Negli ultimi anni, gli impegni lavorativi mi hanno reso praticamente impossibile conservare l'approccio costante, metodico, razionale che ero solito avere su dieta e allenamento. Ho dovuto quindi fare di necessità virtù, abbandonandomi all'estemporaneità e cercando di ricavare il massimo da ogni pasto, da ogni allenamento, perché pianificarne anche soltanto tre di fila con certezza assoluta era (è) una chimera.
Questa libertà, di certo non ottimale per i risultati, mi ha dato però l'opportunità di fare quello che non avevo mai avuto il coraggio di fare, e cioè di comportarmi senza seguire schemi prefissati, prediligendo l'istinto e snaturando le mie vecchie convinzioni.
Vi riporto un po' di considerazioni che ho maturato lungo la strada, e che non considero assolutamente dogmatiche ma un semplice spunto di riflessione, visto che mi hanno permesso di raggiungere risultati insperati (specie su quelli che ho sempre ritenuto i miei punti deboli e "tare genetiche"):
- ciò che stimola l'ipertrofia è, essenzialmente, l'intensità. Intensità meccanica (carico esterno elevato), intensità strutturale (ROM adeguato, TUT adeguato, elevata propriocezione = carico interno elevato) e intensità della prestazione (=cedimento).
- un allenamento molto intenso, nei termini sopra descritti, non può che inevitabilmente essere breve (scarso volume) e rarefatto (scarsa frequenza). Relativamente, si intende!
- nonostante ciò, il volume sta all'intensità allo stesso rapporto in cui stanno certi muscoli agonisti, che al contempo sono però anche sinergici: periodizzare e "accumulare" volume oggi (per quanto intrinsecamente spazzatura) è il viatico per intensificare domani. Dal letame nascono i fior.
- sul cedimento in particolare, troppa retorica "no pain no gain" ci ha traviato, portandoci a pensare che la testa debba cedere per prima, e a seguire il muscolo. Invece, sono dell'idea che (data una tecnica esecutiva adeguata) debba avvenire esattamente il contrario, quantomeno come regola generale. Senza nulla togliere alla giusta "cazzimma" che serve in palestra, bisogna levarsi dalla mente Tom Platz che sodomizza una leg extension, e immaginare un approccio alla serie allenante quasi come il terminare un pasto senza essere del tutto sazi, avendo la forza di volontà di allontanarsi dai manubri nonostante la tentazione di insistere, perché l'obiettivo non è allenarsi fino a crepare, ma stimolare il muscolo sino a renderlo inadatto a ricevere ulteriori stimoli senza un importante calo di "intensità". Cosa che, se fatta bene, può avvenire anche in 1-2 set.
Mi rendo conto che è un concetto difficilissimo da trasmettere a parole, e facilmente fraintendibile in un "allénati senza sudare, come fosse pilates". Invece credo sia una declinazione dello "stimolare, non distruggere" di Haneyana memoria.
Quattro cazzate eh, che vengono ormai da un frequentatore di palestre della domenica, e non in contraddizione con le ottime cose che avete detto tutti.
Questa libertà, di certo non ottimale per i risultati, mi ha dato però l'opportunità di fare quello che non avevo mai avuto il coraggio di fare, e cioè di comportarmi senza seguire schemi prefissati, prediligendo l'istinto e snaturando le mie vecchie convinzioni.
Vi riporto un po' di considerazioni che ho maturato lungo la strada, e che non considero assolutamente dogmatiche ma un semplice spunto di riflessione, visto che mi hanno permesso di raggiungere risultati insperati (specie su quelli che ho sempre ritenuto i miei punti deboli e "tare genetiche"):
- ciò che stimola l'ipertrofia è, essenzialmente, l'intensità. Intensità meccanica (carico esterno elevato), intensità strutturale (ROM adeguato, TUT adeguato, elevata propriocezione = carico interno elevato) e intensità della prestazione (=cedimento).
- un allenamento molto intenso, nei termini sopra descritti, non può che inevitabilmente essere breve (scarso volume) e rarefatto (scarsa frequenza). Relativamente, si intende!
- nonostante ciò, il volume sta all'intensità allo stesso rapporto in cui stanno certi muscoli agonisti, che al contempo sono però anche sinergici: periodizzare e "accumulare" volume oggi (per quanto intrinsecamente spazzatura) è il viatico per intensificare domani. Dal letame nascono i fior.
- sul cedimento in particolare, troppa retorica "no pain no gain" ci ha traviato, portandoci a pensare che la testa debba cedere per prima, e a seguire il muscolo. Invece, sono dell'idea che (data una tecnica esecutiva adeguata) debba avvenire esattamente il contrario, quantomeno come regola generale. Senza nulla togliere alla giusta "cazzimma" che serve in palestra, bisogna levarsi dalla mente Tom Platz che sodomizza una leg extension, e immaginare un approccio alla serie allenante quasi come il terminare un pasto senza essere del tutto sazi, avendo la forza di volontà di allontanarsi dai manubri nonostante la tentazione di insistere, perché l'obiettivo non è allenarsi fino a crepare, ma stimolare il muscolo sino a renderlo inadatto a ricevere ulteriori stimoli senza un importante calo di "intensità". Cosa che, se fatta bene, può avvenire anche in 1-2 set.
Mi rendo conto che è un concetto difficilissimo da trasmettere a parole, e facilmente fraintendibile in un "allénati senza sudare, come fosse pilates". Invece credo sia una declinazione dello "stimolare, non distruggere" di Haneyana memoria.
Quattro cazzate eh, che vengono ormai da un frequentatore di palestre della domenica, e non in contraddizione con le ottime cose che avete detto tutti.
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