Da http://www.javler.it/fitness/index.p...=8#yvComment32
Il concetto di qualità è sfuggente: raramente viene discusso ai corsi di formazione e ancora più raramente viene applicato in palestra. C’è troppa attenzione al carico sollevato, allo schema allenante o alla scelta degli esercizi e si perde di vista ciò che dovrebbe essere alla base di tutti gli allenamenti. Per molti praticanti la qualità è solo lo sfondo sfocato del proprio allenamento, qualcosa che si ottiene solo in particolari periodi di forma magari attribuiti al nuovo integratore o al nuovo esercizio. Anche atleti di grande esperienza, il più delle volte, sanno solo intuitivamente cosa sia la qualità e sintetizzano questo concetto con un “fai quello che funziona meglio per te”. Scartare un esercizio perché “si sente poco”o andare a casa prima perché “non ho più niente da dare” è certamente un’ espressione dell’allenamento di qualità ma il suo significato è ancora più profondo è ed è legato al concetto di intensità e alla tecnica di esecuzione.
QUALCHE VIDEO
Questo atleta è Allena Baria con un personale su panca di 722lb (332kg) (fonte Allen Baria Smashes USPF Record | Powerlifting Watch ).
YouTube - Allen Baria - Bench Press 405 lbs X 25 reps 500 lbs X 10 reps (RAW)
25 ripetizioni con 405lb (185kg) e 10 ripetizioni con 500lb (230kg), rispettivamente il 55% il 70% del massimale.
Prestazioni senza dubbio fenomenali, ma impossibili se alla base non ci fosse un lavoro di qualità.
La serie più leggera viene eseguita con un movimento parziale, ma la scelta è chiaramente voluta. Esclusa qualche “sbavatura tecnica” nelle ultime ripetizioni Il movimento è preciso, la stabilità è notevole e tutte le ripetizioni sono uguali.
Ancora migliore è la serie pesante da 10 ripetizioni. Il movimento è eseguito con lockout quasi completo e non ci sono rallentamenti malgrado l’insorgere della fatica nelle ripetizioni finali. Per capire meglio l’importanza di ciò, è fondamentale ricordare la tabella delle ripetizioni di Poliquin, secondo la quale con il 70% del massimale si eseguono 11 ripetizioni a cedimento, quindi Baria termina l’esercizio una ripetizione prima del cedimento. Normalmente già le ultime due ripetizioni prima del cedimento presentano incertezze tecniche ma per Allen non è così perché dimostra una grande padronanza del carico anche ad una ripetizione prima del cedimento.
La prestazione di Allen è ancora più impressionante se paragonata a quella del più celebre Ronnie Coleman.
YouTube - Ronnie Coleman Bench Press
Sono 5 ripetizioni con 495lb, cioè la metà di quella eseguite da Baria con lo stesso peso. In oltre le ripetizioni di Coleman non sono ripetizioni complete e vengono aiutate da un rimbalzo. Infine va evidenziato che Baria è un powerlifter, cioè uno specialista della forza massimale, mentre Coleman è un BBer cioè uno specialista del lavoro lattacido, quindi Coleman dovrebbe avere una prestazione migliore di quella di Baria.. Non voglio parlare delle implicazioni “politically incorrect” di queste affermazioni, ma senza dubbio ci sarebbe da riflettere.
Questo è Pat Mendes, un ragazzo di soli 19 anni che esegue 6 ripetizioni di squat con 300kg.
YouTube - RAW Squat 300kg x 6 reps / 660 pounds
Questo invece è Koklyaev, famoso strong man e pesista, che esegue 9 ripetizioni con 300kg di squat. Il video farà venire il torcicollo ma merita davvero di essere guardato perché non ho trovato altre prestazioni simili su youtube.
YouTube - RAW Squat 300 KG / 660 LB , 9 REPS AND 1 FOR FUNNY ))))))
Chiaramente la tecnica di entrambi è eccelsa. Il movimento è profondo e sempre ben padroneggiato. Mendes già alla terza ripetizione, cioè al 50% delle ripetizioni che eseguirà, inizia a rallentare manifestando un notevole sticking point (punto morto) a metà movimento. Koklyaev invece inizia a rallentare alla 7 ripetizione, cioè al 75% delle ripetizioni che eseguirà. Quello che va notato non sono tanto le 3 ripetizioni in più, ma il fatto che Koklyaev mantenga il controllo perfetto del movimento fino al 25% delle ripetizioni dal cedimento, contro il 50% di Mendes. Cioè Koklyaev rimane tecnico molto più a lungo.
Con questi esempi ho voluto evidenziare l’importanza della capacità di mantenere la corretta di esecuzione il più a lungo possibile anche vicino al cedimento. Tale capacità è indice di un sistema nervoso molto efficiente e di uno schema motorio molto ben consolidato. Maggiore è il numero di ripetizioni ben eseguite più produttivo sarà l’allenamento sia in termini di forza che in termini di ipertrofia.
La forza è legata alla memorizzazione dello schema motorio, cioè di tutte quelle azioni consapevoli (scendere sotto il parallelo per esempio) e inconsapevoli (reclutare e sincronizzare le fibre) che vengono memorizzate per potere eseguire il movimento con il massimo automatismo. Quindi un maggior numero di ripetizioni “che tendono intenzionalmente alla perfezione” ridurrà il tempo di memorizzazione. Ripetizioni mal eseguite, infatti, confondono il sistema nervoso perché propongono un diverso, anche se di poco, schema motorio per lo stesso movimento, che si sovrappone a quello, o a quelli, già esistenti.
L’ipertrofia è legata al reclutamento e quindi all’esaurimento delle fibre. Riuscire a mantenere la tecnica corretta per un numero maggiore di ripetizioni permette di continuare a reclutare al massimo delle possibilità, e quindi a esaurire, le fibre. Le ripetizioni più produttive sono proprio le ultime perché sono quelle che vengono svolte sotto le peggiori condizioni di stress (esaurimento delle riserve energetiche, traumi meccanici, accumulo di acido lattico) e solo una tecnica corretta permette di eseguirne il più possibile, con il massimo carico possibile e in sicurezza. E’ chiaro che in questo caso si stia parlando di esercizi molto tecnici (squat, stacco, panca, trazioni…) e non di monoarticolari dove il cheating è possibile e produttivo. Perciò anche se di poco un allenamento con ripetizioni ben eseguite, sui multiarticolari, risulta più efficace dal punto di vista ipertrofico e in più vengono ridotti gli infortuni.
La combinazione dei singoli vantaggi nell’acquisizione di forza e nell’acquisizione di ipertrofia è sorprendente. Più velocemente cresce il carico maggiori saranno i guadagni ipertrofici, perché possedere più forza significa essere capaci di reclutare più fibre tra quella già a disposizione, che quindi potranno essere esaurite più velocemente. Rimanere tecnici anche vicino al cedimento è il miglior modo di incrementare l’intensità dell’allenamento (perché vengono reclutate più fibre) e più sale l’intensità più sarà possibile ridurre volume. Meno volume significa più tempo a disposizione da dedicare ad altro: aerobica, esercizi per gruppi carenti, tornare a casa prima…
Certamente fin adesso non è mai stata mia intenzione criticare con tono saccente nessuno di questi fenomenali atleti, anzi averli presi come esempio è sinonimo di ammirazione nei loro confronti. Anche il confronto riportato è sicuramente impari per diverse specialità praticate, per diverse età o per diverso periodo della preparazione, ma spero che il lettore capisca che l’intento fosse quello di riportare degli esempi e non quello di stabilire chi sia il più migliore.
EFFICIENZA NEUROMUSCOLARE E SCELTA DELL’ALLENAMENTO
Fin ora abbiamo visto l’importanza non solo della tecnica di esecuzione, ma soprattutto l’importanza del mantenere la tecnica corretta il più a lungo possibile durante la singola serie. Senza dubbio questa abilità è determinante per eseguire un allenamento di qualità, ma da sola non basta per ottenere il massimo stimolo possibile.
Vorrei evitare di parlare dei sistemi energetici e di approfondire il concetto di forza perché questi sono ormai argomenti già trattati e facilmente reperibili. Quindi ancora una volta farò riferimento all’esperienza pratica più che alla teoria.
L’efficienza neuromuscolare è la capacità di sostenere con successo un dato sforzo. Non è una qualità unica, ma varia la sua espressione in base al condizionamento dell’individuo e alla sua attitudine personale.
Per esempio è possibile essere capaci di un grande massimale, ma poi appena le ripetizioni salgono oltre le 5 o 6 la presenza dell’acido lattico può limitare di molto la prestazione. Immagino che a tutti i lettori dopo un periodo di forza sia capitato di sentirsi impacciati o “ingolfati”, durante le serie a ripetizioni elevate. Ciò accade perché si perde la capacità di smaltire l’acido lattico, che si accumula ben prima dell’esaurimento delle fibre (l’acido lattico inibisce le contrazioni muscolari). E’ chiaro quindi che in questo caso l’allenamento lattacido non può essere un allenamento di qualità in quanto sottostimolante.
Analogamente accade di sentirsi limitati quando vengono ripresi i carichi pesanti (sopra l’85%) dopo un periodo di ipertrofia. Il carico è maggiore del solito e il sistema nervoso non è capace di reclutare contemporaneamente un gran numero di fibre, quindi il carico sollevato è sottostimato per le prime 4-5 sedute, che non saranno quindi sedute allenanti ma di adattamento. In questo caso il carico salirà velocemente perché ci si avvicina all’espressione delle proprie reali capacità ma senza che avvenga un vero incremento di forza.
Entrambi i casi sono esempi, estremi, di scarsa efficienza neuromuscolare. Questo però è ignorato dalla maggior parte dell’utenza che passa con troppa facilità da periodi lattacidi a periodi pesanti o anche da periodi di volume a periodi di intensità. Un passaggio troppo brusco tra stimoli molto differenti tra loro, non permette di sfruttare a pieno le potenzialità dell’allenamento perché non si possiede l’efficienza neuromuscolare specifica per eseguire quel tipo di sedute. Avrebbe forse senso eseguire un lavoro lattacido se già all’ottava ripetizione i muscoli scoppiano? Avrebbe forse senso eseguire un lavoro di forza con carichi il 5% sottostimati perché non si è in grado di esprimere il proprio vero massimale?
Un allenamento di qualità deve essere commisurato alle capacità dell’atleta per potere portare ai risultati sperati. Passare da un Heavy Duty ad un 8x8 o viceversa non ha alcun senso per i motivi già espressi, quindi non bisogna farsi ingannare dalle mode della palestra e bisogna sempre tenere conto di quanto fatto in precedenza per programmare il proprio allenamento.
L’ASCOLTO
Quando la tecnica di esecuzione scende sotto un certo standard (il ROM tende a ridursi, il movimento non viene più controllato, le pause tra le ripetizioni si allungano troppo) il carico si riduce e si ha la sensazione di lavorare a vuoto è il caso di terminare l’esercizio o anche l’allenamento. Per esempio se è programmata la panca pesante all’85% sarebbe inutile continuare ad eseguire set quando il carico è sceso sotto questo valore (vengono 4-6 set). Non che le altre serie non possano essere tecnicamente ben eseguite, ma scendere sotto il carico imposto in sede di programmazione esula dall’obbiettivo della seduta perché si lavorerebbe su altri aspetti.
Un altro esempio di perdita della qualità è ciò che capita eseguendo le croci come terzo o quarto esercizio. In questo caso è abbastanza frequente notare una riduzione del ROM, un angolo al gomito più piccolo e un movimento poco controllato. Le croci non vanno eseguite in questo modo, quindi se non si riesce a usare la tecnica corretta con un carico abbastanza elevato è chiaro che l’allenamento può considerarsi concluso perché la muscolatura è già esaurita. Ulteriore lavoro sarebbe solo perdita di tempo e comporterebbe un accumulo di fatica oltre il necessario.
Ascoltare il proprio corpo significa anche sapere associare il tipo di stimolo con la sensazione che esso dovrebbe produrre. Il lavoro pesante rende stanchi “di testa”, quello lattacido “stanca il corpo”, il pompaggio produce una sensazione di calore localizzato, lo stretching rilassa.
Gli esercizi di isolamento dovrebbero colpire esclusivamente il muscolo target, quindi se durante le croci si sentono lavorare le spalle è chiaro che qualcosa non va nell’esecuzione. Al contrario sentire uno stimolo localizzato in esercizi multiarticolari è indice di debolezza della zona interessata. Per esempio sentire i tricipiti affaticati durante la panca significa che questi muscoli sono l’anello debole del movimento che limiterà lo stimolo sugli altri gruppi muscoli coinvolti. In un esercizio multiarticolare, per ottenere il massimo stress, tutti i gruppi coinvolti devono affaticarsi contemporaneamente della stessa quantità, e ancora una volta se ciò non accade è necessario rivalutare la propria tecnica di esecuzione.
INTENSITA’
L’intensità dell’allenamento viene spesso associata alla fatica che esso produce e in molti casi anche al dolore. Ma fatica e dolore portano forse a risultati? Se così fosse basterebbe spostare sacchi di cemento mentre si viene fustigati con un cilicio.
Che il concetto di intensità sia legato all’impegno è vero, ma è troppo intuitivo e riduttivo per potere trarre delle conclusioni operative. Quello che avviene durante un allenamento intenso è l’esaurimento dei sistemi impegnati nello sforzo, quindi tanto più ci si avvicina all’esaurimento completo tanto più l’allenamento sarà intenso. Ma come abbiamo visto l’esaurimento è legato alla qualità dell’allenamento.
Ricordo che la qualità dell’allenamento deriva:
- dalla corretta tecnica di esecuzione e dalla capacità di mantenerla il più a lungo possibile
- dalla scelta dell’dei mezzi allenanti in base alla propria efficienza neuromuscolare e agli allenamenti passati
- dalla capacità di ascolto del proprio corpo (che deriva dall’esperienza) che permette di capire quando le prime due condizioni sono rispettate
La tecnica di esecuzione corretta mantenuta il più a lungo possibile permette un ottimale reclutamento delle fibre e quindi un più veloce esaurimento.
La scelta ottimale dei mezzi allenanti permette di non affrontare stimoli ai quali non si è preparati, che risulterebbero quindi sottoallenanti.
Rispettando queste due condizioni è possibile ottenere il massimo esaurimento e quindi la massima intensità.
Non sono quindi le tecniche di intensità che rendono un allenamento intenso, ma il loro uso appropriato e personalizzato. Un rest pause di panca eseguito con tecnica scadente non rende l’allenamento più intenso ma solo più faticoso rendendo più facili gli infortuni. Uno stripping eseguito con un carico troppo basso perché l’acido lattico inibisce le contrazioni delle fibre a più elevata soglia di attivazione è solo tempo perso perché il reclutamento delle fibre è troppo basso. Forzate al curl dove il compagno interviene a metà delle ripetizioni assegnate, sono più “stimolanti” per tendini e legamenti che non per i muscoli.
Si potrebbe andare ancora avanti per molto con gli esempi, ma ormai il concetto dovrebbe essere chiaro: l’intensità è qualità, non fatica. La fatica è conseguenza di un buon allenamento, ma non va intenzionalmente ricercata, anzi più viene limitata (con i mezzi adeguati) migliore sarà la qualità dell’allenamento e meno sarà necessario scaricare.
Il concetto di qualità è sfuggente: raramente viene discusso ai corsi di formazione e ancora più raramente viene applicato in palestra. C’è troppa attenzione al carico sollevato, allo schema allenante o alla scelta degli esercizi e si perde di vista ciò che dovrebbe essere alla base di tutti gli allenamenti. Per molti praticanti la qualità è solo lo sfondo sfocato del proprio allenamento, qualcosa che si ottiene solo in particolari periodi di forma magari attribuiti al nuovo integratore o al nuovo esercizio. Anche atleti di grande esperienza, il più delle volte, sanno solo intuitivamente cosa sia la qualità e sintetizzano questo concetto con un “fai quello che funziona meglio per te”. Scartare un esercizio perché “si sente poco”o andare a casa prima perché “non ho più niente da dare” è certamente un’ espressione dell’allenamento di qualità ma il suo significato è ancora più profondo è ed è legato al concetto di intensità e alla tecnica di esecuzione.
QUALCHE VIDEO
Questo atleta è Allena Baria con un personale su panca di 722lb (332kg) (fonte Allen Baria Smashes USPF Record | Powerlifting Watch ).
YouTube - Allen Baria - Bench Press 405 lbs X 25 reps 500 lbs X 10 reps (RAW)
25 ripetizioni con 405lb (185kg) e 10 ripetizioni con 500lb (230kg), rispettivamente il 55% il 70% del massimale.
Prestazioni senza dubbio fenomenali, ma impossibili se alla base non ci fosse un lavoro di qualità.
La serie più leggera viene eseguita con un movimento parziale, ma la scelta è chiaramente voluta. Esclusa qualche “sbavatura tecnica” nelle ultime ripetizioni Il movimento è preciso, la stabilità è notevole e tutte le ripetizioni sono uguali.
Ancora migliore è la serie pesante da 10 ripetizioni. Il movimento è eseguito con lockout quasi completo e non ci sono rallentamenti malgrado l’insorgere della fatica nelle ripetizioni finali. Per capire meglio l’importanza di ciò, è fondamentale ricordare la tabella delle ripetizioni di Poliquin, secondo la quale con il 70% del massimale si eseguono 11 ripetizioni a cedimento, quindi Baria termina l’esercizio una ripetizione prima del cedimento. Normalmente già le ultime due ripetizioni prima del cedimento presentano incertezze tecniche ma per Allen non è così perché dimostra una grande padronanza del carico anche ad una ripetizione prima del cedimento.
La prestazione di Allen è ancora più impressionante se paragonata a quella del più celebre Ronnie Coleman.
YouTube - Ronnie Coleman Bench Press
Sono 5 ripetizioni con 495lb, cioè la metà di quella eseguite da Baria con lo stesso peso. In oltre le ripetizioni di Coleman non sono ripetizioni complete e vengono aiutate da un rimbalzo. Infine va evidenziato che Baria è un powerlifter, cioè uno specialista della forza massimale, mentre Coleman è un BBer cioè uno specialista del lavoro lattacido, quindi Coleman dovrebbe avere una prestazione migliore di quella di Baria.. Non voglio parlare delle implicazioni “politically incorrect” di queste affermazioni, ma senza dubbio ci sarebbe da riflettere.
Questo è Pat Mendes, un ragazzo di soli 19 anni che esegue 6 ripetizioni di squat con 300kg.
YouTube - RAW Squat 300kg x 6 reps / 660 pounds
Questo invece è Koklyaev, famoso strong man e pesista, che esegue 9 ripetizioni con 300kg di squat. Il video farà venire il torcicollo ma merita davvero di essere guardato perché non ho trovato altre prestazioni simili su youtube.
YouTube - RAW Squat 300 KG / 660 LB , 9 REPS AND 1 FOR FUNNY ))))))
Chiaramente la tecnica di entrambi è eccelsa. Il movimento è profondo e sempre ben padroneggiato. Mendes già alla terza ripetizione, cioè al 50% delle ripetizioni che eseguirà, inizia a rallentare manifestando un notevole sticking point (punto morto) a metà movimento. Koklyaev invece inizia a rallentare alla 7 ripetizione, cioè al 75% delle ripetizioni che eseguirà. Quello che va notato non sono tanto le 3 ripetizioni in più, ma il fatto che Koklyaev mantenga il controllo perfetto del movimento fino al 25% delle ripetizioni dal cedimento, contro il 50% di Mendes. Cioè Koklyaev rimane tecnico molto più a lungo.
Con questi esempi ho voluto evidenziare l’importanza della capacità di mantenere la corretta di esecuzione il più a lungo possibile anche vicino al cedimento. Tale capacità è indice di un sistema nervoso molto efficiente e di uno schema motorio molto ben consolidato. Maggiore è il numero di ripetizioni ben eseguite più produttivo sarà l’allenamento sia in termini di forza che in termini di ipertrofia.
La forza è legata alla memorizzazione dello schema motorio, cioè di tutte quelle azioni consapevoli (scendere sotto il parallelo per esempio) e inconsapevoli (reclutare e sincronizzare le fibre) che vengono memorizzate per potere eseguire il movimento con il massimo automatismo. Quindi un maggior numero di ripetizioni “che tendono intenzionalmente alla perfezione” ridurrà il tempo di memorizzazione. Ripetizioni mal eseguite, infatti, confondono il sistema nervoso perché propongono un diverso, anche se di poco, schema motorio per lo stesso movimento, che si sovrappone a quello, o a quelli, già esistenti.
L’ipertrofia è legata al reclutamento e quindi all’esaurimento delle fibre. Riuscire a mantenere la tecnica corretta per un numero maggiore di ripetizioni permette di continuare a reclutare al massimo delle possibilità, e quindi a esaurire, le fibre. Le ripetizioni più produttive sono proprio le ultime perché sono quelle che vengono svolte sotto le peggiori condizioni di stress (esaurimento delle riserve energetiche, traumi meccanici, accumulo di acido lattico) e solo una tecnica corretta permette di eseguirne il più possibile, con il massimo carico possibile e in sicurezza. E’ chiaro che in questo caso si stia parlando di esercizi molto tecnici (squat, stacco, panca, trazioni…) e non di monoarticolari dove il cheating è possibile e produttivo. Perciò anche se di poco un allenamento con ripetizioni ben eseguite, sui multiarticolari, risulta più efficace dal punto di vista ipertrofico e in più vengono ridotti gli infortuni.
La combinazione dei singoli vantaggi nell’acquisizione di forza e nell’acquisizione di ipertrofia è sorprendente. Più velocemente cresce il carico maggiori saranno i guadagni ipertrofici, perché possedere più forza significa essere capaci di reclutare più fibre tra quella già a disposizione, che quindi potranno essere esaurite più velocemente. Rimanere tecnici anche vicino al cedimento è il miglior modo di incrementare l’intensità dell’allenamento (perché vengono reclutate più fibre) e più sale l’intensità più sarà possibile ridurre volume. Meno volume significa più tempo a disposizione da dedicare ad altro: aerobica, esercizi per gruppi carenti, tornare a casa prima…
Certamente fin adesso non è mai stata mia intenzione criticare con tono saccente nessuno di questi fenomenali atleti, anzi averli presi come esempio è sinonimo di ammirazione nei loro confronti. Anche il confronto riportato è sicuramente impari per diverse specialità praticate, per diverse età o per diverso periodo della preparazione, ma spero che il lettore capisca che l’intento fosse quello di riportare degli esempi e non quello di stabilire chi sia il più migliore.
EFFICIENZA NEUROMUSCOLARE E SCELTA DELL’ALLENAMENTO
Fin ora abbiamo visto l’importanza non solo della tecnica di esecuzione, ma soprattutto l’importanza del mantenere la tecnica corretta il più a lungo possibile durante la singola serie. Senza dubbio questa abilità è determinante per eseguire un allenamento di qualità, ma da sola non basta per ottenere il massimo stimolo possibile.
Vorrei evitare di parlare dei sistemi energetici e di approfondire il concetto di forza perché questi sono ormai argomenti già trattati e facilmente reperibili. Quindi ancora una volta farò riferimento all’esperienza pratica più che alla teoria.
L’efficienza neuromuscolare è la capacità di sostenere con successo un dato sforzo. Non è una qualità unica, ma varia la sua espressione in base al condizionamento dell’individuo e alla sua attitudine personale.
Per esempio è possibile essere capaci di un grande massimale, ma poi appena le ripetizioni salgono oltre le 5 o 6 la presenza dell’acido lattico può limitare di molto la prestazione. Immagino che a tutti i lettori dopo un periodo di forza sia capitato di sentirsi impacciati o “ingolfati”, durante le serie a ripetizioni elevate. Ciò accade perché si perde la capacità di smaltire l’acido lattico, che si accumula ben prima dell’esaurimento delle fibre (l’acido lattico inibisce le contrazioni muscolari). E’ chiaro quindi che in questo caso l’allenamento lattacido non può essere un allenamento di qualità in quanto sottostimolante.
Analogamente accade di sentirsi limitati quando vengono ripresi i carichi pesanti (sopra l’85%) dopo un periodo di ipertrofia. Il carico è maggiore del solito e il sistema nervoso non è capace di reclutare contemporaneamente un gran numero di fibre, quindi il carico sollevato è sottostimato per le prime 4-5 sedute, che non saranno quindi sedute allenanti ma di adattamento. In questo caso il carico salirà velocemente perché ci si avvicina all’espressione delle proprie reali capacità ma senza che avvenga un vero incremento di forza.
Entrambi i casi sono esempi, estremi, di scarsa efficienza neuromuscolare. Questo però è ignorato dalla maggior parte dell’utenza che passa con troppa facilità da periodi lattacidi a periodi pesanti o anche da periodi di volume a periodi di intensità. Un passaggio troppo brusco tra stimoli molto differenti tra loro, non permette di sfruttare a pieno le potenzialità dell’allenamento perché non si possiede l’efficienza neuromuscolare specifica per eseguire quel tipo di sedute. Avrebbe forse senso eseguire un lavoro lattacido se già all’ottava ripetizione i muscoli scoppiano? Avrebbe forse senso eseguire un lavoro di forza con carichi il 5% sottostimati perché non si è in grado di esprimere il proprio vero massimale?
Un allenamento di qualità deve essere commisurato alle capacità dell’atleta per potere portare ai risultati sperati. Passare da un Heavy Duty ad un 8x8 o viceversa non ha alcun senso per i motivi già espressi, quindi non bisogna farsi ingannare dalle mode della palestra e bisogna sempre tenere conto di quanto fatto in precedenza per programmare il proprio allenamento.
L’ASCOLTO
Quando la tecnica di esecuzione scende sotto un certo standard (il ROM tende a ridursi, il movimento non viene più controllato, le pause tra le ripetizioni si allungano troppo) il carico si riduce e si ha la sensazione di lavorare a vuoto è il caso di terminare l’esercizio o anche l’allenamento. Per esempio se è programmata la panca pesante all’85% sarebbe inutile continuare ad eseguire set quando il carico è sceso sotto questo valore (vengono 4-6 set). Non che le altre serie non possano essere tecnicamente ben eseguite, ma scendere sotto il carico imposto in sede di programmazione esula dall’obbiettivo della seduta perché si lavorerebbe su altri aspetti.
Un altro esempio di perdita della qualità è ciò che capita eseguendo le croci come terzo o quarto esercizio. In questo caso è abbastanza frequente notare una riduzione del ROM, un angolo al gomito più piccolo e un movimento poco controllato. Le croci non vanno eseguite in questo modo, quindi se non si riesce a usare la tecnica corretta con un carico abbastanza elevato è chiaro che l’allenamento può considerarsi concluso perché la muscolatura è già esaurita. Ulteriore lavoro sarebbe solo perdita di tempo e comporterebbe un accumulo di fatica oltre il necessario.
Ascoltare il proprio corpo significa anche sapere associare il tipo di stimolo con la sensazione che esso dovrebbe produrre. Il lavoro pesante rende stanchi “di testa”, quello lattacido “stanca il corpo”, il pompaggio produce una sensazione di calore localizzato, lo stretching rilassa.
Gli esercizi di isolamento dovrebbero colpire esclusivamente il muscolo target, quindi se durante le croci si sentono lavorare le spalle è chiaro che qualcosa non va nell’esecuzione. Al contrario sentire uno stimolo localizzato in esercizi multiarticolari è indice di debolezza della zona interessata. Per esempio sentire i tricipiti affaticati durante la panca significa che questi muscoli sono l’anello debole del movimento che limiterà lo stimolo sugli altri gruppi muscoli coinvolti. In un esercizio multiarticolare, per ottenere il massimo stress, tutti i gruppi coinvolti devono affaticarsi contemporaneamente della stessa quantità, e ancora una volta se ciò non accade è necessario rivalutare la propria tecnica di esecuzione.
INTENSITA’
L’intensità dell’allenamento viene spesso associata alla fatica che esso produce e in molti casi anche al dolore. Ma fatica e dolore portano forse a risultati? Se così fosse basterebbe spostare sacchi di cemento mentre si viene fustigati con un cilicio.
Che il concetto di intensità sia legato all’impegno è vero, ma è troppo intuitivo e riduttivo per potere trarre delle conclusioni operative. Quello che avviene durante un allenamento intenso è l’esaurimento dei sistemi impegnati nello sforzo, quindi tanto più ci si avvicina all’esaurimento completo tanto più l’allenamento sarà intenso. Ma come abbiamo visto l’esaurimento è legato alla qualità dell’allenamento.
Ricordo che la qualità dell’allenamento deriva:
- dalla corretta tecnica di esecuzione e dalla capacità di mantenerla il più a lungo possibile
- dalla scelta dell’dei mezzi allenanti in base alla propria efficienza neuromuscolare e agli allenamenti passati
- dalla capacità di ascolto del proprio corpo (che deriva dall’esperienza) che permette di capire quando le prime due condizioni sono rispettate
La tecnica di esecuzione corretta mantenuta il più a lungo possibile permette un ottimale reclutamento delle fibre e quindi un più veloce esaurimento.
La scelta ottimale dei mezzi allenanti permette di non affrontare stimoli ai quali non si è preparati, che risulterebbero quindi sottoallenanti.
Rispettando queste due condizioni è possibile ottenere il massimo esaurimento e quindi la massima intensità.
Non sono quindi le tecniche di intensità che rendono un allenamento intenso, ma il loro uso appropriato e personalizzato. Un rest pause di panca eseguito con tecnica scadente non rende l’allenamento più intenso ma solo più faticoso rendendo più facili gli infortuni. Uno stripping eseguito con un carico troppo basso perché l’acido lattico inibisce le contrazioni delle fibre a più elevata soglia di attivazione è solo tempo perso perché il reclutamento delle fibre è troppo basso. Forzate al curl dove il compagno interviene a metà delle ripetizioni assegnate, sono più “stimolanti” per tendini e legamenti che non per i muscoli.
Si potrebbe andare ancora avanti per molto con gli esempi, ma ormai il concetto dovrebbe essere chiaro: l’intensità è qualità, non fatica. La fatica è conseguenza di un buon allenamento, ma non va intenzionalmente ricercata, anzi più viene limitata (con i mezzi adeguati) migliore sarà la qualità dell’allenamento e meno sarà necessario scaricare.
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