L'INTENSITA': nascita, sviluppo e possibili evoluzioni di un mito.

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  • lukas
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    • In un'oasi tranquilla e disperata
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    #91
    Re: Re: Re: Re: Re: X Roxe 68

    Originally posted by DR. MORTE
    siamo qui trepidanti...
    , già, proprio come quando leggi un bel romanzo e c'è lo scrittore che lo sta ancora scrivendo... tu sei lì come un pazzo che vuoi le ultime pagine, in questo caso il santo graal , e invece devi soffrire, e ti rileggi decine di volte le stesse pagine, le stesse frasi, le stesse parole, le stesse lettere...
    Vai Roxxxxxxxxxxxxxxxxx nn ci far soffrire"!"""""""""


















    .... cmq, GRAZIE MILLE per tutta la passione che ci metti, è da grande stimolo per tutti quanti!!!

    ____________________________
    Originally posted by bigone
    x quaglia: 70 kg??????con poco meno di 40 di braccio????hahahhah tu hai le idee un po confuse sul culturismo,quello è un fisico da bagnino!!!!!!!!
    il culturismo è un'altra cosa credimi.

    _____________________________

    :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol:
    _____________________________
    ...non posto la foto per pudore!

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    • Amicos
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      • Feb 2003
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      #92
      Per Rox68 ed altri:definizione di Intensità

      Esistono varie definizione,ma quale ti soddisfa di +?Molti usano la % della massima capacita'...ma non mi convince!!!

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      • Rox68
        Bodyweb Advanced
        • Nov 2002
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        #93
        Cenni di fisiologia

        Ipertrofia dicevamo…
        Come si ottiene l’ipertrofia? Noi tutti sappiamo che l’ipertrofia non può essere ricondotta ad un unico tipo di stimolo, ma è il risultato di un adattamento della parte delle unità motorie (alfaneurone/miofibrille) che, modificate nelle loro proteine contrattili, aumentano la loro efficienza e la loro capacità di contrazione contro una resistenza.
        Per comprendere in modo corretto il discorso occorre avere una minima padronanza della struttura fisiologica dell’apparato muscolare in tutte le sue strutture dinamiche: dalla nascita dell’impulso dal SNC (Sistema Nervoso Centrale), alla sua propagazione attraverso il SNP (Sistema Nervoso Periferico) sino alle placche motorie muscolari e, per ultimo, alle modalità di contrazione dei diversi tipi di fibre muscolari.
        Un discorso di questo tipo lo avevo già affrontato nel 3d dedicato alla FORZA, mi ero sforzato di proporre il tutto in maniera descrittiva in modo da non appesantire troppo il discorso teorico e fare in modo di appassionare l’eventuale lettore, spiegando la logica che soprassedeva ogni passaggio.
        Spero che coloro che hanno avuto la pazienza di leggere il mio vecchio contributo non si annoieranno troppo se rispolvero qualche concetto, riportando alcune parti e magari ampliandole (chissà se riuscirò a postare qualche diagramma…) e approfondendo anche la parte relativa all’ipertrofia, dato che il mio primo intervento era più mirato a illustrare i meccanismi neuromuscolari di base per l’espressione della massima accelerazione e della forza massimale.
        Partiamo dal presupposto che è alla base di tutta l'evoluzione del genere umano: il corpo umano è una macchina complessa in cui tutti i componenti interagiscono tra di loro restando comunque necessariamente in equilibrio (omeostasi). Per sua natura, il corpo umano attiva le sue risorse chimiche e meccaniche per mantenere tale equilibrio e salvaguardare la propria sopravvivenza. Qualunque cosa o evento intervenga ad alterare questo equilibrio, il corpo umano mette in moto una serie di processi atti a ristabilire l'equilibrio stesso nella maniera più efficace possibile in relazione alle energie a disposizione in quel momento, dando priorità agli aspetti vitali rispetto a quelli secondari.
        Altra particolarità, alla base della catena evolutiva, consiste nel fatto che, se attaccato nel proprio equilibrio, il corpo non solo ristabilisce l'omeostasi ma rafforza addirittura le sue capacità di difesa nei confronti degli elementi che hanno causato l'attacco.
        Tutte le reazioni del nostro corpo agli agenti esterni di vario genere possono essere letti ed interpretati in chiave di mantenimento dell'omeostasi, qualunque cosa possa alterare l'equilibrio viene vista come un potenziale pericolo alla sopravvivenza e quindi combattuta a vari livelli.
        L'obiettivo di qualunque programma di allenamento è senz'altro quello di migliorare le prestazioni di un atleta in una determinata disciplina: per un powerlifter l'obiettivo sarà l'aumento delle capacità di forza/accelerazione, per un bobybuilder l'obiettivo sarà invece quello di raggiungere la massima ipertrofia muscolare.
        Ricordando quanto detto sull'equilibrio, un corretto programma di allenamento dovrà "attaccare" quelle parti del corpo umano che sovrintendono alle capacità atletiche richieste, alterandone l'iniziale equilibrio. Il corpo umano concepirà tale allenamento come un rischio per la propria sopravvivenza ed innescherà tutta una serie di processi biochimici atti prima a ristabilizzare le parti attaccate (recupero), poi a portarle ad un grado di efficienza più elevato in modo da poter far fronte ad un eventuale ulteriore, più potente attacco esterno.
        Con questo semplice esempio serve ad illustrare uno dei cardini della teoria dell'allenamento, ossia il processo allenamento\affaticamento\recupero\supercompensazione.
        Ma cosa accade all'interno del nostro organismo quando la nostra folle volontà lo sottopone ad uno sforzo di sollevamento?
        Se il corpo viene "attaccato" da un sovraccarico, esso attiva tutta una serie di difese atte a salvaguardare la propria integrità: tali difese fanno capo principalmente all'apparato scheletrico\muscolare (ossa, tendini, articolazioni, muscoli...) e al sistema nervoso centrale e, principalmente, quello periferico.
        E' ovvio che tali apparati, come avviene per tutti gli elementi del corpo umano, sono strettamente legati tra di loro in un'unione che è alla base dell'equilibrio omeostatico.
        Tutti noi sappiamo (o dovremmo sapere) che le cellule nervose "partono" dal midollo spinale per innervare tutte le parti del nostro organismo: nella fattispecie alcune di esse si ramificano per andare ad inserirsi nei vari distretti muscolari.
        Semplificando possiamo affermare che l'unità motoria muscolare è composta da una cellula nervosa (alfa-neurone) e varie miocellule muscolari ad essa collegate.
        La contrazione muscolare avviene attraverso la trasmissione di vere e proprie onde elettriche: ogni unità motoria (alfa-neurone\miocellula) viene attivata da un impulso avente una determinata e prefissata frequenza; quindi il sistema nervoso centrale, una volta valutata la portata del carico da sollevare attraverso degli appositi "sensori" periferici, fa partire un treno di impulsi dal midollo spinale sotto forma di onde elettriche. Tali onde si propagano attraverso i neuroni sino ad arrivare alle placche motrici delle singole unità motorie muscolari: la contrazione avverrà soltanto a carico di quelle unità motorie aventi una frequenza di risposta compresa tra quelle presenti nelle onde elettriche generate dal sistema nervoso centrale per far fronte al sollevamento del carico.
        Se consideriamo la contrazione sotto questo aspetto biochimico, possiamo comprendere come una unità motoria non possa contrarsi parzialmente: se viene stimolata con onde elettriche della giusta frequenza essa si contrae nel suo complesso (ossia si contraggono tutte le miocellule connesse all'alfa-neurone) e continua a farlo sino a quando le scorte energetiche a sua disposizione saranno esaurite, altrimenti non si contrae affatto.
        Il numero di miocellule legate ad un singolo alfa-neurone nervoso è infatti variabile in funzione dei diversi gruppi muscolari e della loro specificità di azione: un muscolo che ha la funzione di assolvere un lavoro poco oneroso ma di grande precisione, avrà poche miocellule per ogni alfa-neurone; al contrario un muscolo che compie un lavoro di forza ma grossolano avrà moltissime miocellule connesse ad ogni alfa-neurone.
        Già alla luce di queste semplici nozioni è possibile comprendere come gli stimoli allenanti possono essere indirizzati sia verso la parte contrattile dell'unità motoria (i muscoli), sia verso la parte neuronale.
        Nel primo caso la finalità principale sarà quella di adattare l'apparato muscolare facendo in modo che possa immagazzinare scorte energetiche e contrattili sempre maggiori (ipertrofia), nel secondo caso sarà invece quella di allenare il sistema nervoso centrale e periferico, stimolandolo a generare onde elettriche di frequenza sempre più ampia in modo che il numero delle unità motorie interessate alla contrazione sia il maggiore possibile.
        Nel primo caso ci troveremmo a progettare un programma di allenamento teso a sviluppare la massa muscolare (parte contrattile) e solo secondariamente la forza (parte neuronale), nel secondo caso l'obiettivo sarebbe principalmente un aumento della forza, intesa come numero di unità motrici coinvolte in una singola contrazione massimale, e solo in modo marginale la massa muscolare...
        Il muscolo come noi lo intendiamo, ossia nella sua interezza, è composto da una moltitudine di unità motorie (alfaneurone/miocellule). Ogni singola cellula muscolare (miocellula) ha un aspetto fusiforme, allungato ed è disposta parallelamente alle altre miocellule, il tutto è tenuto insieme e stabilizzato dal tessuto connettivo.
        A sua volta ogni miocellula, al suo interno, contiene una grande quantità di filamenti (detti miofibrille) che hanno la stessa forma affusolata della cellula muscolare e la stessa sua lunghezza: la miocellula è dunque paragonabile ad un grande cavo elettrico al cui interno vi sono tanti altri piccoli cavetti.
        Vedi figura 1
        Quando il comando per la contrazione condotto dalla fibra nervosa (messaggio elettrico) raggiunge la fibra muscolare, si ha la liberazione di una sostanza (acetilcolina) che si riversa nello spazio tra la fibra nervosa e quella muscolare (spazio sinaptico) e va ad attivare recettori specifici situati sulla fibra muscolare (placca motoria).
        A questo punto avviene il passaggio dello stimolo da elettrico a chimico, in pratica il messaggio elettrico, a seconda della sua gamma di frequenza, ha la proprietà di eccitare (polarizzare) alcune molecole formando un flusso ionico che destabilizza la situazione elettrica della fibra muscolare. Questa modificazione elettrica della fibra muscolare provoca una serie di reazioni chimiche che, utilizzando le fonti energetiche disponibili, fanno in modo che i sarcomeri delle miofibrille si contraggano.
        I sarcomeri sono quindi le vere unità contrattili delle miofibrille, essi sono composti dalle due celebri proteine contrattili (actina e miosina). Terminato l’impulso o esaurite le scorte energetiche, avvengono altre reazioni chimiche che riportano la fibra muscolare ad una condizione elettrica di riposo e quindi la fibra si decontrae.
        Più che l’aspetto elettrico e di reclutamento delle fibre, l’esaurimento delle riserve energetiche a disposizione è l’aspetto più interessante per le applicazioni che se ne possono fare nella programmazione degli allenamenti per l’ipertrofia.
        Uno dei fondamenti della fisica è che in natura l'energia totale resta sempre costante o, detta in altri termini, l'energia non si crea e non si distrugge ma può essere solamente trasmessa, trasformata.
        Tutti i movimenti, le reazioni chimiche, le esplosioni, i sollevamenti, ossia tutto ciò che accade ogni giorno non sono altro che eventi che si realizzano mediante la trasformazione di energia da uno stato all'altro.
        Comprendo che questo concetto a prima vista possa sembrare un po' strano, ma se facciamo un banale esempio apparirà senz'altro di più semplice comprensione: consideriamo un'automobile con il pieno di carburante che è in movimento vario, ossia accelera, frena... e proviamo a dare un'interpretazione "energetica" di tale moto.
        L'automobile per restare in moto, ossia per permettere ai pistoni di muoversi, utilizza l'energia chimica generata dalla combustione della benzina: tale energia in parte viene dispersa (non distrutta) sotto forma di energia termica a causa degli attriti della trasmissione e degli organi interni dell'automobile, in parte viene trasformata in energia cinetica (energia del movimento) per il movimento vero e proprio dell'automobile stessa. Se si viaggia a velocità costante l'energia chimica che man mano viene utilizzata è minima poichè si consuma solo quella che serve a vincere la resistenza dell'aria, l'attrito volvente del rotolamento dei pneumatici e gli attriti interni della trasmissione: tali attriti trasformano l'energia cinetica dell'auto in energia termica tanto che se spegnessimo il motore, ossia se interrompessimo la trasformazione di energia chimica in cinetica, il movimento pian piano si esaurirebbe.
        Anche il corpo umano e la muscolatura scheletrica non sfuggono a tale legge della fisica: se consideriamo il nostro organismo come una macchina, esso non sarebbe altro che uno strumento di trasformazione dell'energia, in cui il combustibile è dato dall'energia chimica derivante dal metabolismo degli alimenti ingeriti.
        Il nostro corpo però, al contrario di un’automobile, è una macchina molto efficiente e che sa adattarsi, modificando le proprie strutture chimiche e motorie, alle variazioni energetiche per migliorare il proprio rendimento e, in definitiva, per mantenersi in vita.
        Se vogliamo continuare l'esempio precedente, potremmo considerare il corpo umano come un'automobile ipertecnologica ad altissima efficienza, dotata di un motore modulare formato dall'aggregazione di una miriade di piccoli motori autonomi (le unità motorie).
        Tali minimotori (unità motorie = alfa-neurone/miocellule) hanno una struttura molecolare variabile ed entrano in funzione in numero diverso a seconda del tipo di sforzo da affrontare.
        In realtà l'unico carburante che il corpo umano riesce ad utilizzare, ossia quello da cui riesce ad attingere l'energia che necessita per il mantenimento delle funzioni vitali ed il mantenimento dell'omeostasi, è immagazzinato in quantità variabili all'interno delle cellule stesse e prende il nome di ATP.
        L'ATP è una molecola formata da un certo numero di atomi legati tra loro da legami chimici ad alta energia specifica. Il corpo, nel momento in cui ha bisogno di energia, mette in moto una reazione chimica che determina la scissione di uno o più di questi legami per "liberare" l'energia chimica da essi contenuta.
        Una volta avvenuta la scissione, la molecola di ATP si degrada (ADP) sino a non essere più in grado di fornire ulteriore energia all'organismo.
        Le scorte di ATP presenti nelle miocellule sono di quantità variabile ma comunque limitata, di conseguenza il protrarsi di uno sforzo muscolare determina il graduale esaurimento delle scorte di ATP sino al punto in cui la contrazione dovrà necessariamente bloccarsi.
        Se le nostre capacità di performance fossero legate solamente alle scorte di ATP presenti nelle miocellule, saremmo in grado di effettuare sforzi di lievissima entità e per giunta poco prolungati nel tempo, in quanto tali scorte si esaurirebbero prestissimo.
        In realtà il corpo umano è una macchina molto efficiente e dalle risorse (quasi) infinite: la deplezione completa dell'ATP è interpretata come un fortissimo rischio per la sopravvivenza, per cui esistono 3 serbatoi di diversa grandezza da cui l'organismo attinge non per formare nuovo ATP, ma per "ricaricare" le molecole di ADP, ossia per ripristinare i legami chimici ad alta energia scissi durante lo sforzo.

        1) Il primo serbatoio è piccolissimo e contiene una sostanza chiamata FOSFOCREATINA (CP).

        2) Il secondo serbatoio è di media grandezza e contiene gli ZUCCHERI (sotto forma di GLICOGENO).

        3) Il terzo serbatoio è immenso rispetto ai primi due e contiene i GRASSI.

        Per comprendere meglio come avviene il processo di ripristino dell'ATP, possiamo continuare il parallelismo tra corpo umano ed automobile.
        Se ci sottoponiamo ad uno sforzo di intensità molto alta (come il sollevamento di carichi submassimali o uno sprint), il corpo avrà bisogno di una notevole quantità di ATP in un lasso di tempo limitato e, di conseguenza, di un sistema di ricarica molto veloce per evitare il rapidissimo esaurimento delle scorte. E' come quando il guidatore schiaccia l'acceleratore a fondo richiedendo al motore le massime prestazioni e regimi di rotazione elevati.
        In queste condizioni il corpo umano utilizza il combustibile presente nel primo serbatoio (CP) per la ricarica dell'ATP: essendo le scorte di CP anch'esse piuttosto limitate, ne consegue che gli sforzi molto intensi, ossia quelli che necessitano di una ricarica molto rapida dell'ATP, non possono essere mantenuti a lungo dall'organismo.
        Le reazioni chimiche che trasformano la fosfocreatina CP in nuovo ATP possono avvenire, all'interno delle miocellule, senza la presenza di ossigeno e non danno luogo a formazione di acido lattico (un metabolita di scarto di alcune reazioni chimiche molecolari). Tale sistema di ricarico dell'ATP viene quindi spesso definito come ANAEROBICO ALATTACIDO.
        Passiamo ora a descrivere quello che avviene quando il corpo viene sottoposti a sforzi di media intensità, quali la corsa veloce o, per restare nel tema a noi più caro, serie con carichi intorno al 70-75%, ossia quando la risintesi dell'ATP deve essere di media rapidità.
        In questo caso il combustibile utilizzato è quello presente nel secondo ipotetico serbatoio (il glicogeno): il glicogeno è presente nelle miocellule in quantità decisamente più elevata rispetto alla fosfocreatina ma comunque limitata.
        La reazione chimica che porta alla risintesi di ATP attraverso l’utilizzo del glicogeno avviene anch’essa senza che vi sia necessità della presenza di molecole di ossigeno ma, al contrario della fosfocreatina CP, produce anche una sostanza di scarto (metabolìta) detta ACIDO LATTICO. Per questo motivo tale sistema di ricarico dell’ATP viene comunemente definito ANAEROBICO LATTACIDO.
        Non è questa la sede per analizzare i mille miti che sono sorti attorno alle presunte capacità di generare dolore muscolare o quant’altro attribuite all’acido lattico, basterà invece affermare che l’eccessiva produzione di questo metabolìta determina un innalzamento dell’acidità locale delle miocellule: se consideriamo che l’allungamento e l’accorciamento delle unità motorie (la contrazione) avviene attraverso una trasmissione elettrica, un aumento dell’acidità determina una diminuzione delle capacità di conduzione elettrica e, di conseguenza, un progressivo impedimento alle contrazioni.
        L’ultimo caso da analizzare è quello che vede il nostro corpo impegnato in uno sforzo di lieve intensità e, in quanto tale, di possibile lunga durata. Se l’organismo si accorge di trovarsi in una condizione di questo tipo (footing, cyclette leggera...) comincia ad utilizzare come combustibile per la ricarica delle scorte di ATP la benzina presente nel terzo, immenso serbatoio, quello dei grassi.
        Il processo che porta alla risintesi dell’ATP a partire dagli acidi grassi (Ciclo di Krebs) è abbastanza complesso e necessita della presenza di ossigeno: produce una scarsa quantità di ATP nell’unità di tempo ma non genera acido lattico (sistema AEROBICO ALATTACIDO).
        Ricapitolando, i metodi di ricarico dell’ATP sono:

        1) ANAEROBICO ALATTACIDO – Fosfocreatina CP – Altissimo rendimento, scarsa durata (max 10 secondi);
        2) ANAEROBICO LATTACIDO – Glicogeno – Medio\alto rendimento, medio\bassa durata (max 60 secondi)
        3) AEROBICO ALATTACIDO – Grassi – Scarso rendimento, durata teoricamente illimitata.

        Vedi figura 2
        Da quanto detto è possibile comprendere come la macchina organismo affronti la necessità di compiere uno sforzo di varia entità: la percezione del carico e dello sforzo richiesto è ad opera di sensori periferici preposti a tale scopo; valutato il carico, il sistema nervoso centrale emette degli impulsi sotto forma di onde elettriche di varia frequenza che si propagano sino a giungere alle placche motrici delle singole unità motorie interessate. A questo punto le unità motorie che rispondono alle frequenze sopraggiunte si contraggono utilizzando come fonte energetica l’ATP presente nelle miocellule che le compongono: essendo le scorte di ATP molto modeste, in funzione dell’intensità dello sforzo richiesto e, progressivamente, della sua durata, il corpo umano sceglie il sistema di ricarico dell’ATP più opportuno per far fronte all’improvvisa richiesta e, in definitiva, per sopravvivere a quello che è visto come un attacco alla proprio equilibrio. A seconda dell’entità dello sforzo varia la frequenza delle onde elettriche generate e, quindi, variano le unità motrici interessate alla risposta: ad un impegno intenso ed energeticamente dispendioso, è associata la contrazione prevalente di unità motorie la cui struttura biochimica è per così dire ottimizzata per facilitare i processi anaerobici di risintesi dell’ATP; al contrario, a sforzi di lieve intensità il sistema nervoso chiamerà a contrarsi prevalentemente unità motorie ottimizzate al processo di ricarico aerobico dell’ATP.
        E’ importantissimo sottolineare che i tre sistemi di ricarico funzionano praticamente sempre in parallelo, ossia agiscono contemporaneamente e non in maniera esclusiva: il corpo ha un suo tempo tecnico di percezione dell’impegno motorio richiesto quindi parte sempre utilizzando al massimo ritmo i suoi sistemi più efficienti, ossia quelli anaerobici: se poi si accorge di poter far fronte allo sforzo con un sistema meno oneroso, allora attiva man mano il sistema aerobico.
        Vari studi e ricerche sono stati effettuati per tracciare le mappe delle percentuali di utilizzazione dei 3 sistemi in relazione all’intensità dello sforzo e alla sua durata: in presenza di uno sforzo anche di lieve entità, il sistema di ricarico aerobico acquisisce un contributo superiore al 50% rispetto agli altri dopo non prima di 20 minuti dall’inizio dello sforzo stesso...
        E’ chiaro che le fibre muscolari sono teoricamente in grado di utilizzare tutti e tre i sistemi a seconda delle necessità, però numerosi esperimenti hanno dimostrato che i nostri muscoli scheletrici sono composti da fibre muscolari energeticamente specializzate, ossia predisposte ad utilizzare un sistema di ricarica in maniera molto più efficiente rispetto agli altri.
        Tale caratteristica è resa possibile da un’elevata concentrazione di particolari molecole (enzimi) che favoriscono una reazione chimica piuttosto che un’altra: tra l’altro la presenza massiccia ti tali enzimi influenza anche la colorazione delle cellule muscolari.
        Le fibre specializzate nella risintesi dell’ATP attraverso i meccanismi anaerobici hanno una colorazione biancastra mentre quelle dotate di notevole capacità ossidativa (aerobica) hanno un colore rossastro.
        Proprio l’aspetto cromatico diverso di queste fibre ha spinto i ricercatori a nominare “FIBRE BIANCHE” quelle a maggiore attività glicolitica (anaerobica) e “FIBRE ROSSE” quelle a prevalente attività ossidativa (aerobica).
        Questa prima distinzione viene fatta sulla base delle diverse caratteristiche energetiche dei due tipi di fibre muscolari. Parallelamente la stessa distinzione si ripercuote sulle caratteristiche neuromuscolari: abbiamo visto che una singola unità motoria (alfa-neurone\miocellule) si contrae a causa dello stimolo ricevuto da un impulso elettrico di una determinata frequenza. Le fibre dotate di grande capacità glicolitica avranno la possibilità di utilizzare una grande quantità di energia per un breve periodo di tempo: di conseguenza le contrazioni di questo tipo di fibre sarà potente, veloce e limitata nel tempo. Proprio per questo motivo tali fibre vengono definite anche FIBRE VELOCI (ST) così come, in modo analogo, quelle a forte componente ossidativa vengono anche definite FIBRE LENTE (LT).
        Volendo scendere ancor più nel dettaglio, esistono anche delle fibre muscolari che non hanno caratteristiche energetiche così nette, ma che hanno discrete capacità glicolitiche (anaerobiche) e discrete capacità ossidative (aerobiche). Tali fibre si posizionano a livello intermedio tra le fibre veloci (o bianche o ST) e quelle lente (o rosse o LT): a seguito di intensi e mirati allenamenti, l’adattamento della matrice proteica che le compone può modificarne la struttura facendole diventare delle fibre veloci o lente a tutti gli effetti.
        A presto...
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        • Rox68
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          • Nov 2002
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          • Roma
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          #94
          Ecco la figura N.1 mancante...
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          • MISTER X
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            #95
            ROX se mi dai il permesso lo metto in notizie.
            così va sull'homepage.

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            • lukas
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              #96
              ...e come al solito, senza parole... ma, ti fermi sempre sul + bello!!

              ____________________________
              Originally posted by bigone
              x quaglia: 70 kg??????con poco meno di 40 di braccio????hahahhah tu hai le idee un po confuse sul culturismo,quello è un fisico da bagnino!!!!!!!!
              il culturismo è un'altra cosa credimi.

              _____________________________

              :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol:
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              ...non posto la foto per pudore!

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              • Amicos
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                #97
                Ottimo lavoro ROX,...adesso arriviamo all'utilizzo di cio' in pratica?

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                • Rox68
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                  #98
                  Originally posted by MISTER X
                  ROX se mi dai il permesso lo metto in notizie.
                  così va sull'homepage.
                  Anche se siamo ancora piuttosto lontani dall'obiettivo del 3d, puoi farlo tranquillamente.
                  Se ci fosse qualcuno interessato ad approfondire specifici aspetti di quanto ho riportato in maniera sommaria, per ovvie ragioni di semplicità e di spazio, si faccia avanti...
                  Nel caso in cui l'oggetto dell'approfondimento fosse interessante e di interesse comune, potremmo aprire degli appositi 3d dedicati...tutto ciò compatibilmente con il mio scarso tempo a disposizione.
                  Un saluto e grazie dell'interessamento.

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                  • MISTER X
                    Bodyweb Member
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                    #99
                    Originally posted by Rox68
                    Anche se siamo ancora piuttosto lontani dall'obiettivo del 3d, puoi farlo tranquillamente.
                    Se ci fosse qualcuno interessato ad approfondire specifici aspetti di quanto ho riportato in maniera sommaria, per ovvie ragioni di semplicità e di spazio, si faccia avanti...
                    Nel caso in cui l'oggetto dell'approfondimento fosse interessante e di interesse comune, potremmo aprire degli appositi 3d dedicati...tutto ciò compatibilmente con il mio scarso tempo a disposizione.
                    Un saluto e grazie dell'interessamento.
                    grazie,è davvero ben fatto e domani lo metto in notizie.

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                    • Amicos
                      Bodyweb Member
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                      Forza Rox....

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                      • lukas
                        Bodyweb Member
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                        • In un'oasi tranquilla e disperata
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                        ... ma chi sei, rox?!?!?! da dove sei uscito...
                        ...sei decisamente UP!

                        ____________________________
                        Originally posted by bigone
                        x quaglia: 70 kg??????con poco meno di 40 di braccio????hahahhah tu hai le idee un po confuse sul culturismo,quello è un fisico da bagnino!!!!!!!!
                        il culturismo è un'altra cosa credimi.

                        _____________________________

                        :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol: :superlol:
                        _____________________________
                        ...non posto la foto per pudore!

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                        • Amicos
                          Bodyweb Member
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                          Roxe,appena torni.....

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                          • Rox68
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                            Originally posted by Amicos
                            Roxe,appena torni.....
                            ...appena torno continuo!
                            Riesco ancora a collegarmi di tanto in tanto con il portatile, sicuramente preparerò un buon articolo con tanto di reportage fotografico per le selezioni al campionato mondiale WPF-I/CSEN di domenica 26...
                            Purtroppo però non posso concentrarmi come vorrei per continuare il discorso sull'intensità: un conto è dare delle risposte flash o scrivere un articolo su una gara (e magari qualche intervista ai migliori atleti...chissà) ed un conto è articolare un discorso tecnico che abbia solide basi scientifiche ed una forma scritta tale da risultare leggibile dal maggior numero di persone possibile.
                            Coniugare forma e contenuto è importante forse più del tecnicismo puro degli argomenti trattati: non è poi così complesso riportare stralci di studi di autori famosi, purtroppo solo pochi sarebbero in grado di apprezzarne a pieno il contenuto e probabilmente quei pochi sarebbero gli stessi che hanno già letto i testi citati.
                            La bontà di un articolo scientifico/divulgativo consiste nel raggiungere quelle fasce di utenza che generalmente non sarebbero in grado di comprendere ed utilizzare al proprio scopo le informazioni di un trattato di fisiologia e/o di teoria dell'allenamento (ammesso che esistesse qualcosa di dedicato o accostabile alle problematiche del bodybuilding...).
                            Un impegno non da poco, credimi...
                            A presto...
                            Luca

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                            • Amicos
                              Bodyweb Member
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                              grazie Rox rimango in attesa....

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                              • Amicos
                                Bodyweb Member
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