Quando mangiamo un alimento ricco di zuccheri, i livelli di glucosio nel sangue aumentano progressivamente man mano che si vanno digerendo e assimilando gli amidi e gli zuccheri in esso contenuti. La velocità con cui il cibo viene digerito e assimilato cambia a seconda dell'alimento e del tipo di nutrienti che lo compongono, dalla quantità di fibra presente e dalla composizione degli altri alimenti già presenti nello stomaco e nell'intestino durante la digestione.
Questo fenomeno viene misurato tramite l'Indice Glicemico (IG). Esso classifica quindi i cibi in base alla loro influenza sui livelli di zucchero nel sangue (glicemia) e riguarda i cibi ad alto contenuto di carboidrati. I cibi ad alto contenuto di grasso o di proteine non hanno un effetto immediato sulla glicemia (come invece accade per i carboidrati semplici o complessi), ma ne determinano un tardivo incremento prolungato (3-4 ore, ad opera della gluconeogenesi epatica da AA gluconeogenetici). Per questa ragione spesso si consiglia di incrementare le proteine nel pasto serale dei bambini come effetto tampone ritardato sul calo fisiologico della glicemia tra le 24 e le 3 del mattino successivo.
L'American Diabetes Association (ADA) ha messo in dubbio l'utilità clinica dell'IG, raccomandando di rivolgere l'attenzione più sulla quantità che sulla fonte dei carboidrati. Wolever nel suo articolo "The Glycemic Index: Flogging a Dead Horse?" pubblicato su Diabetes Care, conferma invece, pur riconoscendone alcuni limiti, l'utilità dell'IG nella dieta del diabetico.
Servirsi dell'IG per preparare pasti sani, aiuta a tenere la glicemia sotto controllo. Ciò è particolarmente importante per i diabetici, sebbene anche gli atleti e le persone che sono sovrappeso potranno trarre beneficio dalla conoscenza di questo concetto relativamente nuovo di corretta alimentazione.
Studi recenti condotti su un gran numero di diabetici (DCCT e UKPDS) dimostrano che coloro che mantengono le proprie glicemie sotto stretto controllo incorreranno meno facilmente nelle complicanze tipiche di questa malattia. Gli esperti sono concordi nell'affermare che ciò che fa meglio alle persone affette da diabete - e probabilmente anche alle persone sane - è praticare regolarmente esercizio fisico, assumere pochi grassi saturi, e tenere una dieta ricca di fibre.
Il vero problema sono i carboidrati. L'idea ufficiale è che una dieta ricca di carboidrati è la migliore per i soggetti diabetici. Comunque ci sono anche alcuni esperti, guidati dall'endocrinologo Richard K. Bernstein, che raccomandano una dieta povera di carboidrati, perché i carboidrati si dissociano rapidamente nel corso della digestione e possono portare la glicemia verso livelli pericolosi.
Molti cibi ricchi di carboidrati hanno alti IG, e certamente non hanno buoni effetti per una gran parte di diabetici. Altri carboidrati si dissociano più lentamente, rilasciando glucosio gradualmente e si dice che hanno IG più bassi.
Prima dello sviluppo del concetto di IG (iniziato nel 1981) gli scienziati ritenevano che il nostro corpo assorbisse e digerisse gli zuccheri rapidamente, producendo dei rapidi incrementi della glicemia. Questo era il motivo essenziale per cui si consigliava di evitare l'assunzione di zucchero, una prescrizione questa che recentemente è stata attenuata dalla American Diabetes Association e da altri.
Ora sappiamo che gli zuccheri semplici non fanno salire la nostra glicemia più rapidamente di quanto non facciano alcuni carboidrati complessi. Naturalmente, gli zuccheri semplici sono semplicemente calorie e quindi devono essere minimizzati per questa ragione.
I carboidrati ad alto IG possono dar luogo a conseguenze importanti nel controllo del diabete e dell'obesità.
In primo luogo l'aumento rapido dei livelli di glicemia provoca la secrezione di insulina in grande quantità (o richiede un aumento di quella somministrata dall'esterno), però siccome le cellule non possono assorbire adeguatamente tutto il glucosio, si attiva il metabolismo dei grassi cominciando a trasformarli in tessuto adiposo.
Il nostro codice genetico è stato programmato in questo modo per permettere di sopravvivere meglio ai periodi di scarsità di cibo. In una società come la nostra, non tutte le riserve di grasso vengono utilizzate e noi diventiamo obesi.
Inoltre, tutta l'insulina secreta provoca un rapido utilizzo di tutti gli zuccheri presenti nel torrente circolatorio ed assorbiti dal tubo gastroenterico, e due o tre ore dopo lo zucchero nel sangue si esaurisce e rischiamo di passare ad uno stato di ipoglicemia. Quando questo succede, il funzionamento del nostro corpo e del nostro cervello non è più ottimale, e sentiamo la necessità di mangiare nuovi alimenti. Se mangiamo molti carboidrati per fronteggiare la fame causata dall'ipoglicemia, generiamo una nuova secrezione di insulina, entrando in un circolo vizioso.
Molti risultati sugli IG sono risultati sorprendenti. Ad esempio le patate al cartoccio hanno un IG considerevolmente più alto di quello delle zollette di zucchero.
Sono stati finora misurati gli IG di circa 300 cibi ricchi in carboidrati. Il segreto è mangiare pochi di quei cibi con alto IG e una quantità maggiore di cibi con indice basso.
Gli IG sono percentuali calcolate in base ad un cibo di riferimento. Qui sono calcolate con riferimento al pane bianco. In altre parole, sulla scala di riferimento, il pane bianco è uguale a 100 (scala generalmente utilizzata negli USA). Se si moltiplica l'IG di questa scala per 0,7 si converte l'IG a quello di una scala in cui il glucosio è uguale a 100.
L'IG si determina in laboratorio in condizioni controllate. Il processo consiste nel far mangiare i cibi da testare a diverse persone, alcune con il diabete, altre senza, in porzioni che contengono 50 gr. di carboidrati disponibili (Wolever Thomas MS. "The Glycemic Index: Flogging a Dead Horse?", Diabetes Care).
L'IG è il rapporto tra l'area della curva di assorbimento dopo l'ingestione di 50 gr. di glucosio (o di un'altro alimento di riferimento, come il pane bianco) in un certo tempo, e quella ottenuta dall'ingestione dell'alimento di cui si effettua la misura. L'area al di sotto della curva, viene espressa come percentuale del valore medio calcolato per il cibo di riferimento nello stesso soggetto.
Infine, si fa una media delle percentuali ottenute da ogni soggetto per ottenere l'IG per il cibo in questione (Wolever, Thomas M.S. et al. "The Glycemic Index: Methodology and Clinical Implications", Am-J-Clin-Nutr.1991 Nov; 54(5): 846-54).
Per esempio, per testare gli spaghetti, gli studiosi, ne somministrano ai volontari 200 gr. (che secondo le tavole standard della composizione dei cibi contengono 50 grammi di carboidrati disponibili). Vengono poi rapportate la risposta a questa somministrazione con quella ottenuta dal cibo di riferimento. L'intero processo viene ripetuto in giorni diversi per evitare l'influenza delle variazioni delle diverse condizioni che si possono verificare da un giorno all'altro.
L'IG non deve essere l'unico criterio nel selezionare cosa mangiare.
L'importo totale dei carboidrati, la quantità e il tipo di grassi, le fibre e il sale contenuti nei cibi, sono considerazioni dietetiche ugualmente molto importanti. L'IG è utile soprattutto quando si deve decidere quale cibo ad alto tenore di carboidrati mangiare. Ma non lasciate che l'IG vi faccia sentire sicuri nel ingerire più carboidrati di quelli che il vostro fisico può gestire, particolarmente se siete diabetici.
Bisogna quindi conoscere il contenuto di carboidrati dei cibi (spesso sono indicati nelle informazioni nutrizionali riportate sulla confezione) e stabilire in che proporzione devono essere presenti, nella vostra dieta carboidrati, grassi e proteine. Quasi tutti gli esperti concordano sul fatto che dovremmo minimizzare l'assunzione di grassi saturi e mangiare molte più fibre di quanto non facciamo.
Alcuni altri grassi, particolarmente quelli dei pesci che vivono in acque fredde ed essenzialmente acidi grassi come quelli che si trovano in grande quantità nell'olio di oliva, sembrano essere benefici. Al di là di questo, la disputa è tra chi sostiene che dovremmo mangiare più proteine e quelli che affermano che i carboidrati dovrebbero fornirci la maggior parte delle calorie che ci necessitano.
Non tutti i carboidrati sono inoltre uguali. Alcuni si dissociano velocemente durante la digestione provocando un repentino innalzamento della glicemia verso livelli pericolosamente alti. Questi sono i cibi con IG più alto. Altri carboidrati si dissociano più lentamente e rilasciano glucosio più gradualmente e si dice abbiano IG più basso. Prima dello sviluppo dell'IG, gli studiosi ritenevano che il nostro corpo assorbisse e digerisse gli zuccheri semplici rapidamente, e ciò producesse rapidi incrementi dei livelli di glicemia. E questo era il ragionamento alla base dell'ammonimento di evitare lo zucchero, una prescrizione questa recentemente attenuata dall'American Diabetes Association e da altri.
Di contro, gli specialisti pensavano che assorbissimo amidi come il riso e le patate lentamente, e che ciò causasse quindi innalzamenti della glicemia modesti. Test clinici dell'IG hanno dimostrato che questa assunzione è falsa. Fattori come la varietà, il modo di cucinare un cibo, i trattamenti che l'alimento subisce, possono influenzare l'IG di un cibo.
La grandezza dei grani è un altro fattore importante; secondo uno studio del 1988 di Heaton et al. i ricercatori hanno scoperto che l'IG del frumento, del mais e dell'avena aumentava con la maggiore raffinazione dei grani: più il chicco è integro minore è l'IG. Inoltre, la risposta della glicemia ad un cibo particolare può essere in qualche modo soggettiva. Può essere quindi utile controllare la propria glicemia dopo aver ingerito dei cibi sull'effetto dei quali non si è certi in modo da determinare se hanno un IG soggettivo basso o alto.
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Questo fenomeno viene misurato tramite l'Indice Glicemico (IG). Esso classifica quindi i cibi in base alla loro influenza sui livelli di zucchero nel sangue (glicemia) e riguarda i cibi ad alto contenuto di carboidrati. I cibi ad alto contenuto di grasso o di proteine non hanno un effetto immediato sulla glicemia (come invece accade per i carboidrati semplici o complessi), ma ne determinano un tardivo incremento prolungato (3-4 ore, ad opera della gluconeogenesi epatica da AA gluconeogenetici). Per questa ragione spesso si consiglia di incrementare le proteine nel pasto serale dei bambini come effetto tampone ritardato sul calo fisiologico della glicemia tra le 24 e le 3 del mattino successivo.
L'American Diabetes Association (ADA) ha messo in dubbio l'utilità clinica dell'IG, raccomandando di rivolgere l'attenzione più sulla quantità che sulla fonte dei carboidrati. Wolever nel suo articolo "The Glycemic Index: Flogging a Dead Horse?" pubblicato su Diabetes Care, conferma invece, pur riconoscendone alcuni limiti, l'utilità dell'IG nella dieta del diabetico.
Servirsi dell'IG per preparare pasti sani, aiuta a tenere la glicemia sotto controllo. Ciò è particolarmente importante per i diabetici, sebbene anche gli atleti e le persone che sono sovrappeso potranno trarre beneficio dalla conoscenza di questo concetto relativamente nuovo di corretta alimentazione.
Studi recenti condotti su un gran numero di diabetici (DCCT e UKPDS) dimostrano che coloro che mantengono le proprie glicemie sotto stretto controllo incorreranno meno facilmente nelle complicanze tipiche di questa malattia. Gli esperti sono concordi nell'affermare che ciò che fa meglio alle persone affette da diabete - e probabilmente anche alle persone sane - è praticare regolarmente esercizio fisico, assumere pochi grassi saturi, e tenere una dieta ricca di fibre.
Il vero problema sono i carboidrati. L'idea ufficiale è che una dieta ricca di carboidrati è la migliore per i soggetti diabetici. Comunque ci sono anche alcuni esperti, guidati dall'endocrinologo Richard K. Bernstein, che raccomandano una dieta povera di carboidrati, perché i carboidrati si dissociano rapidamente nel corso della digestione e possono portare la glicemia verso livelli pericolosi.
Molti cibi ricchi di carboidrati hanno alti IG, e certamente non hanno buoni effetti per una gran parte di diabetici. Altri carboidrati si dissociano più lentamente, rilasciando glucosio gradualmente e si dice che hanno IG più bassi.
Prima dello sviluppo del concetto di IG (iniziato nel 1981) gli scienziati ritenevano che il nostro corpo assorbisse e digerisse gli zuccheri rapidamente, producendo dei rapidi incrementi della glicemia. Questo era il motivo essenziale per cui si consigliava di evitare l'assunzione di zucchero, una prescrizione questa che recentemente è stata attenuata dalla American Diabetes Association e da altri.
Ora sappiamo che gli zuccheri semplici non fanno salire la nostra glicemia più rapidamente di quanto non facciano alcuni carboidrati complessi. Naturalmente, gli zuccheri semplici sono semplicemente calorie e quindi devono essere minimizzati per questa ragione.
I carboidrati ad alto IG possono dar luogo a conseguenze importanti nel controllo del diabete e dell'obesità.
In primo luogo l'aumento rapido dei livelli di glicemia provoca la secrezione di insulina in grande quantità (o richiede un aumento di quella somministrata dall'esterno), però siccome le cellule non possono assorbire adeguatamente tutto il glucosio, si attiva il metabolismo dei grassi cominciando a trasformarli in tessuto adiposo.
Il nostro codice genetico è stato programmato in questo modo per permettere di sopravvivere meglio ai periodi di scarsità di cibo. In una società come la nostra, non tutte le riserve di grasso vengono utilizzate e noi diventiamo obesi.
Inoltre, tutta l'insulina secreta provoca un rapido utilizzo di tutti gli zuccheri presenti nel torrente circolatorio ed assorbiti dal tubo gastroenterico, e due o tre ore dopo lo zucchero nel sangue si esaurisce e rischiamo di passare ad uno stato di ipoglicemia. Quando questo succede, il funzionamento del nostro corpo e del nostro cervello non è più ottimale, e sentiamo la necessità di mangiare nuovi alimenti. Se mangiamo molti carboidrati per fronteggiare la fame causata dall'ipoglicemia, generiamo una nuova secrezione di insulina, entrando in un circolo vizioso.
Molti risultati sugli IG sono risultati sorprendenti. Ad esempio le patate al cartoccio hanno un IG considerevolmente più alto di quello delle zollette di zucchero.
Sono stati finora misurati gli IG di circa 300 cibi ricchi in carboidrati. Il segreto è mangiare pochi di quei cibi con alto IG e una quantità maggiore di cibi con indice basso.
Gli IG sono percentuali calcolate in base ad un cibo di riferimento. Qui sono calcolate con riferimento al pane bianco. In altre parole, sulla scala di riferimento, il pane bianco è uguale a 100 (scala generalmente utilizzata negli USA). Se si moltiplica l'IG di questa scala per 0,7 si converte l'IG a quello di una scala in cui il glucosio è uguale a 100.
L'IG si determina in laboratorio in condizioni controllate. Il processo consiste nel far mangiare i cibi da testare a diverse persone, alcune con il diabete, altre senza, in porzioni che contengono 50 gr. di carboidrati disponibili (Wolever Thomas MS. "The Glycemic Index: Flogging a Dead Horse?", Diabetes Care).
L'IG è il rapporto tra l'area della curva di assorbimento dopo l'ingestione di 50 gr. di glucosio (o di un'altro alimento di riferimento, come il pane bianco) in un certo tempo, e quella ottenuta dall'ingestione dell'alimento di cui si effettua la misura. L'area al di sotto della curva, viene espressa come percentuale del valore medio calcolato per il cibo di riferimento nello stesso soggetto.
Infine, si fa una media delle percentuali ottenute da ogni soggetto per ottenere l'IG per il cibo in questione (Wolever, Thomas M.S. et al. "The Glycemic Index: Methodology and Clinical Implications", Am-J-Clin-Nutr.1991 Nov; 54(5): 846-54).
Per esempio, per testare gli spaghetti, gli studiosi, ne somministrano ai volontari 200 gr. (che secondo le tavole standard della composizione dei cibi contengono 50 grammi di carboidrati disponibili). Vengono poi rapportate la risposta a questa somministrazione con quella ottenuta dal cibo di riferimento. L'intero processo viene ripetuto in giorni diversi per evitare l'influenza delle variazioni delle diverse condizioni che si possono verificare da un giorno all'altro.
L'IG non deve essere l'unico criterio nel selezionare cosa mangiare.
L'importo totale dei carboidrati, la quantità e il tipo di grassi, le fibre e il sale contenuti nei cibi, sono considerazioni dietetiche ugualmente molto importanti. L'IG è utile soprattutto quando si deve decidere quale cibo ad alto tenore di carboidrati mangiare. Ma non lasciate che l'IG vi faccia sentire sicuri nel ingerire più carboidrati di quelli che il vostro fisico può gestire, particolarmente se siete diabetici.
Bisogna quindi conoscere il contenuto di carboidrati dei cibi (spesso sono indicati nelle informazioni nutrizionali riportate sulla confezione) e stabilire in che proporzione devono essere presenti, nella vostra dieta carboidrati, grassi e proteine. Quasi tutti gli esperti concordano sul fatto che dovremmo minimizzare l'assunzione di grassi saturi e mangiare molte più fibre di quanto non facciamo.
Alcuni altri grassi, particolarmente quelli dei pesci che vivono in acque fredde ed essenzialmente acidi grassi come quelli che si trovano in grande quantità nell'olio di oliva, sembrano essere benefici. Al di là di questo, la disputa è tra chi sostiene che dovremmo mangiare più proteine e quelli che affermano che i carboidrati dovrebbero fornirci la maggior parte delle calorie che ci necessitano.
Non tutti i carboidrati sono inoltre uguali. Alcuni si dissociano velocemente durante la digestione provocando un repentino innalzamento della glicemia verso livelli pericolosamente alti. Questi sono i cibi con IG più alto. Altri carboidrati si dissociano più lentamente e rilasciano glucosio più gradualmente e si dice abbiano IG più basso. Prima dello sviluppo dell'IG, gli studiosi ritenevano che il nostro corpo assorbisse e digerisse gli zuccheri semplici rapidamente, e ciò producesse rapidi incrementi dei livelli di glicemia. E questo era il ragionamento alla base dell'ammonimento di evitare lo zucchero, una prescrizione questa recentemente attenuata dall'American Diabetes Association e da altri.
Di contro, gli specialisti pensavano che assorbissimo amidi come il riso e le patate lentamente, e che ciò causasse quindi innalzamenti della glicemia modesti. Test clinici dell'IG hanno dimostrato che questa assunzione è falsa. Fattori come la varietà, il modo di cucinare un cibo, i trattamenti che l'alimento subisce, possono influenzare l'IG di un cibo.
La grandezza dei grani è un altro fattore importante; secondo uno studio del 1988 di Heaton et al. i ricercatori hanno scoperto che l'IG del frumento, del mais e dell'avena aumentava con la maggiore raffinazione dei grani: più il chicco è integro minore è l'IG. Inoltre, la risposta della glicemia ad un cibo particolare può essere in qualche modo soggettiva. Può essere quindi utile controllare la propria glicemia dopo aver ingerito dei cibi sull'effetto dei quali non si è certi in modo da determinare se hanno un IG soggettivo basso o alto.
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