Correre per dimagrire? Pura follia!

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    Correre per dimagrire? Pura follia!

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    Correre per dimagrire? PURA FOLLIA!

    A PERSPECTIVE STUDY OF EVOLUTIONARY BIOLOGY

    Fatti e misfatti

    di Giovanni Cianti

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    Chi non ha presente l’angosciante spettacolo dei nostri Centri Fitness, decine e decine di costosissimi, inutili tapis roulant in file interminabili e ordinate come i lettini di un ospedale e centinaia di sciagurati e malcapitati “pazienti” che su quegli attrezzi infernali passano buona parte della loro esistenza? Ore e ore interminabili di walking e jogging a risultato zero. Chi è magro resta magro, chi ha la pancia se la tiene. Mai a memoria d’uomo si era visto un simile mostruoso spreco di energie, tempo e risorse in un martirio che tanto somiglia alla ruota del criceto che corre, corre e resta sempre lì. E quand’è che questi sventurati o almeno i più accorti di loro cambiano aspetto e migliorano l’efficienza? Quando finalmente si convincono a cambiare alimentazione. Punto. E allora caro lettore, secondo te il risultato da dove viene, dal cosidetto cardio oppure dalla dieta? Qui ci proponiamo appunto di dimostrare sotto il profilo evoluzionario, biomeccanico, endocrino e metabolico come l’approccio fitness (ma anche body building ancora per molti) attualmente in vigore sia inefficace, sofferto e miserabile nei risultati. No pain, no gain? Per la natura assolutamente no.

    Se correre per dimagrire è stupido dal punto di vista biomeccanico...

    La corsa è un metodo di deambulazione che si riscontra particolarmente nei mammiferi. L’evoluzione la consente grazie all’azione sagittale degli arti insieme ad altre non meno importanti modificazioni della mani e dei piedi. Per correre infatti è necessario:

    • l’allungamento degli arti
    • il sollevamento del tarso e del carpo dal suolo
    • l’appoggio al suolo esclusivamente delle dita
    • la riduzione del numero delle stesse.

    Solo questo sistema biomeccanico consente l’efficienza dell’andatura ed evita i traumi da impatto che il peso dell’animale sollevandosi e ricadendo al suolo determina. Scendendo nei particolari:

    • gli unguligradi bovidi (bufali, mucche, gazzelle, antilopi che hanno due dita) ed equidi (asini, cavalli, zebre con un dito soltanto) sono dotati di una struttura degli arti per cui solo l’ultima falange impatta il suolo garantendo quattro articolazioni prima della caviglia e del polso che agiscono da ammortizzatori. Il piede e la mano sono lunghi rispettivamente come tibia/perone e ulna/radio assicurando così una leva capace di grande mobilità. Omero e femore corti e potenti garantiscono invece la spinta propulsiva dell’andatura. Il peso dell’animale viene scaricato su quattro arti con impatto minimo su ciascuno di essi. La loro andatura è la corsa o galoppo.

    • I digitigradi (felidi, canidi, molti roditori) appoggiano tutte le falangi delle dita tenendo sollevato il metacarpo e il metatarso, hanno due articolazioni libere prima della caviglia e del polso, quindi una sospensione ancora abbastanza efficiente. La loro andatura è il trotto.

    • Nei plantigradi (primati, ursidi) l’intera pianta del piede – molto corto rispetto a tibia/perone - impatta il suolo, quindi non c’è sistema di ammortizzazione e in più la stazione eretta scarica il peso dell’animale su due arti soltanto anzichè su quattro. L’andatura naturale dei plantigradi è il passo. L’essere umano - se qualcosa non è cambiato negli ultimi giorni – è un primate, di conseguenza plantigrade.

    Differenze anatomiche tra plantigradi ( a sinistra), digitigradi (al centro) e unguligradi (a destra)



    ... lo è ancora di più dal punto di vista metabolico.

    I metabolismi energetici della corsa e del jogging variano in relazione a peso, sesso, età del soggetto e soprattutto in rapporto alla velocità dell’andatura cioè all’erogazione di potenza necessaria per la spinta propulsiva. Generalizzando – i puristi non ce ne vogliano – possiamo valutare un concorso alattacido minimo con preponderanza – in uguale proporzione – del metabolismo anaerobico lattacido e aerobico. E sono proprio l’utilizzo del glicogeno e la latticemia i nemici più grandi del dimagrimento. Diciamo anzitutto che il lavoro lattacido è profondamente innaturale, tant’è che quando si osserva un approccio istintivo al movimento – negli animali e nei bambini ad esempio – si evidenzia un alternarsi di fasi alattacide e aerobiche, mai lattacide. Il motivo principale è la sofferenza legata all’utilizzo del glicogeno come substrato energetico. La natura infatti evita la sofferenza, segnale di comportamenti non idonei alla sopravvivenza e alla riproduzione mentre premia il piacere, di forte evidenza sensoriale nel sesso, nel mangiare, nel respirare ad esempio. L’induzione alla sofferenza lattacida è iniziata per l’uomo con la Rivoluzione Agricola 12.000 anni fa, dodici ore al giorno di martirio in posizioni assolutamente non fisiologiche e usuranti, la snervante, martirizzante, sofferenza della zappa. Il lavoro lattacido è sofferto per un metabolismo di per sé doloroso: acido lattico, CO2, calore, infiammazione. L’esaurirsi delle riserve di glicogeno produce debolezza, astenia con ulteriori, successive sofferenze. Si sono esaltate le endorfine prodotte dall’organismo in queste circostanze come un fattore positivo di benessere mentre sono purtroppo solo il tampone di tanta sofferenza, la droga che rende sordi al dolore. Alla larga dalle endorfine, per carità! Nel lavoro lattacido c’è increzione di cortisolo, serve zucchero e l’ormone smonta le proteine - le deamina – per ottenerlo. L’ormone determina quindi catabolismo dei tessuti magri con sbalzi bipolari dell’umore, ansia e depressione che si alternano. La resistenza all’insulina aumenta insieme all’appetito per i carboidrati col rischio di diabete. La presenza di acido lattico nel sangue inibisce il rilascio degli acidi grassi da parte degli adipociti, l’esaurirsi stesso del glicogeno aumenta l’appetito per gli zuccheri e nonostante tutto l’EPOC è estremamente labile e ridotto.

    EPOC

    Quello che una volta veniva definito come debito di ossigeno, l’Excess Post-exercise Oxygen Consumption, EPOC appunto non è solo l’aumento del consumo post esercizio di O2 ma più generalmente l’incremento in toto di tutti i sistemi metabolici dell’organismo. Definito anche after burn è un processo squisitamente aerobico1,2,3,4 che attinge principalmente dai grassi la sua energia. L’aumentato metabolismo a riposo è dovuto a:
    • Ricarica delle riserve di energia, fosfati e glicogeno nonché alla trasformazione del lattato in piruvato
    • Ritorno alla normalità della temperatura del corpo
    • Ritorno al ritmo respiratorio e cardiaco nella norma
    • Recupero ormonale
    • Riossigenazione del sangue
    • Proliferazione e maturazione di nuovo tessuto muscolare nel caso l’esercizio ne abbia prodotto la lisi.

    Gli studi in materia riferiscono il perdurare dell’EPOC fino ed oltre 48 ore post esercizio5 e noi body builder ben sappiamo che il processo di maturazione delle staminali può impiegare anche 14 giorni per realizzarsi compiutamente6. L’EPOC è nettamente più elevato e perdura più a lungo in relazione diretta con l’intensità del lavoro sostenuto. Minimo e limitato a poche ore quando consegue a un lavoro aerobico o lattacido, profondo e protratto molti giorni quando è conseguenza di un lavoro esaustivo contro resistenze come ad esempio il body building7. Lo sappiamo da almeno vent’anni8 ci sono tonnellate di studi che lo dimostrano e nonostate tutto continuiamo a propinare lavoro aerobico a gogò ad atleti e sedentari in una immonda fatica di Sisifo che non produce risultati. Il lavoro anaerobico alattacido contro resistenze infatti produce un’alterazione dell’omeostasi molto più profonda e drammatica del lavoro aerobico o aerobico- lattacido9,10. Si è visto inoltre come l’alimentazione ad esempio il pasto pre workout possa influenzarlo. Una dieta iperproteica consente un EPOC più evidente e prolungato, ad esempio11. Quindi l’EPOC è parte integrante del dispendio energetico complessivo di ogni attività fisica, una quota che va ad assommarsi all’energia richiesta dall’esecuzione dell’attività medesima. Per concludere in estrema sintesi “brucio” un poco di grassi e qualche caloria in più praticando jogging ma con un EPOC molto breve e limitato, “brucio” fosfati e quasi niente calorie facendo bodybuilding estremo ma l’EPOC è massiccio, profondo e perdura fino a 10 – 14 giorni. Studi oramai numerosi e incontrovertibili – oltre a 25 anni di esperienza sul campo - attestano il profondo effetto dimagrante localizzato12,13 (la cosidetta spot reduction) conseguenza del lavoro contro resistenze massimali.

    Ma il fiato dove lo mettiamo...

    Altrettanto incontrovertibile risulta essere il netto miglioramente del sistema cardio – vascolare e della resistenza aerobica anche in assenza di allenamento specifico. Il coinvolgimento del sistema cardio-vascolare in un set di squat all out da 6 – 10 reps fa impallidire anche il running più impegnativo. In realtà l’effetto cardiovascolare del running è specifico dell’esercizio e ne consente il miglioramento ma in assoluto è ben poca cosa rispetto alla solecitazione cardio-respiratoria di un pesante esercizio alattacido contro resistenze. Un’esperienza molto significativa fatta14 su un gruppo di fondisti passati alla velocità con set di sprint da 30’’ intervallati da 3’ di recupero dimostra come si possa mantenere la capillarizzazione e la capacità ossidativa nonostante la forte diminuizione del volume di lavoro e lo shift dall’aerobico all’alattacido.

    In ultima analisi...

    ...il controllo della composizione corporea e la salute stessa dipendono fondamentalmente dal cibo. L’esercizo come direbbe qualcuno “non c’azzecca” o “c’azzecca” pochissimo. Più muscoli, ossa più dense e forti, assenza di grasso sottocutaneo e di ritenzione idrica sono dovuti non ad alimentazione equilibrata o corretta come i mass media vorrebbero, bensì idonea all’animale – uomo. Si sopravvive – male – anche mangiando spazzatura ma per essere sani, forti, efficienti e belli, dobbiamo nutrirci con il cibo della nostra evoluzione: carne, pesce, uova, verdura e un poco di frutta. Dimenticando astrusi calcoli di calorie, proteine, grassi e pensando esclusivamente proprio in termini di cibo, di alimenti che non abbiano subito processi tecnologici e che teoricamente possano essere digeriti e assimilati da crudi. Soprattutto sono da evitare cereali e legumi, cibo miserabile che ci fa lentamente e subdolamente marcire, condannandoci ad un inesorabile decadimento fino a morte prematura.

    Conclusione

    Poiché risulta incontrovertibile che noi esseri privilegiati della scala evolutiva siamo comunque animali: vertebrati appartenenti alla classe dei mammiferi, famiglia dei primati, genere homo, specie sapiens, sottospecie sapiens. E poiché ci siamo evoluti come predatori carnivori - frugivori, divoratori di carogne e soprattutto perché siamo plantigradi come l’orso e il gorilla, la corsa è per noi un metodo di deambulazione innaturale, sofferto, non fisiologico portatore di traumi e di patologie. E’ assolutamente controproducente per il dimagrimento che si ottiene principalmente grazie ad una alimentazione idonea alla nostra specie. Secondariamente se vogliamo individuare un esercizio che facilita la perdita di grasso e contemporaneamente aumenta la massa magra in maniera rapida, efficiente e massiccia dobbiamo rivolgerci all’esercizio anaerobico alattacido. In soldoni due – tre sedute coi pesi alla settimana vi fanno dimagrire più di intermanabili ore ed ore giornaliere passate su quelle macchinette infernali che chiamiamo cardio. Ma per fare pesi dovete essere ben nutriti soprattuto di fosfati e di carne, qui il serpente si morde la coda...
    Inciso per i body builder agonisti che hanno incluso l’odiato cardio nelle loro routine Perché invece di due ore di pesi e mezz’ora di cardio giornalieri non fate una double split solo pesi di 50 + 50 minuti? Garantisce l’EPOC alle stelle, altro che cardio...
    Per chi ha bisogno della magica formuletta per assemblare quanto finora esposto ecco la ricetta – in ordine di importanza - del fitness più efficace, gioioso e rapido che esista.
    GC

    Bibliografia

    1) C.Melby et al EFFECT OF ACUTE RESISTENCE EXERCISE ON POSTEXERCISE ENERGY EXPENDITURE AND RESTING METABOLIC RATE Journ of Appl Physiol, vol. 75 n° 4: 1847-1853, 1993
    2) M.J.Ormsbee et al FAT METABOLISM AND ACUTE RESISTANCE EXERCISE IN TRAINED MEN J of Appl Physiol 102: 1767-1772, 2007
    3) B.Kiens, E.A.Richter UTILIZATION OF SKELETAL MUSCLE TRIACYGLYCEROL DURING POSTEXERCISE RECOVERY IN HUMANS aAm J of Physiol Endoc Metab, vol. 275 n°2: E332-E337, August 1998
    4) D.S.Petitt et al EFFECT OF RESISTANCE EXERCISE ON POSTPRANDIAL LIPEMIA J of Appl Physiol 94:694-700, 2003
    5) M. D. Suenke EFFECT OF AN ACUTE PERIOD OF RESISTANCE EXERCIZE ON EXCESS POST-EXERCIZE OXYGEN CONSUMPTION: IMPLICATION FOR BODY MASS MANAGEMENT Eur. Journ of Appl Physiol vol 86, n° 5, 411-417
    6) A.L. Siegel et al MUSCLE SATELLITE CELLS PROLIFERATION AND ASSOCIATION: NEW INSIGHTS FROM MYOFIBER TIME – LAPSE IMAGING Skelatal Muscle 2011 1:7
    7) C. de Mello Meirelles, P.S.Chagas Gomes ACUTE EFFECTS OF RESISTANCE EXERCISE ON ENERGY EXPENDITURE: REVISITING THE IMPACT OF THE TRAINING VARIABLES Rev Bras Med Esporte vol.10, n°2 Mar/Abr, 2004
    8) Gillette et al POSTEXERCIZE OXYGEN EXPENDITURE IN RESPONSE TO ACUTE AEROBIC OR RESISiTVE EXERCIZE Int Jour of Sport Nutri 1994, vol 4, 347-60
    9) Elliot DL Goldberg EFFECTS OF RESISTANCE TRAINING ON EXCESS POST EXERCIZE OXYGEN CONSUMPTION
    10) G.Cianti BRUCIA CHI CRESCE Cultura Fisica, 1996 – MORE Musclehead, 1997
    11) Hackney et al TIMING PROTEIN INTAKE INCREASE INCREASES ENERGY EXPENDITURE 24h HOURS AFTER RESISTANCE TRAINING Medine & Science in Sprts & Exercize: may 2010 vol. 42, iss 5, pp 998-1003 Applied Sciences
    12) L.I.Sinoway et al A 30-DAY FOREARM WORK PROTOCOL INCREASES MAXIMAL FOREARM BLOOD FLOW J of Appl Physiol, vol. 62 n°3: 1063-1067, 1987
    13) P.A.Vodak et al PHYSIOLOGICAL PROFILE OF MIDDLE-AGED MALE AND FEMALE TENNIS PLAYER Med& Sci in Sports & Exerc, vol.12 n°3:159-163, 1980
    14) F.M.Iaia et al FOUR WEEKS OF SPEED ENDURANCE TRAINING REDUCES ENERGY EXPENDITURE DURING EXERCISE AND MAINTAINS MUSCLE OXIDATIVE CAPACITY DESPITE A REDUCTION IN TRAINING VOLUME Journ of Appl Physiol vol. 106 January 2009


    Bisogna volere l’impossibile perché l’impossibile accada.
  • Conan le Barbare
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    #2
    Originariamente Scritto da vincio0208 Visualizza Messaggio
    Si sopravvive – male – anche mangiando spazzatura ma per essere sani, forti, efficienti e belli, dobbiamo nutrirci con il cibo della nostra evoluzione: carne, pesce, uova, verdura e un poco di frutta. Dimenticando astrusi calcoli di calorie, proteine, grassi e pensando esclusivamente proprio in termini di cibo, di alimenti che non abbiano subito processi tecnologici e che teoricamente possano essere digeriti e assimilati da crudi. Soprattutto sono da evitare cereali e legumi, cibo miserabile che ci fa lentamente e subdolamente marcire, condannandoci ad un inesorabile decadimento fino a morte prematura.
    ora è anche giunto il momento del cardio.... che viene "giustamente negato", addirittua mette in dubbio anche i benefici cardio vascolari,il fiato,insomma praticamente demonizza anche la corsa. Poi ovviamente l'ultima parte quotata,che stranamente finisce a parare sempre la è da incorniciare
    Rest in Peace Andy.....

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    • Paperinik1981
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      #3
      La corsa: consumi energetici
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      Conoscere i consumi della corsa è di fondamentale importanza poiché il consumo calorico quotidiano dipende anche da quanto viene bruciato con l'attività fisica; la corsa è sicuramente una delle attività migliori per il dimagrimento proprio perché la sua resa in termini di calorie bruciate/tempo a disposizione è altissima.
      Occorre subito dire che i consumi della corsa non dipendono dalla velocità a cui si corre. Questa errata convinzione è motivata dallo scambiare la potenza del gesto atletico (il lavoro nell'unità di tempo) con il lavoro svolto. Un atleta che percorre 20 km in un'ora impiega la metà del tempo rispetto a un atleta che va a 10 km/h (cioè il primo atleta è più potente), ma il lavoro svolto e le calorie bruciate sono le stesse, se i due atleti hanno lo stesso peso.La formula
      Per quanto riguarda la determinazione dei consumi della corsa, esistono ormai risultati consolidati che non è il caso di mettere in discussione per poche e non significative differenze.
      Le tabelle classiche più evolute (come quella di McArdle) tengono conto del peso del soggetto, tutto ciò in accordo con i calcoli teorici che danno un'ottimizzazione nella corsa di grandi campioni a 0,9 kcal per kg di peso al km. Si può utilizzare l'approssimazione di Margaria di 1 kcal per ogni kg di peso e per ogni km percorso, cioè il consumo della corsa può essere calcolato facilmente a partire dal peso e dalla distanza percorsa. Se C è il consumo in calorie, P il peso in chilogrammi e d la distanza in chilometri:
      C=k*P*d.
      Dove k è una costante che varia da individuo a individuo e indica l'efficienza della sua corsa. Varia fra 0,8 e 1,2 (più è alta e meno la corsa è efficiente), ma per un gran numero di soggetti è vicina all'unità, tant'è che si può appunto utilizzare la sopracitata approssimazione di Margaria (k=1) che dà:
      C=P*d.
      Occorre notare che il k è tanto maggiore quanto minore è il grado di allenamento del soggetto; un principiante ha spesso un k di 1,2.
      Il carburante - Ben più interessante è la considerazione sul carburante utilizzato dall'atleta; classicamente si ritiene che l'atleta usi normalmente i carboidrati e che solo a velocità basse intervenga l'uso dei grassi (per esempio nella maratona si stima un 20% di impiego dei grassi). In realtà (ed è sorprendente che la visione classica non ne tenga conto) è stato ormai dimostrato da tempo che anche le proteine vengono utilizzate a fini energetici, quando le scorte di glicogeno sono basse. Il carburante impiegato dipende infatti da:
      a) la velocità cui si corre
      b) il grado di allenamento
      c) la capacità di correre in condizioni di deplezione di glicogeno.
      I primi due punti sono perfettamente d'accordo con la teoria classica; il terzo invece ci dice che quanto più l'atleta è abituato a correre con scarse scorte di carboidrati tanto più aumenta la sua capacità di bruciare grassi e proteine. Questo avviene in chi si allena tutti i giorni (atleta A) e spesso deve farlo senza aver recuperato completamente l'allenamento precedente. Chi si allena tre volte alla settimana (atleta B) eseguirà l'allenamento avendo pienamente recuperato e il suo fisico continuerà a utilizzare i carboidrati. Nel caso di un fondo lento di 20 km si può ipotizzare che per l'atleta A la miscela sia 60% carboidrati, 30% grassi e 10% proteine mentre per l'atleta B 80% carboidrati, 15% grassi e al massimo un 5% di proteine. A parte le percentuali, si deve rilevare che la nuova visione spiega come mai atleti di tipo B abbiano di solito scarse capacità di recupero: se le loro scorte di glicogeno non sono al massimo il loro rendimento cala vistosamente, mentre per atleti di tipo A il calo è meno sensibile.
      E il cammino?
      Ben più complesso esprimere i consumi del cammino. Sicuramente minori rispetto a quelli della corsa (manca la fase di volo), non si può non tenere conto che quando si tende a incrementare la velocità forzandosi a camminare, anziché correre, l'innaturalezza del gesto, renda molto dispendioso il movimento.
      Sostanzialmente vale la stessa formula della corsa, ma il k è molto più variabile, sempre inferiore a 1. Può andare da 0,4 a 0,8 a seconda della fatica del gesto; il k minore si ha per la massima velocità cui si riesce a camminare naturalmente. Si deve rilevare che questo dato spiega l'inefficacia del consiglio che i media sono soliti propinare alla popolazione, consiglio secondo il quale basterebbe camminare per 20' al giorno per stare in forma. Un soggetto sovrappeso di 80 kg che passeggi per 1,5 km (20'), godendosi il paesaggio, consuma circa 60 kcal, cioè 15 g di crostata! Se quello è il suo unico esercizio fisico della giornata, come può sperare di dimagrire?Fattori da considerare
      Ovviamente i dati sopraesposti valgono per condizioni normali; si possono elencare diversi fattori che peggiorano o migliorano il consumo. Non sempre è possibile essere precisi nell'indicare il consumo perché può dipendere da come il soggetto gestisce il fattore considerato. In letteratura si trovano dati non sempre concordanti e di non facile determinazione.
      • La corsa in salita aumenta i consumi.
      • La corsa in discesa li diminuisce, ma al crescere della pendenza tale vantaggio è minore perché l'azione frenante per mantenere l'assetto di corsa è comunque da tenere in considerazione.
      • L'elasticità della scarpa diminuisce i consumi fino al 2,5% rispetto a una scarpa completamente scarica.
      • Il peso della scarpa; 100 g di peso in più nelle scarpe equivalgono a circa 500 g di peso in più in vita; anche questo dato è da prendere cum grano salis perché non c'è linearità: oltre un certo peso della scarpa la penalizzazione è evidente.
      • Il tipo di terreno; per esempio, correre sulla sabbia costa il doppio rispetto a correre sull'asfalto.
      • Il vento (resistenza dell'aria); un vento che soffia a 60 km/h incrementa i consumi di circa il 40%, mentre una leggera brezza (15 km/h) incrementa i consumi di solo il 5%. Anche in questo caso non c'è linearità né con la velocità del vento né con il peso del runner. Come per la corsa in discesa/salita, un vento favorevole non riequilibra la situazione, per cui in un 10000 in pista con forte vento si andrà più piano rispetto a correrlo in assenza di vento, a prescindere dal fatto che si corrano frazioni uguali contro o a favore di vento.
      • L'abbigliamento; ovviamente non influenza solo per il peso del corpo (cappelli, accessori come orologi o gioielli ecc.), ma anche per la difficoltà di gestirlo in maniera sincrona con il movimento. Correre con una tuta da camera o da passeggio aumenta nettamente i consumi.
      • La scia; anche in condizioni di assenza di vento, correre in scia diminuisce la resistenza dell'aria. A 2'50"/km si ha un risparmio del 7%; il risparmio che si ha a 4'/km (15 km/h) è ancora sensibile.
      • La fatica; correre affaticati peggiora l'efficienza della corsa, aumentando il k.


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      Come fare sport per dimagrire
      Copyright by THEA 2004-2005-2006


      Questo articolo vuole eliminare una volta per tutte alcuni luoghi comuni del tutto errati sulla relazione fra dimagrimento e sport (utile la lettura propedeutica dell'articolo i consumi energetici della corsa).

      Per dimagrire si deve sudare
      È assurdo che ancora oggi ci sia gente che pensi ciò. Basta osservare chi corre nei parchi cittadini per accorgersi che la parola d'ordine è: coprirsi e sudare il più possibile. Probabilmente si sarà gratificati quando, tornati a casa, si scoprirà che la bilancia segna anche due chili in meno, salvo poi scoprire con disperazione che la mattina dopo siamo tornati al peso di sempre. Né ha senso cercare di resistere alla sete per rendere definitivo il dimagrimento. Prima o poi ci si deve reidratare e l'illusione svanisce.

      Per dimagrire si deve fare attività sportiva a bassa intensità
      Questa panzana è nata nelle palestre e in tutti quegli ambienti dove si usa il cardio fitness (per dimagrire non devo superare una certa frequenza cardiaca!); in realtà in questi ambienti si ha spesso a che fare con persone che vogliono minimizzare la fatica e ai personal trainer meno coscienziosi non par vero di riuscire a vendere una strategia che si accorda con la pigrizia del soggetto. La panzana si basa sul fatto che facendo attività sportiva a bassa intensità si bruciano preferenzialmente i grassi. Il dubbio metabolico diventa dunque il seguente: se corro forte brucio carboidrati e non grassi!
      Perché molti credono veramente che la velocità di corsa sia fondamentale nel dimagrimento? In realtà è un vero e proprio test di intelligenza che non viene superato da chi ha un approccio troppo semplicistico ai problemi.
      Infatti l'errore fondamentale che si commette nel ritenere che per dimagrire si debba (notare il "debba") correre piano dipende sostanzialmente da due fattori:
      1. Il non capire che il dimagrimento dipende dalla combinazione SPORT+ALIMENTAZIONE, quindi non ci si può fermare a ciò che accade mentre faccio sport, ma bisogna analizzare anche il "dopo".
      2. Il non sapere che i carboidrati assunti con l'alimentazione si trasformano in grasso se le nostre riserve di carboidrati sono già al massimo (ogni soggetto ha un massimo stoccabile piuttosto limitato, a differenza del grasso che invece continua ad accumularsi).

      IL RAGIONAMENTO FONDAMENTALE! - Innanzitutto non dobbiamo considerare il nostro corpo a compartimenti stagni: sa benissimo trasformare i grassi in energia e i carboidrati in grassi. Quindi non è detto che se mangiamo carboidrati verranno immagazzinati carboidrati e se mangiamo grassi andranno necessariamente a finire nella pancetta. Il corpo usa quindi i macronutrienti per adattarsi alle esigenze energetiche.
      Supponiamo che il soggetto mantenga il suo peso con 2.000 calorie al giorno, di cui 300 sono dovute all'attività sportiva. Se l'attività è blanda si bruciano preferenzialmente i grassi (la percentuale di grassi bruciata a bassa intensità è sì sensibile, ma comunque si brucia sempre una quota di carboidrati), se è intensa i carboidrati. Al che i geni pensano: perché correre forte se si bruciano i carboidrati e non i grassi? L'errore di fondo è che 300 calorie delle 2.000 che assumiamo (a prescindere dal fatto che le abbiamo assunte come grassi o come carboidrati) andranno a sostituire il substrato energetico che è andato perso con la corsa: se abbiamo bruciato grassi, le 300 calorie andranno a sostituire il grasso perso, se bruciamo carboidrati andranno a sostituire la riserva di carboidrati persa (glicogeno). In entrambi i casi il soggetto mantiene il suo peso: può dimagrire solo se assume meno di 2.000 calorie al giorno.
      In altri termini:
      1. se corriamo molto piano bruciamo i grassi e dimagriamo perché diminuisce la scorta di grassi;
      2. se corriamo forte bruciamo i carboidrati e impediamo che carboidrati assunti con l'alimentazione vadano a immagazzinarsi come grasso e quindi dimagriamo perché dirottiamo i carboidrati dalla pancetta all'energia spesa per fare sport.

      E se sono a dieta? - Supponiamo che il soggetto che mantiene il suo peso con 2.000 calorie decida di assumerne 300 in meno (quelle che consuma nell'attività fisica), ma faccia sport ad alti regimi bruciando perciò soprattutto carboidrati. Allora si potrebbe pensare che non ci siano calorie che andranno a sostituire la riserva di carboidrati persa; si ricadrebbe nel caso del dimagrimento fittizio: il soggetto perde peso perché svuota le sue riserve di carboidrati.
      In realtà non è così: si deve infatti considerare che nelle 2.000 calorie ci sono carboidrati. A meno che il soggetto non sia masochista, se vuole dimagrire, sarà in leggero sovrappeso. Supponiamo che delle 2.000 calorie 1.200 siano di carboidrati, 300 di proteine e 500 di grassi. È il classico soggetto che segue la dieta mediterranea, con peso di 65 kg (che giustifica l'equilibrio con 2.000 calorie, di cui 300 sportive) e che dovrebbe dimagrire di 4-5 kg. In un tal soggetto la quantità di carboidrati è eccessiva (come nel 90% della popolazione) e viene quotidianamente trasformata in grasso. Infatti, il suo fabbisogno di carboidrati è di circa (2,6*P in grammi, moltiplicato 4 per avere le calorie) 676 calorie. Se risparmia 300 calorie, ne assume solo 1700 così ripartite: 1.020 di carboidrati, 255 di proteine e 425 di grassi. Dei 1.020 carboidrati assunti, 676 andranno impiegati nel metabolismo, 300 nel ripristinare le scorte e 44 saranno comunque trasformate in grasso. Rispetto alla situazione primitiva solo 44 vengono trasformate in grasso e non 344; quindi l'individuo perde grasso e non riserve di carboidrati. Morale: le 300 calorie risparmiate dirottano i carboidrati assunti con l'alimentazione dalla conversione in grasso al ripristino delle scorte di carboidrati con l'effetto che le scorte di grassi diminuiscono.
      Dai conti soprariportati è anche ovvio che chi vuole dimagrire non può intraprendere sforzi mostruosi (tipo maratona) e non rialimentarsi decentemente perché altrimenti rischia di bruciare le sue scorte di glicogeno o, soprattutto, le proteine dei muscoli. Tale pericolo è però decisamente limitato dal fatto che chi è in netto sovrappeso non ha l'allenamento sufficiente per tali tipi di sforzo.
      E la fame? - Alcuni sostenitori dell'esercizio a bassa intensità sostengono che correndo veloci si bruciano molti carboidrati, si abbassa la glicemia e si innesca lo stimolo della fame. Queste persone probabilmente non hanno mai fatto sport ad alta intensità e non sanno che dopo un tale sforzo il corpo è così occupato a ripristinare le risorse (tante) perse con l'attività fisica che non si ha che marginalmente fame; l'appetito arriva gradualmente e si reintegrano le (giuste) calorie poco a poco.
      Invece con lo sport a bassa intensità la fame arriva subito perché l'appetito non è legato alla sola glicemia (come ingenuamente credono i sostenitori del low-training): basta considerare gli effetti di una piacevole passeggiata in montagna!

      Per dimagrire si deve correre veloci
      Detto in generale, per dimagrire occorre fare la massima fatica. È l'errore opposto al precedente, di chi è convinto che si brucia di più se si va veloci (l'incremento del metabolismo basale è nella stragrande maggioranza di persone non significativo). Che nella corsa il consumo calorico dipenda solo dai km percorsi ce lo dice la fisica che mi fa sapere che il lavoro è dato dalla forza (non tanto il peso, quanto le forze meccaniche del nostro apparato locomotore per spostarlo in avanti, parallele allo spostamento; in una visione molto rozza, pensiamo a una mano che spinge il soggetto in avanti) per lo spostamento. La velocità con cui viene fatto il lavoro (la potenza) non c'entra con il lavoro totale. L'errore di ritenere importante la velocità nasce dal fatto che si confonde la potenza (lavoro nell'unità di tempo) con il lavoro. Consideriamo un campione mondiale che pesa 60 kg e in un'ora percorre 20 km. Avrà consumato all'incirca 1.200 calorie. Un principiante dello stesso peso che in un'ora percorre 10 km brucerà 600 calorie, la metà: andare più forte ti fa bruciare più calorie nell'unità di tempo. Ma se il nostro principiante percorre 20 km (ci mette il doppio del tempo: 2 ore) brucerà anch'egli 1.200 calorie.
      L'uomo non è come un'auto che più va forte più i consumi aumentano: l'uomo spende per fare un km sempre la stessa energia, a prescindere dalla velocità. Quindi meglio (per il dimagrimento non per altri motivi!) fare 22 km a 5'/km che 20 a 4'30"/km.
      La strategia giusta
      Poiché nella corsa il consumo calorico dipende dai chilometri percorsi, è ovvio che
      per dimagrire occorre scegliere la velocità che consenta di effettuare il maggior numero di chilometri nel tempo a disposizione.
      NOTA - La frase precedente non deve interpretarsi come il consiglio di partire a palla e cercare stoicamente di resistere. Vuol dire trovare la distribuzione dello sforzo che, in base al proprio grado di allenamento, ci consenta di percorrere la strada più lunga. Per esempio il principiante che non ha nelle gambe un'ora di corsa, ma ha a disposizione un'ora, alternerà corsa e cammino in modo da massimizzare i km percorsi.
      In quest'ottica l'abbigliamento deve essere il più leggero possibile: coprirsi troppo per sudare è un altro errore fondamentale perché il sudore perso si recupera subito nella giornata bevendo, ma la spiacevole sensazione di caldo ci ferma prima e ci fa fare meno chilometri.

      Per approfondire:
      I consumi energetici di alcuni sport
      IL COMMENTO
      In merito all'articolo Come fare sport per dimagrire,
      Molti sostenitori di metodi incredibili per dimagrire (leggasi: bufale per gente che non vuole fare la minima fatica) ci contestano periodicamente l'articolo. I più irriducibili sono quelli che sostengono che si deve fare sport a bassissima intensità per bruciare i grassi. A tutti loro è dedicato questo riassunto, se, dopo aver letto l'articolo, avessero ancora dei dubbi.


      1) Il dimagrimento non è solo effetto dello sport, ma di SPORT+ALIMENTAZIONE (è questo quello che molti non capiscono, forse perché non conoscono i principi dell'alimentazione e la trasformazione dei macronutrienti nel nostro corpo).
      2) So PERFETTAMENTE che se corro a bassa intensità brucio i grassi, supponiamo (cosa peraltro impossibile perché una quota di carboidrati si brucia comunque sempre) che corra 10 km e bruci 600 calorie di soli grassi. Poi vado a casa e assumo 600 calorie di carboidrati. Morale: poiché le scorte di carboidrati non sono state intaccate dalla corsa, le 600 calorie di carboidrati, vengono trasformate in grasso (forse è questo quello che sfugge ai patiti della slow life) che va a sostituire le 600 calorie di grassi bruciate. Quindi NON dimagrisco.
      3) Ora supponiamo che corra invece velocissimo e bruci per i miei 10 km, 600 calorie di carboidrati. Vado a casa e assumo le 600 calorie di carboidrati. Morale: poiché nelle mie scorte di carboidrati ho bruciato 600 calorie di carboidrati, le 600 calorie assunte con il cibo vanno a sostituire i carboidrati persi. Il grasso non viene toccato né dalla corsa, né dall'alimentazione, ma il mio peso non varia perché io ritorno quello di prima. Quindi NON dimagrisco.
      Come si vede, è banale concludere che il dimagrimento non dipende dal correre piano o forte, ma SEMPLICEMENTE dal bilancio energetico durante la giornata.
      Il grave errore di chi sostiene lo sport a bassa intensità è di ragionare a compartimenti stagni, senza una reale interdisciplinarietà.

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