Vi descrivo ciò che mi terrà occupato per il 2010: il Very Low Tech Motion Analisys Project. Finalmente, ci sono i presupposti: webcam decenti a costi relativamente bassi software funzionanti e affidabili e l’esperienza e la conoscenza biomeccanica necessaria a destreggiarsi da parte mia.
I video sono a 15 frame al secondo con una cam sola sono possibili errori di parallasse, una ciofeca rispetto a sistemi a 6 telecamere e a 60 frame al secondo, con marker caldi bla bla bla, ma il risultato del primo esperimento è stato impressionante.
Ecco la configurazione artigianale del tutto: anche per una cosetta così brutta è necessario farsi una piccola esperienza su cosa sia meglio o peggio per ottenere i vari risultati. Però… non vi stresso.
Un esempio di quello che si può ottenere: le X sovrapposte sono la digitalizzazione della punta del bilanciere, un tondino giallo che spicca benissimo sul nero dei pesi e che il software aggancia senza problemi.
Come sempre quando mi faccio prendere la mano, ho un po’ esagerato e ho fatto 15 serie di front squat e 12-13 di back squat, tutte doppie. Bene, per un punto solamente mi sono ritrovato con quasi 7500 fotogrammi misurati!
Solitamente facevo i fermi immagine al parallelo, sotto, allo sticking point, adesso mi sono trovato sommerso di informazioni. E per quanto rappresentativo, è solo un punto del *****!
Ok, questa è la velocità verticale del bilanciere nella seconda 2×130Kg. Per prima cosa: vi faccio due palle con quei graficozzi che mostrano lo sticking point e tutto il resto… non sono cazzate da esperimenti sui topi obesi, ma descrivono veramente ciò che accade quando facciamo squat. Non è incredibile, una volta tanto, vedere che ciò che si legge in teoria “torni” con la pratica?
Vedete le due regioni dello sticking point dove il bilanciere rallenta? Non solo, il grafico mostra il mio comportamento tipico: la seconda ripetizione è più veloce della prima:
Domanda: sono solo io che faccio così o è un comportamento comune?
Sempre della stessa alzata, la rappresentazione della traiettoria del bilanciere. Anche qui, vedere dal vivo ciò che si legge sui libri è incredibile, perché posso correlare le misure con le sensazioni.
Nella seconda ripetizione è tutto più accentuato: bilanciere giù verticale, poi in basso e in avanti anche più di prima, risalita differente dalla discesa.
E’ “bene” oppure “male”? Comunque, mi comporto come descritto negli studi scientifici!
Già da queste info è possibile dedurre un paio di cosette:
Questo è il racconto “interno”, ecco quello “esterno”. Ok, non è chiarissimo, ma quello che si vede è che il picco di velocità prima dello sticking point prima aumenta e si sposta verso sinistra, cioè la ripetizione è più rapida, poi mantiene la stessa altezza e si sposta a destra, cioè stessa velocità prima dello sticking point ma raggiunta in più tempo, poi crolla di brutto.
Analogamente la velocità minima allo sticking point.
Sarebbe interessante mettere in piedi una ricerca non con un campione marcio come posso essere io, ma con 10-15 atleti di vario livello: correlare la sensazione di “perdita di velocità” o di “lentezza” con la sua quantificazione, in modo da inventarsi un criterio per dire “basta così per oggi”.
Tanto per dire, avrei potuto scalare il peso a 120 e proseguire: mi sarebbe servito? Si, no… ammettiamo che io mostri che la velocità a 120Kg fosse identica a quella a 150Kg, cioè “lenta” per 120Kg, allenarsi con questi Kg avrebbe senso? Non ho le risposte a queste domande!
Ok, questa è una fase del progetto. L’altra è la creazione di un modello biomeccanico fatto in casa che abbia il grado di complessità per poter spiegare movimenti complessi ma che non sia così incasinato da essere ingestibile. Io voglio un modello che faccia stacco da terra, non che si deformi in un crash test o che simuli una artroscopia totale.
Pur essendo quello che tecnicamente si chiama “dito in culo” o, all’americana “pain in the ass”, me lo sto costruendo da solo perché vale sempre il detto “chi fa da se fa per tre”.
Solitamente cerco di far capire che i conti non sono poi così difficili, che la matematica è un linguaggio che va appreso. Però questo… è difficile. O, almeno, lo è per me. E’ sempre trigonometria, però è nello spazio e servono le matrici di rotazione che odio visceralmente, l’algebra si moltiplica.
E’ incredibile come il corpo umano sia così complicato che anche a semplificarlo vengono fuori dei modelli casinosissimi.
Questa è la mia rappresentazione semplificata del ginocchio, ma anche così il modello è complesso. Però posso capire tante cose che trovo sparse e senza legami nel materiale che trovo e che riguarda argomenti del tutto separati fra loro.
Sui testi si legge che lo screw home mechanism assicura stabilità al ginocchio, idem per la presenza di un asse transcondilare ruotato rispetto all’asse principale del grande trocantere. Ok, ma… perché?
Io affermo (e cercherò di dimostrare o di confutare) che se non esistessero uno screw home mechanism o un asse transcondilare ruotato rispetto a quello del trocantere… semplicemente il ginocchio si frantumerebbe in un movimento come è lo stacco sumo, perché il femore ruoterebbe sopra la tibia triturando i crociati e strappando i legamenti collaterali.
La stabilità del ginocchio non è cioè data solo dalla presenza di muscoli e legamenti che lo compattano, ma anche da accorgimenti meccanici che permettono configurazioni geometriche tali da non farlo spaccare. Però, è tutto da (di)mostrare oppure da buttare nel cesso. Comunque sia, avrò imparato qualcosa.
Proprio perché questi argomenti sono interessanti per due persone al mondo, ho pensato di avvertirvi con una diversa simbologia: falegnameria mentale, a livello prosumer (professional consumer, come si legge su PC professionale) e non artigianale.
Attenzione, la falegnameria mentale esiste anche a livelli industriali. Vi avvertirò a tempo debito.
I video sono a 15 frame al secondo con una cam sola sono possibili errori di parallasse, una ciofeca rispetto a sistemi a 6 telecamere e a 60 frame al secondo, con marker caldi bla bla bla, ma il risultato del primo esperimento è stato impressionante.
Ecco la configurazione artigianale del tutto: anche per una cosetta così brutta è necessario farsi una piccola esperienza su cosa sia meglio o peggio per ottenere i vari risultati. Però… non vi stresso.
Un esempio di quello che si può ottenere: le X sovrapposte sono la digitalizzazione della punta del bilanciere, un tondino giallo che spicca benissimo sul nero dei pesi e che il software aggancia senza problemi.
Come sempre quando mi faccio prendere la mano, ho un po’ esagerato e ho fatto 15 serie di front squat e 12-13 di back squat, tutte doppie. Bene, per un punto solamente mi sono ritrovato con quasi 7500 fotogrammi misurati!
Solitamente facevo i fermi immagine al parallelo, sotto, allo sticking point, adesso mi sono trovato sommerso di informazioni. E per quanto rappresentativo, è solo un punto del *****!
Ok, questa è la velocità verticale del bilanciere nella seconda 2×130Kg. Per prima cosa: vi faccio due palle con quei graficozzi che mostrano lo sticking point e tutto il resto… non sono cazzate da esperimenti sui topi obesi, ma descrivono veramente ciò che accade quando facciamo squat. Non è incredibile, una volta tanto, vedere che ciò che si legge in teoria “torni” con la pratica?
Vedete le due regioni dello sticking point dove il bilanciere rallenta? Non solo, il grafico mostra il mio comportamento tipico: la seconda ripetizione è più veloce della prima:
- Le linee inclinate rappresentano quanto io mi muovo velocemente nella prima parte della discesa
- Nella prima ripetizione accelero un po’, poi mi muovo a velocità costante, “tenendo”, e inverto il movimento in maniera comunque rapida.
- Nella seconda ripetizione mi abbasso molto più velocemente, “mollando” di più, poi freno, rilasso per il colpetto e inverto.
Domanda: sono solo io che faccio così o è un comportamento comune?
Sempre della stessa alzata, la rappresentazione della traiettoria del bilanciere. Anche qui, vedere dal vivo ciò che si legge sui libri è incredibile, perché posso correlare le misure con le sensazioni.
- Nel grafico a sinistra: il bilanciere scende quasi in verticale, poi improvvisamente va in avanti per poi tornare a scendere in verticale. Perché?
- Nel grafico a destra: la traiettoria in risalita è diversa da quella in discesa. Perché?
Nella seconda ripetizione è tutto più accentuato: bilanciere giù verticale, poi in basso e in avanti anche più di prima, risalita differente dalla discesa.
E’ “bene” oppure “male”? Comunque, mi comporto come descritto negli studi scientifici!
Già da queste info è possibile dedurre un paio di cosette:
- Un movimento reale differisce dalla rappresentazione mentale che abbiamo di questo nel nostro cervello: io pensavo di far scendere il bilanciere in verticale e di spostare solamente le anche indietro, in realtà non è così. Perciò, quelli che pensano di essere bravissimi nella tecnica dovrebbero fare un bagno di umiltà e riprendersi, anche senza cam, marker e analisi spaziali.
- La forma esecutiva cambia durante una serie, in maniera vistosa. Sebbene il cambiamento non sia associabile necessariamente ad un “errore” o ad un “ti farai male”, lo schema motorio cambia senza che ciò sia percepito. Questo è il motivo per cui un corretto allenamento per la forza dovrebbe mantenersi entro un intervallo di ripetizioni di 2-4.
Questo è il racconto “interno”, ecco quello “esterno”. Ok, non è chiarissimo, ma quello che si vede è che il picco di velocità prima dello sticking point prima aumenta e si sposta verso sinistra, cioè la ripetizione è più rapida, poi mantiene la stessa altezza e si sposta a destra, cioè stessa velocità prima dello sticking point ma raggiunta in più tempo, poi crolla di brutto.
Analogamente la velocità minima allo sticking point.
Sarebbe interessante mettere in piedi una ricerca non con un campione marcio come posso essere io, ma con 10-15 atleti di vario livello: correlare la sensazione di “perdita di velocità” o di “lentezza” con la sua quantificazione, in modo da inventarsi un criterio per dire “basta così per oggi”.
Tanto per dire, avrei potuto scalare il peso a 120 e proseguire: mi sarebbe servito? Si, no… ammettiamo che io mostri che la velocità a 120Kg fosse identica a quella a 150Kg, cioè “lenta” per 120Kg, allenarsi con questi Kg avrebbe senso? Non ho le risposte a queste domande!
Ok, questa è una fase del progetto. L’altra è la creazione di un modello biomeccanico fatto in casa che abbia il grado di complessità per poter spiegare movimenti complessi ma che non sia così incasinato da essere ingestibile. Io voglio un modello che faccia stacco da terra, non che si deformi in un crash test o che simuli una artroscopia totale.
Pur essendo quello che tecnicamente si chiama “dito in culo” o, all’americana “pain in the ass”, me lo sto costruendo da solo perché vale sempre il detto “chi fa da se fa per tre”.
Solitamente cerco di far capire che i conti non sono poi così difficili, che la matematica è un linguaggio che va appreso. Però questo… è difficile. O, almeno, lo è per me. E’ sempre trigonometria, però è nello spazio e servono le matrici di rotazione che odio visceralmente, l’algebra si moltiplica.
E’ incredibile come il corpo umano sia così complicato che anche a semplificarlo vengono fuori dei modelli casinosissimi.
Questa è la mia rappresentazione semplificata del ginocchio, ma anche così il modello è complesso. Però posso capire tante cose che trovo sparse e senza legami nel materiale che trovo e che riguarda argomenti del tutto separati fra loro.
Sui testi si legge che lo screw home mechanism assicura stabilità al ginocchio, idem per la presenza di un asse transcondilare ruotato rispetto all’asse principale del grande trocantere. Ok, ma… perché?
Io affermo (e cercherò di dimostrare o di confutare) che se non esistessero uno screw home mechanism o un asse transcondilare ruotato rispetto a quello del trocantere… semplicemente il ginocchio si frantumerebbe in un movimento come è lo stacco sumo, perché il femore ruoterebbe sopra la tibia triturando i crociati e strappando i legamenti collaterali.
La stabilità del ginocchio non è cioè data solo dalla presenza di muscoli e legamenti che lo compattano, ma anche da accorgimenti meccanici che permettono configurazioni geometriche tali da non farlo spaccare. Però, è tutto da (di)mostrare oppure da buttare nel cesso. Comunque sia, avrò imparato qualcosa.
Proprio perché questi argomenti sono interessanti per due persone al mondo, ho pensato di avvertirvi con una diversa simbologia: falegnameria mentale, a livello prosumer (professional consumer, come si legge su PC professionale) e non artigianale.
Attenzione, la falegnameria mentale esiste anche a livelli industriali. Vi avvertirò a tempo debito.
Commenta