Che dite di questo articolo?
Qua dicono che gli amminoacidi ramificati non hanno nessun effeto benevolo per i Bodybuilder
Gli aminoacidi ramificati
Gli aminoacidi sono i mattoni che costituiscono le proteine, essenziali per la struttura muscolare. I vari cibi contengono gli aminoacidi in proporzione variabile; con una dieta equilibrata si suppone che l'atleta assuma la quota proteica corretta e quindi tutti gli aminoacidi di cui ha bisogno. Rispetto al sedentario, l'atleta ha però, non solo un fabbisogno accresciuto, ma anche diversificato. In particolare ha bisogno di aminoacidi a catena ramificata. Tre aminoacidi (leucina, isoleucina, valina), che per la loro struttura vengono detti a catena ramificata, hanno una particolare importanza nella sintesi proteica e sono coinvolti nel processo per cui si ottiene energia dalle proteine. Sintetizzando molte ricerche si può affermare che se l'attività non è continua e sufficientemente prolungata nel tempo (almeno 50 minuti) non c'è nessun bisogno di un'integrazione con aminoacidi ramificati per recuperare lo sforzo. In realtà, se la percentuale proteica della propria alimentazione non è "mediterranea", ma "italiana" o "a zona" si scopre facilmente che
l'integrazione con aminoacidi ramificati non è giustificata per chilometraggi inferiori ai 20 km.
Basta considerare il fatto che 10 g di ramificati sono contenuti in 250 g di carne di pollo per capire che l'alimentazione ne fornisce una quantità sufficiente per tutti quei runner che mangiano bene (con una percentuale sufficiente di proteine) e non sono maratoneti.
Se possono essere importanti nella fase di recupero, gli aminoacidi (ramificati o meno) non hanno nessuna particolare importanza nel miglioramento della prestazione.
Purtroppo molti atleti abusano degli aminoacidi ramificati nella convinzione che "male non fanno". In realtà non è così poiché alte dosi possono alzare notevolmente l'azotemia con conseguente sovraccarico renale. La pratica di usare aminoacidi e integrazione proteica per spingere al massimo le capacità anaboliche dell'organismo deriva dai body builder secondo il banale principio: più proteine diamo più muscoli avremo.
Esistono tre fattori limitanti questa idea:
a) l'anabolismo si crea in seguito a uno stimolo, sia esso uno sforzo massimale sia la presenza di sostanze che favoriscono l'anabolismo e che impiegano le proteine assunte (testosterone, insulina, ormone della crescita). Tralasciando quest'ultima possibilità (l'assunzione ormonale è doping), la prima non può riguardare atleti di sport non di potenza. Infatti in molti sport un potenziamento da body builder sarebbe del tutto controindicato.
b) Anche per i body builder l'assunzione proteica non consente di andare oltre un certo livello di massa muscolare, cioè l'anabolismo ha un limite ben definito. Una volta raggiunto il massimo, non è necessaria nessuna integrazione proteica addizionale. Il risultato più eclatante fu mostrato dalla ricerca di Tarnopolski del 1988. Raccogliendo l'azoto espulso con le urine, le feci e il sudore è possibile calcolare l'equilibrio del bilancio proteico; la ricerca prese in esame tre gruppi, sedentari, body builder e atleti di fondo. Il risultato fu che per i body builder, l'integrazione corretta per mantenere l'equilibrio doveva essere di 1,2 g per kg di peso, mentre per gli atleti di fondo 1,6 g. È chiaro che questi risultati possono spiegare come in molti body builder non sia l'assunzione proteica a incrementare la massa magra quanto l'assunzione di sostanze anabolizzanti (naturali o meno) che stimolano un'anomala sintesi proteica. Il motivo per cui un body builder in condizioni normali (senza agenti anabolizzanti) ha un fabbisogno proteico inferiore a un runner di livello elevato si spiega ricordando che il catabolismo proteico entra in gioco solo quando lo sforzo è sufficientemente intenso. Se il gesto atletico è limitato nel tempo (gli allenamenti di molti body builder non vanno al di là della mezz'ora effettiva di sforzo attivo, causa gli ampi recuperi fra un esercizio e l'altro) può essere anche intenso, ma la quantità di proteine catabolizzate resta bassa.
c) L'assunzione di aminoacidi (arginina, lisina, ornitina, glutammina, tirosina e altri) non aumenta i livelli di ormone della crescita, né la potenza aerobica, né la prestazione in attività massimali. Non variano neppure le concentrazioni di testosterone o cortisolo. È vero che esistono studi che asseriscono che aminoacidi come l'arginina, la lisina, la glutammina, la glicina e l'ornitina incrementano i livelli ormone della crescita. La presenza in letteratura di dati discordanti può spiegarsi col fatto che gli studi positivi sono stati tutti svolti non su campioni della popolazione, ma su ristretti gruppi di soggetti in clinica, cioè su soggetti malati e/o anziani. I risultati positivi riguardavano la somministrazione di un aminoacido e in genere il livello di HGH aumentava di un fattore da tre a dieci.
A prescindere dal fatto che alcuni aminoacidi sono antagonisti (come la coppia arginina e lisina), se questi risultati fossero veri, somministrando 5 g di arginina, 2 g di lisina, 5 g di ornitina, 2 di glutammina e 6 g di glicina, il livello di HGH dovrebbe aumentare di oltre 100 volte! Ovviamente non è così e la spiegazione è semplice: certi risultati clinici si raggiungono in condizioni di estrema carenza (per esempio operando su pazienti sedentari e anziani); l'organismo ha sempre livelli di controllo: finché questi livelli non vengono raggiunti l'integrazione funziona, poi viene annullata (per esempio semplicemente ignorando il messaggio che arriva dalla sostanza).
Queste ricerche sono state riprese dai produttori di integratori con il solito trucco: si promuove una verità spacciandola valida per tutti, mentre vale solo per persone malate.
Qua dicono che gli amminoacidi ramificati non hanno nessun effeto benevolo per i Bodybuilder
Gli aminoacidi ramificati
Copyright by THEA 2004
Gli aminoacidi sono i mattoni che costituiscono le proteine, essenziali per la struttura muscolare. I vari cibi contengono gli aminoacidi in proporzione variabile; con una dieta equilibrata si suppone che l'atleta assuma la quota proteica corretta e quindi tutti gli aminoacidi di cui ha bisogno. Rispetto al sedentario, l'atleta ha però, non solo un fabbisogno accresciuto, ma anche diversificato. In particolare ha bisogno di aminoacidi a catena ramificata. Tre aminoacidi (leucina, isoleucina, valina), che per la loro struttura vengono detti a catena ramificata, hanno una particolare importanza nella sintesi proteica e sono coinvolti nel processo per cui si ottiene energia dalle proteine. Sintetizzando molte ricerche si può affermare che se l'attività non è continua e sufficientemente prolungata nel tempo (almeno 50 minuti) non c'è nessun bisogno di un'integrazione con aminoacidi ramificati per recuperare lo sforzo. In realtà, se la percentuale proteica della propria alimentazione non è "mediterranea", ma "italiana" o "a zona" si scopre facilmente che
l'integrazione con aminoacidi ramificati non è giustificata per chilometraggi inferiori ai 20 km.
Basta considerare il fatto che 10 g di ramificati sono contenuti in 250 g di carne di pollo per capire che l'alimentazione ne fornisce una quantità sufficiente per tutti quei runner che mangiano bene (con una percentuale sufficiente di proteine) e non sono maratoneti.
Se possono essere importanti nella fase di recupero, gli aminoacidi (ramificati o meno) non hanno nessuna particolare importanza nel miglioramento della prestazione.
Purtroppo molti atleti abusano degli aminoacidi ramificati nella convinzione che "male non fanno". In realtà non è così poiché alte dosi possono alzare notevolmente l'azotemia con conseguente sovraccarico renale. La pratica di usare aminoacidi e integrazione proteica per spingere al massimo le capacità anaboliche dell'organismo deriva dai body builder secondo il banale principio: più proteine diamo più muscoli avremo.
Esistono tre fattori limitanti questa idea:
a) l'anabolismo si crea in seguito a uno stimolo, sia esso uno sforzo massimale sia la presenza di sostanze che favoriscono l'anabolismo e che impiegano le proteine assunte (testosterone, insulina, ormone della crescita). Tralasciando quest'ultima possibilità (l'assunzione ormonale è doping), la prima non può riguardare atleti di sport non di potenza. Infatti in molti sport un potenziamento da body builder sarebbe del tutto controindicato.
b) Anche per i body builder l'assunzione proteica non consente di andare oltre un certo livello di massa muscolare, cioè l'anabolismo ha un limite ben definito. Una volta raggiunto il massimo, non è necessaria nessuna integrazione proteica addizionale. Il risultato più eclatante fu mostrato dalla ricerca di Tarnopolski del 1988. Raccogliendo l'azoto espulso con le urine, le feci e il sudore è possibile calcolare l'equilibrio del bilancio proteico; la ricerca prese in esame tre gruppi, sedentari, body builder e atleti di fondo. Il risultato fu che per i body builder, l'integrazione corretta per mantenere l'equilibrio doveva essere di 1,2 g per kg di peso, mentre per gli atleti di fondo 1,6 g. È chiaro che questi risultati possono spiegare come in molti body builder non sia l'assunzione proteica a incrementare la massa magra quanto l'assunzione di sostanze anabolizzanti (naturali o meno) che stimolano un'anomala sintesi proteica. Il motivo per cui un body builder in condizioni normali (senza agenti anabolizzanti) ha un fabbisogno proteico inferiore a un runner di livello elevato si spiega ricordando che il catabolismo proteico entra in gioco solo quando lo sforzo è sufficientemente intenso. Se il gesto atletico è limitato nel tempo (gli allenamenti di molti body builder non vanno al di là della mezz'ora effettiva di sforzo attivo, causa gli ampi recuperi fra un esercizio e l'altro) può essere anche intenso, ma la quantità di proteine catabolizzate resta bassa.
c) L'assunzione di aminoacidi (arginina, lisina, ornitina, glutammina, tirosina e altri) non aumenta i livelli di ormone della crescita, né la potenza aerobica, né la prestazione in attività massimali. Non variano neppure le concentrazioni di testosterone o cortisolo. È vero che esistono studi che asseriscono che aminoacidi come l'arginina, la lisina, la glutammina, la glicina e l'ornitina incrementano i livelli ormone della crescita. La presenza in letteratura di dati discordanti può spiegarsi col fatto che gli studi positivi sono stati tutti svolti non su campioni della popolazione, ma su ristretti gruppi di soggetti in clinica, cioè su soggetti malati e/o anziani. I risultati positivi riguardavano la somministrazione di un aminoacido e in genere il livello di HGH aumentava di un fattore da tre a dieci.
A prescindere dal fatto che alcuni aminoacidi sono antagonisti (come la coppia arginina e lisina), se questi risultati fossero veri, somministrando 5 g di arginina, 2 g di lisina, 5 g di ornitina, 2 di glutammina e 6 g di glicina, il livello di HGH dovrebbe aumentare di oltre 100 volte! Ovviamente non è così e la spiegazione è semplice: certi risultati clinici si raggiungono in condizioni di estrema carenza (per esempio operando su pazienti sedentari e anziani); l'organismo ha sempre livelli di controllo: finché questi livelli non vengono raggiunti l'integrazione funziona, poi viene annullata (per esempio semplicemente ignorando il messaggio che arriva dalla sostanza).
Queste ricerche sono state riprese dai produttori di integratori con il solito trucco: si promuove una verità spacciandola valida per tutti, mentre vale solo per persone malate.
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