Troppo spesso siamo portati a demonizzare i grassi saturi, accusandoli di essere la causa di patologie cardiache. Ebbene questa affermazione è falsa, o meglio, non è del tutto vera. Infatti i grassi saturi non hanno un’incidenza diretta sul rischio di cardiopatia coronarica, ma solo se associati ad una dieta ricca di carboidrati e di altre fonti energetiche, come ad esempio altri grassi. Tuttavia ciò che influisce maggiormente sono fattori controllabili, quali il fumo, il sovrappeso, l’ipertensione, il diabete e il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo LDL.
Per comprendere al meglio come la paura dei grassi saturi sui rischi cardiovascolari sia infondata, possiamo avvalerci di diversi studi e ricerche. In particolare, in seguito ad un celebre studio, è stato dimostrato che diminuendo dell’1% i grassi saturi nella dieta, si ottiene anche una diminuzione del colesterolo dell’1%. Si è scoperto però che diminuisce anche il colesterolo HDL (buono) e che aumenta la produzione di un altro fattore di rischio cardiovascolare, la lipoproteina (a), coinvolta nel processo di formazione degli ateromi. La diminuzione dell'LDL è così vanificata dalla diminuzione dell'HDL e dall'aumento della lipoprorteina (a).
Inoltre attraverso il Multiple Risk Factor (studio degli anni 80, condotto sul maggior numero di individui nella storia ((362.000 persone))) si è scoperto che individui che mantengono i livelli di colesterolo sotto ai 140 mg/dl, abbassano il loro rischio di morte per problemi coronarici dello 0,02% rispetto ad individui sopra i 300 mg/dl.
Inoltre diversi studi effettuati sulle più svariate popolazioni, con abitudini alimentari opposte (popolazioni consumanti grassi animali anche 3 volte al giorno confrontate con popolazioni che limitano gli stessi grassi a poche volte la settimana e in quantità inferiori per pasto), mostrano che tra di esse la concentrazione di placche ateromatose è pressocchè la stessa, ribadendo quindi l’insignificante incidenza dei grassi saturi sul rischio di cardiopatia coronarica. In particolare, uno studio sulla popolazione di Framingham, mostra proprio come il rischio cardiovascolare tra persone aventi livelli di colesterolo tra 204 e 294 mg/dl sia quasi del tutto identico.
A seguito dei suddetti studi è facile comprendere che:
1) relazionare esclusivamente la quantità totale di colesterolo a patologie cardiache non ha molto senso;
2) demonizzare i grassi saturi è inutile e talvolta anche controproducente considerando che essi hanno tanti effetti positivi, tra i quali incrementano la produzione endogena di testosterone.
Conviene soffermarsi invece su altri tipi di grassi, i grassi trans. Sinteticamente potremmo dire che i grassi insaturi si trovano in due forme: nella forma cis e nella forma trans. Ciò che varia è la posizione degli atomi di idrogeno in corrispondenza della catena carboniosa dell’acido grasso.
In natura i grassi si trovano normalmente nella forma cis. Solo una piccola percentuale la troviamo in forma trans nella carne di ruminanti e marsupiali e nei latticini.
Ricordiamo inoltre che anche l'uomo, con il proceso di idrogenazione dei lipidi, ha aggravato la situazione. Questo proceso prevede infatti lo "spezzamento" del doppio legame degli atomi di carbonio di un grasso insaturo e l'aggiunta di atomi di idrogeno che vanno quindi a legarsi con il carbonio. Fin quì tutto ok visto che il grasso finale risulterebbe semplicemente un grasso saturo. Purtroppo però molto speso, durante questo processo (e anche in altri come la raffinazione, il raggiungimento di alte temperature da parte di un olio e il riutilizzo dello stesso), gli atomi di idrogeno legati al carbonio cambiano posizione nello spazio: in questo modo si ha il famoso passaggio dalla foma cis alla forma trans. Il prodotto che ne deriva può dunque essere composto anche da una quota alta di grassi trans (vedi merendine, prodotti dolciari, biscotti, etc). Quando si dice darsi la zappa sui piedi…
Purtroppo però per avviare il processo di raffinazione di alcuni oli vegetali (composti prevalentemente da grassi insaturi) è sufficiente portarli a temperature relativamente elevate (la temperatura varia da olio in olio e dipende dal proprio punto di fumo). Ecco spiegato perché si dice che il fritto fa male!
Riporto inoltre una breve lista dei prodotti contenenti le quantità più elevate di grassi trans:
Burro, latte intero, carne rossa: 4% dei grassi presenti
Margarina non spalmabile: 20-50%
Margarina spalmabile: 15-28%
Oli vegetali raffinati: 2-7%
Dolci di pasticceria con grassi vegetali idrogenati: 30-60%
Oli parzialmente idrogenati usati nei fast food: 15%
Patate fritte (fast food): 45%
Ci accorgiamo però che, in fin dei conti, non è poi così difficile evitare questo tipo di grassi seguendo un regime alimentare “normale”…
Ma perché i grassi trans sono nocivi? Prevalentemente per la loro geometria, differente da quella dei grassi in forma cis. La geometria lineare dei grassi trans infatti:
1) rende più rigide le membrane celluari;
2) consente loro una maggiore densità, facilitando la formazione di complessi solidi che possono alterare il lume dei vasi;
3) se viene apportata una variazione nella geometria degli acidi grassi essenziali, si blocca l’enzima d-6-desaturasi e di conseguenza si interrompe la produzione degli acidi GLA ed SDA che a loro volta non permettono la produzione di prostaglandine, leucotrieni ed eicosanoidi. Risultato: rischio di patologie degenerative.
Queste tesi ovviamente non sono campate per aria, ma sono supportate da diverse ricerche.
Almeno tredici studi mostrarono che i grassi trans alzano il livello del colesterolo LDL diminuendo quello del colesterolo HDL, peggiorando il rapporto di rischio cardiovascolare.
In particolare, due di questi (che troveranno poi conferma in futuro), confrontarono i grassi trans con i grassi saturi e si arrivò alla conclsione che i primi sono decisamente più influenti sul rischio cardiovascolare.
Un'altra ricerca ha mostrato che le concentrazioni di lipoproteina (a) aumentano in una dieta ricca di grassi trans, mentre restano stabili o addirittura diminuiscono in una dieta con grassi saturi.
Molto interessanti sono alcuni studi sul diabete: un aumento del 2% di grassi trans in sostituzione di carboidrati aumenta il rischio diabetico, mentre non c'è praticamente variazione nel caso di sostituzione con grassi saturi.
Per concludere, alcuni studi hanno dimostrato inoltre che gli acidi grassi trans interferiscono significativamente con l’azione degli acidi grassi essenziali.
Ci sono poi tantissimi altri studi, svolti nell’arco di 150 anni, che illustrano gli altri effetti negativi dei grassi trans. Da questi e da quelli sopra citati, possiamo riassumere che i suddetti lipidi:
1) Alzano il valore del colesterolo LDL (cattivo) e abbassano quello dell’ HDL (buono).
2) Alzano la concentrazione della lipoproteina (a).
3) Abbassano il valore biologico del latte materno.
4) Causano un basso peso dei bambini alla nascita.
5) Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico.
6) Peggiorano la risposta immunitaria.
7) Diminuiscono il livello di testosterone e aumentano la produzione di sperma anomalo.
8) Interferiscono con il sistema enzimatico, potenziando l’azione di agenti cancerogeni.
9) Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari.
10) Incrementano il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso).
11) Contrastano l’azione degli acidi grassi omega-3.
12) Incrementano la produzione di radicali liberi.
13) Aumentano il rischio cardiovascolare.
Morale del post: avere sempre un occhio di riguardo ai grassi trans e cercare di limitarli quanto più possibile; ma soprattutto basta col demonizzare i grassi saturi colpevolizzandoli di essere il male peggiore per il cuore e i nemici di una vita sana perché non è così…c’è gente che ha scoperto tutto ciò più di un secolo fa…distacchiamoci dalle credenze popolari e dai falsi miti…
Per comprendere al meglio come la paura dei grassi saturi sui rischi cardiovascolari sia infondata, possiamo avvalerci di diversi studi e ricerche. In particolare, in seguito ad un celebre studio, è stato dimostrato che diminuendo dell’1% i grassi saturi nella dieta, si ottiene anche una diminuzione del colesterolo dell’1%. Si è scoperto però che diminuisce anche il colesterolo HDL (buono) e che aumenta la produzione di un altro fattore di rischio cardiovascolare, la lipoproteina (a), coinvolta nel processo di formazione degli ateromi. La diminuzione dell'LDL è così vanificata dalla diminuzione dell'HDL e dall'aumento della lipoprorteina (a).
Inoltre attraverso il Multiple Risk Factor (studio degli anni 80, condotto sul maggior numero di individui nella storia ((362.000 persone))) si è scoperto che individui che mantengono i livelli di colesterolo sotto ai 140 mg/dl, abbassano il loro rischio di morte per problemi coronarici dello 0,02% rispetto ad individui sopra i 300 mg/dl.
Inoltre diversi studi effettuati sulle più svariate popolazioni, con abitudini alimentari opposte (popolazioni consumanti grassi animali anche 3 volte al giorno confrontate con popolazioni che limitano gli stessi grassi a poche volte la settimana e in quantità inferiori per pasto), mostrano che tra di esse la concentrazione di placche ateromatose è pressocchè la stessa, ribadendo quindi l’insignificante incidenza dei grassi saturi sul rischio di cardiopatia coronarica. In particolare, uno studio sulla popolazione di Framingham, mostra proprio come il rischio cardiovascolare tra persone aventi livelli di colesterolo tra 204 e 294 mg/dl sia quasi del tutto identico.
A seguito dei suddetti studi è facile comprendere che:
1) relazionare esclusivamente la quantità totale di colesterolo a patologie cardiache non ha molto senso;
2) demonizzare i grassi saturi è inutile e talvolta anche controproducente considerando che essi hanno tanti effetti positivi, tra i quali incrementano la produzione endogena di testosterone.
Conviene soffermarsi invece su altri tipi di grassi, i grassi trans. Sinteticamente potremmo dire che i grassi insaturi si trovano in due forme: nella forma cis e nella forma trans. Ciò che varia è la posizione degli atomi di idrogeno in corrispondenza della catena carboniosa dell’acido grasso.
In natura i grassi si trovano normalmente nella forma cis. Solo una piccola percentuale la troviamo in forma trans nella carne di ruminanti e marsupiali e nei latticini.
Ricordiamo inoltre che anche l'uomo, con il proceso di idrogenazione dei lipidi, ha aggravato la situazione. Questo proceso prevede infatti lo "spezzamento" del doppio legame degli atomi di carbonio di un grasso insaturo e l'aggiunta di atomi di idrogeno che vanno quindi a legarsi con il carbonio. Fin quì tutto ok visto che il grasso finale risulterebbe semplicemente un grasso saturo. Purtroppo però molto speso, durante questo processo (e anche in altri come la raffinazione, il raggiungimento di alte temperature da parte di un olio e il riutilizzo dello stesso), gli atomi di idrogeno legati al carbonio cambiano posizione nello spazio: in questo modo si ha il famoso passaggio dalla foma cis alla forma trans. Il prodotto che ne deriva può dunque essere composto anche da una quota alta di grassi trans (vedi merendine, prodotti dolciari, biscotti, etc). Quando si dice darsi la zappa sui piedi…
Purtroppo però per avviare il processo di raffinazione di alcuni oli vegetali (composti prevalentemente da grassi insaturi) è sufficiente portarli a temperature relativamente elevate (la temperatura varia da olio in olio e dipende dal proprio punto di fumo). Ecco spiegato perché si dice che il fritto fa male!
Riporto inoltre una breve lista dei prodotti contenenti le quantità più elevate di grassi trans:
Burro, latte intero, carne rossa: 4% dei grassi presenti
Margarina non spalmabile: 20-50%
Margarina spalmabile: 15-28%
Oli vegetali raffinati: 2-7%
Dolci di pasticceria con grassi vegetali idrogenati: 30-60%
Oli parzialmente idrogenati usati nei fast food: 15%
Patate fritte (fast food): 45%
Ci accorgiamo però che, in fin dei conti, non è poi così difficile evitare questo tipo di grassi seguendo un regime alimentare “normale”…
Ma perché i grassi trans sono nocivi? Prevalentemente per la loro geometria, differente da quella dei grassi in forma cis. La geometria lineare dei grassi trans infatti:
1) rende più rigide le membrane celluari;
2) consente loro una maggiore densità, facilitando la formazione di complessi solidi che possono alterare il lume dei vasi;
3) se viene apportata una variazione nella geometria degli acidi grassi essenziali, si blocca l’enzima d-6-desaturasi e di conseguenza si interrompe la produzione degli acidi GLA ed SDA che a loro volta non permettono la produzione di prostaglandine, leucotrieni ed eicosanoidi. Risultato: rischio di patologie degenerative.
Queste tesi ovviamente non sono campate per aria, ma sono supportate da diverse ricerche.
Almeno tredici studi mostrarono che i grassi trans alzano il livello del colesterolo LDL diminuendo quello del colesterolo HDL, peggiorando il rapporto di rischio cardiovascolare.
In particolare, due di questi (che troveranno poi conferma in futuro), confrontarono i grassi trans con i grassi saturi e si arrivò alla conclsione che i primi sono decisamente più influenti sul rischio cardiovascolare.
Un'altra ricerca ha mostrato che le concentrazioni di lipoproteina (a) aumentano in una dieta ricca di grassi trans, mentre restano stabili o addirittura diminuiscono in una dieta con grassi saturi.
Molto interessanti sono alcuni studi sul diabete: un aumento del 2% di grassi trans in sostituzione di carboidrati aumenta il rischio diabetico, mentre non c'è praticamente variazione nel caso di sostituzione con grassi saturi.
Per concludere, alcuni studi hanno dimostrato inoltre che gli acidi grassi trans interferiscono significativamente con l’azione degli acidi grassi essenziali.
Ci sono poi tantissimi altri studi, svolti nell’arco di 150 anni, che illustrano gli altri effetti negativi dei grassi trans. Da questi e da quelli sopra citati, possiamo riassumere che i suddetti lipidi:
1) Alzano il valore del colesterolo LDL (cattivo) e abbassano quello dell’ HDL (buono).
2) Alzano la concentrazione della lipoproteina (a).
3) Abbassano il valore biologico del latte materno.
4) Causano un basso peso dei bambini alla nascita.
5) Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico.
6) Peggiorano la risposta immunitaria.
7) Diminuiscono il livello di testosterone e aumentano la produzione di sperma anomalo.
8) Interferiscono con il sistema enzimatico, potenziando l’azione di agenti cancerogeni.
9) Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari.
10) Incrementano il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso).
11) Contrastano l’azione degli acidi grassi omega-3.
12) Incrementano la produzione di radicali liberi.
13) Aumentano il rischio cardiovascolare.
Morale del post: avere sempre un occhio di riguardo ai grassi trans e cercare di limitarli quanto più possibile; ma soprattutto basta col demonizzare i grassi saturi colpevolizzandoli di essere il male peggiore per il cuore e i nemici di una vita sana perché non è così…c’è gente che ha scoperto tutto ciò più di un secolo fa…distacchiamoci dalle credenze popolari e dai falsi miti…
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