"Va in cùeo da to mare": parola comunissima, forse la più usata, che sta a significare l'invito che si da ad una persona ad avere un rapporto sessuale anale con la propria madre. Variante: "Va in cùeo"(semplice), "Va in buèo"(rapporto più profondo).
"Chei cani dei to morti": modo di dire, anch'esso comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche. E qui la faccenda si ingarbuglia... Variante: "I to morti" (semplice), "Varemengo ti ta morti" (composto), "Chei becanassi de tuti i to morti" (i parenti anzidetti sarebbero traditi, in vita, dalla propria moglie), "Va in boca de tuti i to morti": frase molto forte riservata a pochi eletti che starebbe a significare un rapporto sessuale che prevede l'inserimento del pene nella bocca dei parenti morti del tuo amico.
"Ghe sboro": gettare il proprio sperma contro qualcuno. Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi. Ultimamente se ne fa abuso mettendola come rafforzativo in qualsiasi frase. Una specie di "cioè" italiano. O come virgola. Variante: "Che ghe sboro", "sboro mi", "che ghe sbiro"(versione soft).
"Magnasborae": insulto forte che si rivolge ad una persona antipatica. La si considera come colui che si ciba di sperma umano e non.
"Ma ti se sbregà/sclerà/fusià": letteralmente: "sei rotto?" come per dire che qualcosa in te qualcosa non funziona.
"Tacagà": Domanda rivolta ad un individuo per sapere chi è che, invece di partorirlo, lo ha defecato. Modo di dire anch'esso comune che viene detto in molte situazioni del tipo: rimproverare l'amico che ha sbagliato, fargli sapere che invece di fare una cosa poteva farne un'altra. Variante: "chi ta cagà", "chi tà scoresà".
"Ma no ti gà na casa ciò?!": frase ideata da un simpatico signore di bassa statura proveniente dalle campagne vicine a Venezia; venditore di piante che, dice, provengono dalle sue terre. Invita la gente a comprarle facendogli notare che, se hanno una casa di loro proprietà o in affitto, devono per forza abbellirla con una delle sue piante. A Venezia si usa dire questa frase in molti casi: per salutare un caro amico, per dirgli come va, per dirgli che sarebbe ora di finire di lavorare e che sarebbe ora che tornasse a casa. La si usa anche in stadio contro i tifosi della squadra avversaria.
"Oii!": a Venezia lo dicono tutti. Dal gondoliere che avvisa la sua presenza all' incrocio di un rio (variante: "Aooe!"), alla persona che vuole fare baruffa, come saluto ad un amico caro e a quello che sta per arrabbiarsi.
"Date cò un legno": prendere un pezzo di legno e picchiarsi in testa con lo stesso. Frase abbastanza recente che significherebbe invitare una persona a mettere la testa a posto.
"Tumòr": rivolto ad una persona che non sta bene o che è di brutto aspetto. Varianti:"Cancaro": cancro. "Impestà": affetto da peste. "Cadavare": cadavere.
"Buso de cueo": apprezzamento ad una bella ragazza. "Buso de cueo 2": avere fortuna.
"S-ciopà": letteralmente scoppiato. Rivolto ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra tale.
"Mòngoeo": Persona che ha dei tratti somatici simili a quelli di un mongoloide, altrimenti una persona che proviene dalla nazione della Mongolia: retaggio della Serenissima ai tempi del solito Marco Polo dove vede per acerrimo nemico il cattivo abitante della Mongolia. Comunque sembra che la prima ipotesi sia più veritiera.
"Imatonìo": persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
"Via de testa/de xàgoea/coi sgabèi": essere impazziti.
"Casso": persona un pò imbranata. "Casso" messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
"Col casso": figurarsi...,scherzi?, No di certo!
"A (ara) che te vegno": parafrasi di A.c.t.v., l'azienda di trasporto pubblico a Venezia. Vuol dire avvisare la prossima fuoriuscita di sperma verso la persona interessata.
"Slavo/polacco": persona che non è vestita alla moda.
"Ea mama canarina/ea mona dea Daria": frasi soft ideate da qualcuno che non vuole offendere in modi pesanti.
"Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?": domanda atta a deridere l'avversario facendogli capire che quella cosa detta da lui è scontata. La merda del mago sarebbe magica ma sempre uno scarto.
"Va remengo ti e tò sènare": invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti.
"Te vegno col saltìn": ammonire la prossima eiaculazione verso chi ci sta davanti. L'atto viene avvalorato da un piccolo salto al momento cruciale nel tentativo di gettare ancora più violentemente lo sperma.
"Bàsime i durèi": invitare a baciare lo stomaco di pollo. Secondo molti i "durèi" non sarebbero altro che i testicoli (e suonerebbe molto meglio).
"Quea sfondrada de to mare": la madre dell'amico avrebbe, secondo noi, la vagina rotta a malomodo per ripetuti inserimenti di oggetti di qualsiasi genere magari di misura spropositata.
"Increcoeà": stato tipico di chi ha abusato di sostanze stupefacenti. Colui che ha preso "crècoe". In senso figurato: rincoglionito, rimbecillito, in stato altamente confusionale.
"Ma ti gà e moròidi in testa?": domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della "faccia da culo".
"Muso da mona": faccia da vagina: classicissima espressione veneziana e non per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido o un' inetto.
"Sboràe sol pèto": getti di sperma sul petto. Nuovissima figura retorica, in rapida espansione, per minimizzare un contesto da altri ritenuto importante. Per esempio: "Piero! I gà aumentà 'l canone dea teevision!" (Pietro! Hanno aumentato il canone televisivo!") e Giorgio, che è un riccone, minimizza: "Ah, sboràe sol pèto". E' come se Giorgio, se andasse con una prostituta per esempio, invece di spruzzare lo sperma nella vagina lo dirigesse verso il suo seno e quindi non ci sarebbe nessun rischio di nascita di figli non voluti.
"Ciapar cassi per attaccapanni": più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare "prendere un abbaglio". Letteralmente "confondere i peni con appendiabiti" (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).
"Ti se scapeà?": sei fesso? Scapeà significa mettere in mostra il prepuzio con forza e decisione anche a costo di "romperse el fiéto" di antica memoria scolastica.
Nota bene:
Ometto tutte le bestemmie riguardanti Gesù, la Madonna e i santi anche perché sono troppo scurrili e tese ad offendere la religione cristiana. Tutti i modi di dire succitati dovrebbero, per avere effetto, essere detti con l'espressione facciale tipica veneziana: occhi tristi tendenti a deridere l'"avversario". Utile anche la faccia seria con un sopracciglio alzato e uno triste. Comunque, se dette normalmente, tutte queste parole non sono assolutamente offensive anzi sono un modo per farsi degli amici e non sono assolutamente riservate al popolino ma sono democraticamente dette da tutti. Gente famosa, importante e non.
Ippo
"Chei cani dei to morti": modo di dire, anch'esso comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche. E qui la faccenda si ingarbuglia... Variante: "I to morti" (semplice), "Varemengo ti ta morti" (composto), "Chei becanassi de tuti i to morti" (i parenti anzidetti sarebbero traditi, in vita, dalla propria moglie), "Va in boca de tuti i to morti": frase molto forte riservata a pochi eletti che starebbe a significare un rapporto sessuale che prevede l'inserimento del pene nella bocca dei parenti morti del tuo amico.
"Ghe sboro": gettare il proprio sperma contro qualcuno. Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi. Ultimamente se ne fa abuso mettendola come rafforzativo in qualsiasi frase. Una specie di "cioè" italiano. O come virgola. Variante: "Che ghe sboro", "sboro mi", "che ghe sbiro"(versione soft).
"Magnasborae": insulto forte che si rivolge ad una persona antipatica. La si considera come colui che si ciba di sperma umano e non.
"Ma ti se sbregà/sclerà/fusià": letteralmente: "sei rotto?" come per dire che qualcosa in te qualcosa non funziona.
"Tacagà": Domanda rivolta ad un individuo per sapere chi è che, invece di partorirlo, lo ha defecato. Modo di dire anch'esso comune che viene detto in molte situazioni del tipo: rimproverare l'amico che ha sbagliato, fargli sapere che invece di fare una cosa poteva farne un'altra. Variante: "chi ta cagà", "chi tà scoresà".
"Ma no ti gà na casa ciò?!": frase ideata da un simpatico signore di bassa statura proveniente dalle campagne vicine a Venezia; venditore di piante che, dice, provengono dalle sue terre. Invita la gente a comprarle facendogli notare che, se hanno una casa di loro proprietà o in affitto, devono per forza abbellirla con una delle sue piante. A Venezia si usa dire questa frase in molti casi: per salutare un caro amico, per dirgli come va, per dirgli che sarebbe ora di finire di lavorare e che sarebbe ora che tornasse a casa. La si usa anche in stadio contro i tifosi della squadra avversaria.
"Oii!": a Venezia lo dicono tutti. Dal gondoliere che avvisa la sua presenza all' incrocio di un rio (variante: "Aooe!"), alla persona che vuole fare baruffa, come saluto ad un amico caro e a quello che sta per arrabbiarsi.
"Date cò un legno": prendere un pezzo di legno e picchiarsi in testa con lo stesso. Frase abbastanza recente che significherebbe invitare una persona a mettere la testa a posto.
"Tumòr": rivolto ad una persona che non sta bene o che è di brutto aspetto. Varianti:"Cancaro": cancro. "Impestà": affetto da peste. "Cadavare": cadavere.
"Buso de cueo": apprezzamento ad una bella ragazza. "Buso de cueo 2": avere fortuna.
"S-ciopà": letteralmente scoppiato. Rivolto ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra tale.
"Mòngoeo": Persona che ha dei tratti somatici simili a quelli di un mongoloide, altrimenti una persona che proviene dalla nazione della Mongolia: retaggio della Serenissima ai tempi del solito Marco Polo dove vede per acerrimo nemico il cattivo abitante della Mongolia. Comunque sembra che la prima ipotesi sia più veritiera.
"Imatonìo": persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.
"Via de testa/de xàgoea/coi sgabèi": essere impazziti.
"Casso": persona un pò imbranata. "Casso" messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.
"Col casso": figurarsi...,scherzi?, No di certo!
"A (ara) che te vegno": parafrasi di A.c.t.v., l'azienda di trasporto pubblico a Venezia. Vuol dire avvisare la prossima fuoriuscita di sperma verso la persona interessata.
"Slavo/polacco": persona che non è vestita alla moda.
"Ea mama canarina/ea mona dea Daria": frasi soft ideate da qualcuno che non vuole offendere in modi pesanti.
"Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?": domanda atta a deridere l'avversario facendogli capire che quella cosa detta da lui è scontata. La merda del mago sarebbe magica ma sempre uno scarto.
"Va remengo ti e tò sènare": invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti.
"Te vegno col saltìn": ammonire la prossima eiaculazione verso chi ci sta davanti. L'atto viene avvalorato da un piccolo salto al momento cruciale nel tentativo di gettare ancora più violentemente lo sperma.
"Bàsime i durèi": invitare a baciare lo stomaco di pollo. Secondo molti i "durèi" non sarebbero altro che i testicoli (e suonerebbe molto meglio).
"Quea sfondrada de to mare": la madre dell'amico avrebbe, secondo noi, la vagina rotta a malomodo per ripetuti inserimenti di oggetti di qualsiasi genere magari di misura spropositata.
"Increcoeà": stato tipico di chi ha abusato di sostanze stupefacenti. Colui che ha preso "crècoe". In senso figurato: rincoglionito, rimbecillito, in stato altamente confusionale.
"Ma ti gà e moròidi in testa?": domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della "faccia da culo".
"Muso da mona": faccia da vagina: classicissima espressione veneziana e non per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido o un' inetto.
"Sboràe sol pèto": getti di sperma sul petto. Nuovissima figura retorica, in rapida espansione, per minimizzare un contesto da altri ritenuto importante. Per esempio: "Piero! I gà aumentà 'l canone dea teevision!" (Pietro! Hanno aumentato il canone televisivo!") e Giorgio, che è un riccone, minimizza: "Ah, sboràe sol pèto". E' come se Giorgio, se andasse con una prostituta per esempio, invece di spruzzare lo sperma nella vagina lo dirigesse verso il suo seno e quindi non ci sarebbe nessun rischio di nascita di figli non voluti.
"Ciapar cassi per attaccapanni": più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare "prendere un abbaglio". Letteralmente "confondere i peni con appendiabiti" (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).
"Ti se scapeà?": sei fesso? Scapeà significa mettere in mostra il prepuzio con forza e decisione anche a costo di "romperse el fiéto" di antica memoria scolastica.
Nota bene:
Ometto tutte le bestemmie riguardanti Gesù, la Madonna e i santi anche perché sono troppo scurrili e tese ad offendere la religione cristiana. Tutti i modi di dire succitati dovrebbero, per avere effetto, essere detti con l'espressione facciale tipica veneziana: occhi tristi tendenti a deridere l'"avversario". Utile anche la faccia seria con un sopracciglio alzato e uno triste. Comunque, se dette normalmente, tutte queste parole non sono assolutamente offensive anzi sono un modo per farsi degli amici e non sono assolutamente riservate al popolino ma sono democraticamente dette da tutti. Gente famosa, importante e non.
Ippo
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