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Liquirizia, meglio non abusarne
I danni provocati dalla “cerivastatina” hanno spinto molti pazienti affetti da ipercolesterolemia a cercare e richiedere con maggior frequenza farmaci vegetali in alternativa alle statine. Per contro questo fenomeno ha sollecitato noi a ricercare se in letteratura vi fossero invece danni simili a quelli delle statine, provocati invece da sostanze di origine vegetale.
Abbiamo pertanto analizzato le pubblicazioni disponibili nelle più importanti banche dati scientifiche (Medline, Embase, Biosis, Pascal ecc.), dalle quali è emerso che proprio una pianta molto utilizzata sia dall’industria dolciaria sia da quella farmaceutica, può essere responsabile di danni muscolari anche gravi fino alla rabdomiolisi. Si tratta della Liquirizia (Glycyrrhiza glabra L.) le cui radici, presenti anche in Farmacopea, forniscono un succo disponibile facilmente concentrato in tronchetti o in caramelle. Sono altrettanto frequentemente utilizzate per tisane, per pillole lassative, per farmaci o preparazioni galeniche. Senza contare inoltre l’uso cosmetico. La pianta appartiene alla famiglia delle Leguminosae, cresce spontanea nelle zone litorali dell'Italia centro-meridionale ed insulare. E la radice, raccolta in autunno da piante di 3-4 anni, contiene saponine, la più importante delle quali è la glicirrizina, ma anche flavonoidi, cumarine e fitosteroli.
Note da tempo le sue attività farmacologiche: citoprotettive, antiinfiammatorie e cicatrizzanti sulla mucosa gastrica e duodenale: gastriti, gastro-duodeniti di varia origine, nella prevenzione e cura delle ulcere gastriche e duodenali, delle gastriti ed ulcere da farmaci( FANS, cortisonici) ed alcool e delle mucositi da chemioterapici. All’effetto antiinfiammatorio della glicirrizina si associa anche l’effetto antispastico sulla muscolatura liscia esercitato dai flavonoidi, presenti nella radice di Liquirizia e nell’estratto. Sperimentalmente è stato evidenziato anche che la glicirrizina presenta effetti immunomodulatori, utilizzata anche nella terapia di malattie infiammatorie croniche quali bronchite cronica, artrite reumatoide, epatite cronica, coliti e dermatiti.
Il meccanismo d'azione più importante consiste nel blocco degli enzimi che a livello epatico catabolizzano i corticosteroidi ed in uno stimolo diretto della produzione degli ormoni surrenalici. E sono proprio questi i meccanismi responsabili anche degli effetti collaterali più comunemente conosciuti quali la ritenzione di sodio, ipopotassiemia e ipertensione arteriosa. Conosciute sono pure le possibili interazioni farmacologiche con cortisonici, diuretici e digitalici.
Dal nostro esame della letteratura sono emersi ad oggi descritti 77 casi di miopatia e rabdomiolisi dovuti ad un abuso o uso improprio di liquirizia. 7 di questi sono stati descritti proprio in Italia, mentre il primo caso in assoluto fu descritto da Cayley nel 1950, dovuto alla Liquirizia presente in un farmaco antitubercolare.
In tutti questi casi il danno muscolare è da addebitarsi ad un abuso, infatti sono stati descritti casi dovuti ad una esagerata ingestione (da un minimo di 20 g fino a 300 g di liquirizia al giorno per periodi di alcune settimane o mesi), ma anche all’assunzione di piccole dosi per lunghi periodi, come ad esempio nel caso di lassativi. In quattro casi descritti si è evidenziata anche la contemporanea assunzione di diuretici e spray nasali al cortisone, con sommazione di effetti.
In tutti i casi è stata descritta una paresi flaccida dei muscoli degli arti, accompagnata in un terzo circa dei casi da dolori muscolari. In alcuni pazienti si è manifestata anche mioglobinuria con edemi generalizzati e danni renali. Non sempre presente invece c’è stato il rilievo di ipertensione arteriosa (ritenuta comunemente l’unico effetto collaterale della liquirizia).
Quando è stato interessato il muscolo cardiaco sono state descritte anche gravi aritmie fino all’arresto cardiaco. Ma un dato è confortante: che non sono stati descritti casi mortali. La terapia sostitutiva (KCl) e sintomatica ha infatti sempre risolto il caso clinico.
In tutti i casi comunque è stata evidenziata ipopotassiemia, e spesso un innalzamento degli enzimi sierici muscolari. In alcuni pazienti la diagnosi è stata confortata anche da dati elettromiografici e dalla biopsia muscolare.
Il rischio di abuso di succo o caramelle di Liquirizia è francamente abbastanza remoto, tuttavia la radice di Liquirizia ed i suoi estratti sono presenti anche in specialità medicinali lassative o sedative della tosse, oltre che in molti preparati erboristici ed in alcune tisane della Farmacopea Ufficiale, ed in commercio esistono estratti secchi di liquirizia con una concentrazione di glicirrizina variabile da 80 mg/g fino a 200 mg/ g. Esiste inoltre il rischio di interazioni farmacologiche, in particolare l’assunzione contemporanea di cortisone o diuretici e liquirizia, sotto qualunque forma assunta, aumenta il rischio di ipopotassiemia. Nella realtà quotidiana esistono anche soggetti che assumono a scopo voluttuario grosse quantitità di liquirizia, così come piccole dosi ma per periodi molto prolungati, come succede ad esempio con alcuni lassativi di origine vegetale.
Pur senza creare ingiustificati allarmismi, il consiglio conclusivo è pertanto quello di evitare abusi. Così come non si deve abusare del sale nell’alimentazione quotidiana, sono altrettanto da evitare altri errori, talvolta comuni, come ad esempio quello di cibarsi continuamente di liquirizia, o curarsi con rimedi vegetali senza avvertire il proprio medico curante. Per tutti coloro infine che già fanno uso continuo di liquirizia, pur in assenza di sintomatologia specifica, il consiglio è di parlarne con il proprio medico, ed eseguire un controllo del potassio nel sangue.
(l'autore è Direttore del Centro di Medicina Naturale, Scuola di Fitoterapia clinica, Ospedale S. Giuseppe, Empoli)
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