quello che mi preme sottolineare è un altro aspetto che, da quello che ho potuto percepire, sfugge a molti personaggi presenti alla riunione: se lo spirito principale che ci anima è quello di intraprendere un piano di lavoro comune per il bene della Cultura Fisica, bisogna cercare di abbandonare, almeno in questo contesto, i vecchi concetti di federazione.
Siamo tutti sulla stessa barca: la IFBB è uguale alla più piccola delle federazioni.
Quello che conta non è tanto il nome ma il contributo che ognuna delle parti può dare al buon esito del nostro progetto: se la LIBERTAS – tanto per fare un nome – ha nei suoi ranghi potenzialità e competenze che possono tornare utili a tutti, è giusto che le metta a disposizione; la IFBB o la NABBA ne avrà delle altre e dovrà fornirle allo stesso modo…ognuno, nel suo piccolo o nel suo grande, potrà e dovrà dare il proprio contributo.
Di questo abbiamo bisogno, perché gli argomenti da affrontare sono complessi ed articolati, prescindono dalle giurie, dalle gare, da Panatta o da qualsiasi altro componente del nostro piccolo mondo; dobbiamo allargare i nostri orizzonti visivi se vorremo sopravvivere: la gara che organizzeremo dovrà essere solo il primo, piccolo passo iniziale, la vera partita si giocherà sul piano istituzionale, sul campo della formazione, su quello sociologico/culturale dell’accettazione da parte dei media, su quello dei modelli da proporre al pubblico che non ci conosce e che, spesso, ci vede come mostri…in questi fondamentali campi chissà, probabilmente la LIBERTAS potrebbe fornire più risorse e contributi di tutte le altre federazioni messe insieme.
I rappresentanti della NABBA Italia hanno portato all’attenzione generale un manifesto, stampato ed affisso dalla regione Toscana, in cui veniva raffigurato un culturista in posa con una vistosa scritta che non ricordo in maniera precisa, ma il cui senso è “la vita non è doping”.
Questo è il nostro problema principale, la società ci considera come un manifesto del doping. Dobbiamo arrivare a combattere non tanto il problema doping in sé – che è un problema di natura sociale che va ben oltre le nostre reali competenze e possibilità – ma questo luogo comune: farlo non sarà semplice, anche perché a molti esponenti degli sport ufficiali fa comodo questa associazione, ma dobbiamo trovare insieme il modo ed i mezzi per dare un segnale di vita, per mettere sul piatto della bilancia valori diversi, per far comprendere alle persone che abbiamo anche dell’altro da dare, che possiamo proporci come tecnici seri e preparati, che la nostra cultura spazia oltre l’orizzonte limitato dei bilancieri ed abbraccia tutto ciò che è salute, benessere, carattere, efficienza fisica e mentale.
I risultati non si vedranno domani e forse neanche dopodomani, ma abbiamo il dovere di provare a costruire insieme solide fondamenta per far sì che venga avviato un programma coordinato di azione, ampiamente discusso e condiviso, che ci veda uniti e determinati nei mezzi e negli scopi.
A questo punto molti di voi si chiederanno quali sono le proposte di azione: fermo restando il fatto che ognuno di noi può e deve portare il proprio contributo per quanto concerne idee e linee di azione, posso dare un mio personale parere sull’argomento.
Massaroni ed Altamura, tra una discussione e l’altra, hanno posto l’accento sulla formazione tecnica e sui modelli sbagliati che oggi proponiamo al pubblico: sono idee, condivisibili o meno, che meritano un’analisi adeguata così come qualunque altra idea articolata che venisse proposta da altri.
Per quanto concerne la formazione tecnica non posso che essere d’accordo: tutti noi conosciamo la situazione attuale…
Spalleggiati da una base normativa ancora vaga e scarsamente vincolante (ma le cose sembrano destinate a cambiare), la formazione oggi è legata quasi solamente alla volontà dei singoli di informarsi.
Cosa fanno le varie federazioni per cambiare questo stato di cose?
In realtà poco o nulla e le ragioni sono molteplici: in primo luogo la nota frammentazione degli enti federali non consente a nessuno di avere alcun peso specifico nel panorama delle strutture sportive.
Nessuna palestra o centro sportivo avrà come preoccupazione quella di avere degli insegnanti certificati da una federazione piuttosto che da un’altra poiché il valore aggiunto dei diplomi rilasciati, sia a livello formativo sia a livello di riconoscimento legale, è praticamente nullo in quasi tutti i casi.
Infatti tutte le federazioni organizzano sì dei corsi di formazione, anzi i corsi costituiscono da qualche anno voce più importante nel fronte delle entrate: il problema è che la qualità, i programmi, gli studi non sono univoci e strutturati ma seguono una logica che strizza l’occhio più al facile guadagno che non all’effettiva volontà di creare del personale qualificato che operi all’interno delle strutture sportive.
Un atteggiamento di questo tipo si rivela incredibilmente miope, come del resto tutte le posizioni assunte dalle federazioni nella storia recente della Cultura Fisica; non siamo in grado di capire che, dequalificando il nostro settore formazione con corsi della durata di 2-3 fine settimana, indeboliamo ulteriormente la nostra struttura interna: quale impressione pensate che i partecipanti avranno dopo aver pagato il loro diplomino? Cosa pensate diranno di noi una volta tornati all’interno delle loro palestre? Parleranno di persone serie e preparate? Avremo forse fidelizzato il nuovo tecnico? Consiglieranno ad altri i nostri corsi? I gestori delle palestre noteranno la differenza?
Lascio a voi immaginare la risposta…
Il problema è che così facendo non solo impoveriamo il nostro bagaglio culturale, ma lasciamo il campo libero alla facile colonizzazione da parte di aziende esterne che, fiutando il business e la pochezza dei concorrenti in campo, si organizzeranno per allestire corsi indipendenti dalle vecchie sigle federative a cui noi tanto teniamo, ma strutturati con la serietà ed il rigore che oggi ci mancano.
Non è ancora successo, ma vedrete che aziende leader nel campo della formazione (la CEPU tanto per fare un nome…), se si accorgeranno di una possibile fonte di facile guadagno, prenderanno in mano la situazione e, avvalendosi della loro esperienza e degli opportuni agganci burocratici, ci butteranno fuori dal mercato in meno che non si dica.
Finiremo con l’essere due volte sconfitti: perderemo la fonte di guadagno e perderemo l’ultima briciola di credibilità che ci è rimasta in virtù dei 50 anni di storia.
L’unica strada percorribile è quella dell’unione, una unione vera e non solo di facciata, una unione di persone che si rendano conto che da soli non si va da nessuna parte…purtroppo ho paura che non avremo neanche troppo tempo a disposizione per metterci d’accordo.
Un programma unitario e condiviso di formazione, uno staff scientifico all’avanguardia di supporto, il riconoscimento dei metodi di allenamento sono la nostra unica speranza di risollevare la situazione: se tutti ci riconosciamo attorno a piani di formazione univoci (teoria dell’allenamento, scienza dell’alimentazione, integrazione nell’attività sportiva, pianificazione e sviluppo delle capacità fisiche e mentali nello sport…) forse riusciremo ancora ad imporre il nostro standard al mercato del fitness.
Non sto dicendo che dovrà essere un solo ente a promuovere i futuri nuovi corsi di formazione, ognuno potrebbe ancora continuare a farlo, ma gli standard da rispettare dovranno essere rigorosi in tutto, i programmi comuni, così come le ore minime di lezione per ciascuna disciplina…arrivo a dire che dovremmo istituire un’unica commissione esaminatrice e che l’attestato rilasciato dovrà avere una sigla comune che sia garanzia di qualità.
Se arrivassimo ad una realtà di questo tipo allora sì che, attraverso anche la collaborazione degli enti di promozione sportiva, potremmo sperare in un riconoscimento da parte del CONI e della comunità scientifica: in questo modo, potendo contare su un bacino di utenza di diverse migliaia di palestre, avremmo un peso ben maggiore ed i gestori dei centri sportivi, sempre più attenti alla professionalità su 360 gradi, saranno lieti di avere a disposizione i nostri tecnici.
Questo discorso si ricollega all’altro punto sollevato dalla NABBA, ossia quello dei modelli da proporre agli utenti: Massaroni afferma che i vincitori delle maggiori gare odierne non sono rappresentativi, non riescono a stabilire alcun feeling emulativo neanche nei confronti dei frequentatori abituali delle palestre e, anzi, sono visti come manifesti ambulanti della cultura del doping e ci allontanano dal gradimento del pubblico.
Questa posizione non la condivido pienamente, anche se in alcuni aspetti non può essere sottovalutata: avete mai provato a proporre una cassetta del Mr. Olympia o del Miss Olympia sui video della vostra palestra? Ora, a meno che non vi alleniate in un centro frequentato da moltissimi atleti agonisti, venitemi a dire che il numero delle persone che guardano con ammirazione Coleman o la Murray supera quello di coloro che li guardano, diciamo così, con “diffidenza”, per non dire altro…
Possono essere solo questi i nostri modelli, i nostri biglietti da visita nei confronti del grande pubblico? Sarebbe come se il proprietario di un negozio di abbigliamento mettesse in vetrina vestiti dal gusto discutibile che nessuno mai comprerebbe e tenesse in magazzino i capi maggiormente richiesti.
Questo non significa che dobbiamo rinnegare le competizioni o il Mr. Olympia, essere dei romantici pazzi esaltati (nel senso buono del termine) non significa dover fare di questa esaltazione il nostro cavallo di battaglia.
Ho parlato con Filippo Massaroni per più di un’ora al termine della riunione per comprendere quali fossero le motivazioni che avevano portato a delle prese di posizione così forti; mentre stavamo al bar ha preso un volantino pubblicitario di una prossima competizione che era poggiato sul bancone: tra le altre cose, sull’opuscolo era raffigurata una nota culturista italiana, tra le più muscolose e, senza voler penalizzare l’atleta in questione, con una delle affermazioni machiavelliche che lo hanno reso famoso nel nostro mondo, mi ha chiesto: “tu credi che questo volantino migliori l’immagine del nostro sport nei confronti del grande pubblico? Lascia perdere che a noi questo possa anche piacere…ma con le leggi del mercato oggi sono cambiate, si vive o si muore non solo per quello che noi sappiamo di essere, ma spesso a seconda dell’immagine che diamo di noi stessi alla società. Anche ad un famoso senatore – sto omettendo il nome – piace sniffare, ma non se ne va certo in giro gridando il suo amore per la cocaina o ancor meno promuove leggi per l’uso comune di tale sostanza…”.
Non saprei dirvi con certezza se Filippo Massaroni ha torto o ha ragione, sicuramente è una persona dal carattere difficile, ma altrettanto sicuramente è un tecnico dallo spessore indiscutibile, che non ha proprio nulla da invidiare ad altri celebri, strapubblicizzati personaggi d’oltreoceano; se preso con i giusti modi sarebbe una personaggio fondamentale, indispensabile per mettere in piedi lo staff tecnico di riferimento di cui abbiamo parlato. Qualcuno parla di manie di protagonismo e di egocentrismo, forse è vero, però ritengo che le altre qualità compensino abbondantemente gli aspetti negativi e, allo stato delle cose, è proprio di idee e qualità che abbiamo bisogno.
Tra l’altro il fatto che a fine gara, come ho saputo da pochi minuti, sia andato da Nicola Camera per spronarlo a continuare per questa strada e a proporgli un’idea di cui non aveva avuto modo di parlare durante la riunione, significa che è una persona che sa ascoltare e correggere alcuni giudizi affrettati sulle persone…un’ora e passa di parole saranno pure servite a qualcosa, no?
Il discorso dei modelli è, secondo il mio parere, da affrontare in maniera più ampia: non è possibile pensare di attrarre pubblico alle gare se non si propone qualcosa di eccezionale o che comunque vada fuori dagli schemi. Questo non significa che ci si debba far conoscere solo per l’eccezionalità: le competizioni H/P (create dalla NABBA per prima…) possono rappresentare il giusto equilibrio tra sviluppo e gusto estetico comune; gli atleti H/P possono essere senza problemi un punto di riferimento credibile per tanti ragazzi che hanno voglia di allenarsi seriamente.
I nostri tecnici, da noi formati non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello comportamentale e di approccio con i potenziali utenti, devono promuovere con efficacia la facciata del nostro sport più facilmente vendibile e richiesta dal pubblico, indirizzando con professionalità ciascun utente, valutandone le caratteristiche fisiche ed assecondandone le predisposizioni psicologiche.
Quello che voglio dire è che non è possibile generalizzare, ognuno ha un proprio modello in cui si vorrebbe riconoscere, sta alla nostra abilità e quella dei nostri tecnici – che sono il primo e più diretto interlocutore tra la federazione ed il bacino degli utenti - capirlo e proporre quello che ciascuno si aspetta nella maniera più professionale ed efficace possibile.
E’ chiaro che per avere la possibilità di portare avanti un programma articolato e di ampia portata come questo occorre una forte volontà comune, persone valide disposte ad impegnarsi al massimo ciascuna nel proprio settore di competenza, tempo e risorse economiche di sostegno.
Gli sponsor, che Massaroni vede come il fumo negli occhi, sono una conditio sine qua non e se ci sono persone in grado di avvicinare aziende interessate a questo progetto, dobbiamo essere felici di questo e non vedere solo eventuali interessi personali.
Aziende serie del nostro settore, con una gestione moderna delle risorse e lungimiranti, sarebbero ben felici di investire in un progetto serio di ristrutturazione del nostro ambiente perché capirebbero che, se la barca affonda (e di falle ce n’è più di una) loro affogheranno insieme a noi…o meglio, noi affogheremo di sicuro, mentre le aziende più flessibili – e Panatta si sta svegliando… - concentreranno le loro forze su settori diversi e più organizzati del nostro.
Non lasciamo che ci sfugga la possibilità di costruire insieme il futuro del nostro amato sport; forse dovremo rivedere alcune posizioni, accettare qualche compromesso, ma il risultato finale ci darà ragione e, soprattutto, ci permetterà non di sopravvivere, ma di vivere e di farlo a testa alta.
Aspetto i contributi di tutti voi e grazie per la pazienza ed il tempo che mi avete concesso…
Un saluto a tutti e principalmente a Nicola, una persona seria, un tecnico capace e con tanta voglia di fare…ce ne fossero tante di persone come lui.
Luca.
Non che la gara non mi interessasse, tutt’altro – e chi mi ha visto con penna e blocchetto costantemente in mano a prendere appunti potrà confermarlo… - ma il 2° incontro interfederale costituiva un appuntamento di risonanza troppo grande per essere oscurato da una seppur importante gara.
La scelta di vedersi a Bologna è partita dal presupposto che un po’ tutti, per ovvie ragioni, sarebbero stati presenti nel capoluogo emiliano e quindi si sarebbe evitato il disagio di dover affrontare una nuova apposita trasferta: motivazioni giustificate dunque, se non fosse per il fatto che molti dei personaggi che avrebbero dovuto presenziare all’incontro erano straimpegnati durante il weekend, chi perché aveva degli atleti al seguito, chi perché impegnato in giuria, chi perché impossibilitato ad arrivare di sabato…
L’ardua impresa di trovare una sede, un giorno ed un orario comodo per tutti ha comportato un balletto di spostamenti dell’appuntamento che ha disorientato un po’ tutti, principalmente chi aveva organizzato di andare a Bologna soltanto per la riunione.
Alla fine si è deciso di far svolgere l’incontro a cavallo tra il pregara e la gara, decisione discutibile per tanti motivi, non ultimo quello della mancanza di tempo e della naturale, comprensibilissima stanchezza di alcuni.
Premetto che la riunione aveva un preciso ordine del giorno:
1) Trovare una sede idonea per il Super Campionato Italiano
2) Stabilire i criteri di accesso
3) Stabilire le categorie di peso e/o altezza
4) Nominare i giudici che avrebbero costituito l’albo giudicante.
Durante la 1° riunione di Napoli, ai rappresentanti di tutte le federazioni intervenute era stato concesso uno spazio per esporre il proprio parere e, a fine giornata, era stato compilato un resoconto, controfirmato da tutti, in cui si tracciavano le linee guida di quello che avrebbe dovuto essere l’inizio di una vera e propria collaborazione.
Tali linee guida riguardavano più settori: si andava dalla reciproca collaborazione nella promozione e nello svolgimento delle competizioni all’istituzione di una Scuola Interfederale di giudici; dall’organizzazione di un Super Campionato Italiano alla creazione di una scuola di formazione per tecnici che avesse caratteristiche scientifiche e metodologiche condivise.
Un documento programmatico di ampio respiro dunque, che non si fermava solo al momento agonistico e che aveva lo scopo di rivalutare il nostro sport agendo da varie angolazioni.
E’ chiaro a chiunque che un programma di questo tipo non potrà mai essere realizzato in tempi brevi, tanto più che sino a ieri i dirigenti delle varie federazioni evitavano anche solo di guardarsi in faccia per non dire di peggio…il solo fatto di trovarsi seduti attorno ad un unico tavolo, di discutere e di avere l’umiltà di ascoltare tutte le proposte, mi era già sembrato un grande successo.
E’ bene anche ricordare che la 1° riunione di Napoli era nata in un modo del tutto particolare: non si è trattato di un’iniziativa partita dall’alto, ossia dai vertici federativi, ma di un moto spontaneo caldeggiato da alcuni membri particolarmente “sensibili” delle federazioni stesse.
Si è partiti dall’idea di un accordo tra la WPF-I e lo CSEN, spalleggiato da Nicola Camera, Francesco De Nardo ed Andrea Tedeschi, a cui man mano si sono aggregati esponenti delle maggiori federazioni, attraverso un passa parola fatto principalmente tramite il forum di Bodyweb.
Quello che sarebbe dovuto essere il punto d’incontro tra due federazioni, giorno per giorno si è andato trasformando in un momento aggregativo generale che andava ben al di là delle più rosee previsioni.
Probabilmente il fatto di essere un qualcosa lanciata lì e cresciuta quasi da sola ha avuto effetti positivi e negativi allo stesso tempo: positivi perché i presidenti delle varie sigle federative si sono trovati quasi costretti a dover accettare di partecipare, visto l’unanime consenso di base che si era andato creando attorno a questa ipotesi aggregativa; negativi perché non si è avuta la certezza che tutti fossero stati avvertiti per tempo.
Non tutto però può essere sempre perfetto, soprattutto in questo caso in cui il risultato finale è finito con l’andare ben oltre le intenzioni iniziali: del resto sono convinto del fatto che se si fosse organizzata una riunione tradizionale, con tanto di inviti ufficiali ai singoli Presidenti, quasi nessuno si sarebbe reso disponibile o, nella migliore delle ipotesi, lo spirito sarebbe stato ben diverso.
Senza dubbio il fatto che ai vertici di molte federazioni vi fossero persone nuove, lontane dalle vecchie polemiche e dalle lotte degli anni 80/90, ha favorito un dialogo più sereno e maturo.
Probabilmente vi starete chiedendo il motivo per cui sto facendo questa introduzione così minuziosa, è presto detto: la 2° riunione ha avuto una impostazione diversa rispetto alla prima; sì, è vero, anche questa è stata promossa ed organizzata sfruttando le potenzialità di internet e quelle di alcune persone particolarmente attive (Nicola Camera ed Andrea Tedeschi su tutti), però l’eco del successo del primo incontro ha spinto a partecipare anche coloro i quali, per diverse motivazioni, non erano stati presenti a Napoli.
C’erano gli inviati delle principali testate del settore, come Amedeo Marsan (direttore di “Cultura Fisica”), che ha dedicato alla riunione l’editoriale dell’ultimo numero del giornale, e Rossella Pruneti (inviata di “Big”), che in tutti i numeri dedica uno spazio a questo argomento, nonché tutti i nomi storici che hanno costruito (e distrutto allo stesso tempo) la cultura fisica italiana: Franco Fassi (ex Presidente della FIACF, la vecchia IFBB Italia), Bruno Piccoli (ex Presidente dell'AICAP/WABBA), Filippo Massaroni (Presidente della NABBA Italia) ed ha fatto una piccola e silenziosa apparizione anche Umberto Devetak tanto che alcuni di noi, io in testa, hanno temuto l’imminente inizio di una rissa non solo verbale...
Per fortuna almeno questa ipotesi è stata scongiurata.
Sarà stata la stanchezza per l’orario scelto o la consapevolezza di aver poco tempo a disposizione per discutere tutti gli argomenti, fatto sta che si è andati subito a discutere, senza troppi preamboli, gli argomenti all’ordine del giorno, senza considerare che, nel lasso di tempo intercorso tra il primo incontro e questo di Bologna, alcuni dei progetti già accennati e controfirmati a Napoli hanno avuto ulteriori evoluzioni.
L’ipotesi del Super Campionato Italiano ha preso corpo riscontrando l’interesse di molte aziende del settore, disposte anche ad investire su un progetto di questo tipo; sono stati fatti nomi di sponsor, luoghi ed eventi papabili per lo svolgimento della manifestazione…
Il mio obiettivo non è quello né di condannare né di difendere nessuno: quando nascono incomprensioni o divergenze, mi piace soltanto sforzarmi di mettermi nei panni di ciascuno dei partecipanti e provare ad interpretare i progetti alla luce di quello che è il loro vissuto nel campo della Cultura Fisica.
Tutti noi conosciamo Filippo Massaroni, chi di fama (come me) chi di persona, tutti conosciamo la veemenza del suo carattere e la forza di alcune sue posizioni: ognuno di noi del resto ha pregi e difetti ripartiti in ugual misura; l’optimum, per quello che è lo scopo di questi incontri, sarebbe quello di fare dei pregi dei singoli un bene comune e minimizzare i difetti attraverso una giusta dose di tolleranza e di autocontrollo.
Probabilmente Massaroni, dico probabilmente, non avendo avuto modo di conoscere molte delle persone, non avendo partecipato direttamente al primo incontro ed avendo solo sotto mano il documento programmatico che ne era scaturito, si aspettava che la riunione di Bologna avesse la finalità di continuare ad approfondire tutte le tematiche di cui si è detto in precedenza.
Del resto il prof. Carlo Altamura, rappresentate NABBA a Napoli, già in quella prima occasione aveva indicato quali fossero gli obiettivi che la sua federazione riteneva prioritari: con un discorso forse un po’ retorico, ma applaudito da tutti, Altamura aveva invitato i presenti a riflettere su quali fossero le cause vere della disaffezione nei confronti del bodybuilding da parte delle masse e, ancor prima, da parte della famiglia italiana: aveva parlato di modelli sbagliati e poco vicini al gusto del frequentatore medio delle palestre, di frammentazione delle risorse umane e di criteri di formazione dei tecnici eterogenei, carenti e troppo poco uniformi per avere una speranza di essere riconosciuti come validi dalla comunità scientifica.
Chi potrebbe non condividere un discorso di questo tipo? Infatti tutti applaudimmo Altamura, pur consapevoli che un programma di lavoro che avesse lo scopo di affrontare e dare una soluzione praticabile a problemi di carattere sportivo/sociale, doveva essere strutturato sulla base di un’unione già consolidata, attraverso gruppi di lavoro o commissioni preposte ad affrontare singolarmente i problemi e capaci di relazionare in maniera efficace tra loro.
Posso pensare che Massaroni si aspettasse di dover discutere di queste problematiche e che, sentendo parlare solo di gare, di campionati, di categorie di peso e di sponsor, con lo spirito sospettoso e disilluso di chi in 30 anni ne ha viste di tutti i colori, abbia pensato che la finalità dei nostri incontri fosse solo quella di organizzare gare e che, dietro l’impulso di coesione, vi fossero solo bassi interessi personali.
Quello che non mi sento di condividere è la reazione che Massaroni ha avuto solo sulla base di una impressione, derivata tra l’altro da poche battute di una riunione che aveva già un suo preciso ordine del giorno.
Ciò nonostante non credo assolutamente che Massaroni fosse venuto a Bologna con lo scopo preciso di screditare i nostri sforzi e mi dissocio da chi generalizza apostrofando come “vecchio” tutti coloro che hanno fatto la storia del nostro sport in Italia.
Che alcune posizioni intransigenti siano ormai anacronistiche non vi è dubbio, ma penso valga la pena di riflettere attentamente prima di dare dei giudizi frettolosi: Massaroni ha portato a Bologna una bozza di quello che sarebbe potuto essere un piano di lavoro coordinato, ne ha fatto un’ampia relazione scritta e l’ha consegnata ad alcuni dei partecipanti prima dell’inizio dell’incontro.
Purtroppo non ne ho una copia e ho soltanto visionato il documento per sommi capi, però pensate che una persona che abbia solo l’intenzione di mandare tutto in fumo si preoccupi di scrivere un documento di svariate pagine (almeno una ventina…) sui possibili piani di lavoro da intraprendere?
Io penso proprio di no e, dunque, sono più portato a credere che si sia trattato di un equivoco dovuto alla fretta e, diciamocelo pure, ad una certa carenza di informazione riguardo l’oggetto di questo secondo incontro. In fondo se voi vi foste impegnati ad analizzare un problema di ampio respiro, aveste trovato delle possibili strade da percorrere, aveste scritto una relazione approfondita ed articolata e vi foste aspettati di discutere di tali proposte insieme ai dirigenti di tutte le federazioni e poi, alla resa dei conti, vi foste trovati a parlare soltanto di date, di categorie di peso e di sponsor come l’avreste presa?
Non vorrei che le mie parole fossero equivocate, non sto giustificando l’attacco a 360 gradi di Filippo Massaroni ed il suo modo quanto meno “forte” di relazionarsi con gli altri, sto solo cercando di comprenderne le motivazioni senza banalizzare il tutto come ho sentito fare qua e là.
Il Super Campionato Italiano senz’altro si farà dal momento che quasi tutte le federazioni hanno mostrato di essere interessate al progetto, stabiliremo insieme le modalità, il luogo della competizione che riterremo più idoneo, la data, ma comunque si farà.
Tornando all’aspetto programmatico, che è poi quello che più ci interessa, indipendentemente dalle liti e dalle incomprensioni che ci sono state e che probabilmente continueranno ad esserci, alla luce di quanto accaduto a Bologna, è doveroso fare un punto della situazione.
Quello che mi preme sottolineare è un altro aspetto che, da quello che ho potuto percepire, sfugge a molti personaggi presenti alla riunione: se lo spirito principale che ci anima è quello di intraprendere un piano di lavoro comune per il bene della Cultura Fisica, bisogna cercare di abbandonare, almeno in questo contesto, i vecchi concetti di federazione.
Siamo tutti sulla stessa barca: la IFBB è uguale alla più piccola delle federazioni.
Quello che conta non è tanto il nome ma il contributo che ognuna delle parti può dare al buon esito del nostro progetto: se la LIBERTAS – tanto per fare un nome – ha nei suoi ranghi potenzialità e competenze che possono tornare utili a tutti, è giusto che le metta a disposizione; la IFBB o la NABBA ne avrà delle altre e dovrà fornirle allo stesso modo…ognuno, nel suo piccolo o nel suo grande, potrà e dovrà dare il proprio contributo.
Di questo abbiamo bisogno, perché gli argomenti da affrontare sono complessi ed articolati, prescindono dalle giurie, dalle gare, da Panatta o da qualsiasi altro componente del nostro piccolo mondo; dobbiamo allargare i nostri orizzonti visivi se vorremo sopravvivere: la gara che organizzeremo dovrà essere solo il primo, piccolo passo iniziale, la vera partita si giocherà sul piano istituzionale, sul campo della formazione, su quello sociologico/culturale dell’accettazione da parte dei media, su quello dei modelli da proporre al pubblico che non ci conosce e che, spesso, ci vede come mostri…in questi fondamentali campi chissà, probabilmente la LIBERTAS potrebbe fornire più risorse e contributi di tutte le altre federazioni messe insieme.
I rappresentanti della NABBA Italia hanno portato all’attenzione generale un manifesto, stampato ed affisso dalla regione Toscana, in cui veniva raffigurato un culturista in posa con una vistosa scritta che non ricordo in maniera precisa, ma il cui senso è “la vita non è doping”.
Questo è il nostro problema principale, la società ci considera come un manifesto del doping. Dobbiamo arrivare a combattere non tanto il problema doping in sé – che è un problema di natura sociale che va ben oltre le nostre reali competenze e possibilità – ma questo luogo comune: farlo non sarà semplice, anche perché a molti esponenti degli sport ufficiali fa comodo questa associazione, ma dobbiamo trovare insieme il modo ed i mezzi per dare un segnale di vita, per mettere sul piatto della bilancia valori diversi, per far comprendere alle persone che abbiamo anche dell’altro da dare, che possiamo proporci come tecnici seri e preparati, che la nostra cultura spazia oltre l’orizzonte limitato dei bilancieri ed abbraccia tutto ciò che è salute, benessere, carattere, efficienza fisica e mentale.
I risultati non si vedranno domani e forse neanche dopodomani, ma abbiamo il dovere di provare a costruire insieme solide fondamenta per far sì che venga avviato un programma coordinato di azione, ampiamente discusso e condiviso, che ci veda uniti e determinati nei mezzi e negli scopi.
A questo punto molti di voi si chiederanno quali sono le proposte di azione: fermo restando il fatto che ognuno di noi può e deve portare il proprio contributo per quanto concerne idee e linee di azione, posso dare un mio personale parere sull’argomento.
Massaroni ed Altamura, tra una discussione e l’altra, hanno posto l’accento sulla formazione tecnica e sui modelli sbagliati che oggi proponiamo al pubblico: sono idee, condivisibili o meno, che meritano un’analisi adeguata così come qualunque altra idea articolata che venisse proposta da altri.
Per quanto concerne la formazione tecnica non posso che essere d’accordo: tutti noi conosciamo la situazione attuale…
Spalleggiati da una base normativa ancora vaga e scarsamente vincolante (ma le cose sembrano destinate a cambiare), la formazione oggi è legata quasi solamente alla volontà dei singoli di informarsi.
Cosa fanno le varie federazioni per cambiare questo stato di cose?
In realtà poco o nulla e le ragioni sono molteplici: in primo luogo la nota frammentazione degli enti federali non consente a nessuno di avere alcun peso specifico nel panorama delle strutture sportive.
Nessuna palestra o centro sportivo avrà come preoccupazione quella di avere degli insegnanti certificati da una federazione piuttosto che da un’altra poiché il valore aggiunto dei diplomi rilasciati, sia a livello formativo sia a livello di riconoscimento legale, è praticamente nullo in quasi tutti i casi.
Infatti tutte le federazioni organizzano sì dei corsi di formazione, anzi i corsi costituiscono da qualche anno voce più importante nel fronte delle entrate: il problema è che la qualità, i programmi, gli studi non sono univoci e strutturati ma seguono una logica che strizza l’occhio più al facile guadagno che non all’effettiva volontà di creare del personale qualificato che operi all’interno delle strutture sportive.
Un atteggiamento di questo tipo si rivela incredibilmente miope, come del resto tutte le posizioni assunte dalle federazioni nella storia recente della Cultura Fisica; non siamo in grado di capire che, dequalificando il nostro settore formazione con corsi della durata di 2-3 fine settimana, indeboliamo ulteriormente la nostra struttura interna: quale impressione pensate che i partecipanti avranno dopo aver pagato il loro diplomino? Cosa pensate diranno di noi una volta tornati all’interno delle loro palestre? Parleranno di persone serie e preparate? Avremo forse fidelizzato il nuovo tecnico? Consiglieranno ad altri i nostri corsi? I gestori delle palestre noteranno la differenza?
Lascio a voi immaginare la risposta…
Il problema è che così facendo non solo impoveriamo il nostro bagaglio culturale, ma lasciamo il campo libero alla facile colonizzazione da parte di aziende esterne che, fiutando il business e la pochezza dei concorrenti in campo, si organizzeranno per allestire corsi indipendenti dalle vecchie sigle federative a cui noi tanto teniamo, ma strutturati con la serietà ed il rigore che oggi ci mancano.
Non è ancora successo, ma vedrete che aziende leader nel campo della formazione (la CEPU tanto per fare un nome…), se si accorgeranno di una possibile fonte di facile guadagno, prenderanno in mano la situazione e, avvalendosi della loro esperienza e degli opportuni agganci burocratici, ci butteranno fuori dal mercato in meno che non si dica.
Finiremo con l’essere due volte sconfitti: perderemo la fonte di guadagno e perderemo l’ultima briciola di credibilità che ci è rimasta in virtù dei 50 anni di storia.
L’unica strada percorribile è quella dell’unione, una unione vera e non solo di facciata, una unione di persone che si rendano conto che da soli non si va da nessuna parte…purtroppo ho paura che non avremo neanche troppo tempo a disposizione per metterci d’accordo.
Un programma unitario e condiviso di formazione, uno staff scientifico all’avanguardia di supporto, il riconoscimento dei metodi di allenamento sono la nostra unica speranza di risollevare la situazione: se tutti ci riconosciamo attorno a piani di formazione univoci (teoria dell’allenamento, scienza dell’alimentazione, integrazione nell’attività sportiva, pianificazione e sviluppo delle capacità fisiche e mentali nello sport…) forse riusciremo ancora ad imporre il nostro standard al mercato del fitness.
Non sto dicendo che dovrà essere un solo ente a promuovere i futuri nuovi corsi di formazione, ognuno potrebbe ancora continuare a farlo, ma gli standard da rispettare dovranno essere rigorosi in tutto, i programmi comuni, così come le ore minime di lezione per ciascuna disciplina…arrivo a dire che dovremmo istituire un’unica commissione esaminatrice e che l’attestato rilasciato dovrà avere una sigla comune che sia garanzia di qualità.
Se arrivassimo ad una realtà di questo tipo allora sì che, attraverso anche la collaborazione degli enti di promozione sportiva, potremmo sperare in un riconoscimento da parte del CONI e della comunità scientifica: in questo modo, potendo contare su un bacino di utenza di diverse migliaia di palestre, avremmo un peso ben maggiore ed i gestori dei centri sportivi, sempre più attenti alla professionalità su 360 gradi, saranno lieti di avere a disposizione i nostri tecnici.
Questo discorso si ricollega all’altro punto sollevato dalla NABBA, ossia quello dei modelli da proporre agli utenti: Massaroni afferma che i vincitori delle maggiori gare odierne non sono rappresentativi, non riescono a stabilire alcun feeling emulativo neanche nei confronti dei frequentatori abituali delle palestre e, anzi, sono visti come manifesti ambulanti della cultura del doping e ci allontanano dal gradimento del pubblico.
Questa posizione non la condivido pienamente, anche se in alcuni aspetti non può essere sottovalutata: avete mai provato a proporre una cassetta del Mr. Olympia o del Miss Olympia sui video della vostra palestra? Ora, a meno che non vi alleniate in un centro frequentato da moltissimi atleti agonisti, venitemi a dire che il numero delle persone che guardano con ammirazione Coleman o la Murray supera quello di coloro che li guardano, diciamo così, con “diffidenza”, per non dire altro…
Possono essere solo questi i nostri modelli, i nostri biglietti da visita nei confronti del grande pubblico? Sarebbe come se il proprietario di un negozio di abbigliamento mettesse in vetrina vestiti dal gusto discutibile che nessuno mai comprerebbe e tenesse in magazzino i capi maggiormente richiesti.
Questo non significa che dobbiamo rinnegare le competizioni o il Mr. Olympia, essere dei romantici pazzi esaltati (nel senso buono del termine) non significa dover fare di questa esaltazione il nostro cavallo di battaglia.
Ho parlato con Filippo Massaroni per più di un’ora al termine della riunione per comprendere quali fossero le motivazioni che avevano portato a delle prese di posizione così forti; mentre stavamo al bar ha preso un volantino pubblicitario di una prossima competizione che era poggiato sul bancone: tra le altre cose, sull’opuscolo era raffigurata una nota culturista italiana, tra le più muscolose e, senza voler penalizzare l’atleta in questione, con una delle affermazioni machiavelliche che lo hanno reso famoso nel nostro mondo, mi ha chiesto: “tu credi che questo volantino migliori l’immagine del nostro sport nei confronti del grande pubblico? Lascia perdere che a noi questo possa anche piacere…ma con le leggi del mercato oggi sono cambiate, si vive o si muore non solo per quello che noi sappiamo di essere, ma spesso a seconda dell’immagine che diamo di noi stessi alla società. Anche ad un famoso senatore – sto omettendo il nome – piace sniffare, ma non se ne va certo in giro gridando il suo amore per la cocaina o ancor meno promuove leggi per l’uso comune di tale sostanza…”.
Non saprei dirvi con certezza se Filippo Massaroni ha torto o ha ragione, sicuramente è una persona dal carattere difficile, ma altrettanto sicuramente è un tecnico dallo spessore indiscutibile, che non ha proprio nulla da invidiare ad altri celebri, strapubblicizzati personaggi d’oltreoceano; se preso con i giusti modi sarebbe una personaggio fondamentale, indispensabile per mettere in piedi lo staff tecnico di riferimento di cui abbiamo parlato. Qualcuno parla di manie di protagonismo e di egocentrismo, forse è vero, però ritengo che le altre qualità compensino abbondantemente gli aspetti negativi e, allo stato delle cose, è proprio di idee e qualità che abbiamo bisogno.
Tra l’altro il fatto che a fine gara, come ho saputo da pochi minuti, sia andato da Nicola Camera per spronarlo a continuare per questa strada e a proporgli un’idea di cui non aveva avuto modo di parlare durante la riunione, significa che è una persona che sa ascoltare e correggere alcuni giudizi affrettati sulle persone…un’ora e passa di parole saranno pure servite a qualcosa, no?
Il discorso dei modelli è, secondo il mio parere, da affrontare in maniera più ampia: non è possibile pensare di attrarre pubblico alle gare se non si propone qualcosa di eccezionale o che comunque vada fuori dagli schemi. Questo non significa che ci si debba far conoscere solo per l’eccezionalità: le competizioni H/P (create dalla NABBA per prima…) possono rappresentare il giusto equilibrio tra sviluppo e gusto estetico comune; gli atleti H/P possono essere senza problemi un punto di riferimento credibile per tanti ragazzi che hanno voglia di allenarsi seriamente.
I nostri tecnici, da noi formati non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello comportamentale e di approccio con i potenziali utenti, devono promuovere con efficacia la facciata del nostro sport più facilmente vendibile e richiesta dal pubblico, indirizzando con professionalità ciascun utente, valutandone le caratteristiche fisiche ed assecondandone le predisposizioni psicologiche.
Quello che voglio dire è che non è possibile generalizzare, ognuno ha un proprio modello in cui si vorrebbe riconoscere, sta alla nostra abilità e quella dei nostri tecnici – che sono il primo e più diretto interlocutore tra la federazione ed il bacino degli utenti - capirlo e proporre quello che ciascuno si aspetta nella maniera più professionale ed efficace possibile.
E’ chiaro che per avere la possibilità di portare avanti un programma articolato e di ampia portata come questo occorre una forte volontà comune, persone valide disposte ad impegnarsi al massimo ciascuna nel proprio settore di competenza, tempo e risorse economiche di sostegno.
Gli sponsor, che Massaroni vede come il fumo negli occhi, sono una conditio sine qua non e se ci sono persone in grado di avvicinare aziende interessate a questo progetto, dobbiamo essere felici di questo e non vedere solo eventuali interessi personali.
Aziende serie del nostro settore, con una gestione moderna delle risorse e lungimiranti, sarebbero ben felici di investire in un progetto serio di ristrutturazione del nostro ambiente perché capirebbero che, se la barca affonda (e di falle ce n’è più di una) loro affogheranno insieme a noi…o meglio, noi affogheremo di sicuro, mentre le aziende più flessibili – e Panatta si sta svegliando… - concentreranno le loro forze su settori diversi e più organizzati del nostro.
Non lasciamo che ci sfugga la possibilità di costruire insieme il futuro del nostro amato sport; forse dovremo rivedere alcune posizioni, accettare qualche compromesso, ma il risultato finale ci darà ragione e, soprattutto, ci permetterà non di sopravvivere, ma di vivere e di farlo a testa alta.
Aspetto i contributi di tutti voi e grazie per la pazienza ed il tempo che mi avete concesso…
Un saluto a tutti e principalmente a Nicola, una persona seria, un tecnico capace e con tanta voglia di fare…ce ne fossero tante di persone come lui.
Luca.
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