Qualche giorno fa raccontavo a Gianni, il mio amico e collega con cui faccio il tragitto dalla stazione al lavoro, che nell’ultimo allenamento 10×4 di squat avevo esagerato e che se avessi smesso all’8×4 avrei già fatto il mio, ma poiché il “10” è un numero che mi piace, ho insistito fino a vedere il profeta Isaia che mi controllava la profondità di discesa.
Ok, lo so… parlo di queste assurdità anche con i colleghi. Del resto, l’altro argomento del Maschio Medio era già stato affrontato nella prima parte del viaggetto…
Gianni mi ha chiesto: “ma tu riesci a stabilire che quell’allenamento lo finisci? Che se devi fare quelle ripetizioni, quelle farai?”. In effetti, è così.
Questa domanda è simile a tante che poi si leggono sui forum: “ok, tutto bello, ma… quanti Kg piazzo sul bilanciere?”. Cioè: come faccio a determinare il carico giusto, il recupero giusto, come faccio a scegliere uno schema e una progressione che vada bene per me? E come faccio a capire quando sto sbagliando, quando sto esagerando o sto facendo troppo poco?
E io, come faccio? Ragazzi, la domanda non è per niente banale! Al di là della teoria che aiuta a scegliere soluzioni ragionevoli, è tutta esperienza.
Di 10×4, 6×3, 2-4-6 ne ho provati a tonnellate, con poco o molto recupero, con Kg irragionevoli o perfetti. So come reagisco a quasi tutto, oramai. Per questo evito gli errori grossolani, ma solo perchè mi conosco. E per questo è difficile, per me, dare consigli a chi non conosco: non so come si comporta sotto stress.
Le leggi fisiologiche e biochimiche uguali per tutti stabiliscono allo stesso tempo che esistono delle individualità. Ognuno di noi ha le sue attitudini, i suoi schemi preferiti, i suoi esercizi che funzionano meglio. Io ad esempio rendo meglio su un 10×1 che su un 5×2, su un piramidale inverso piuttosto che su una prima serie target. Ho i miei schemi che “mi fanno girare i coglioni” e che evito, come voi avete i vostri.
Quello che caratterizza un buon allenatore è proprio la capacità di contestualizzare le sue conoscenza teoriche nella pratica di tutti i giorni, e questo è possibile sapendo come un dato schema di allenamento reagirà quando è applicato. Però, per avere idea di tutto questo, è necessario provare. Su di se o sugli altri. L’esperienza è così un valore.
Forse sbaglio, dovrei dare dei nomi agli schemi che presento, descriverli con le percentuali, essere meno possibilista e più diretto: è così e basta. Però non mi riesce, perchè io sono una persona che si concentra sul modello, sulle relazioni che legano elementi e variabili. Penso che, una volta compresi i legami, il grado di flessibilità sia superiore. Questo rende quanto scrivo molto meno immediato e fruibile, pieno di “dipende”. Me ne rendo conto.
Cercate di non avere fretta, costruitevi la vostra esperienza.
Avvertenze
I foglietti che si trovano nelle scatole delle medicine (si chiamano bugiardini, un nome che a me suona ridicolo) contengono le avvertenze nell’uso del medicinale a cui si riferiscono. Interazioni, effetti collaterali. In uno spettacolare c’era scritto “in rari casi può provocare anche la morte del paziente”. In rari casi, fiuuuu….
Come mai la “massa” non è mai menzionata?
La Teoria della Periodizzazione non è rivolta alla costruzione di massa muscolare, perchè il suo scopo è farvi arrivare in gara al top. E per “gara” si intende qualcosa dove esprimete le vostre caratteristiche fisiche in un gesto o una abilità di qualche tipo. L’estetica che noi colleghiamo alla massa muscolare non è contemplata. La massa muscolare è vista come un ausilio allo sviluppo del gesto e delle abilità, non come abilità in se.
Mettiamola così: fino a che il culturismo non sarà considerato uno sport secondo il senso comune del termine, non esisterà mai una “Teoria della Periodizzazione per la Massa Muscolare”, perciò tutto quello che oggi leggete dei vari autori ufficiali o meno deriva o verte sempre sulla “forza” in qualche sua manifestazione.
Su cosa concentrarsi
La Teoria della Periodizzazione evidenzia gli aspetti fondamentali da curare in una preparazione. Ecco uno schema che mi è sempre piaciuto: la piramide. In generale adoro gli schemi a piramide perchè evidenziano un ordine di priorità sequenziale: inutile concentrarsi su elementi che non sono importanti se tutti gli altri non sono andati a posto.
· La preparazione fisica è la base di tutti gli sport, sia generale che specifica. Livelli minimi di forza, di abilità psicomotorie sono indispensabili anche nelle bocce, e non è possibile parlare di allenamenti specifici se non c’è un livello di “fisicità” raggiunto
· La preparazione tecnica è specifica delle varie attività sportive, è la tecnica dello sport, del gesto atletico connesso alla disciplina. Esiste per tutti, ci possono essere livelli tecnici “generali” adatti a più discipline, ma comunque esiste una pesante parte specifica.
· La preparazione tattica riguarda l’utilizzo delle metodiche più performanti per ottenere il risultato voluto in una competizione, le tattiche di gioco e tutto il resto.
· La preparazione psicologica è volta a migliorare tutto quello che è la percezione della competizione, la visualizzazione e l’interiorizzazione dei gesti e l’autocontrollo.
Al di là di quello che rappresentano i singoli blocchi, mi preme sottolineare gli aspetti consequenziali: inutile essere la persona più autocontrollata del mondo nel tiro al piattello se dopo 5′ si fa fatica a tenere il calcio del fucile sulla spalla. Mancando proprio il primo livello, gli altri vanno a farsi friggere. Idem, inutile avere una chiara idea di come strutturare un ciclo di panca meglio di Sheiko se poi abbiamo un tricipite più scarso dell’altro e l’alzata è asimmetrica.
Ogni livello preclude un altro, e, anzi, il miglioramento di un livello permette una più chiara comprensione di quello successivo. Non voglio dilungarmi, ma un aumento di forza generale mette in condizione l’atleta di evidenziare delle carenze tecniche che pensava di non avere: non aveva i muscoli per poter capire i suoi difetti!
Ancora, non fate l’errore di pensare che questa roba non vi serva: possiamo sbattercene della preparazione psicologica e tattica, questo è vero. Noi svolgiamo una attività individuale dove competiamo con noi stessi, perciò che strategia o tattica di gara, che supporto psicologico dobbiamo avere? Dài…
Ed è chiaro che c’è una preparazione fisica: andiamo in palestra per diventare grossi e forti, per definizione facciamo “preparazione fisica”!
Ma questa piramide è importante perchè la teoria evidenzia, come gradino fondamentale, la preparazione tecnica. Se noi competiamo con noi stessi, per eccellere in questa competizione dobbiamo sviluppare la tecnica del nostro assurdo “sport”.
Ripeto: per ottenere risultati è necessario avere una tecnica buona o, viceversa, non curate la tecnica e non otterrete risultati. La teoria, nata nel tempo sulla pelle di migliaia di atleti, non transige. Mettetevelo in testa. Dovete-curare-la-tecnica!!!
Invece, non lo fa nessuno. Perchè i “pro” si allenano con movimenti parziali, strattonati e sono grossi lo stesso, perchè il peso è un mezzo e non un fine, perchè “io faccio massa”.
Il problema è che il “gesto tecnico” non se lo caga nessuno, perchè si pensa che sia una perdita di tempo perchè tanto non c’è nessuna gara, o che oramai il proprio livello sia sicuramente buono, o che si distragga tempo dalla “massa”.
Tutto questo è facilmente smontabile, specialmente il fatto di avere un livello di padronanza buono: il ritornello classico è che io mi lamento perchè in palestra sono tutti incompetenti, dal proprietario all’istruttore. Ma se tutti sono così ignoranti, come faccio io ad essere sicuro di aver imparato bene? Chi mi ha controllato? L’istruttore di un’altra palestra che a sua volta voi giudicate incompetente? Perciò, nessuno di noi è così bravo da potersi esimere dal non curare la tecnica.
E curare la tecnica non significa “non fare massa” o fare allenamenti smunti e poco divertenti: prima di tutto, basta dedicare 20′ una seduta si e una no per imparare tante cose, e poi si tratta di allenamenti che possono essere altamente impegnativi. In pratica, i cicli proposti presuppongono che voi vi concentriate sulla tecnica, sulle finezze, sui particolari, e cerchiate di essere “bravi” quando vi allenate. Prima di affrontare questa roba, perciò, sarebbe bene una revisione a quello che sapete fare con il vostro corpo.
Il punto fondamentale è che imparare la tecnica giusta fa parte del sottoinsieme dell’”imparare”. E per imparare c’è la necessità di essere curiosi, di non accontentarsi, di voler capire e di mettersi in gioco. Se voi vi allenate da molti anni, avete latente questa caratteristica. Dategli una possibilità e vi posso garantire che vi divertirete. Sia per l’allenamento, sia per i risultati.
Forza funzionale… bleah
Nell’articolo sulla dinamica delle ripetizioni ho spiegato il perchè il bodybuilder dovrebbe intraprendere cicli di forza, ma per evitare di seppellire una considerazione innovativa, geniale, superba e sublime (ok ok, il delirio di onnipotenza fa brutti scherzi) la riporto qua.
Lo schema qua sopra riporta in estrema sintesi quello che accade: a senso, quale stimolo ipertrofico è migliore, quello prima o quello dopo la cura?
Senza ridire per l’ennesima volta quello che oramai sa anche il mio cane, l’allenamento con i pesi “per la massa” è sempre effettuato in un range di 6-8 ripetizioni (e carico adeguato) perchè questo è il miglior compromesso fra intensità e durata dello stimolo. Se perciò lo stimolo allenante è dato dal peso utilizzato per le ripetizioni che posso effettuare, questo aumenterà se incrementa il peso che posso utilizzare sulle stesse ripetizioni!
Certo, ci sono da fare almeno 50 “si ma” e 20 “però”, ma il nocciolo è che la forza va allenata in maniera specifica proprio per essere utilizzata come mezzo per l’ipertrofia.
Perciò, la forza è funzionale all’ipertrofia per quello che ci riguarda. E quali sono i parametri più importanti da considerare? Chiaro, la reattività nel salto dal plinto e la distanza di lancio delle palle mediche. Ok, stavo scherzando… Ovviamente, il carico che mettiamo sopra il bilancieree il numero di volte (serie e ripetizioni) che spostiamo questo carico.
Chiamiamo il carico intensità e il numero di volte volume. Mi raccomando: il concetto di intensità è quello classico della Teoria dell’Allenamento, una quantità oggettiva dato che è pura ghisa. L’intensità data come “sforzo e impegno” non ci interessa, non perchè non sia importante, ma essendo soggettiva dobbiamo per ora eliminarla dal nostro giochetto.
Leggete ma poi ragionate
Non fatevi fregare dai grafici e dai paroloni. In generale e in particolare dalle cose che scrivo. Dovete avere la capacità di contestualizzare quello che dico per la vostra condizione. E pensare anche al fatto che potrei aver detto un sacco di fesserie: un corollario del Principio di Heisemberg afferma che la probabilità di dire stronzate è sempre diversa da zero.
Per prima cosa, per apprezzare quello di cui parlerò è bene che abbiate una certa anzianità di allenamento, che abbiate padronanza con gli esercizi, che abbiate dei Kg decenti. Meno vi conoscete sotto stress, più sarà difficile che il risultato sia quello atteso (potrebbe essere anche superiore eh…). Lo dico per correttezza.
Poi, alla fine si tratta di usare schemi a buffer dove il cedimento non è presente. Dovete avere un minimo di pratica sui carichi. Nel caso non ce l’abbiate, dovete farvela. Dovete imparare a tirare il vostro corpo, attraverso il solito processo di trial&error. Non potrete esimervi da questo.
Io mi riferisco a persone che si allenano 3 volte a settimana, perchè 3 è il numero medio di sedute che un uomo medio può fare in una settimana media nel mondo occidentale. 3 sedute le fanno tutti gli amatori del mondo, non vedo perchè noi no. Perciò, non chiedo 4 o 5 volte, e potrebbero andare bene anche 2 volte. Però non iniziate a fare discorsi antipatici del tipo “ma io posso solo 2 volte ogni 10 giorni o 3 ogni 15 o…”.
La pizza si chiama pizza anche senza mozzarella (pizza rossa) o senza pomodoro (pizza bianca) o se ha i condimenti più assurdi sopra, ma se per l’impasto usate il poliuretano espanso non mi sembra il caso di chiamarla ancora “pizza”.
A cosa si applicano le fasi di accumulo e intensificazione
Anticipo subito che questi schemi si applicano agli esercizi e non ai gruppi muscolari. La differenza è importante. Solitamente, si sceglie UN esercizio a seduta su cui applicare questa roba, non UN gruppo. Applicate delle progressioni complesse ad un gruppo allenato con 3 esercizi e avrete un volume troppo elevato.
Un esercizio a seduta, due, tre esercizi complessivi su cui applicare queste idee. Questo è quanto. Così facendo è possibile per voi introdurre piano piano elementi nuovi, e per il resto continuare come avete sempre fatto.
Gli esercizi sono i classici multiarticolari, per il semplice motivo che “diventare bravi” passa per molti più fattori, nervosi e metabolici. C’è più margine di miglioramento perchè aumentano gli elementi che possono migliorare. E’ facile diventare esperti di curl per i bicipiti, molto meno di stacco. Perchè il curl è semplice, l’avambraccio ruota intorno al gomito e stop. Lo stacco coinvolge molte più articolazioni e le opzioni di traiettoria dei singoli segmenti ossei sono molte di più.
Mi raccomando: non è che dovete allenare TUTTO in questo modo, ma, anzi, vi consiglio di provare le idee su un solo esercizio. Uno.
Ultima cosa
Per l’ennesima volta, cerco di spiegare la teoria e il perchè funzionano certe cose. Poi esporrò degli esempi. Un esempio è una materializzazione di una data idea, non è l’idea. Capite l’idea e vi farete tutti gli esempi del mondo.
Entriamo nel vivo delle trattative
Consideriamo il microciclo eretico (eh eh eh) che è un ennesimo disegnino della supercompensazione, che ha in comune con tutti gli altri disegnini l’andamento: pongo il corpo in uno stato di stress programmato, poi lo faccio supercompensare (un riassuntino stringatissimo della puntata precedente).
Dobbiamo soffermarci su una serie di elementi che non devono essere dati per scontati:
Bang!
In tutti i disegni che trovate dopo le curve oscillanti verso l’alto o verso il basso c’è sempre la curvona che si impenna. Elimino lo stress, bang!, l’organismo può migliorare alla grande. Possiamo dire che super-compensa (Teoria della Supercompensazione classica) o che la fatica viene dissipata e il miglioramento risulta evidente (Dual Factor Theory).
Comunque sia, esiste sempre nel disegno una fase in cui l’allenamento viene eliminato per dar modo di ottenere i risultati. In pratica stiamo “trasformando” qualcosa in “prestazione”.
Nei disegni questo accade sempre con l’assenza di allenamento ma… sono disegni, no? Non fatevi fregare perchè poi pensate che sia necessario il “riposo” o lo “scarico”.
Possibile che non esistano dei metodi più performanti per ottenere questo effetto migliorativo? Certo che esistono: si tratta di manipolare il volume e il carico in modo tale da spingere l’organismo verso un risultato superiore. Il riposo come nel disegno è uno dei possibili modi: volume zero e intensità zero. Capite che tutto questo sia limitante, no? Ma, appunto, è un disegno.
Analogamente, lo scarico è un’altro modo di ottenere i risultati: inserisco una settimana a volume e a intensità inferiore al solito. Ma, appunto, è un altro modo.
Non preoccupiamoci di come fare, adesso, ma della possibilità che esistano modi alternativi a quelli dei disegni che permettono di migliorare le prestazioni. Per ottenere risultati, cioè, ci sono strade alternative più complesse che “non fare niente” o “fare meno”.
Volume
A destra in tutti i disegni le curve vanno sempre giù oscillando verso il basso. Questo perchè, appunto, induco uno stress. Ma per indurre lo stress devo introdurre un certo numero di sedute. Notate come il numero di sedute faccia parte della categoria “volume” piuttosto che della categoria “intensità”. In altre parole, è necessario un certo volume di allenamento. Non dico 20 sedute a settimana, per 3 ore l’una. Ma è necessario un quantitativo minimo per far poi il bang!
Il volume, cioè, è un qualcosa di importante nella Teoria della Periodizzazione. La differenza fra un atleta principiante, uno intermedio e uno avanzato è data dal differente livello prestativo assoluto (cioè “io sono più veloce/forte di te” per fare un esempio) ma principalmente dalla differente capacità di reggere volumi di lavoro (cioè “io riesco a fare più cose di te”).
Il talento genetico può fare il culo su una singola prova a tutti quelli che si allenano da una vita, ma difficilmente riuscirà a reggere più di queste prove. E’ la capacità di tenere elevati volumi di lavoro che differenzia questi soggetti. Per questo ai Giochi della Gioventù (li fanno ancora?) i calciatori vincevano a mani basse in batteria per poi rantolare in finale: 3 volte i 100 metri sparati al massimo era troppo per loro, abituati ad altri tipi di sforzi.
Perciò è necessario incrementare, specialmente se siete principianti, la vostra capacità di generare volumi di lavoro. E’ proprio questo volume che verrà “trasformato”. Sarà più chiaro in seguito, ma questo è il concetto.
Per molti questa suona come una pazzia, ma è così: se vi allenate sempre in monoserie 1×8 alla morte, avete pochissimo da “trasformare”. Pensate a come evolve nel tempo un ciclo del genere… a come termina e capirete il perchè.
Non si attende un bel nulla.
L’ultimo aspetto da tenere in considerazione è che nella Teoria della Periodizzazione (di cui la Supercompensazione è una parte) considera i vari grafici come interconnessi, così
La teoria serve per ottenere risultati in una competizione, che è un evento prefissato. Questo significa che ogni fase deve dare i risultati in un ben preciso intervallo di tempo.
In altre parole, non è che mi alleno, mi riposo, e quando sono pronto io mi alleno di nuovo. No. Io mi alleno per forzare il mio corpo a dare i risultati che io stabilisco nel periodo che io stabilisco. E’ l’esatto contrario. Per questo nessuno attende il picco supercompensativo: perchè non c’è nulla da attendere, il picco deve venire quando lo dico io!
Non è presunzione, ma è proprio l’arte di allenarsi. Questo dovete in ultima analisi imparare: ottenere i risultati quando volete voi. Se questo non accade, avete sbagliato perchè non basta il risultato ma anche quando l’avete conseguito.
Poiché noi non gareggiamo, possiamo essere più laschi e meno esigenti, ma il concetto deve rimanere. Aspettare il miglioramento equivale a non farlo mai arrivare. Forzare il corpo a migliorare, in un dato periodo. Che poi sia una settimana prima o dopo non ci interessa, ma questo è il concetto.
Un esempio straclassico
Ok ok, so già cosa mi state per dire. “Ma come, tutto questo gran puzzo scientifico e poi per l’ennesima volta in fottutissimo ciclo russo che manco è una tua idea?”. Eh sì, perchè, alla fine, questa roba esemplifica i concetti.
Accumulo
Guardate la prima parte: ci sono 4 sedute dove il carico è sempre lo stesso e il volume aumenta. Qui “accumulate” lavoro. E’ chiaro che questo accumulo vada fatto con criterio: un multiarticolare dove è richiesta abilità e tecnica, in modo da mettere sotto stress l’organismo. Quello che accade è che il vostro corpo, per reggere un aumento di questo tipo, deve diventare più “bravo”, deve specializzarsi ad ottimizzare le energie, a limare la tecnica, a riuscire a compiere lo stesso gesto in condizioni di sempre più stanchezza.
Questa abilità viene sepolta dalla fatica che fate, ma comunque deve migliorare, altrimenti non potreste terminare la fase di accumulo.
La tabella qua sopra mette a confronto un po’ di modi per ottenere un accumulo.
La A è il ciclo russo. Ragioniamoci un attimo sopra: inizio con serie di 3 ripetizioni con un carico con cui ne andrò a fare 6×6 alla fine, perciò inizio “piano”. Possiamo stare a discutere una vita sul buffer, le percentuali e tutto il resto, ma se lo scopo è fare 36 ripetizioni con un peso e inizio con 18, sicuramente sono partico con del margine.
Ciò non toglie che il numero di serie è elevato. In queste condizioni si verifica un fatto che chi fa un 2×8 non può mai provare: l’adattamento neurale a breve termine.
Senza usare tanti paroloni, via via che nella sessione macinate serie il vostro cervello capirà a gestire meglio il carico, a “sentirlo” come fattibile.
In un allenamento ad elevate serie di poche ripetizioni le serie intermedie sono quelle che vengono meglio. E’ qui che si verificano quegli adattamenti positivi che vogliamo: il sistema nervoso prende confidenza con il carico, ottimizzando le traiettorie, imparando a rallentare ed accelerare quando serve. Le ultime serie sono quelle dove si sente la stanchezza, ma poiché sappiamo che il carico è fattibile, le chiudiamo comunque.
Questo fenomeno si “sente” proprio: nelle prime serie c’è un certo “timore”, una specie di fiatone anche se vi siete scaldati bene, movimenti non fluidi. Poi nelle serie centrali queste sensazioni scompaiono e vi sentite caldi e reattivi. A me fa così, e dato che io appartengo alla specie homo sapiens sapiens come voi, non credo di essere così particolare da provare cose strane o innovative.
Di seduta in seduta gli adattamenti dati dall’allenamento precedente permettono di chiudere anche l’allenamento attuale, perchè in ogni serie si incrementa di una sola ripetizione.
Ovviamente, si tratta di scegliere con estrema attenzione il carico. 80% di cosa? E’ qui che i soldatini che provano i cicli russi finiscono in qualche gulag della Siberia o al Cremlino sotto la statua di Stalin per essere premiati.
Questo tipo di accumulo permette perciò di tirare le proprie capacità di adattamento facendovi diventare sempre più bravi. E’ difficile, vi tira per il collo, ma è fattibile.
Il ciclo B è composto da 4 numeri a caso, belli da vedere ma assolutamente senza senso. Lo riporto perchè a tutti piace inventare schemi, e una volta l’ho fatto anche io (il boato dell’esplosione fu peggio di quello del Krakatoa). Lo schema non funziona perchè l’incremento di volume è troppo repentino e il corpo non può adattarsi con quel carico.
Lo schema C ha serie e ripetizioni rigirate rispetto all’A. Perciò il volume totale è sempre lo stesso. Ma, stranamente, funziona peggio. Il problema di questo schema è che 6 ripetizioni sono tante e ci si concentra più sul finirle che sul farle bene. Iniziando con 3 serie si sente molto meno l’adattamento a breve termine, perchè l’allenamento termina subito, un po’ come nel 2×8. Non imparate a gestire il carico e avete fretta di concludere la serie per “paura” di non farcela. Ma ogni allenamento viene incrementato di una serie, e l’adattamento rincorre lo stimolo.
Poiché è uno schema progressivo, dà i suoi risultati, ma se può funzionare per un principiante, alla lunga non rende.
Lo schema D è un’altra idea: partire con un 6×6 a meno peso del finale e salire con i Kg di allenamento in allenamento. Questo schema ha una sua valenza, a mio avviso, per far sviluppare capacità di lavoro in una fase introduttiva di un ciclo, in un ricondizionamento, nell’apprendimento di un nuovo movimento dove voglio comunque allenarmi. Io stesso uso roba del genere che può essere anche molto ipertrofica a mio avviso, basta giocare sui recuperi.
Il problema è che il vostro corpo è molto sensibile alle variazioni di intensità, più che a quelle di volume. Si adatta peggio ad incrementi di carico che ad incrementi di serie/ripetizioni. Per visualizzare questo, pensate allo squat 1×20: c’è gente che in questo esercizio, a forza di incrementi di 500 grammi, riesce ad arrivare a 20 ripetizioni con pesi esorbitanti. Volume stellare.
Ma se gli stessi devono fare un allenamento in 1×5 con un 15% in più, hanno un crollo anche se l’incremento è del tutto plausibile. Perchè il volume è una caratteristica bruta, l’intensità è fine (per usare qualcosa di assolutamente poco scientifico) ed è sempre più facile “fare di più” che “farlo più forte”
Nello schema D è difficoltoso adattarsi agli incrementi di carico con quel volume di lavoro, ed è perciò facile fallire il risultato finale.
Perciò nella fase di accumulo si deve cercare di arrivare al volume massimo prefissato con il carico che abbiamo scelto. Così facendo abbiamo incrementato le nostre abilità di gestione di quel peso. Lo scopo è proprio riuscire ad effettuare delle belle alzate in condizioni di fatica. Per far ciò ci vuole uno schema di carico sfidante ma fattibile.
Sarebbe bello dare delle regole generali, ma… non ci sono. Il ciclo russo è un’idea, 1000 variazioni sono possibili.
Trasformazione
Al termine dell’incremento della capacità di lavoro si inizia a incrementare il peso, scalando le ripetizioni. Si “trasforma” quanto fatto nella fase precedente in un incremento di prestazione. Nel nostro caso, Kg sul bilanciere.
Perciò questi Kg devono in qualche modo salire, ma per far ciò è necessario scalare il volume di allenamento, perchè incrementare i Kg a parità di volume significherebbe che potrei fare più volume a parità di Kg, cioè non avrei terminato l’accumulo stesso.
Decido un incremento lineare a salti del 5% e scalo il volume in maniera molto drastica dato che passo da 25 ripetizioni a 16, 9 e poi 4. Il decremento non è lineare in quanto l’idea è che a fronte di un incremento di carico di quel tipo la percezione della difficoltà non sia proporzionale, perciò le alzate devono scendere in maniera non lineare per compensare questo fenomeno.
Ho inserito nella tabella sopra riportata un confronto fra 3 tipologie differenti di trasformazione: la A è il ciclo russo.
Nello schema B parto con un 6×4 per un totale di 24 ripetizioni, equivalente alle 25 del “russo”. Poi però scalo ancora di più il volume totale, ma cerco di mantenere alto il numero di serie. Questo, a mio avviso, è uno schema migliore del precedente, sempre per la “sensibilità all’intensità” di cui abbiamo parlato. Un 3×3x95% è assolutamente devastante, non per le 3 serie, ma per le 3 ripetizioni che con quel peso sono tante. 6 singole, invece, sono percepite in tutt’altra maniera. Idem il confronto fra 4×4 e 6×2 che a quasi parità di volume rendono la seconda soluzione più fattibile.
Lo schema C è un’altra variazione, dove si calca la mano ulteriormente sul facilitare l’esecuzione di una singola serie, aumentando però il numero di serie.
Anche nella fase di trasformazione ci sono politiche più o meno valide, con una differenza rispetto all’accumulo: questo, infatti, risulta più cruciale perchè toppare in questo momento significa impedire al ciclo di arrivare proprio a termine, mentre toppare nella trasformazione porta comunque ad un risultato seppure parziale.
In più, nella fase di trasformazione se ci accorgiamo che le cose non stanno andando come vorremmo è facile rallentare l’incremento e/o scalare il volume, proprio perchè la sensibilità all’intensità permette di evidenziare subito i difetti della pianificazione: se sbaglio, me ne accorgo.
L’accumulo invece è molto più subdolo in quanto è facile generare un volume immenso accumulando fatica senza accorgersene, con difficoltà a smaltirla nelle ultime settimane prima della trasformazione. Considerate che una fase di accumulo può durare anche mesi eh… qui stiamo facendo esempi per il BB, ma una preparazione invernale in pista dura 4 mesi. Il meccanismo del superallenamento nasce proprio per la capacità del corpo di accumulare lavoro e più siete allenati e più questa capacità vi permette di spremervi.
Mi raccomando: non sto dicendo che il ciclo russo faccia cagare, non facciamo i soliti palestrari marmorei. Funziona, alla grande, se settate i carichi corretti. Poi, come tutte le soluzioni prestampate, smetterà di funzionare. Quando l’avrete fatto 3-4 volte con Kg sempre crescenti vedrete che la fase di trasformazione è troppo difficile. E saranno più performanti le altre soluzioni.
Ma nulla vieta di ibridare il ciclo prendendo l’accumulo del “russo” e la trasformazione di altri sistemi.
Volume costante in trasformazione
Puntualizzo meglio quanto espresso nell’esempio precedente. Esiste una regoletta che è il continuum serie e ripetizioni, una legge empirica che lega le ripetizioni per serie alle serie totali. In un ciclo di trasformazione è più performante far salire il carico mantenendo costante il più possibile il volume di lavoro.
Il graficozzo è solo per fare scena: ho supposto un volume totale di 24 ripetizioni partendo da un 4×6 per poi avere 5×5, 6×4, 8×3, 12×2, 24×1. Il volume è praticamente costante, e ogni volta
Così facendo limito il problema della sensibilità all’intensità: sempre meno ripetizioni in modo da non avere stress mentale per finire la serie, ma sottopongo lo stesso il corpo allo stimolo del carico. Ok, 12, 24 serie sono un po’ tantine, una persona normale sclera a farle. Limitiamole a 10.
Ecco qua, questo mi sembra più ragionevole: così facendo è possibile dare lo stimolo corretto al nostro esercizio in fase di trasformazione.
Però continuate a ragionare: perchè 24 ripetizioni come partenza? Semplice: l’ho stabilito IO eh eh eh. Dovete generalizzare lo schema: in trasformazione si prende un volume totale di ripetizioni e si cerca di mantenerlo costante, decrementando le ripetizioni e incrementando le serie. Alla fine quando le serie diventano troppo alte, sarò costretto a scalerò il volume.
Quello decreta, bene o male, la fine del ciclo.Poco volume, poco stimolo allenante, tutto neurale ad alta intensità. Stop. Insistete e andrete in stallo perchè il carico sarà così elevato che non potrete adattarvi. Questo è il motivo per cui un 4×5 fallisce quando diventa 5-3-2-2: il carico è troppo elevato, qualsiasi sia il recupero.
Sintetizzando…
Ok, lo so… parlo di queste assurdità anche con i colleghi. Del resto, l’altro argomento del Maschio Medio era già stato affrontato nella prima parte del viaggetto…
Gianni mi ha chiesto: “ma tu riesci a stabilire che quell’allenamento lo finisci? Che se devi fare quelle ripetizioni, quelle farai?”. In effetti, è così.
Questa domanda è simile a tante che poi si leggono sui forum: “ok, tutto bello, ma… quanti Kg piazzo sul bilanciere?”. Cioè: come faccio a determinare il carico giusto, il recupero giusto, come faccio a scegliere uno schema e una progressione che vada bene per me? E come faccio a capire quando sto sbagliando, quando sto esagerando o sto facendo troppo poco?
E io, come faccio? Ragazzi, la domanda non è per niente banale! Al di là della teoria che aiuta a scegliere soluzioni ragionevoli, è tutta esperienza.
Di 10×4, 6×3, 2-4-6 ne ho provati a tonnellate, con poco o molto recupero, con Kg irragionevoli o perfetti. So come reagisco a quasi tutto, oramai. Per questo evito gli errori grossolani, ma solo perchè mi conosco. E per questo è difficile, per me, dare consigli a chi non conosco: non so come si comporta sotto stress.
Le leggi fisiologiche e biochimiche uguali per tutti stabiliscono allo stesso tempo che esistono delle individualità. Ognuno di noi ha le sue attitudini, i suoi schemi preferiti, i suoi esercizi che funzionano meglio. Io ad esempio rendo meglio su un 10×1 che su un 5×2, su un piramidale inverso piuttosto che su una prima serie target. Ho i miei schemi che “mi fanno girare i coglioni” e che evito, come voi avete i vostri.
Quello che caratterizza un buon allenatore è proprio la capacità di contestualizzare le sue conoscenza teoriche nella pratica di tutti i giorni, e questo è possibile sapendo come un dato schema di allenamento reagirà quando è applicato. Però, per avere idea di tutto questo, è necessario provare. Su di se o sugli altri. L’esperienza è così un valore.
Forse sbaglio, dovrei dare dei nomi agli schemi che presento, descriverli con le percentuali, essere meno possibilista e più diretto: è così e basta. Però non mi riesce, perchè io sono una persona che si concentra sul modello, sulle relazioni che legano elementi e variabili. Penso che, una volta compresi i legami, il grado di flessibilità sia superiore. Questo rende quanto scrivo molto meno immediato e fruibile, pieno di “dipende”. Me ne rendo conto.
Cercate di non avere fretta, costruitevi la vostra esperienza.
Avvertenze
I foglietti che si trovano nelle scatole delle medicine (si chiamano bugiardini, un nome che a me suona ridicolo) contengono le avvertenze nell’uso del medicinale a cui si riferiscono. Interazioni, effetti collaterali. In uno spettacolare c’era scritto “in rari casi può provocare anche la morte del paziente”. In rari casi, fiuuuu….
Come mai la “massa” non è mai menzionata?
La Teoria della Periodizzazione non è rivolta alla costruzione di massa muscolare, perchè il suo scopo è farvi arrivare in gara al top. E per “gara” si intende qualcosa dove esprimete le vostre caratteristiche fisiche in un gesto o una abilità di qualche tipo. L’estetica che noi colleghiamo alla massa muscolare non è contemplata. La massa muscolare è vista come un ausilio allo sviluppo del gesto e delle abilità, non come abilità in se.
Mettiamola così: fino a che il culturismo non sarà considerato uno sport secondo il senso comune del termine, non esisterà mai una “Teoria della Periodizzazione per la Massa Muscolare”, perciò tutto quello che oggi leggete dei vari autori ufficiali o meno deriva o verte sempre sulla “forza” in qualche sua manifestazione.
Su cosa concentrarsi
La Teoria della Periodizzazione evidenzia gli aspetti fondamentali da curare in una preparazione. Ecco uno schema che mi è sempre piaciuto: la piramide. In generale adoro gli schemi a piramide perchè evidenziano un ordine di priorità sequenziale: inutile concentrarsi su elementi che non sono importanti se tutti gli altri non sono andati a posto.
· La preparazione fisica è la base di tutti gli sport, sia generale che specifica. Livelli minimi di forza, di abilità psicomotorie sono indispensabili anche nelle bocce, e non è possibile parlare di allenamenti specifici se non c’è un livello di “fisicità” raggiunto
· La preparazione tecnica è specifica delle varie attività sportive, è la tecnica dello sport, del gesto atletico connesso alla disciplina. Esiste per tutti, ci possono essere livelli tecnici “generali” adatti a più discipline, ma comunque esiste una pesante parte specifica.
· La preparazione tattica riguarda l’utilizzo delle metodiche più performanti per ottenere il risultato voluto in una competizione, le tattiche di gioco e tutto il resto.
· La preparazione psicologica è volta a migliorare tutto quello che è la percezione della competizione, la visualizzazione e l’interiorizzazione dei gesti e l’autocontrollo.
Al di là di quello che rappresentano i singoli blocchi, mi preme sottolineare gli aspetti consequenziali: inutile essere la persona più autocontrollata del mondo nel tiro al piattello se dopo 5′ si fa fatica a tenere il calcio del fucile sulla spalla. Mancando proprio il primo livello, gli altri vanno a farsi friggere. Idem, inutile avere una chiara idea di come strutturare un ciclo di panca meglio di Sheiko se poi abbiamo un tricipite più scarso dell’altro e l’alzata è asimmetrica.
Ogni livello preclude un altro, e, anzi, il miglioramento di un livello permette una più chiara comprensione di quello successivo. Non voglio dilungarmi, ma un aumento di forza generale mette in condizione l’atleta di evidenziare delle carenze tecniche che pensava di non avere: non aveva i muscoli per poter capire i suoi difetti!
Ancora, non fate l’errore di pensare che questa roba non vi serva: possiamo sbattercene della preparazione psicologica e tattica, questo è vero. Noi svolgiamo una attività individuale dove competiamo con noi stessi, perciò che strategia o tattica di gara, che supporto psicologico dobbiamo avere? Dài…
Ed è chiaro che c’è una preparazione fisica: andiamo in palestra per diventare grossi e forti, per definizione facciamo “preparazione fisica”!
Ma questa piramide è importante perchè la teoria evidenzia, come gradino fondamentale, la preparazione tecnica. Se noi competiamo con noi stessi, per eccellere in questa competizione dobbiamo sviluppare la tecnica del nostro assurdo “sport”.
Ripeto: per ottenere risultati è necessario avere una tecnica buona o, viceversa, non curate la tecnica e non otterrete risultati. La teoria, nata nel tempo sulla pelle di migliaia di atleti, non transige. Mettetevelo in testa. Dovete-curare-la-tecnica!!!
Invece, non lo fa nessuno. Perchè i “pro” si allenano con movimenti parziali, strattonati e sono grossi lo stesso, perchè il peso è un mezzo e non un fine, perchè “io faccio massa”.
Il problema è che il “gesto tecnico” non se lo caga nessuno, perchè si pensa che sia una perdita di tempo perchè tanto non c’è nessuna gara, o che oramai il proprio livello sia sicuramente buono, o che si distragga tempo dalla “massa”.
Tutto questo è facilmente smontabile, specialmente il fatto di avere un livello di padronanza buono: il ritornello classico è che io mi lamento perchè in palestra sono tutti incompetenti, dal proprietario all’istruttore. Ma se tutti sono così ignoranti, come faccio io ad essere sicuro di aver imparato bene? Chi mi ha controllato? L’istruttore di un’altra palestra che a sua volta voi giudicate incompetente? Perciò, nessuno di noi è così bravo da potersi esimere dal non curare la tecnica.
E curare la tecnica non significa “non fare massa” o fare allenamenti smunti e poco divertenti: prima di tutto, basta dedicare 20′ una seduta si e una no per imparare tante cose, e poi si tratta di allenamenti che possono essere altamente impegnativi. In pratica, i cicli proposti presuppongono che voi vi concentriate sulla tecnica, sulle finezze, sui particolari, e cerchiate di essere “bravi” quando vi allenate. Prima di affrontare questa roba, perciò, sarebbe bene una revisione a quello che sapete fare con il vostro corpo.
Il punto fondamentale è che imparare la tecnica giusta fa parte del sottoinsieme dell’”imparare”. E per imparare c’è la necessità di essere curiosi, di non accontentarsi, di voler capire e di mettersi in gioco. Se voi vi allenate da molti anni, avete latente questa caratteristica. Dategli una possibilità e vi posso garantire che vi divertirete. Sia per l’allenamento, sia per i risultati.
Forza funzionale… bleah
Nell’articolo sulla dinamica delle ripetizioni ho spiegato il perchè il bodybuilder dovrebbe intraprendere cicli di forza, ma per evitare di seppellire una considerazione innovativa, geniale, superba e sublime (ok ok, il delirio di onnipotenza fa brutti scherzi) la riporto qua.
Lo schema qua sopra riporta in estrema sintesi quello che accade: a senso, quale stimolo ipertrofico è migliore, quello prima o quello dopo la cura?
Senza ridire per l’ennesima volta quello che oramai sa anche il mio cane, l’allenamento con i pesi “per la massa” è sempre effettuato in un range di 6-8 ripetizioni (e carico adeguato) perchè questo è il miglior compromesso fra intensità e durata dello stimolo. Se perciò lo stimolo allenante è dato dal peso utilizzato per le ripetizioni che posso effettuare, questo aumenterà se incrementa il peso che posso utilizzare sulle stesse ripetizioni!
Certo, ci sono da fare almeno 50 “si ma” e 20 “però”, ma il nocciolo è che la forza va allenata in maniera specifica proprio per essere utilizzata come mezzo per l’ipertrofia.
Perciò, la forza è funzionale all’ipertrofia per quello che ci riguarda. E quali sono i parametri più importanti da considerare? Chiaro, la reattività nel salto dal plinto e la distanza di lancio delle palle mediche. Ok, stavo scherzando… Ovviamente, il carico che mettiamo sopra il bilancieree il numero di volte (serie e ripetizioni) che spostiamo questo carico.
Chiamiamo il carico intensità e il numero di volte volume. Mi raccomando: il concetto di intensità è quello classico della Teoria dell’Allenamento, una quantità oggettiva dato che è pura ghisa. L’intensità data come “sforzo e impegno” non ci interessa, non perchè non sia importante, ma essendo soggettiva dobbiamo per ora eliminarla dal nostro giochetto.
Leggete ma poi ragionate
Non fatevi fregare dai grafici e dai paroloni. In generale e in particolare dalle cose che scrivo. Dovete avere la capacità di contestualizzare quello che dico per la vostra condizione. E pensare anche al fatto che potrei aver detto un sacco di fesserie: un corollario del Principio di Heisemberg afferma che la probabilità di dire stronzate è sempre diversa da zero.
Per prima cosa, per apprezzare quello di cui parlerò è bene che abbiate una certa anzianità di allenamento, che abbiate padronanza con gli esercizi, che abbiate dei Kg decenti. Meno vi conoscete sotto stress, più sarà difficile che il risultato sia quello atteso (potrebbe essere anche superiore eh…). Lo dico per correttezza.
Poi, alla fine si tratta di usare schemi a buffer dove il cedimento non è presente. Dovete avere un minimo di pratica sui carichi. Nel caso non ce l’abbiate, dovete farvela. Dovete imparare a tirare il vostro corpo, attraverso il solito processo di trial&error. Non potrete esimervi da questo.
Io mi riferisco a persone che si allenano 3 volte a settimana, perchè 3 è il numero medio di sedute che un uomo medio può fare in una settimana media nel mondo occidentale. 3 sedute le fanno tutti gli amatori del mondo, non vedo perchè noi no. Perciò, non chiedo 4 o 5 volte, e potrebbero andare bene anche 2 volte. Però non iniziate a fare discorsi antipatici del tipo “ma io posso solo 2 volte ogni 10 giorni o 3 ogni 15 o…”.
La pizza si chiama pizza anche senza mozzarella (pizza rossa) o senza pomodoro (pizza bianca) o se ha i condimenti più assurdi sopra, ma se per l’impasto usate il poliuretano espanso non mi sembra il caso di chiamarla ancora “pizza”.
A cosa si applicano le fasi di accumulo e intensificazione
Anticipo subito che questi schemi si applicano agli esercizi e non ai gruppi muscolari. La differenza è importante. Solitamente, si sceglie UN esercizio a seduta su cui applicare questa roba, non UN gruppo. Applicate delle progressioni complesse ad un gruppo allenato con 3 esercizi e avrete un volume troppo elevato.
Un esercizio a seduta, due, tre esercizi complessivi su cui applicare queste idee. Questo è quanto. Così facendo è possibile per voi introdurre piano piano elementi nuovi, e per il resto continuare come avete sempre fatto.
Gli esercizi sono i classici multiarticolari, per il semplice motivo che “diventare bravi” passa per molti più fattori, nervosi e metabolici. C’è più margine di miglioramento perchè aumentano gli elementi che possono migliorare. E’ facile diventare esperti di curl per i bicipiti, molto meno di stacco. Perchè il curl è semplice, l’avambraccio ruota intorno al gomito e stop. Lo stacco coinvolge molte più articolazioni e le opzioni di traiettoria dei singoli segmenti ossei sono molte di più.
Mi raccomando: non è che dovete allenare TUTTO in questo modo, ma, anzi, vi consiglio di provare le idee su un solo esercizio. Uno.
Ultima cosa
Per l’ennesima volta, cerco di spiegare la teoria e il perchè funzionano certe cose. Poi esporrò degli esempi. Un esempio è una materializzazione di una data idea, non è l’idea. Capite l’idea e vi farete tutti gli esempi del mondo.
Entriamo nel vivo delle trattative
Consideriamo il microciclo eretico (eh eh eh) che è un ennesimo disegnino della supercompensazione, che ha in comune con tutti gli altri disegnini l’andamento: pongo il corpo in uno stato di stress programmato, poi lo faccio supercompensare (un riassuntino stringatissimo della puntata precedente).
Dobbiamo soffermarci su una serie di elementi che non devono essere dati per scontati:
Bang!
In tutti i disegni che trovate dopo le curve oscillanti verso l’alto o verso il basso c’è sempre la curvona che si impenna. Elimino lo stress, bang!, l’organismo può migliorare alla grande. Possiamo dire che super-compensa (Teoria della Supercompensazione classica) o che la fatica viene dissipata e il miglioramento risulta evidente (Dual Factor Theory).
Comunque sia, esiste sempre nel disegno una fase in cui l’allenamento viene eliminato per dar modo di ottenere i risultati. In pratica stiamo “trasformando” qualcosa in “prestazione”.
Nei disegni questo accade sempre con l’assenza di allenamento ma… sono disegni, no? Non fatevi fregare perchè poi pensate che sia necessario il “riposo” o lo “scarico”.
Possibile che non esistano dei metodi più performanti per ottenere questo effetto migliorativo? Certo che esistono: si tratta di manipolare il volume e il carico in modo tale da spingere l’organismo verso un risultato superiore. Il riposo come nel disegno è uno dei possibili modi: volume zero e intensità zero. Capite che tutto questo sia limitante, no? Ma, appunto, è un disegno.
Analogamente, lo scarico è un’altro modo di ottenere i risultati: inserisco una settimana a volume e a intensità inferiore al solito. Ma, appunto, è un altro modo.
Non preoccupiamoci di come fare, adesso, ma della possibilità che esistano modi alternativi a quelli dei disegni che permettono di migliorare le prestazioni. Per ottenere risultati, cioè, ci sono strade alternative più complesse che “non fare niente” o “fare meno”.
Volume
A destra in tutti i disegni le curve vanno sempre giù oscillando verso il basso. Questo perchè, appunto, induco uno stress. Ma per indurre lo stress devo introdurre un certo numero di sedute. Notate come il numero di sedute faccia parte della categoria “volume” piuttosto che della categoria “intensità”. In altre parole, è necessario un certo volume di allenamento. Non dico 20 sedute a settimana, per 3 ore l’una. Ma è necessario un quantitativo minimo per far poi il bang!
Il volume, cioè, è un qualcosa di importante nella Teoria della Periodizzazione. La differenza fra un atleta principiante, uno intermedio e uno avanzato è data dal differente livello prestativo assoluto (cioè “io sono più veloce/forte di te” per fare un esempio) ma principalmente dalla differente capacità di reggere volumi di lavoro (cioè “io riesco a fare più cose di te”).
Il talento genetico può fare il culo su una singola prova a tutti quelli che si allenano da una vita, ma difficilmente riuscirà a reggere più di queste prove. E’ la capacità di tenere elevati volumi di lavoro che differenzia questi soggetti. Per questo ai Giochi della Gioventù (li fanno ancora?) i calciatori vincevano a mani basse in batteria per poi rantolare in finale: 3 volte i 100 metri sparati al massimo era troppo per loro, abituati ad altri tipi di sforzi.
Perciò è necessario incrementare, specialmente se siete principianti, la vostra capacità di generare volumi di lavoro. E’ proprio questo volume che verrà “trasformato”. Sarà più chiaro in seguito, ma questo è il concetto.
Per molti questa suona come una pazzia, ma è così: se vi allenate sempre in monoserie 1×8 alla morte, avete pochissimo da “trasformare”. Pensate a come evolve nel tempo un ciclo del genere… a come termina e capirete il perchè.
Non si attende un bel nulla.
L’ultimo aspetto da tenere in considerazione è che nella Teoria della Periodizzazione (di cui la Supercompensazione è una parte) considera i vari grafici come interconnessi, così
La teoria serve per ottenere risultati in una competizione, che è un evento prefissato. Questo significa che ogni fase deve dare i risultati in un ben preciso intervallo di tempo.
In altre parole, non è che mi alleno, mi riposo, e quando sono pronto io mi alleno di nuovo. No. Io mi alleno per forzare il mio corpo a dare i risultati che io stabilisco nel periodo che io stabilisco. E’ l’esatto contrario. Per questo nessuno attende il picco supercompensativo: perchè non c’è nulla da attendere, il picco deve venire quando lo dico io!
Non è presunzione, ma è proprio l’arte di allenarsi. Questo dovete in ultima analisi imparare: ottenere i risultati quando volete voi. Se questo non accade, avete sbagliato perchè non basta il risultato ma anche quando l’avete conseguito.
Poiché noi non gareggiamo, possiamo essere più laschi e meno esigenti, ma il concetto deve rimanere. Aspettare il miglioramento equivale a non farlo mai arrivare. Forzare il corpo a migliorare, in un dato periodo. Che poi sia una settimana prima o dopo non ci interessa, ma questo è il concetto.
Un esempio straclassico
Ok ok, so già cosa mi state per dire. “Ma come, tutto questo gran puzzo scientifico e poi per l’ennesima volta in fottutissimo ciclo russo che manco è una tua idea?”. Eh sì, perchè, alla fine, questa roba esemplifica i concetti.
Accumulo
Guardate la prima parte: ci sono 4 sedute dove il carico è sempre lo stesso e il volume aumenta. Qui “accumulate” lavoro. E’ chiaro che questo accumulo vada fatto con criterio: un multiarticolare dove è richiesta abilità e tecnica, in modo da mettere sotto stress l’organismo. Quello che accade è che il vostro corpo, per reggere un aumento di questo tipo, deve diventare più “bravo”, deve specializzarsi ad ottimizzare le energie, a limare la tecnica, a riuscire a compiere lo stesso gesto in condizioni di sempre più stanchezza.
Questa abilità viene sepolta dalla fatica che fate, ma comunque deve migliorare, altrimenti non potreste terminare la fase di accumulo.
La tabella qua sopra mette a confronto un po’ di modi per ottenere un accumulo.
La A è il ciclo russo. Ragioniamoci un attimo sopra: inizio con serie di 3 ripetizioni con un carico con cui ne andrò a fare 6×6 alla fine, perciò inizio “piano”. Possiamo stare a discutere una vita sul buffer, le percentuali e tutto il resto, ma se lo scopo è fare 36 ripetizioni con un peso e inizio con 18, sicuramente sono partico con del margine.
Ciò non toglie che il numero di serie è elevato. In queste condizioni si verifica un fatto che chi fa un 2×8 non può mai provare: l’adattamento neurale a breve termine.
Senza usare tanti paroloni, via via che nella sessione macinate serie il vostro cervello capirà a gestire meglio il carico, a “sentirlo” come fattibile.
In un allenamento ad elevate serie di poche ripetizioni le serie intermedie sono quelle che vengono meglio. E’ qui che si verificano quegli adattamenti positivi che vogliamo: il sistema nervoso prende confidenza con il carico, ottimizzando le traiettorie, imparando a rallentare ed accelerare quando serve. Le ultime serie sono quelle dove si sente la stanchezza, ma poiché sappiamo che il carico è fattibile, le chiudiamo comunque.
Questo fenomeno si “sente” proprio: nelle prime serie c’è un certo “timore”, una specie di fiatone anche se vi siete scaldati bene, movimenti non fluidi. Poi nelle serie centrali queste sensazioni scompaiono e vi sentite caldi e reattivi. A me fa così, e dato che io appartengo alla specie homo sapiens sapiens come voi, non credo di essere così particolare da provare cose strane o innovative.
Di seduta in seduta gli adattamenti dati dall’allenamento precedente permettono di chiudere anche l’allenamento attuale, perchè in ogni serie si incrementa di una sola ripetizione.
Ovviamente, si tratta di scegliere con estrema attenzione il carico. 80% di cosa? E’ qui che i soldatini che provano i cicli russi finiscono in qualche gulag della Siberia o al Cremlino sotto la statua di Stalin per essere premiati.
Questo tipo di accumulo permette perciò di tirare le proprie capacità di adattamento facendovi diventare sempre più bravi. E’ difficile, vi tira per il collo, ma è fattibile.
Il ciclo B è composto da 4 numeri a caso, belli da vedere ma assolutamente senza senso. Lo riporto perchè a tutti piace inventare schemi, e una volta l’ho fatto anche io (il boato dell’esplosione fu peggio di quello del Krakatoa). Lo schema non funziona perchè l’incremento di volume è troppo repentino e il corpo non può adattarsi con quel carico.
Lo schema C ha serie e ripetizioni rigirate rispetto all’A. Perciò il volume totale è sempre lo stesso. Ma, stranamente, funziona peggio. Il problema di questo schema è che 6 ripetizioni sono tante e ci si concentra più sul finirle che sul farle bene. Iniziando con 3 serie si sente molto meno l’adattamento a breve termine, perchè l’allenamento termina subito, un po’ come nel 2×8. Non imparate a gestire il carico e avete fretta di concludere la serie per “paura” di non farcela. Ma ogni allenamento viene incrementato di una serie, e l’adattamento rincorre lo stimolo.
Poiché è uno schema progressivo, dà i suoi risultati, ma se può funzionare per un principiante, alla lunga non rende.
Lo schema D è un’altra idea: partire con un 6×6 a meno peso del finale e salire con i Kg di allenamento in allenamento. Questo schema ha una sua valenza, a mio avviso, per far sviluppare capacità di lavoro in una fase introduttiva di un ciclo, in un ricondizionamento, nell’apprendimento di un nuovo movimento dove voglio comunque allenarmi. Io stesso uso roba del genere che può essere anche molto ipertrofica a mio avviso, basta giocare sui recuperi.
Il problema è che il vostro corpo è molto sensibile alle variazioni di intensità, più che a quelle di volume. Si adatta peggio ad incrementi di carico che ad incrementi di serie/ripetizioni. Per visualizzare questo, pensate allo squat 1×20: c’è gente che in questo esercizio, a forza di incrementi di 500 grammi, riesce ad arrivare a 20 ripetizioni con pesi esorbitanti. Volume stellare.
Ma se gli stessi devono fare un allenamento in 1×5 con un 15% in più, hanno un crollo anche se l’incremento è del tutto plausibile. Perchè il volume è una caratteristica bruta, l’intensità è fine (per usare qualcosa di assolutamente poco scientifico) ed è sempre più facile “fare di più” che “farlo più forte”
Nello schema D è difficoltoso adattarsi agli incrementi di carico con quel volume di lavoro, ed è perciò facile fallire il risultato finale.
Perciò nella fase di accumulo si deve cercare di arrivare al volume massimo prefissato con il carico che abbiamo scelto. Così facendo abbiamo incrementato le nostre abilità di gestione di quel peso. Lo scopo è proprio riuscire ad effettuare delle belle alzate in condizioni di fatica. Per far ciò ci vuole uno schema di carico sfidante ma fattibile.
Sarebbe bello dare delle regole generali, ma… non ci sono. Il ciclo russo è un’idea, 1000 variazioni sono possibili.
Trasformazione
Al termine dell’incremento della capacità di lavoro si inizia a incrementare il peso, scalando le ripetizioni. Si “trasforma” quanto fatto nella fase precedente in un incremento di prestazione. Nel nostro caso, Kg sul bilanciere.
Perciò questi Kg devono in qualche modo salire, ma per far ciò è necessario scalare il volume di allenamento, perchè incrementare i Kg a parità di volume significherebbe che potrei fare più volume a parità di Kg, cioè non avrei terminato l’accumulo stesso.
Decido un incremento lineare a salti del 5% e scalo il volume in maniera molto drastica dato che passo da 25 ripetizioni a 16, 9 e poi 4. Il decremento non è lineare in quanto l’idea è che a fronte di un incremento di carico di quel tipo la percezione della difficoltà non sia proporzionale, perciò le alzate devono scendere in maniera non lineare per compensare questo fenomeno.
Ho inserito nella tabella sopra riportata un confronto fra 3 tipologie differenti di trasformazione: la A è il ciclo russo.
Nello schema B parto con un 6×4 per un totale di 24 ripetizioni, equivalente alle 25 del “russo”. Poi però scalo ancora di più il volume totale, ma cerco di mantenere alto il numero di serie. Questo, a mio avviso, è uno schema migliore del precedente, sempre per la “sensibilità all’intensità” di cui abbiamo parlato. Un 3×3x95% è assolutamente devastante, non per le 3 serie, ma per le 3 ripetizioni che con quel peso sono tante. 6 singole, invece, sono percepite in tutt’altra maniera. Idem il confronto fra 4×4 e 6×2 che a quasi parità di volume rendono la seconda soluzione più fattibile.
Lo schema C è un’altra variazione, dove si calca la mano ulteriormente sul facilitare l’esecuzione di una singola serie, aumentando però il numero di serie.
Anche nella fase di trasformazione ci sono politiche più o meno valide, con una differenza rispetto all’accumulo: questo, infatti, risulta più cruciale perchè toppare in questo momento significa impedire al ciclo di arrivare proprio a termine, mentre toppare nella trasformazione porta comunque ad un risultato seppure parziale.
In più, nella fase di trasformazione se ci accorgiamo che le cose non stanno andando come vorremmo è facile rallentare l’incremento e/o scalare il volume, proprio perchè la sensibilità all’intensità permette di evidenziare subito i difetti della pianificazione: se sbaglio, me ne accorgo.
L’accumulo invece è molto più subdolo in quanto è facile generare un volume immenso accumulando fatica senza accorgersene, con difficoltà a smaltirla nelle ultime settimane prima della trasformazione. Considerate che una fase di accumulo può durare anche mesi eh… qui stiamo facendo esempi per il BB, ma una preparazione invernale in pista dura 4 mesi. Il meccanismo del superallenamento nasce proprio per la capacità del corpo di accumulare lavoro e più siete allenati e più questa capacità vi permette di spremervi.
Mi raccomando: non sto dicendo che il ciclo russo faccia cagare, non facciamo i soliti palestrari marmorei. Funziona, alla grande, se settate i carichi corretti. Poi, come tutte le soluzioni prestampate, smetterà di funzionare. Quando l’avrete fatto 3-4 volte con Kg sempre crescenti vedrete che la fase di trasformazione è troppo difficile. E saranno più performanti le altre soluzioni.
Ma nulla vieta di ibridare il ciclo prendendo l’accumulo del “russo” e la trasformazione di altri sistemi.
Volume costante in trasformazione
Puntualizzo meglio quanto espresso nell’esempio precedente. Esiste una regoletta che è il continuum serie e ripetizioni, una legge empirica che lega le ripetizioni per serie alle serie totali. In un ciclo di trasformazione è più performante far salire il carico mantenendo costante il più possibile il volume di lavoro.
Il graficozzo è solo per fare scena: ho supposto un volume totale di 24 ripetizioni partendo da un 4×6 per poi avere 5×5, 6×4, 8×3, 12×2, 24×1. Il volume è praticamente costante, e ogni volta
Così facendo limito il problema della sensibilità all’intensità: sempre meno ripetizioni in modo da non avere stress mentale per finire la serie, ma sottopongo lo stesso il corpo allo stimolo del carico. Ok, 12, 24 serie sono un po’ tantine, una persona normale sclera a farle. Limitiamole a 10.
Ecco qua, questo mi sembra più ragionevole: così facendo è possibile dare lo stimolo corretto al nostro esercizio in fase di trasformazione.
Però continuate a ragionare: perchè 24 ripetizioni come partenza? Semplice: l’ho stabilito IO eh eh eh. Dovete generalizzare lo schema: in trasformazione si prende un volume totale di ripetizioni e si cerca di mantenerlo costante, decrementando le ripetizioni e incrementando le serie. Alla fine quando le serie diventano troppo alte, sarò costretto a scalerò il volume.
Quello decreta, bene o male, la fine del ciclo.Poco volume, poco stimolo allenante, tutto neurale ad alta intensità. Stop. Insistete e andrete in stallo perchè il carico sarà così elevato che non potrete adattarvi. Questo è il motivo per cui un 4×5 fallisce quando diventa 5-3-2-2: il carico è troppo elevato, qualsiasi sia il recupero.
Sintetizzando…
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