Nei giorni scorsi ho ripreso in mano I principi di Poliquin. Libro ormai datato ma che, almeno per me, ad ogni rilettura riserva sempre spunti interessanti.
In particolare la parte del recupero tra le serie mi ha fatto venire in mente una discussione di qualche giorno fa, proprio su bw. Si sosteneva, da parte di molti e non senza ragione, che avesse poco senso praticare recuperi extralunghi per persone che non si allenano, magari, con la necessaria intensità. Si è arrivati anche, credo per estremizzare, a sostenere che un recupero superiore alla durata della stessa seria avesse poco senso.
A questo proposito Poliquin riporta i pareri di diversi preparatori, anche di livello olimpico: nessuno ritiene praticabile, per un recupero ottimale, un tempo di riposo tra le serie inferiore a 5-6 volte la durata della serie stessa. Il che significa che se una seria dura 30", in riposo minimo ipotizzabile dovrebbe essere di 150-180". Ma il punto è che questo viene considerato il limite inferiore, dal momento che alcuni suggeriscono addirittura tempi di 10-15 volte la durata della serie il che, con riferimento sempre alla serie di cui sopra, significherebbe incredibili recuperi di 300-450".
Come giustufica Poliquin questi tempo così dilatati? Fa riferimento al recupero neurale piuttosto che a quello muscolare. In sostanza, dopo 2' il muscolo può anche aver recuperato ma il sistema nervoso centrale no e questo pregiudicherebbe l'esito dell'alzata successiva. Questo è interessante perchè ciascuno di noi ha empiricamente sperimentato come dopo la prima-seconda serie si inizino ad accorciare le ripetizioni, o si abbassi il tempo della negativa o si inizi a chattare: insomma si sperimenta la degradazione della prestazione. Il punto è che questo avviene anche in momenti in cui a noi sembra che, muscolarmente, la nostra situazione sia ottimale ovvero che abbiamo recuperato dalla serie precedente. Il problema è, quindi, quello di riuscire a valutare correttamente il recupero nervoso tra una serie e l'altra, cosa molto più complessa della valutazione del recupero muscolare, dal momento che è difficile rendersi conto a livello fisico del recupero nervoso. Inutile dire che questa teoria di Poliquin fa piazza pulita di qualunque allenamento di tipo istintivo, dal momento che la scansione dei tempi appare molto rigorosa. Allo stesso modo il discorso non può avere alcuna valenza universale perchè è ovvio che se lavoriamo con serie lunghe e quindi pesi inferiori il recupero non potrà più essere dato dalla lunghezza della serie per minimo 5-6, perchè questo contravverrebbe ad un'altra delle norme di Poliquin (questa, credo, applicata da quasi tutti noi) ovvero che serie con un maggior numero di reps richiedono un recupero inferiore rispetto a serie a basse reps, proprio perchè il coinvolgimento nervoso, lavorando con percentuali di carico non submassimali avviene più rapidamente. Il punto sembra al buon Charles talmente rilevante che progetta allenamenti diversi per quelli che lui chiama "atleti neuralmente efficienti" e "atleti neuralmente non efficienti". La diversità tra i due allenamenti risiede, in sostanza, nella frequenza dei wo, dal momento che i primi richiedono tempi di recupero inferiori. Ovvio che se volessimo studiare un programma di allenamento individualizzato a partire da questa distinzione la prima cosa da fare dovrebbe essere valutare in quale delle due categorie rientriamo.
In particolare la parte del recupero tra le serie mi ha fatto venire in mente una discussione di qualche giorno fa, proprio su bw. Si sosteneva, da parte di molti e non senza ragione, che avesse poco senso praticare recuperi extralunghi per persone che non si allenano, magari, con la necessaria intensità. Si è arrivati anche, credo per estremizzare, a sostenere che un recupero superiore alla durata della stessa seria avesse poco senso.
A questo proposito Poliquin riporta i pareri di diversi preparatori, anche di livello olimpico: nessuno ritiene praticabile, per un recupero ottimale, un tempo di riposo tra le serie inferiore a 5-6 volte la durata della serie stessa. Il che significa che se una seria dura 30", in riposo minimo ipotizzabile dovrebbe essere di 150-180". Ma il punto è che questo viene considerato il limite inferiore, dal momento che alcuni suggeriscono addirittura tempi di 10-15 volte la durata della serie il che, con riferimento sempre alla serie di cui sopra, significherebbe incredibili recuperi di 300-450".
Come giustufica Poliquin questi tempo così dilatati? Fa riferimento al recupero neurale piuttosto che a quello muscolare. In sostanza, dopo 2' il muscolo può anche aver recuperato ma il sistema nervoso centrale no e questo pregiudicherebbe l'esito dell'alzata successiva. Questo è interessante perchè ciascuno di noi ha empiricamente sperimentato come dopo la prima-seconda serie si inizino ad accorciare le ripetizioni, o si abbassi il tempo della negativa o si inizi a chattare: insomma si sperimenta la degradazione della prestazione. Il punto è che questo avviene anche in momenti in cui a noi sembra che, muscolarmente, la nostra situazione sia ottimale ovvero che abbiamo recuperato dalla serie precedente. Il problema è, quindi, quello di riuscire a valutare correttamente il recupero nervoso tra una serie e l'altra, cosa molto più complessa della valutazione del recupero muscolare, dal momento che è difficile rendersi conto a livello fisico del recupero nervoso. Inutile dire che questa teoria di Poliquin fa piazza pulita di qualunque allenamento di tipo istintivo, dal momento che la scansione dei tempi appare molto rigorosa. Allo stesso modo il discorso non può avere alcuna valenza universale perchè è ovvio che se lavoriamo con serie lunghe e quindi pesi inferiori il recupero non potrà più essere dato dalla lunghezza della serie per minimo 5-6, perchè questo contravverrebbe ad un'altra delle norme di Poliquin (questa, credo, applicata da quasi tutti noi) ovvero che serie con un maggior numero di reps richiedono un recupero inferiore rispetto a serie a basse reps, proprio perchè il coinvolgimento nervoso, lavorando con percentuali di carico non submassimali avviene più rapidamente. Il punto sembra al buon Charles talmente rilevante che progetta allenamenti diversi per quelli che lui chiama "atleti neuralmente efficienti" e "atleti neuralmente non efficienti". La diversità tra i due allenamenti risiede, in sostanza, nella frequenza dei wo, dal momento che i primi richiedono tempi di recupero inferiori. Ovvio che se volessimo studiare un programma di allenamento individualizzato a partire da questa distinzione la prima cosa da fare dovrebbe essere valutare in quale delle due categorie rientriamo.
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