Ieri sull'espersso questo articolo...
Parte del problema è che la legge italiana lascia al momento troppa libertà nell'utilizzo di dizioni come 'light' o 'magro'.
Solo per i latticini esistono norme precise, che consentono di chiamali 'leggeri' se c'è meno del 35 per cento di grassi e 'magri' sotto il 20. Ma anche quando l'etichetta è a norma di legge, è la scienza dell'alimentazione a suggerire di non farsi abbagliare. Sulla carta il ragionamento non fa una grinza:
meno grassi, meno colesterolo, minor rischio di aumentare di peso e ammalarsi di tante cose, dai disturbi cardiovascolari a diversi tumori. "Ma prima di tutto c'è un problema di incentivo al consumo", spiega Andrea Ghiselli, ricercatore dell'Istituto nazionale per la ricerca sugli alimenti e la nutrizione: "È dimostrato che si tende a consumare quantità maggiori di un cibo ritenuto più leggero, e alla fine il conto totale di calorie è più alto del prodotto tradizionale". Poi bisogna vedere come viene raggiunta quella soglia dello 0,1 per cento di grassi strillata sull'etichetta.
Nel caso dei latticini si parte da latte magro, centrifugato in modo da eliminare i grassi. "Ma così si sottraggono anche proteine e vitamine fondamentali. Per questo noi nutrizionisti non raccomandiamo nemmeno il latte scremato, che è poi la base per la maggior parte dei latticini light", spiega Ghiselli:
"Meglio il latte intero, con un occhio alla quantità ovviamente". In tutti gli altri casi (derivati del pane, biscotti, dolci, maionese e così via), i grassi devono essere sostituiti da qualcos'altro per mantenere sapore e volume del prodotto: proteine o amidi, tipicamente, che riportano parte delle calorie sottratte con i grassi. Oppure aria e acqua, con il risultato di allontanare la sensazione di sazietà e portare ancora una volta a consumare di più.
Un'indagine a tappeto dell'associazione Altroconsumo, che ha passato al setaccio decine tra i prodotti light in commercio nel nostro Paese, confrontandoli con i loro equivalenti tradizionali, ha dimostrato come in molti casi, dalle sottilette ai biscotti, dalla mozzarella alla maionese, la differenza reale di calorie per porzione sia minima, e in qualche caso il prodotto light risulti addirittura più heavy della sua controparte.
Forse i prodotti dal marketing 'salutistico' più aggressivo sono gli yogurt, presenza irrinunciabile nel frigo di chi ci tiene a mangiare sano. E anche, secondo il rapporto annuale 'Insights on Growth in Food and Beverages' pubblicato da AcNielsen, in assoluto il prodotto alimentare il cui fatturato cresce più rapidamente in tutto il mondo occidentale. I più vanitosi sono i probiotici, arricchiti da particolari ceppi di fermenti lattici che promettono benefici di ogni genere: un aiuto alla funzione intestinale, ma anche il rinforzamento delle difese immunitarie e la riduzione del colesterolo (vedi scheda a pag. 40). In effetti qualche studio clinico, per quanto ristretto, ha confermato che questi prodotti aiutano in particolare a combattere le infezioni intestinali: i loro fermenti rinforzano la barriera protettiva dell'intestino, contrastando l'adesione di batteri nocivi e stimolando la produzione di anticorpi e citochine. Il problema è se abbia senso riempirsene il frigo quando si è sani. Di certo non se lo scopo è dimagrire, perché questi prodotti sono spesso molto calorici.
Sempre secondo i dati raccolti da Altroconsumo in un'inchiesta dello scorso anno, un vasetto di uno dei probiotici più diffusi contiene quasi la metà dell'apporto quotidiano di zucchero consigliato dai nutrizionisti.
Peggio ancora va con gli integratori alimentari, prodotti a metà strada tra il cibo e il farmaco che promettono benefici di ogni ordine, dal minore assorbimento di grassi alla riduzione del colesterolo, fino alla protezione da molti tumori. Anche qui il ragionamento sembra filare.
Chi mangia molta frutta e verdura sta meglio, e questo ce lo dice l'epidemiologia. Perché allora non isolare i composti chimici responsabili di quell'effetto, trasformarli in pillole o gocce, e liberarsi del fastidio di mangiare il resto della carota o del pomodoro? Via quindi a fibre, polifenoli, flavonoidi e carotenoidi, chitosano e glucomannano, sali minerali come cromo e iodio, estratti di alghe e piante esotiche. Un mercato, come si è visto, in crescita costante.
Per prima cosa, il consumatore dovrebbe almeno poter capire che c'è davvero dentro a questi prodotti. Nei due integratori prelevati dalla nostra indagine, il lievito di birra Matt&Diet e l'integratore all'Aloe Vera de La Tradizione Erboristica, il claim sull'etichetta parla di un prodotto 'naturalmente ricco di vitamine del gruppo B' o 'ricco di sostanze pregiate, tra cui i polisaccaridi' senza che nessuna tabella nutrizionale permetta di verificare la presenza di queste sostanze. E questo, secondo le leggi vigenti, non va bene.
Allora? Meglio stare alla larga dai prodotti che si vantano di essere più sani degli altri? "Sarà noioso ripeterlo, ma non esiste un alimento sano, esiste solo una dieta sana. Mangiare cose semplici, non troppo e variando il più possibile", conclude Andrea Ghiselli: "Chi segue queste consigli e fa un po' di movimento può fregarsene di tutti i prodotti light, probiotici o quant'altro. L'idea di correggere stili di vita sbagliati con cibi opportunamente ritoccati è pericolosa. Basta guardare come è fallita negli Stati Uniti, dove l'epidemia di obesità è inarrestabile". E proprio negli Usa, qualche mese fa il 'New York Times Magazine' dedicava un servizio di copertina al grande business dei cibi light, colesterol free e via vantando. E, in conclusione, invitava i lettori a starne alla larga.
Che ne pensate?...praticamente sti cibi light sono una presa per il cu..
Parte del problema è che la legge italiana lascia al momento troppa libertà nell'utilizzo di dizioni come 'light' o 'magro'.
Solo per i latticini esistono norme precise, che consentono di chiamali 'leggeri' se c'è meno del 35 per cento di grassi e 'magri' sotto il 20. Ma anche quando l'etichetta è a norma di legge, è la scienza dell'alimentazione a suggerire di non farsi abbagliare. Sulla carta il ragionamento non fa una grinza:
meno grassi, meno colesterolo, minor rischio di aumentare di peso e ammalarsi di tante cose, dai disturbi cardiovascolari a diversi tumori. "Ma prima di tutto c'è un problema di incentivo al consumo", spiega Andrea Ghiselli, ricercatore dell'Istituto nazionale per la ricerca sugli alimenti e la nutrizione: "È dimostrato che si tende a consumare quantità maggiori di un cibo ritenuto più leggero, e alla fine il conto totale di calorie è più alto del prodotto tradizionale". Poi bisogna vedere come viene raggiunta quella soglia dello 0,1 per cento di grassi strillata sull'etichetta.
Nel caso dei latticini si parte da latte magro, centrifugato in modo da eliminare i grassi. "Ma così si sottraggono anche proteine e vitamine fondamentali. Per questo noi nutrizionisti non raccomandiamo nemmeno il latte scremato, che è poi la base per la maggior parte dei latticini light", spiega Ghiselli:
"Meglio il latte intero, con un occhio alla quantità ovviamente". In tutti gli altri casi (derivati del pane, biscotti, dolci, maionese e così via), i grassi devono essere sostituiti da qualcos'altro per mantenere sapore e volume del prodotto: proteine o amidi, tipicamente, che riportano parte delle calorie sottratte con i grassi. Oppure aria e acqua, con il risultato di allontanare la sensazione di sazietà e portare ancora una volta a consumare di più.
Un'indagine a tappeto dell'associazione Altroconsumo, che ha passato al setaccio decine tra i prodotti light in commercio nel nostro Paese, confrontandoli con i loro equivalenti tradizionali, ha dimostrato come in molti casi, dalle sottilette ai biscotti, dalla mozzarella alla maionese, la differenza reale di calorie per porzione sia minima, e in qualche caso il prodotto light risulti addirittura più heavy della sua controparte.
Forse i prodotti dal marketing 'salutistico' più aggressivo sono gli yogurt, presenza irrinunciabile nel frigo di chi ci tiene a mangiare sano. E anche, secondo il rapporto annuale 'Insights on Growth in Food and Beverages' pubblicato da AcNielsen, in assoluto il prodotto alimentare il cui fatturato cresce più rapidamente in tutto il mondo occidentale. I più vanitosi sono i probiotici, arricchiti da particolari ceppi di fermenti lattici che promettono benefici di ogni genere: un aiuto alla funzione intestinale, ma anche il rinforzamento delle difese immunitarie e la riduzione del colesterolo (vedi scheda a pag. 40). In effetti qualche studio clinico, per quanto ristretto, ha confermato che questi prodotti aiutano in particolare a combattere le infezioni intestinali: i loro fermenti rinforzano la barriera protettiva dell'intestino, contrastando l'adesione di batteri nocivi e stimolando la produzione di anticorpi e citochine. Il problema è se abbia senso riempirsene il frigo quando si è sani. Di certo non se lo scopo è dimagrire, perché questi prodotti sono spesso molto calorici.
Sempre secondo i dati raccolti da Altroconsumo in un'inchiesta dello scorso anno, un vasetto di uno dei probiotici più diffusi contiene quasi la metà dell'apporto quotidiano di zucchero consigliato dai nutrizionisti.
Peggio ancora va con gli integratori alimentari, prodotti a metà strada tra il cibo e il farmaco che promettono benefici di ogni ordine, dal minore assorbimento di grassi alla riduzione del colesterolo, fino alla protezione da molti tumori. Anche qui il ragionamento sembra filare.
Chi mangia molta frutta e verdura sta meglio, e questo ce lo dice l'epidemiologia. Perché allora non isolare i composti chimici responsabili di quell'effetto, trasformarli in pillole o gocce, e liberarsi del fastidio di mangiare il resto della carota o del pomodoro? Via quindi a fibre, polifenoli, flavonoidi e carotenoidi, chitosano e glucomannano, sali minerali come cromo e iodio, estratti di alghe e piante esotiche. Un mercato, come si è visto, in crescita costante.
Per prima cosa, il consumatore dovrebbe almeno poter capire che c'è davvero dentro a questi prodotti. Nei due integratori prelevati dalla nostra indagine, il lievito di birra Matt&Diet e l'integratore all'Aloe Vera de La Tradizione Erboristica, il claim sull'etichetta parla di un prodotto 'naturalmente ricco di vitamine del gruppo B' o 'ricco di sostanze pregiate, tra cui i polisaccaridi' senza che nessuna tabella nutrizionale permetta di verificare la presenza di queste sostanze. E questo, secondo le leggi vigenti, non va bene.
Allora? Meglio stare alla larga dai prodotti che si vantano di essere più sani degli altri? "Sarà noioso ripeterlo, ma non esiste un alimento sano, esiste solo una dieta sana. Mangiare cose semplici, non troppo e variando il più possibile", conclude Andrea Ghiselli: "Chi segue queste consigli e fa un po' di movimento può fregarsene di tutti i prodotti light, probiotici o quant'altro. L'idea di correggere stili di vita sbagliati con cibi opportunamente ritoccati è pericolosa. Basta guardare come è fallita negli Stati Uniti, dove l'epidemia di obesità è inarrestabile". E proprio negli Usa, qualche mese fa il 'New York Times Magazine' dedicava un servizio di copertina al grande business dei cibi light, colesterol free e via vantando. E, in conclusione, invitava i lettori a starne alla larga.
Che ne pensate?...praticamente sti cibi light sono una presa per il cu..
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