Nei mesi ho accumulato un sacco di materiale sparso sul funzionamento dell’articolazione del ginocchio, mi sono sempre riproposto di scrivere qualcosa anche per fare un po’ il punto della situazione, ma poi l’impresa si è sempre rivelata estremamente ardua perché il ginocchio è… un bel casino!
Quelle che leggerete sono considerazioni personali che mi sono utili per capire come non fracassarmi le ossa e le cartilagini quando mi alleno, perciò mi sono concentrato sulla meccanica del ginocchio piuttosto che sulla sua struttura biologica.
Di sicuro non ho la competenza per un testo minimamente esaustivo, però, in fondo, i concetti che leggerete vanno bene per chi non ha un’atroplastica, i crociati disintegrati, i legamenti strappati, condriti e condromalacie varie. Se siete sani, questa roba vi aiuterà a capire perché siete fortunati e perché dovete trattare con rispetto i due gioiellini (non quelli…) che vi permettono di fare lo squat.
Il ginocchio – una descrizione minimale
Tutte le articolazioni del corpo umano hanno in comune le funzionalità di base: tengono vicine delle ossa, permettono alle ossa di compiere delle rotazioni. Poi, ognuna ha la sua incredibile e unica specificità e l’articolazione del ginocchio non fa eccezione.
Il ginocchio è l’articolazione più grande presente nel corpo umano, la figura mostra gli elementi ossei che lo compongono: femore e tibia sono le due ossa che si articolano fra loro, davanti al femore è presente un altro importantissimo elemento osseo, la rotula o patella
L’estremità del femore che si articola sulla tibia presenta due condili, il laterale (quello verso l’esterno) e il mediale (quello verso l’interno): questi possono essere assimilati a due “ovali” affiancati, uniti nella parte frontale del ginocchio e ricoperti di cartilagine, il disegno a destra vuole dare una percezione della struttura.
L’estremità della tibia su cui il femore articola ha una forma complementare a quella dei condili: sono presenti due plateau tibiali, delle “piattaforme” concave dove i condili alloggiano. Al centro è presente una spina tibiale che ha il compito di dare stabilità alla struttura, impedendo gli spostamenti laterali dei condili.
La fibula o perone è un’osso che si articola sulla tibia e su cui si inseriscono tendini di muscoli necessari al funzionamento del ginocchio, ma la sua funzione primaria è permettere il corretto movimento della caviglia, pertanto non verrà considerata nella trattazione.
Il ginocchio permette una incredibile varietà di movimenti, e la figura seguente, che vuole rappresentare la tibia in tutte le sue possibili rotazioni, non rende giustizia alla complessità della meccanica.
Nella presente trattazione gli unici due movimenti considerati sono la flessione del ginocchio (la tibia che ruota “sotto” il femore) e l’estensione del ginocchio (la tibia che ruota da “sotto” il femore fino a “gamba tesa”).
Le altre rotazioni sono considerate, in maniera riduttiva, come funzionali alla stabilità dell’articolazione stessa. Del resto usiamo le ginocchia principalmente per camminare, correre, saltare, tutti movimenti “in avanti”: poche volte effettuiamo rotazioni del piede o cose del genere, pertanto l’approssimazione è sicuramente valida.
Flessione ed estensione
In alto nel disegno una rozza schematizzazione del ginocchio: il femore è rappresentato da una barra, i condili come dei cilindri ovali, la tibia come una piramide tronca rovesciata, i plateau e la spina tibiale come dei parallelepipedi.
Il movimento della struttura è illustrato in basso (tutta farina del mio sacco eh… l’effetto 3d di PowerPoint…): notate come il femore ruoti sui plateau grazie alla forma circolare dei condili, mentre la stabilità laterale è garantita proprio dalla concavità dei plateau (rappresentati con le due barrette laterali) e dalla presenza della spina tibiale che si alza fra le due concavità.
Il funzionamento base del ginocchio in flesso-estensione è proprio questo!
Chi ha un po’ di fantasia provi ad immaginare di flettere questo modello dal vivo: si accorgerebbe che per passare dalla posizione iniziale a quella finale non è necessario solo ruotare il pezzo di sopra rispetto a quello di sotto, ma bisogna anche farlo slittare. Questo comportamento è proprio anche del ginocchio di ciccia!
E’ incredibile come, surfando la rete come un pazzo, alla fine tutto il materiale sulla meccanica del ginocchio incorpori sempre il solito schema, disegnato da qualcuno nel lontano Paleolitico e poi tramandato fino ai giorni nostri. Ho voluto dare un tocco di innovazione e non l’ho appiccicato con la coccoina elettronica ma me lo sono ridisegnato!
A sinistra due punti di riferimento: quello inferiore è l’ideale punto di contatto del femore sulla tibia con l’articolazione in completa estensione, quello superiore è il punto di contatto in completa flessione:
I condili femorali sono ricoperti da liscia e robusta cartilagine per diminuire quanto più possibile le forze di attiro, mentre sopra i plateau della tibia sono presenti due menischi, delle C di cartilagine che hanno il compito di limitare al minimo gli attriti, di ammortizzare le forze compressive e di dare stabilità all’articolazione.
I menischi non sono delle semplici zeppe come quelle che si mettono per fermare la porta, ma sono parte attiva del movimento di flesso-estensione della tibia: all’aumentare della flessione della tibia i menischi si spostano in avanti per “seguire” i condili in modo da mantenere inalterata la stabilità dell’articolazione.
Bene, risolto un problema, ne abbiamo un altro: anche se non è stato spiegato, è chiaro che i muscoli della coscia che si inseriscono sulla tibia, contraendosi sono la causa della sua rotazione intorno al femore. Ma… cosa provoca lo slittamento?
I “pezzi” del ginocchio sono tenuti insieme da tutta una serie di legamenti, che possono essere schematizzati come dei tiranti che si agganciano alle strutture ossee e le mantengono nell’assetto corretto, un paragone che farebbe rabbrividire un ortopedico ma che per noi è più che sufficiente.
Due legamenti famosissimi sono il legamento crociato anteriore (Anterior Cruciate Ligament - ACL) e il legamento crociato posteriore (Posterior Cruciate Ligament - PCL). Il disegno mostra il posizionamento di questi due elementi in una articolazione in cui è stata tolta la rotula per una migliore visualizzazione: entrambi si ancorano al centro della tibia, poi si “incrociano” e l’ACL si inserisce nel condilo laterale mentre il PCL in quello mediale.
Altri due legamenti fondamentali per la stabilizzazione del ginocchio, sono il legamento collaterale mediale (Medial Collateral Ligament – MCL) e il legamento collaterale laterale (Lateral Collateral Ligament - LCL), indicati nel disegno a destra.
In nostri crociati, rappresentati come barre imbullonate, in azione: quando la tibia si flette intorno al femore e questo ruota sopra la tibia, il crociato anteriore lo “tira” per farlo anche slittare, viceversa quando la tibia si estende intorno al femore, è il crociato posteriore che lo “tira” per farlo slittare: alla rotazione si aggiunge anche la traslazione.
Perché il ginocchio è fatto così?
Ok, il ginocchio è una costruzione meccanica ganzissima e toghissima, mi-ci-dia-le, non trovate? Però perché l’Architetto ha costruito un affare così incasinato composto da ossa che non stanno insieme fra loro?
Nella spalla la carta della stabilità è stata barattata con quella della mobilità: l’omero è bloccato e stabilizzato da un numero enorme di muscoli e legamenti, ma in compenso può ruotare con con angoli incredibilmente estesi. Il ginocchio è incasinato quasi come la spalla, ma non ha di sicuro la stessa mobilità.
L’articolazione del gomito in fondo è simile a quella del ginocchio, ma per far ruotare l’avambraccio sul braccio non c’è bisogno di tutta questa complessità: il radio ruota bloccato dentro l’omero senza tanto puzzo. Il ginocchio è più complicato per fare alla fine le stesse cose…
In alto nel disegno un confronto fra il modello a blocchi del ginocchio confrontato con un’articolazione simile a quella del gomito o dell’anca, in basso il confronto fra i due movimenti: il risultato finale è di fatto lo stesso!
La differenza fra le due strutture è che il ginocchio assorbe meglio le sollecitazioni meccaniche dell’altro aggeggio e funge da shock absorber per tutto il resto del corpo! Aggiungiamo altri elementi a questa pazzesca struttura.
I crociati come tiranti
Nel disegno a sinistra una forza esterna che tende a far traslare in avanti la tibia rispetto al femore (la freccia tratteggiata rappresenta la situazione equivalente in cui è il femore a traslare indietro rispetto alla tibia). Il crociato anteriore si oppone con la sua trazione a questo slittamento: essendo messo “di traverso” è la componente parallela alla forza esterna che agisce a compensazione, perciò la trazione a cui è sottoposto il crociato è di intensità superiore a quella della forza esterna stessa.
Nel disegno a sinistra la situazione opposta: una forza che tende a far traslare indietro la tibia o, in maniera equivalente rappresentata dalla freccia tratteggiata, in avanti il femore. In questo caso è il crociato posteriore che “tira” la tibia in avanti, ma per come è posizionato la tensione a cui è sottoposto è di intensità notevolmente più elevata rispetto a quella del crociato anteriore. Proprio per sopportare queste maggiori sollecitazioni il crociato posteriore ha una sezione trasversa dal 20% al 50% più grande di quella del crociato anteriore.
La misteriosa rotula
Sembra incredibile ma fino agli anni ’70, cioè non nel Medio Evo, i ricercatori non avevano ben chiara la funzionalità della rotula, addirittura la ritenevano come qualcosa di anomalo per i problemi che può causare tanto che ritenevano che la sua eliminazione non fosse poi così traumatica in caso di danneggiamento.
In realtà la rotula gioca un ruolo fondamentale nella meccanica del ginocchio, tanto che nelle artroplastiche sostitutive… la rotula viene lasciata! Evidentemente, a qualcosa serve, no?
La rotula o patella è un dischetto osseo di forma sesamoide (mi raccomando eh… non un quadrato, un trapezioide, un fregnetto ma un se-sa-mo-i-de), la superficie a contatto con il femore è composta da molte faccette (nel seguito un dettaglio maggiore) rivestite da uno strato di cartilagine spesso fino a 7 mm, lo spessore maggiore presente in tutto il corpo umano, un buon indizio per dedurre le funzioni ammortizzatici dell’aggeggio in questione.
A sinistra un ginocchio a cui un dottor Frankenstein ha asportato la rotula per vedere cosa succede. In completa estensione la forza di trazione del quadricipite, indicata con F, agisce sulla tibia tramite il braccio di leva df: all’aumentare della flessione il tendine si avvicina al femore e il braccio diminuisce, rendendo la leva sempre più svantaggiosa.
A destra un ginocchio sano con la sua bella rotula: in completa estensione il braccio di leva è più lungo del caso precedente, ma l’aspetto fondamentale è che all’aumentare della flessione della tibia la rotula si comporta come un “distanziale” che permette di non far decrescere troppo il braccio. In questo modo la leva diventa molto meno svantaggiosa rispetto all’altra considerazione. Senza la rotula il ginocchio funziona decisamente peggio, creando degli squilibri di forza notevoli.
I disegni mostrano il comportamento della rotula e dei tendini a cui è connessa: in pratica la struttura ha il compito di assorbire come un elastico la forza esterna che “preme”
La superficie della rotula assorbe la pressione (per questo la presenza di una spessa cartilagine) e i due tendini la trasformano in una tensione, compensando lo slittamento in avanti del femore: notate come le reazioni dei due tendini creino una risultante verso l’interno del ginocchio, chiamata
forza di reazione patellofemorale.
Una mia idea per rappresentare meccanicamente il ginocchio visto lateralmente, dove la rotula è una specie di respingente a cui sono agganciate delle molle che rappresentano i tendini: la rotula impedisce al femore di avanzare poiché assorbendo l’impatto mette in tensione le molle e respinge indietro al mittente l’ariete medioevale in arrivo. Chiaramente il giochino funziona anche se è la tibia a spostarsi indietro.
Se la meccanica del ginocchio fosse differente, simile ad esempio a quella del gomito, l’assorbimento delle forze sarebbe molto più problematico mancando la struttura ammortizzante: il bloccaggio dell’articolazione sarebbe tutto a carico della reazione vincolare del giunto che dovrebbe assorbire tutti gli impatti, con un conseguente stress meccanico ben superiore.
Il disegno rappresenta un classico esercizio pliometrico: l’omino è su un plinto e salta verso il basso, rimbalzando sul suolo. La pliometria sviluppa le capacità reattive di coordinazione e sincronizzazione muscolari e tante altre belle cose, tipica dell’atletica leggera, ha trovato diffusione ovunque diventando quasi una moda grazie alla spasmodica attenzione all’”esplosività”, tipico atteggiamento dei marzialisti che eseguono qualsiasi movimento in maniera “esplosiva”, nel caso che “per strada” ci sia la necessità di reagire velocemente.
Piccola parentesina. Due elementi sono universali: la prima è che il plinto è disegnato sempre in quel modo, mai come un parallelepipedo, una sedia, una ***** di cassa, probabilmente se non è disegnata così l’esplosività è minore, la seconda è l’onnipresente discussione su quale arte marziale sia “meglio in strada”, dimenticando il vecchio proverbio cinese “un calcio sfonda più di una carezza, un coltello taglia più di un calcio, una 44 Magnum penetra più di un coltello, il parafango di un TIR maciulla più di una 44 Magnum”. Fine della parentesina.
Nel momento in cui l’atleta tocca il terreno il suo corpo deve assorbire l’impatto della sua forza peso, generando una forza di reazione tale da spingerlo anche verso l’alto nel salto successivo.
A sinistra, in pseudo stile mecha, due gambe progettate da un Einstein seguito dal SIM: quale preferireste? A destra il funzionamento sotto carico nel momento dell’impatto con il suolo (ho semplificato le forze in gioco limitandomi solo a quelle di interesse).
La forza peso preme sull’articolazione del bacino e sulle teste dei femori, in alto, la forza peso viene trasferita a tutte le articolazioni (per il momento non considerate il fatto che l’atleta flette volontariamente un po’ le ginocchia):
La struttura del ginocchio è perciò atta a assorbire impatti salvaguardando non solo la sua integrità, ma anche quella delle altre articolazioni dell’intera catena cinetica posteriore: è complicato, ma a ragione!
Problemi…
Una struttura incasinata come questa è soggetta a problemi dovuti proprio alla sua complicata meccanica. Un elemento estremamente critico è proprio la rotula che, effettivamente, l’Architetto avrebbe potuto progettare un tantino meglio…
Spieghiamo piano piano questo incasinato disegno: a sinistra in un raccapricciante esperimento hanno piantato due assi cartesiani al centro di un ginocchio completamente esteso (la rotula non è disegnata), poi questo viene fatto flettere, come indicato dalla scala in gradi immediatamente più a destra.
Le curve rappresentano gli spostamenti delle rotule di tre soggetti diversi e ho anche disegnato una rotulina per dare un’idea del movimento a destra e a sinistra: nella normalità e con una fortissima individualità (cioè variabilità da individuo ad individuo), la rotula si sposta mentre il ginocchio si flessoestende.
A sinistra quelle specie di granchi rappresentano il contatto fra la rotula e i condili femorali visto dall’alto, a vari gradi di flessione: non solo la rotula non appoggia completamente sui condili, ma appoggia parzialmente e in maniera differente in funzione della flessoestensione!
Variando in ogni punto del movimento l’area di contatto, varia di conseguenza la pressione fra condili e rotula, cioè lo stress articolare: si capisce benissimo che anche il più piccolo malfunzionamento di questa roba crei notevoli problemi, dato che la cartilagine è sottoposta a pressioni disomogenee e fuori specifica, iniziando a logorarsi.
Nella figura una rappresentazione frontale della rotula e dei muscoli che agiscono su di essa tramite il tendine del quadricipite. Uno squilibrio di forze fra i muscoli che compongono in quadricipite può creare un disallineamento della rotula nella sua sede di scorrimento con conseguente maggior attrito e aumento delle probabilità di lesionare la rotula.
A sinistra un ginocchio in cui le forze sono simmetriche: sul plateau tibiale mediale e su quello laterale le intensità sono identiche (la larghezza delle frecce è proporzionale all’intensità). A destra due tipici malfunzionamenti del ginocchio:
Sembra incredibile ma fino a qualche decennio fa (non qualche secolo fa…) la funzione dei menischi non era del tutto chiara, tanto che la loro asportazione non sembrava poi così traumatica: vi ricordate dei primi interventi in artroscopia sui calciatori? “Si è rotto il menisco, gliel’hanno tolto e dopo una settimana giocava di nuovo!” L’artroscopia rese quasi ambulatoriali interventi truculenti con postoperatori da paura: che ci vuole, tanto si forma del tessuto connettivo che è “quasi uguale!”
Il problema è il “quasi”: è oramai accertato che qualsiasi alterazione degli elementi del ginocchio ha conseguenze, proprio perché viene alterato il suo funzionamento meccanico. L’asportazione di un menisco, se fisiologicamente non crea problemi, ha invece effetti meccanici importanti dato che cambia l’allineamento del femore rispetto alla tibia, legamenti crociati o collaterali che hanno subito delle distorsioni o peggio rotti e non riparati in sede creano instabilità nella struttura.
Se la ripresa delle normali attività avviene oramai in maniera estremamente rapida dopo una lesione, anche importante ,al ginocchio, è estremamente elevata la percentuale di osteoartriti e artrosi degenerative in atleti che riprendono l’attività agonistica: studiate le vostre ginocchia e abbiatene rispetto, mantenetele sane e reggeranno tonnellate ma appena c’è un problema… potete pagare molti anni dopo il prezzo di una cazzata che sembra risolta (suono onomatopeico sgrat sgrat sgrat)
Quelle che leggerete sono considerazioni personali che mi sono utili per capire come non fracassarmi le ossa e le cartilagini quando mi alleno, perciò mi sono concentrato sulla meccanica del ginocchio piuttosto che sulla sua struttura biologica.
Di sicuro non ho la competenza per un testo minimamente esaustivo, però, in fondo, i concetti che leggerete vanno bene per chi non ha un’atroplastica, i crociati disintegrati, i legamenti strappati, condriti e condromalacie varie. Se siete sani, questa roba vi aiuterà a capire perché siete fortunati e perché dovete trattare con rispetto i due gioiellini (non quelli…) che vi permettono di fare lo squat.
Il ginocchio – una descrizione minimale
Tutte le articolazioni del corpo umano hanno in comune le funzionalità di base: tengono vicine delle ossa, permettono alle ossa di compiere delle rotazioni. Poi, ognuna ha la sua incredibile e unica specificità e l’articolazione del ginocchio non fa eccezione.
Il ginocchio è l’articolazione più grande presente nel corpo umano, la figura mostra gli elementi ossei che lo compongono: femore e tibia sono le due ossa che si articolano fra loro, davanti al femore è presente un altro importantissimo elemento osseo, la rotula o patella
L’estremità del femore che si articola sulla tibia presenta due condili, il laterale (quello verso l’esterno) e il mediale (quello verso l’interno): questi possono essere assimilati a due “ovali” affiancati, uniti nella parte frontale del ginocchio e ricoperti di cartilagine, il disegno a destra vuole dare una percezione della struttura.
L’estremità della tibia su cui il femore articola ha una forma complementare a quella dei condili: sono presenti due plateau tibiali, delle “piattaforme” concave dove i condili alloggiano. Al centro è presente una spina tibiale che ha il compito di dare stabilità alla struttura, impedendo gli spostamenti laterali dei condili.
La fibula o perone è un’osso che si articola sulla tibia e su cui si inseriscono tendini di muscoli necessari al funzionamento del ginocchio, ma la sua funzione primaria è permettere il corretto movimento della caviglia, pertanto non verrà considerata nella trattazione.
Il ginocchio permette una incredibile varietà di movimenti, e la figura seguente, che vuole rappresentare la tibia in tutte le sue possibili rotazioni, non rende giustizia alla complessità della meccanica.
Nella presente trattazione gli unici due movimenti considerati sono la flessione del ginocchio (la tibia che ruota “sotto” il femore) e l’estensione del ginocchio (la tibia che ruota da “sotto” il femore fino a “gamba tesa”).
Le altre rotazioni sono considerate, in maniera riduttiva, come funzionali alla stabilità dell’articolazione stessa. Del resto usiamo le ginocchia principalmente per camminare, correre, saltare, tutti movimenti “in avanti”: poche volte effettuiamo rotazioni del piede o cose del genere, pertanto l’approssimazione è sicuramente valida.
Flessione ed estensione
In alto nel disegno una rozza schematizzazione del ginocchio: il femore è rappresentato da una barra, i condili come dei cilindri ovali, la tibia come una piramide tronca rovesciata, i plateau e la spina tibiale come dei parallelepipedi.
Il movimento della struttura è illustrato in basso (tutta farina del mio sacco eh… l’effetto 3d di PowerPoint…): notate come il femore ruoti sui plateau grazie alla forma circolare dei condili, mentre la stabilità laterale è garantita proprio dalla concavità dei plateau (rappresentati con le due barrette laterali) e dalla presenza della spina tibiale che si alza fra le due concavità.
Il funzionamento base del ginocchio in flesso-estensione è proprio questo!
Chi ha un po’ di fantasia provi ad immaginare di flettere questo modello dal vivo: si accorgerebbe che per passare dalla posizione iniziale a quella finale non è necessario solo ruotare il pezzo di sopra rispetto a quello di sotto, ma bisogna anche farlo slittare. Questo comportamento è proprio anche del ginocchio di ciccia!
E’ incredibile come, surfando la rete come un pazzo, alla fine tutto il materiale sulla meccanica del ginocchio incorpori sempre il solito schema, disegnato da qualcuno nel lontano Paleolitico e poi tramandato fino ai giorni nostri. Ho voluto dare un tocco di innovazione e non l’ho appiccicato con la coccoina elettronica ma me lo sono ridisegnato!
A sinistra due punti di riferimento: quello inferiore è l’ideale punto di contatto del femore sulla tibia con l’articolazione in completa estensione, quello superiore è il punto di contatto in completa flessione:
- Se il femore ruotasse semplicemente sulla tibia, come nel disegno immediatamente più a destra del precedente, ad un certo punto si distaccherebbe da questa prima di aver compiuto l’intera traiettoria e questo non sarebbe carino.
- Se invece scivolasse e basta sulla tibia, il femore andrebbe a sbattere sulla tibia senza che il punto superiore possa comunque toccarla.
I condili femorali sono ricoperti da liscia e robusta cartilagine per diminuire quanto più possibile le forze di attiro, mentre sopra i plateau della tibia sono presenti due menischi, delle C di cartilagine che hanno il compito di limitare al minimo gli attriti, di ammortizzare le forze compressive e di dare stabilità all’articolazione.
I menischi non sono delle semplici zeppe come quelle che si mettono per fermare la porta, ma sono parte attiva del movimento di flesso-estensione della tibia: all’aumentare della flessione della tibia i menischi si spostano in avanti per “seguire” i condili in modo da mantenere inalterata la stabilità dell’articolazione.
Bene, risolto un problema, ne abbiamo un altro: anche se non è stato spiegato, è chiaro che i muscoli della coscia che si inseriscono sulla tibia, contraendosi sono la causa della sua rotazione intorno al femore. Ma… cosa provoca lo slittamento?
I “pezzi” del ginocchio sono tenuti insieme da tutta una serie di legamenti, che possono essere schematizzati come dei tiranti che si agganciano alle strutture ossee e le mantengono nell’assetto corretto, un paragone che farebbe rabbrividire un ortopedico ma che per noi è più che sufficiente.
Due legamenti famosissimi sono il legamento crociato anteriore (Anterior Cruciate Ligament - ACL) e il legamento crociato posteriore (Posterior Cruciate Ligament - PCL). Il disegno mostra il posizionamento di questi due elementi in una articolazione in cui è stata tolta la rotula per una migliore visualizzazione: entrambi si ancorano al centro della tibia, poi si “incrociano” e l’ACL si inserisce nel condilo laterale mentre il PCL in quello mediale.
Altri due legamenti fondamentali per la stabilizzazione del ginocchio, sono il legamento collaterale mediale (Medial Collateral Ligament – MCL) e il legamento collaterale laterale (Lateral Collateral Ligament - LCL), indicati nel disegno a destra.
In nostri crociati, rappresentati come barre imbullonate, in azione: quando la tibia si flette intorno al femore e questo ruota sopra la tibia, il crociato anteriore lo “tira” per farlo anche slittare, viceversa quando la tibia si estende intorno al femore, è il crociato posteriore che lo “tira” per farlo slittare: alla rotazione si aggiunge anche la traslazione.
Perché il ginocchio è fatto così?
Ok, il ginocchio è una costruzione meccanica ganzissima e toghissima, mi-ci-dia-le, non trovate? Però perché l’Architetto ha costruito un affare così incasinato composto da ossa che non stanno insieme fra loro?
Nella spalla la carta della stabilità è stata barattata con quella della mobilità: l’omero è bloccato e stabilizzato da un numero enorme di muscoli e legamenti, ma in compenso può ruotare con con angoli incredibilmente estesi. Il ginocchio è incasinato quasi come la spalla, ma non ha di sicuro la stessa mobilità.
L’articolazione del gomito in fondo è simile a quella del ginocchio, ma per far ruotare l’avambraccio sul braccio non c’è bisogno di tutta questa complessità: il radio ruota bloccato dentro l’omero senza tanto puzzo. Il ginocchio è più complicato per fare alla fine le stesse cose…
In alto nel disegno un confronto fra il modello a blocchi del ginocchio confrontato con un’articolazione simile a quella del gomito o dell’anca, in basso il confronto fra i due movimenti: il risultato finale è di fatto lo stesso!
La differenza fra le due strutture è che il ginocchio assorbe meglio le sollecitazioni meccaniche dell’altro aggeggio e funge da shock absorber per tutto il resto del corpo! Aggiungiamo altri elementi a questa pazzesca struttura.
I crociati come tiranti
Nel disegno a sinistra una forza esterna che tende a far traslare in avanti la tibia rispetto al femore (la freccia tratteggiata rappresenta la situazione equivalente in cui è il femore a traslare indietro rispetto alla tibia). Il crociato anteriore si oppone con la sua trazione a questo slittamento: essendo messo “di traverso” è la componente parallela alla forza esterna che agisce a compensazione, perciò la trazione a cui è sottoposto il crociato è di intensità superiore a quella della forza esterna stessa.
Nel disegno a sinistra la situazione opposta: una forza che tende a far traslare indietro la tibia o, in maniera equivalente rappresentata dalla freccia tratteggiata, in avanti il femore. In questo caso è il crociato posteriore che “tira” la tibia in avanti, ma per come è posizionato la tensione a cui è sottoposto è di intensità notevolmente più elevata rispetto a quella del crociato anteriore. Proprio per sopportare queste maggiori sollecitazioni il crociato posteriore ha una sezione trasversa dal 20% al 50% più grande di quella del crociato anteriore.
La misteriosa rotula
Sembra incredibile ma fino agli anni ’70, cioè non nel Medio Evo, i ricercatori non avevano ben chiara la funzionalità della rotula, addirittura la ritenevano come qualcosa di anomalo per i problemi che può causare tanto che ritenevano che la sua eliminazione non fosse poi così traumatica in caso di danneggiamento.
In realtà la rotula gioca un ruolo fondamentale nella meccanica del ginocchio, tanto che nelle artroplastiche sostitutive… la rotula viene lasciata! Evidentemente, a qualcosa serve, no?
La rotula o patella è un dischetto osseo di forma sesamoide (mi raccomando eh… non un quadrato, un trapezioide, un fregnetto ma un se-sa-mo-i-de), la superficie a contatto con il femore è composta da molte faccette (nel seguito un dettaglio maggiore) rivestite da uno strato di cartilagine spesso fino a 7 mm, lo spessore maggiore presente in tutto il corpo umano, un buon indizio per dedurre le funzioni ammortizzatici dell’aggeggio in questione.
A sinistra un ginocchio a cui un dottor Frankenstein ha asportato la rotula per vedere cosa succede. In completa estensione la forza di trazione del quadricipite, indicata con F, agisce sulla tibia tramite il braccio di leva df: all’aumentare della flessione il tendine si avvicina al femore e il braccio diminuisce, rendendo la leva sempre più svantaggiosa.
A destra un ginocchio sano con la sua bella rotula: in completa estensione il braccio di leva è più lungo del caso precedente, ma l’aspetto fondamentale è che all’aumentare della flessione della tibia la rotula si comporta come un “distanziale” che permette di non far decrescere troppo il braccio. In questo modo la leva diventa molto meno svantaggiosa rispetto all’altra considerazione. Senza la rotula il ginocchio funziona decisamente peggio, creando degli squilibri di forza notevoli.
I disegni mostrano il comportamento della rotula e dei tendini a cui è connessa: in pratica la struttura ha il compito di assorbire come un elastico la forza esterna che “preme”
La superficie della rotula assorbe la pressione (per questo la presenza di una spessa cartilagine) e i due tendini la trasformano in una tensione, compensando lo slittamento in avanti del femore: notate come le reazioni dei due tendini creino una risultante verso l’interno del ginocchio, chiamata
forza di reazione patellofemorale.
Una mia idea per rappresentare meccanicamente il ginocchio visto lateralmente, dove la rotula è una specie di respingente a cui sono agganciate delle molle che rappresentano i tendini: la rotula impedisce al femore di avanzare poiché assorbendo l’impatto mette in tensione le molle e respinge indietro al mittente l’ariete medioevale in arrivo. Chiaramente il giochino funziona anche se è la tibia a spostarsi indietro.
Se la meccanica del ginocchio fosse differente, simile ad esempio a quella del gomito, l’assorbimento delle forze sarebbe molto più problematico mancando la struttura ammortizzante: il bloccaggio dell’articolazione sarebbe tutto a carico della reazione vincolare del giunto che dovrebbe assorbire tutti gli impatti, con un conseguente stress meccanico ben superiore.
Il disegno rappresenta un classico esercizio pliometrico: l’omino è su un plinto e salta verso il basso, rimbalzando sul suolo. La pliometria sviluppa le capacità reattive di coordinazione e sincronizzazione muscolari e tante altre belle cose, tipica dell’atletica leggera, ha trovato diffusione ovunque diventando quasi una moda grazie alla spasmodica attenzione all’”esplosività”, tipico atteggiamento dei marzialisti che eseguono qualsiasi movimento in maniera “esplosiva”, nel caso che “per strada” ci sia la necessità di reagire velocemente.
Piccola parentesina. Due elementi sono universali: la prima è che il plinto è disegnato sempre in quel modo, mai come un parallelepipedo, una sedia, una ***** di cassa, probabilmente se non è disegnata così l’esplosività è minore, la seconda è l’onnipresente discussione su quale arte marziale sia “meglio in strada”, dimenticando il vecchio proverbio cinese “un calcio sfonda più di una carezza, un coltello taglia più di un calcio, una 44 Magnum penetra più di un coltello, il parafango di un TIR maciulla più di una 44 Magnum”. Fine della parentesina.
Nel momento in cui l’atleta tocca il terreno il suo corpo deve assorbire l’impatto della sua forza peso, generando una forza di reazione tale da spingerlo anche verso l’alto nel salto successivo.
A sinistra, in pseudo stile mecha, due gambe progettate da un Einstein seguito dal SIM: quale preferireste? A destra il funzionamento sotto carico nel momento dell’impatto con il suolo (ho semplificato le forze in gioco limitandomi solo a quelle di interesse).
La forza peso preme sull’articolazione del bacino e sulle teste dei femori, in alto, la forza peso viene trasferita a tutte le articolazioni (per il momento non considerate il fatto che l’atleta flette volontariamente un po’ le ginocchia):
- Nel caso “a molla” il ginocchio slitta in avanti mettendo in trazione le molle grazie alla rotula, pertanto la forza peso viene assorbita dalla struttura.
- Nel caso “a palla” tutta la struttura è molto più rigida e l’assorbimento è a carico del giunto. Il problema è che così facendo il ginocchio non scorre in avanti perché è la tibia a sostenerlo, perciò la tibia stessa è sottoposta ad una pressione che si ripercuote fino allacaviglia. In più, anche l’articolazione del bacino è bloccata e deve a sua volta assorbire tutta la forza peso.
La struttura del ginocchio è perciò atta a assorbire impatti salvaguardando non solo la sua integrità, ma anche quella delle altre articolazioni dell’intera catena cinetica posteriore: è complicato, ma a ragione!
Problemi…
Una struttura incasinata come questa è soggetta a problemi dovuti proprio alla sua complicata meccanica. Un elemento estremamente critico è proprio la rotula che, effettivamente, l’Architetto avrebbe potuto progettare un tantino meglio…
Spieghiamo piano piano questo incasinato disegno: a sinistra in un raccapricciante esperimento hanno piantato due assi cartesiani al centro di un ginocchio completamente esteso (la rotula non è disegnata), poi questo viene fatto flettere, come indicato dalla scala in gradi immediatamente più a destra.
Le curve rappresentano gli spostamenti delle rotule di tre soggetti diversi e ho anche disegnato una rotulina per dare un’idea del movimento a destra e a sinistra: nella normalità e con una fortissima individualità (cioè variabilità da individuo ad individuo), la rotula si sposta mentre il ginocchio si flessoestende.
A sinistra quelle specie di granchi rappresentano il contatto fra la rotula e i condili femorali visto dall’alto, a vari gradi di flessione: non solo la rotula non appoggia completamente sui condili, ma appoggia parzialmente e in maniera differente in funzione della flessoestensione!
Variando in ogni punto del movimento l’area di contatto, varia di conseguenza la pressione fra condili e rotula, cioè lo stress articolare: si capisce benissimo che anche il più piccolo malfunzionamento di questa roba crei notevoli problemi, dato che la cartilagine è sottoposta a pressioni disomogenee e fuori specifica, iniziando a logorarsi.
Nella figura una rappresentazione frontale della rotula e dei muscoli che agiscono su di essa tramite il tendine del quadricipite. Uno squilibrio di forze fra i muscoli che compongono in quadricipite può creare un disallineamento della rotula nella sua sede di scorrimento con conseguente maggior attrito e aumento delle probabilità di lesionare la rotula.
A sinistra un ginocchio in cui le forze sono simmetriche: sul plateau tibiale mediale e su quello laterale le intensità sono identiche (la larghezza delle frecce è proporzionale all’intensità). A destra due tipici malfunzionamenti del ginocchio:
- Nel valgismo (le gambe ad X) vi è un disassamento verso l’interno del ginocchio che crea una disomogeneità nelle forze che agiscono sui plateau tibiali, per cui il menisco laterale subisce una pressione maggiore di quello mediale. Dal lato opposto, il legamento collaterale mediale subisce una tensione maggiore rispetto a quella sul laterale.
- Nel varismo (le gambe ad O) il disassamento è verso l’esterno, situazione speculare alla precedente: il menisco mediale subisce una pressione maggiore del laterale, il legamento collaterale laterale una tensione maggiore rispetto a quella sul mediale.
Sembra incredibile ma fino a qualche decennio fa (non qualche secolo fa…) la funzione dei menischi non era del tutto chiara, tanto che la loro asportazione non sembrava poi così traumatica: vi ricordate dei primi interventi in artroscopia sui calciatori? “Si è rotto il menisco, gliel’hanno tolto e dopo una settimana giocava di nuovo!” L’artroscopia rese quasi ambulatoriali interventi truculenti con postoperatori da paura: che ci vuole, tanto si forma del tessuto connettivo che è “quasi uguale!”
Il problema è il “quasi”: è oramai accertato che qualsiasi alterazione degli elementi del ginocchio ha conseguenze, proprio perché viene alterato il suo funzionamento meccanico. L’asportazione di un menisco, se fisiologicamente non crea problemi, ha invece effetti meccanici importanti dato che cambia l’allineamento del femore rispetto alla tibia, legamenti crociati o collaterali che hanno subito delle distorsioni o peggio rotti e non riparati in sede creano instabilità nella struttura.
Se la ripresa delle normali attività avviene oramai in maniera estremamente rapida dopo una lesione, anche importante ,al ginocchio, è estremamente elevata la percentuale di osteoartriti e artrosi degenerative in atleti che riprendono l’attività agonistica: studiate le vostre ginocchia e abbiatene rispetto, mantenetele sane e reggeranno tonnellate ma appena c’è un problema… potete pagare molti anni dopo il prezzo di una cazzata che sembra risolta (suono onomatopeico sgrat sgrat sgrat)
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