siamo sicuri che la pessima condizione fisica degli azzurri sia da attribuirsi soltanto al caldo, alla preparazione fisica e alla mancanza di motivazione?
provate a leggere che alimentazione hanno seguito gli azzurri:
PRINCIPI - Un approccio originale, il suo («Ero un po’ stanca di sentire ripetere che la dieta dello sportivo deve prevedere il carico dei carboidrati per il recupero del glicogeno...»), che in Brasile ha assunto grande valore: «Io devo garantire all’atleta un recupero più veloce ed evitare la cossiddetta “infiammazione” generale da stress lavorativo, ovvero allenamenti e partite, che porta inevitabilmente agli infortuni. Dunque sono partita dal dato: siamo in Brasile, con frutta di particolari qualità antiossidanti, l’arma migliore contro la produzione dei radicali liberi, alla base di ogni processo “infiammatorio”. Ma questi antiossidanti debbono essere preparati e abbinati in modo particolare: e qui è il mio ruolo. Attraverso la cottura e la preparazione devo ottimizzare la dieta dell’atleta. Faccio un esempio: i centrifugati. Se devo dare a un calciatore una fetta di papaya non ottengo lo stesso beneficio rispetto a dargli un centrifugato di papaya, che garantisce un processo di assimilazione più veloce». Preparazione, cottura e abbinamenti, le tre parole cardine della Orsi: «L’abbinamento è fondamentale, per evitare l’acidosi: se io abbino una frutta o una verdura a una sostanza che ne altera i principi nobili ho fallito il mio compito».
PREMESSE - Tutto il processo è iniziato nel ritiro di Coverciano, come spiega la nutrizionista azzurra: «Mi sono avvalsa della collaborazione di Veronica Nardi, biologa nutrizionista, e di Gianni Gerenzani, massofisioterapista, 30 di esperienza nel calcio, il nostro “coordintaore”, come lo chiamo io, conoscitore del modo di pensare dei calciatori, dunque fondamentale per ogni approccio nuovo a quel mondo. Ovviamente il mio lavoro poggia sul contributo dello staff medico. Da Castellacci e Gatteschi ho avuto alcune indicazioni sui singoli calciatori, anche se qui l’obiettivo era dare linee guida alla squadra. E’ stato fatto un esame dello stress ossidativo, per stabilire la produzione di radicali liberi ma anche quanto potere antiossidante ha il singolo soggetto. Per non sbagliare misura nella reintegrazione».
DIETA TRICOLORE - Ma veniamo concretamente alla tavola azzurra, per come è stata concepita dalla dottoressa Orsi: «Il punto è la ricerca dell’equilibrio psicofisico. Quindi servono acidi grassi polinsaturi: pesce e frutta secca abbondano nel mio menù, dato che hanno una valenza integrativa anche della membrana cerebrale. Abbiamo diminuito leggermente il quantitativo calorico giornaliero: qui è inverno ma la temperatura è estiva, non serve uno sforzo fisiologico per alzare la temperatura corporea. Nel dettaglio posso dire che i nostri tre alimenti guida restano il parmigiano (il bianco), la bresaola (il rosso) e l’olio extravergine (il verde), la nostra prima “medicina” naturale, che ci siamo portati dall’Italia. Il Brasile per contro ci offre un ananas straordinario, l’abacashi e la papaya, che vale come l’oro in Italia. Il vantaggio è che si possono consumare anche a fine pasto perché hanno enzimi digestivi. Ho invece preferito non rischiare con l’acqua di cocco, né con le straordinarie bacche di acai, potentissimo antiossidante, non avendo garanzie igieniche adeguate».
A TAVOLA - La Nazionale in questo periodo ha così seguito un menù calibrato, suddiviso tra giorni standard, e giorni di vigilia e gara, come ci spiega la dottoressa Orsi: «La giornata tipo inizia con la colazione, proposta seguendo tre linee, identificate con altrettanti colori. All’interno ogni calciatore può scegliere gli abbinamenti a lui più gradevoli. C’è la colazione più dolce (bianca) con fette biscottate, marmellata, frutta secca, frutta con fibra per calibrarne l’aciditò; quella un po’ più salata (rossa), con tost, frutta, bevanda; quella media (verde) con yogurt, cereali integrali e frutta. A pranzo la verdura cruda precede l’assunzione di carboidrati. Niente eccesso di acqua: l’effetto diuretico comporta la perdita di sali. Meglio reidratarsi attraverso la verdura cruda igienicamente garantita da un protocollo di preparazione. Poche proteine. La merenda è il momento più dolce della giornata: deve avvenire subito dopo l’allenamento, anche prima di farsi la doccia. Il must è la famosa torta di Claudio, lo chef azzurro. A cena poi il recupero proteico, evitando l’acidosi: carboidrati, una minestra, carne bianca, pesce, verdure. Il giorno della partita o quello che la precede menù fisso ad alta digeribilità: pasta integrale al pomodoro. Poche verdure. E un divieto che mi è costato qualche simpatia all’inizio: la pizza nel dopo partita, un’abitudine che ho dovuto interrompere. Ma la pizza può essere mangiata durante la settimana. Stesso discorso per la churrascata: lontano dalla gara, ha valore socializzante. E la carne rossa abbinata alle verdure crude è “gestibile”. Divieto assoluto invece per vino, birra e alcolici».
queste nutrizioniste hanno avuto la genialata di:
- tenere bassi i carboidrati, senza focalizzarsi sulla ricarica del glicogeno
- tenere basse le calorie perchè fa caldo (?!?)
- tenere basse le proteine perchè acidificano
- riempirsi di grassi e centrifugati come alimenti principali
apro questa discussione, non tanto per provare a capire come una nazionale sia gestita da una naturopata e non da un nutrizionista sportivo con gli attributi (se no avrei aperto in caffetteria), ma per discutere di quanto le teoria all'ultima moda in fatto di alimentazione riescano sempre ad imporsi spodestando quello che è il razionale nella nutrizione sportiva e per provare ad analizzare, velocemente e a caldo, queste scelte alimentari penose.
i carboidrati, per quanto nell'ambiente da palestra siano ritenuti di minore importanza, se parliamo di una nazionale impegnata in un torneo di altissimo livello come il mondiale rivestono un ruolo fondamentale, soprattutto nei post allenamenti e nei loro post partita per accelerare il recupero e la resintesi del glicogeno. il carico del glicogeno era fondamentale, soprattutto sfruttare la finestra metabolica era di centrale importanza. è vero che gli antiossidanti hanno un ruolo centrale in decine di processi molecolari ma pensare che si corra come le squadre sud americane a forza di centrifugati è impensabile. ci sono studi vecchi di decenni che dimostrano questi fatti evidenti. ancor più fuori dal mondo è stata la gestione delle proteine. poche proteine e concentrate a cena, una scelta vecchia e ormai superata da tante evidenze scientifiche (25-30 gr ogni 3-4 ore faceva proprio schifo?). un'altra scelta scellerata a mio avviso è stata la gestione delle calorie. è banale è chiaro che non si può rischiare di fare un'ipocalorica in una competizione del genere. le calorie dovevano stare alte, occorreva stare con una leggera ipercalorica, per evitare eventi catabolici e permettere il recupero ottimale. a che pro limitarsi a livello energetico? tutto ciò non ha senso.
se al posto di vitargo, bcaa, creatina e beta alanina si utilizzano centriguti di papaya e torta dello chef post wo questi sono gli ovvi penosi risultati. è pazzia. probabilmente con una pizza post partita i risultati sarebbero stati più soddisfacenti... stiamo parlando di atleti di elitè non della casalinga affascinata dalle teorie all'ultimo grido. se gli azzurri avevano le gambe vuote era anche e di sicuro colpa di una scelta nutrizionale scellerata.
con questo non voglio togliere le colpe alla squadra, a prandelli e così via ma evidenziare uno dei tanti tasselli che in questo mondiale non è stato inserito nella maniera corretta.
provate a leggere che alimentazione hanno seguito gli azzurri:
PRINCIPI - Un approccio originale, il suo («Ero un po’ stanca di sentire ripetere che la dieta dello sportivo deve prevedere il carico dei carboidrati per il recupero del glicogeno...»), che in Brasile ha assunto grande valore: «Io devo garantire all’atleta un recupero più veloce ed evitare la cossiddetta “infiammazione” generale da stress lavorativo, ovvero allenamenti e partite, che porta inevitabilmente agli infortuni. Dunque sono partita dal dato: siamo in Brasile, con frutta di particolari qualità antiossidanti, l’arma migliore contro la produzione dei radicali liberi, alla base di ogni processo “infiammatorio”. Ma questi antiossidanti debbono essere preparati e abbinati in modo particolare: e qui è il mio ruolo. Attraverso la cottura e la preparazione devo ottimizzare la dieta dell’atleta. Faccio un esempio: i centrifugati. Se devo dare a un calciatore una fetta di papaya non ottengo lo stesso beneficio rispetto a dargli un centrifugato di papaya, che garantisce un processo di assimilazione più veloce». Preparazione, cottura e abbinamenti, le tre parole cardine della Orsi: «L’abbinamento è fondamentale, per evitare l’acidosi: se io abbino una frutta o una verdura a una sostanza che ne altera i principi nobili ho fallito il mio compito».
PREMESSE - Tutto il processo è iniziato nel ritiro di Coverciano, come spiega la nutrizionista azzurra: «Mi sono avvalsa della collaborazione di Veronica Nardi, biologa nutrizionista, e di Gianni Gerenzani, massofisioterapista, 30 di esperienza nel calcio, il nostro “coordintaore”, come lo chiamo io, conoscitore del modo di pensare dei calciatori, dunque fondamentale per ogni approccio nuovo a quel mondo. Ovviamente il mio lavoro poggia sul contributo dello staff medico. Da Castellacci e Gatteschi ho avuto alcune indicazioni sui singoli calciatori, anche se qui l’obiettivo era dare linee guida alla squadra. E’ stato fatto un esame dello stress ossidativo, per stabilire la produzione di radicali liberi ma anche quanto potere antiossidante ha il singolo soggetto. Per non sbagliare misura nella reintegrazione».
DIETA TRICOLORE - Ma veniamo concretamente alla tavola azzurra, per come è stata concepita dalla dottoressa Orsi: «Il punto è la ricerca dell’equilibrio psicofisico. Quindi servono acidi grassi polinsaturi: pesce e frutta secca abbondano nel mio menù, dato che hanno una valenza integrativa anche della membrana cerebrale. Abbiamo diminuito leggermente il quantitativo calorico giornaliero: qui è inverno ma la temperatura è estiva, non serve uno sforzo fisiologico per alzare la temperatura corporea. Nel dettaglio posso dire che i nostri tre alimenti guida restano il parmigiano (il bianco), la bresaola (il rosso) e l’olio extravergine (il verde), la nostra prima “medicina” naturale, che ci siamo portati dall’Italia. Il Brasile per contro ci offre un ananas straordinario, l’abacashi e la papaya, che vale come l’oro in Italia. Il vantaggio è che si possono consumare anche a fine pasto perché hanno enzimi digestivi. Ho invece preferito non rischiare con l’acqua di cocco, né con le straordinarie bacche di acai, potentissimo antiossidante, non avendo garanzie igieniche adeguate».
A TAVOLA - La Nazionale in questo periodo ha così seguito un menù calibrato, suddiviso tra giorni standard, e giorni di vigilia e gara, come ci spiega la dottoressa Orsi: «La giornata tipo inizia con la colazione, proposta seguendo tre linee, identificate con altrettanti colori. All’interno ogni calciatore può scegliere gli abbinamenti a lui più gradevoli. C’è la colazione più dolce (bianca) con fette biscottate, marmellata, frutta secca, frutta con fibra per calibrarne l’aciditò; quella un po’ più salata (rossa), con tost, frutta, bevanda; quella media (verde) con yogurt, cereali integrali e frutta. A pranzo la verdura cruda precede l’assunzione di carboidrati. Niente eccesso di acqua: l’effetto diuretico comporta la perdita di sali. Meglio reidratarsi attraverso la verdura cruda igienicamente garantita da un protocollo di preparazione. Poche proteine. La merenda è il momento più dolce della giornata: deve avvenire subito dopo l’allenamento, anche prima di farsi la doccia. Il must è la famosa torta di Claudio, lo chef azzurro. A cena poi il recupero proteico, evitando l’acidosi: carboidrati, una minestra, carne bianca, pesce, verdure. Il giorno della partita o quello che la precede menù fisso ad alta digeribilità: pasta integrale al pomodoro. Poche verdure. E un divieto che mi è costato qualche simpatia all’inizio: la pizza nel dopo partita, un’abitudine che ho dovuto interrompere. Ma la pizza può essere mangiata durante la settimana. Stesso discorso per la churrascata: lontano dalla gara, ha valore socializzante. E la carne rossa abbinata alle verdure crude è “gestibile”. Divieto assoluto invece per vino, birra e alcolici».
queste nutrizioniste hanno avuto la genialata di:
- tenere bassi i carboidrati, senza focalizzarsi sulla ricarica del glicogeno
- tenere basse le calorie perchè fa caldo (?!?)
- tenere basse le proteine perchè acidificano
- riempirsi di grassi e centrifugati come alimenti principali
apro questa discussione, non tanto per provare a capire come una nazionale sia gestita da una naturopata e non da un nutrizionista sportivo con gli attributi (se no avrei aperto in caffetteria), ma per discutere di quanto le teoria all'ultima moda in fatto di alimentazione riescano sempre ad imporsi spodestando quello che è il razionale nella nutrizione sportiva e per provare ad analizzare, velocemente e a caldo, queste scelte alimentari penose.
i carboidrati, per quanto nell'ambiente da palestra siano ritenuti di minore importanza, se parliamo di una nazionale impegnata in un torneo di altissimo livello come il mondiale rivestono un ruolo fondamentale, soprattutto nei post allenamenti e nei loro post partita per accelerare il recupero e la resintesi del glicogeno. il carico del glicogeno era fondamentale, soprattutto sfruttare la finestra metabolica era di centrale importanza. è vero che gli antiossidanti hanno un ruolo centrale in decine di processi molecolari ma pensare che si corra come le squadre sud americane a forza di centrifugati è impensabile. ci sono studi vecchi di decenni che dimostrano questi fatti evidenti. ancor più fuori dal mondo è stata la gestione delle proteine. poche proteine e concentrate a cena, una scelta vecchia e ormai superata da tante evidenze scientifiche (25-30 gr ogni 3-4 ore faceva proprio schifo?). un'altra scelta scellerata a mio avviso è stata la gestione delle calorie. è banale è chiaro che non si può rischiare di fare un'ipocalorica in una competizione del genere. le calorie dovevano stare alte, occorreva stare con una leggera ipercalorica, per evitare eventi catabolici e permettere il recupero ottimale. a che pro limitarsi a livello energetico? tutto ciò non ha senso.
se al posto di vitargo, bcaa, creatina e beta alanina si utilizzano centriguti di papaya e torta dello chef post wo questi sono gli ovvi penosi risultati. è pazzia. probabilmente con una pizza post partita i risultati sarebbero stati più soddisfacenti... stiamo parlando di atleti di elitè non della casalinga affascinata dalle teorie all'ultimo grido. se gli azzurri avevano le gambe vuote era anche e di sicuro colpa di una scelta nutrizionale scellerata.
con questo non voglio togliere le colpe alla squadra, a prandelli e così via ma evidenziare uno dei tanti tasselli che in questo mondiale non è stato inserito nella maniera corretta.
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