Avevo firmato per fare il militare nel Gruppo Sportivo dell'Aeronautica. Sarei partito ad Aprile, a Giugno ci sarebbero stati i Campionati Regionali di Società, l'appuntamento più importante per una squadra sportiva. Volevo arrivarci nella miglior condizione di forma possibile per me, volevo far vedere che la nuova recluta sarebbe stata capace di fare il suo dovere.
Decidemmo di potenziare un po' la preparazione invernale, 4 allenamenti in pista invece di 3, 3 sedute di pesi invece di 2. Dovevo andare in qualche posto ad allenarmi per 5 volte a settimana. Era un programma consolidato che mi aveva fatto fare 10”4 (4 decimi, non centesimi) sui 100 metri, lo avevamo incrementato “un po'”.
Questo “po'” si rivelò essere “troppo” a Natale. Non era più divertente allenarsi la Domenica mattina, pista e pesi. Perchè ero stanco e i risultati non venivano. L'anno prima non mi sarebbe fregato niente, in fondo avrei sempre potuto decidere di non gareggiare (un escamotage psicologico che funziona sempre) ma quell'anno sarei dovuto essere al meglio del meglio, non potevo mancare l'appuntamento!
Arrivai a questa gara fottuta con lo stato d'animo di uno che deve andare dal dentista a farsi estirpare molari e premolari senza anestesia e l'unica cosa che mi importava era che finisse. La gara andò anche bene, feci un risultato non eccelso ma nemmeno scarso: portai i punti che servivano e di sicuro non si ricordano oggi di me i vari sergenti e tenenti responsabili della squadra.
Fu la prima e ultima gara della stagione, e della mia carriera. Ero scoppiato, avevo fatto il botto. Meno di 3 anni prima, più di altre volte, ma sempre allo stesso modo.
Quasi 10 anni dopo capii che cosa mi era capitato: overtraining.
Esiste o no?
Nel recente passato l'overtraining (OT) era confinato in ambito competitivo, sia come casi patologici che come ricerca scientifica; oggi invece nel mondo occidentale l'attività sportiva è qualcosa di socialmente accettato, direi premiante. Questo porta alla diffusione di questa strana malattia, che oggi si manifesta in maniera meno virulenta che in passato ma ugualmente pericolosa.
La particolarità di questo articolo è che, sebbene io non abbia attestati accademici, posso parlare a pieno titolo dato che l'OT l'ho subito quando nemmeno si sapeva cosa fosse.
Come si manifesta l'OT
Importante: dobbiamo distinguere l'overtraining dalla sindrome da overtraining. Il primo termine indica letteralmente l'eccesso di allenamento, il secondo la malattia data dall'eccesso di allenamento. Useremo i termini come sinonimi ma in realtà il primo è la causa del secondo.
L'OT si manifesta come una forma di stanchezza cronica mescolata ad insoddisfazione per i risultati sportivi e alla totale demotivazione nel praticare ciò che prima era fonte di gratificazione.
Ansia da prestazione, irritabilità nei rapporti interpersonali, difficoltà a prendere sonno e a dormire, necessità di grande impegno per manterere la concentrazione, frustrazione per la propria condizione fisica fanno parte del quadro clinico.
Chi ne è colpito detesta allenarsi ma sente di essere costretto a farlo, con risultati scadenti ottenuti con fatica bestiale quando prima le stesse cose erano attività a basso impegno.
Che voi siate un atleta professionista o un amatore di uno sport il risultato finale è un totale disamore per la propria passione. Non si muore di OT, ma è sicuro che si soffre.
Perchè l'OT è bastardo
Chi non ha avuto periodi di stanchezza o ha fatto allenamenti che non voleva fare! In palestra solleviamo ferro, non giochiamo con le Barbie! La gestione dello stress è fondamentale!
Il quadro clinico dell'OT è dato cioè da una serie di sintomatologie che si confondono con comportamenti assolutamente sani. Dove poniamo il confine fra un comportamento un po' strambo ma “normale” e l'inizio della patologia?
Se questo fosse possibile, avremmo definito dei livelli di soglia per cui la diagnosi risulterebbe agevole, un po' come la temperatura corporea, sopra i 37 gradi “hai la febbre” per convenzione.
Ma è proprio questo che rende l'OT subdolamente bastardo: si mimetizza.
Alcuni di voi leggendo questi sintomi penseranno “eh vabbè, anche a me è capitato, ma mica la faccio così lunga...”. Ecco, voi non siete malati, e perciò difficilmente potrete provare empatia (cioè sentire a pelle). Alcuni di voi invece stanno pensando “ma questo è un genio! Questo ci becca alla prima! Finalmente uno che mi capisce”. Voi probabilmente avete sviluppato dei tratti di OT.
Si guarisce dall'OT ma prima si deve capire di essere stati colpiti
Cosa dice la ricerca scientifica
Come tutti i reduci di una brutta esperienza, sono molto sensibile all'argomento e nel tempo mi sono molto documentato. L'aspetto sorprendente è che non c'è assoluta chiarezza sull'innesco dell'OT, il momento in cui inizia la patologia.
Questo è importante perchè non dovete farvi fregare: su Internet si trovano un sacco di informazioni che assegnano con assoluta certezza l'OT a certi tipi di allenamenti, a certi sintomi, a certi test: questa roba NON E' attendibile, specialmente se fate da voi.
Attenzione: allenarsi troppo (quello che letteralmente OT significa) non è sufficiente per andare in OT, allenarsi di meno non è sufficiente per non caderci o guarire. Ragazzi, questo pezzo nasce dal fatto che ho scoperto che persone che si allenano in stile BII hanno a mio avviso tratti di OT, e questo mi ha letteralmente spiazzato!
La definizione scientifica
La sindrome da overtraining è definita come un “disturbo neuroendocrino dato da uno squilibrio fra la domanda imposta dall'allenamento e la possibilità di soddisfare questa domanda tramite un adattamento all'allenamento stesso”.
Neuroendocrino implica che c'è una alterazione nella produzione degli ormoni che regolano la trasmissione dei segnali nervosi. L'esercizio altera l'organismo, le sue funzionalità, il suo equilibrio, causa fatica.
In un prossimo articolo cercherò di descrivere cosa sia la fatica, che può essere divisa macroscopicamente in periferica (quella propria dei muscoli, in soldoni) e centrale (quella del sistema nervoso). La fatica periferica influenza quella centrale.
Non è però chiaro il passaggio dal livello molecolare, cellulare e quello organico, globale. In altre parole, l'allenamento causa dei danni muscolari, microstrappi, alterazioni del pH del sangue, sensibilizzazione dei recettori del dolore, variazioni dei livelli di serotonina e degli altri neurotrasmettitori. Ok, questo è chiaro.
Dove e quando tutto questo si trasforma in una sensazione di stress? Il passaggio fra il micro (serotonina “elevata/bassa”) e il macro (sensazione di gratificazione/frustrazione) non è noto.
Perciò, sicuramente l'OT è una malattia che colpisce la nostra sfera psicologica causata da uno squilibrio fisico, ma non sappiamo stabilire i livelli quantitativi delle variabili in gioco che portano da un giusto stimolo che causa adattamento positivo, ad uno stimolo errato che causa questo vortice negativo. Molte volte lo stesso stimolo genera risultati opposti!
Ah... non fatevi fregare da chi declama “studi scientifici” che mostrano come la serotonina sia influenzata dal triptofano e dai BCAA. Il problema è ben più complesso e non è che a comprare (comprare, cioè dare soldi ad altri... che vendono qualcosa) i BCAA voi non andrete in OT...
Il legame fra il mondo della chimica e quello della psicologia è molto lasco. Ecco perciò uno schema classico, che anche io da qualche parte ho già proposto.
Noi siamo immersi in un ambiente che ci propone degli stimoli. Lo stress è la percezione che noi abbiamo degli stimoli che l'ambiente ci propone, causando una perturbazione nel nostro equilibrio(omeostasi). Lo stress causa una reazione per recuperare l'equilibrio, tramite un adattamento del nostro corpo, scatenando tutta una serie di reazioni chimiche che causano variazioni fisiche ma anche psicologiche.
Lo stress può essere positivo o eustress se causa una mobilitazione delle risorse del nostro corpo rivolte al raggiungimento di uno stato psicofisico migliore, o negativo o distress se accade l'opposto.
Noi siamo colpiti da innumerevoli stimoli esterni in quantità estremamente variabili. In più, ogni individuo ha una sua ben precisa capacità di reazione ai singoli stress. La somma di tutti gli stress è la domanda dell'ambiente a cui noi dobbiamo rispondere con la totalità delle nostre risorse organiche.
L'allenamento è una forma di stress. Sarebbe facile, adesso, affermare questo: l'OT è dato da un allenamento che non si inserisce correttamente nel quadro degli stimoli totali. Ok, in linea di principio è vero. Però l'OT colpisce atleti professionisti seguiti da team di persone come ragazzi di livello medio che si allenano, come addirittura il 20enne che va in palestra a farsi il fisico che di sicuro non deve andare alle Olimpiadi!
Come è possibile, cioè, sbagliare così tanto? Perchè ci sono persone che si fanno tanto male con l'allenamento? Perchè l'allenamento è la loro pistola alla tempia?
Virtuoso o vizioso?
Ecco un classico schema che in Teoria dei Sistemi si chiama sistema a retroazione. Possiamo anche chiamarlo “Schema Universale della Soddisfazione o dell'Insoddisfazione”, la via ingegneristica verso il Paradiso o l'Inferno. Questa volta è applicato all'allenamento ma se cambiate le due caselle centrali con quello che volete, vedrete che funziona sempre.
La casella a sinistra rappresenta le aspettative, i desideri, quello che ci farebbe piacere ottenere per essere come non siamo. La casella a destra rappresenta il mio stato attuale, come sono adesso.
Gli estremi risultano però in comunicazione dato che “vorrei essere” e “sono” finiscono dentro il pallino blu, che produce in uscita la differenza fra i due stati. Ovviamente, è una rappresentazione, non è che esiste un chip che fa queste cose! Più questa differenza è elevata e meno sono come vorrei essere.
La distanza dal desiderio causa delle reazioni psicologiche variabili in ognuno di noi, ma queste reazioni ci sono sempre. E queste reazioni causano delle azioni da parte nostra.
Nel nostro caso il “vorrei essere” è relazionato alla prestanza del nostro corpo: una velocità, dei Kg da sollevare, una distanza, un tempo, una quantità di massa muscolare o di grasso corporeo. Assegno perciò all'allenamento il ruolo di “strumento per migliorare”
A questo punto mi alleno, cioè metto in pratica l'idea che ho pensato per migliorare. L'allenamento provoca un effetto, e qui inizia il loop: l'effetto finale torna in ingresso tramite la freccia che scorre sotto le caselle, è il ritorno indietro o feedback, il risultato finale che viene nuovamente confrontato con il risultato sperato, e inizia un altro giro.
I sistemi retroazionati sono molto potenti, proprio perchè si autoalimentano permettendo di raggiungere l'obbiettivo finale, che in questo caso è il raggiungimento del “vorrei essere”.
Qualcuno adesso starà cercando l'errore in questo schema, quello che inevitabilmente porta all'OT. Ma... non c'è. Non c'è nulla di male in questo schema, anzi, è così che l'allenamento dovrebbe essere: una ricerca del risultato tramite un confronto continuo con il mio stato attuale, in un circolo virtuoso migliorativo.
Ma si capisce anche come un sistema del genere sia molto delicato e l'effetto può variare in funzione di quello che mettete nelle scatolette: se l'effetto finale è peggiore della situazione iniziale, aumenta la differenza fra come vorrei essere e come sono, perciò lo stimolo ad allenarsi cresce.
E' facile creare una spirale autodistruttiva, che stringe il malcapitato sempre più, come le spire di boa constrictor: è la presenza della retroazione che ha la capacità di amplificare i risultati. Perciò il problema è l'amplificazione degli errori, non gli errori in se.
Senza giro non c'è OT.
E' fondamentale che capiate due degli elementi che creano l'OT:
E' proprio il fatto che l'OT richiede tempo che lo rende subdolo, perchè si confonde con i normali effetti dell'allenamento. Paradossalmente è peggio un allenamento “quasi errato” che uno toppato del tutto. Perchè quello del tutto illogico porta rapidamente a sgamare gli errori, mentre è possibile sostenere un allenamento “un po'” al limite. Sarà la retroazione, cioè tutte le volte che ripercorrete lo schema alla ricerca di un miglioramento che amplificherà i piccoli errori, ma quando ve ne accorgerete sarà troppo tardi.
I principianti difficilmente possono arrivare all'OT perchè esagerano così tanto da abbattersi da soli dopo pochissimo.
A questo punto abbiamo un mezzo per percorrere la via del miglioramento, ma questo mezzo è molto delicato. Vediamo chi è il perfetto pilota verso l'OT.
Il profilo psicologico, meglio dell'FBI di Quantico
Ho chiesto ai miei amici dell'FBI di Quantico che lavorano per fare il profilo dei Serial Killer di identificare i tratti tipici del candidato all'OT. Non ci sono riusciti nemmeno loro. Vabbè, ci provo io. Ecco il candidato perfetto per l'Overtraining.
I nuovi standard
Mi spiace dover fare il sermone sociologico, ma la Società di oggi impone una grossa pressione psicologica sul corpo, su come questo appare agli altri. Standard estetici sempre più irraggiungibili, a cui dedicare sempre più tempo, livelli di prestazione sempre più elevati, informazioni prima confinate in ambito specialistico e oggi diffuse alle masse.
In questo quadretto è chiaro che le aspettative di ognuno di noi diventano sempre più elevate, anche se non vogliamo. L'eccesso è sempre dietro l'angolo, e questo eccesso colpisce tutti, sia quelli che vogliono raggiungere il proprio ideale di fisico, sia quelli che lo rinnegano. Nessuno è così asceta da non essere influenzato dal bombardamento mediatico dei nuovi supercorpi.
Le aspettative crescono e ognuno di noi pensa che l'accettazione sociale sia legata all'essere o non essere in un certo modo. C'è chi si butta nella carriera, chi nel fare i soldi in qualsiasi modo, chi desidera il SUV per farsi vedere, chi vuole che la propria ragazza sia in un certo modo per esibirla il sabato sera.
Ognuno ricerca “qualcosa”, ognuno può farsi molto male con quel “qualcosa”. Perchè quel “qualcosa” è l'oggetto delle proprie aspettative, su cui riversiamo energie, su cui puntiamo tutto.
Per alcuni quel “qualcosa” è il proprio corpo, inteso come forma corporea e come prestanza fisica. Se l'oggetto delle proprie aspettative è ottenere qualcosa dal proprio corpo, l'allenamento diventa il mezzo con cui soddisfare queste aspettative.
Questo è il cambiamento sociale: 20 anni fa si chiedeva sempre di più agli atleti, oggi si chiede sempre di più agli atleti MA ANCHE all'uomo comune. L'addominale tassellato 20 anni fa era un appannaggio esclusivamente di chi faceva un qualche sport, oggi è ritenuto necessario semplicemente per andare al mare.
La pressione psicologica non è più propria degli atleti, ma anche del ragazzino sfigato che vede nell'allenamento un modo per ottenere quello che desidera.
La percezione di se stessi.
Il nostro candidato è una persona che ha delle aspettative su se stesso. Vuole, desidera fortemente ottenere certi risultati. E' irrilevante se siano prestativi o estetici, è irrilevante lo sport che pratica o il livello a cui lo pratica. Questi obbiettivi sono il “voglio essere” rispetto al “sono”.
Il raggiungimento di questi obbiettivi è per lui fonte di gratificazione, perchè associa ad essi un “riconoscimento sociale”. Associa a questa gratificazione il significato di “essere bello”. Ripeto: di per se non c'è nulla di male in un automiglioramento, anzi, la volontà di migliorarsi è la chiave primaria che muove coloro che ottengono risultati nella vita.
Chi non pensa di avere possibilità, che solo gli dessero una occasione “gli farebbero vedere”? Ognuno di noi ha un ben preciso giudizio di se stesso, peccato che molte volte sia errato e porti a decisioni errate.
Incredibilmente, il candidato perfetto per l'OT è colui che ha una buona percezione di se stesso, non il gasato cazzaro o quello che pensa di essere una merdaccia (uso termini molto tecnici, chiedete se non capite).
Chi è eccessivo non può andare OT, non ci riesce. Se l'opinione di se stessi è troppo elevata, le aspettative saranno di conseguenza così elevate che dopo poco i risultati faranno capire che si è sbagliato. Sse l'opinione è troppo scarsa, la distanza fra il proprio stato attuale e il risultato finale verrà percepita come immensa e non si proverà nemmeno ad allenarsi per ottenere risultati considerati non fattibili.
Prendo in considerazione chi invece ha la capacità di dare un giudizio oggettivamente decente di se, perchè la sua capacità di giudicarsi gli permetterà di darsi un obbiettivo sfidante quanto basta da essere perseguibile.
Chi possiede questa capacità è come se riuscisse a calcolare una distanza fra il “vorrei essere” e il “sono” al limite delle sue possibilità ma comunque realizzabile. Così facendo riesce a conseguire dei risultati, ma questi risultati sono ottenuti ad un prezzo talvolta troppo elevato. La capacità di darsi obbiettivi sfidanti ma non impossibili è perciò un possibile innesco dell'OT.
Inizia percià tutto da qui: l'automiglioramento, un sentimento normalmente positivo, si trasforma ad un certo punto in negativo.
Questa capacità è una caratteristica psicologica fondamentale e, credo, innata: il nostro amico è molto determinato e razionale, sa di essere bravo e di poter cogliere risultati che per lui sono importanti, magari supportate da altri “successi” già conseguiti. Può apparire sfrontato e presuntuoso, ma non lo è.
Può anche subire la pressione psicologica del giudizio di altri, i suoi obbiettivi possono essere condizionati da altri (una forma di debolezza, in fondo), ma ha questa capacità di sfidarsi in cose complicate ma non impossibili.
Meno si ha questa capacità, meno si rischia di andare OT.
La capacità di perseverare
Ma quanti ce ne sono che vorrebbero essere forti e grossi? Migliaia, milioni... mica tutti però sviluppano una patologia di questo tipo! Perchè fra dire di voler essere in un certo modo e lottare per diventarci c'è nel mezzo la capacità di perseverare, di mantenere la barra a dritta fino alla meta anche se il mare è tempestoso.
Molti chiacchierano, molti si lamentano di essere frustrati, molti sono dei palloni gonfiati che pensano di fare molto. Molti, cioè, alla prova dei fatti, non hanno la capacità di “girare” nello schema, di percorrerlo non una o due volte, ma decine, centinaia.
Di sicuro non va in OT il tizio “ehi raga, vorrei gli addominali in fuori per il mare”. Questo sarà forse un frustrato che andrà forte con la macchina per compensare il suo fisico percepito (da lui) come scarso oppure si farà anche un cicletto di bombe che gli consiglia l'amico dell'amico (“non fanno male perchè servono per asciugarti, non per diventare grosso”).
Il nostro candidato perfetto all'OT ha capacità di perseverare, di impegnarsi, nel tempo. Perchè sa quello che vuole e non ha paura a farsi il culo. Ha una visione eroica dell'allenamento, del sacrificio e del dolore. Questo tipo non teme il dolore, lo ricerca, lo sfida e terminare un allenamento durissimo è una vittoria contro le avversità, una prova che rafforza il carattere.
Non salta un'allenamento, trova sempre il tempo per allenarsi. Se deve saltare, recupera in qualche maniera. E' concentrato durante le sedute, non chiacchiera, non gli frega nulla di socializzare. Tendenzialmente, non è mai pienamente soddisfatto dei suoi risultati, e anche se va tutto bene, qualcosa sarebbe potuta andare meglio, sempre. E' uno di quelli coriacei tanto da farsi molto male, perchè riesce a consumarsi fino all'osso se pensa che sia necessario.
Permettetemi... sono proprio quelli con le palle che vanno OT, perchè hanno la capacità di spremersi, ancora, e ancora, e ancora. Non tutti sono così, non tutti possono andare OT. Mi accorgo che questa capacità la ritrovo in tutti quelli che esibiscono tratti di OT.
Le doti fisiche
Più si è forti, più si è allenati, più l'OT sarà devastante. Perchè chi è forte riesce a spremersi di più di uno che non lo è.
Uno più veloce di altri, o che solleva di più, o che è più bravo in un tuffo o in un volteggio ha lo stesso DNA di un sedentario fradicio. Ossa, tessuti connettivi, cartilagini, organi interni, tutti elementi che poco si prestano ad essere allenati. Perciò chi corre più veloce grazie alle sue doti e ad anni di allenamento ha sviluppato capacità neuromuscolari superiori, ma i suoi reni, il suo fegato, i suoi menischi sono praticamente identici a quelli di una persona normale ma subiscono stress abnormi rispetto alla normalità.
Sovra-allenarsi per definizione implica un carico di lavoro eccessivo per le capacità di recupero. Immaginatevi gente del genere che livelli parossistici di stress riesce a generare!
In più, queste persone hanno una capacità di sopportazione del training incredibilmente elevata, e si accorgono di essere OT quando altri sarebbero già sepolti da tempo. Un ragazzo meno dotato si fermerà prima di raggiungere effetti così negativi: una tonsillite, un raffreddore pesante, piccoli infortuni. Tutti segnali che il corpo manda ma che se siete dotati potrete sicuramente bypassare.
L'OT è particolarmente devastante per l'atleta intermedio. Affermo, con molta tristezza, che il riuscire ad ottenere buoni risultati dopo un OT è, a mio personalissimo avviso, il marchio a fuoco che caratterizza il passaggio da intermedio ad avanzato, che voi siate un campione olimpico oppure uno che in palestra ha una prestazione di panca fuori dal comune.
Non occorre essere forti per andare in OT, ma se lo siete l'effetto sarà più frizzante e spumeggiante.
Tiriamo le somme
Ecco perciò il profilo del tizio con elevata probabilità di andare OT:
Cambiate la parola “atleta” con “manager di successo” o, meno simpaticamente, “carrierista in azione”. A parte l'ultimo punto che è una caratteristica fisica, il manager rampante è fatto così. Infatti può sviluppare un suo OT, che esibisce tratti comuni con quello degli atleti. Mai visto uno che al lavoro fa il botto? Ecco, c'è chi si fa male con l'allenamento, chi con il lavoro.
Il nuovo “atleta”
Il profilo “atleta” è proprio di molte persone che non hanno le doti per essere “atleta”. In ambito sportivo queste persone non potrebbero andare OT perchè la selezione naturale le falcerebbe in partenza, la barriera fisica d'ingresso data dalle doti necessarie per competere li taglierebbe fuori da ogni speranza di potersi allenare e così di andare OT.
In altre parole, uno che zappa invece di correre, fa il frangiflutti invece di nuotare, centra con la palla gli spettatori invece del canestro ha ben poche speranze di continuare nello sport per un tempo sufficiente a sviluppare i tratti dell'OT. Capisce da se che non è portato!
La palestra porta nuova linfa all'OT perchè ha a che fare con il fisico e la prestazione, utilizza gli stessi protocolli e le stesse metodiche di allenamento e rigenerazione proprie del mondo sportivo, ma richiede molte meno doti specifiche. In altre parole, moltissimi possono ottenere qualcosa di buono a partire da una base fisica che non permetterebbe loro di eccellere da altre parti.
Diciamolo: il fisico palestrato, riferimento sociale, non necessita di altissime doti psico-fisiche. Non prendetevela, è così: guardate le Olimpiadi, gente fortissima ha fisici con cui nessuno di noi ci si scambierebbe e, viceversa, in palestra si vedono fisici statuari che alla prova dei fatti non sono correlati con prestazioni sportive di rilievo.
La palestra abbassa le caratteristiche fisiche necessarie per creare l'OT, spostando in basso il livello di “atleta”. Perciò aumentano i potenziali “atleti” che possono andare in OT, anche se a livelli non pericolosi come quelli di un atleta di alto livello.
Ciò non toglie che ci si possa scottare parecchio: la ricerca di un ben preciso risultato ritenuto importante, nei pesi, nella bicicletta, nel nuoto, in uno sport qualunque effettuato a livello amatoriale ma con la dedizione di un professionista può indurre uno stato di OT.
Un esame di coscienza, vi prego!
Vi chiedo adesso due cose:
Come si manifesta l'OT
La manifestazione dell'OT che descriverò è generica, e vale per tutti gli sport. Vi prego di cercare di “sentire” le sensazioni che descrivo, di fare dei raffronti con quello che vi è capitato.
Non fate però come quelli che leggono i sintomi di una malattia su internet e pensano di averla. Anche io qualche volta ho vampate di calore, nausee e vomito, sbalzi d'umore e penso di avere un corpo disgustoso, ma non significa che sia incinta.
I tre grafici mostrano un ipotetico andamento nel tempo di Prestazioni, Stanchezza, Umore. Nella parte a sinistra le prestazioni che chiedete al vostro corpo hanno dei picchi dovuti a test, gare, allenamenti impegnativi o quello che volete. La vostra stanchezza complessiva segue senza problemi il vostro livello prestativo e di conseguenza l'umore che può o non può essere influenzato dall'allenamento.
Tutto rimane nella norma, e siete in equilibrio.
In un certo periodo però, per un motivo o una serie di motivi CHE VOI DOVETE IDENTIFICARE, la stanchezza comincia ad aumentare e le prestazioni a calare. Questo non è l'OT, ma è il suo inizio.
La difficoltà è che si confonde con quello che si chiama overreaching, cioè un affaticamento momentaneo causato da una richiesta eccessiva alle vostre risorse nell'allenamento.
Ma l'allenamento deve per definizione dare stimoli sempre più intensi per creare l'adattamento che vogliamo, perciò piazzare il confine fra stimolo corretto e non corretto è estremamente difficile. L'overreaching è in qualche maniera ricercato poiché questo che crea l'adattamento e il conseguente miglioramento!
Ovvio, l'evento scatenante non è unico e impulsivo, nell'arco di una seduta o anche di una settimana. Ma c'è.
Ad un certo punto la stanchezza aumenta e si mantiene costante nel tempo. Poiché però voi siete allenati, quello che accade è che le prestazioni non crollano (magari!) ma si assestano su un livello inferiore dove le medie prestative calano di poco ma spariscono i picchi di performance. E' proprio la vostra capacità di spremervi unita all'adattamento all'allenamento che vi permettono di non andare giù, per questo più siete forti e più tutto questo è pericoloso.
L'umore inizia a peggiorare, è in questo periodo che iniziano a “girarvi i coglioni” nel senso che l'allenamento diventa il più delle volte un dovere piuttosto che un piacere. Non tutto l'allenamento, magari una parte, ma non è più come prima.
Dato che vedete da soli che le cose non stanno andando come volete, cercate di recuperare il terreno perduto. Come? Semplice, forzando i mezzi che conoscete, cioè l'allenamento che è lo strumento per ottenere quello che volete. Importante: l'azione che andrete ad intraprendere è SEMPRE un incremento. Non perchè sia una regola matematica, ma perchè è così che vanno queste cose. “Incrementate” qualcosa.
In queste situazioni infatti anche “tenere duro” è un incremento, perchè cercare di fare come sempre quando non siete più come sempre è un incremento rispetto a quello che invece dovreste fare.
E' in questa fase non conclamata che iniziate a pensare a certe cosette strane tipo “ho paura di perdere quello che ho ottenuto” o “non riuscirò mai ad avere quello che voglio” o ancora “se torno indietro gli altri che penseranno di me?”
Se avete questi pensieri, sappiate che non siete rimbambiti ma state subendo una pressione psicologica autoimposta: il raggiungimento di certi obbiettivi vi ha gratificato, molte volte vi ha dato uno status sociale che ritenete importante. Il pensiero di perdere questi risultati vi crea perciò ansia, ansia che vi porta a percorrere in maniera sempre più frenetica il “giro”.
Pensateci: se voi siete sempre “quelli forti” del vostro gruppo di amici o “quelli che vincono” le gare (qualsiasi gare esse siano) è naturale che tutto questo vi gratifichi. Ed è naturale che non vogliate perdere questa condizione.
Con “è naturale” intendo che comprendo il fenomeno, non che lo giustifico, perchè è un comportamento sbagliato. Di fatto vi state autoimponendo un limite: quello di non poter scendere sotto un certo standard, pena il sentirsi inadeguati. State ragionando come un professionista i cui guadagni sono legati alle sue prestazioni, e perciò non può fermarsi. Però voi non siete pagati.
E' chiaro che in questo quadro voi lottiate per non far calare le performance e non rendendovi conto che è impossibile recuperare la condizione fisica, chiedete al vostro corpo sempre di più. La fiammella dell'OT si alimenta di “incrementi”, che voi le fornite perchè non sapete di essere OT.
La stanchezza fisica esiste, non è mentale, e non basta la grinta per combatterla. La particolarità dell'OT è che questa stanchezza fisica si sta lentamente trasformando in sentimenti psicologici negativi, senza che ve ne accorgiate. Anzi, sono gli altri che non capiscono questo vostro stare male!
Dall'esterno siete irritabili, nervosi e tutto inizia a ruotare intorno all'allenamento, che decreta il vostro stato d'animo: se la seduta va come dite voi, siete contenti o quanto meno tranquilli, ma se va male è opportuno starvi lontano. Litigi in famiglia o con il/la partner sono all'ordine del giorno.
Quando il boa ha stretto le sue spire, cioè quando i giri hanno amplificato le negatività oltre un certo livello, c'è il crollo organico e i sintomi risultano evidenti. L'allenamento è una tortura, iniziate a saltare le sedute voi che eravate ligi al dovere, mollate tutto, vi sbracate.
Ma questo lo fate perchè proprio non potete andare avanti, e tutto questo non migliora il quadro psicologico. Non dormite bene o non dormite proprio, magari di giorno vi viene sonno e siete letargici. Anche le vostre capacità di concentrazione sono andate molto a picco. Di risultati in allenamento non se ne parla, quello che prima era medio-semplice ora è irraggiungibile dato che in sala pesi, in pista, sulla strada o in piscina siete distratti, svogliati, stanchi.
Se siete arrivati nella parte a destra dei grafici, ci vogliono mesi per recuperare! Addirittura, e non sto scherzando, un infortunio è visto come una specie di liberazione poiché diventa il deus ex-machina che salva da decisioni che non vogliamo prendere.
Per un atleta un OT di questo tipo è la fine di un intero anno di preparazione, una stagione saltata, forse l'abbandono della specialità perchè ciò che prima era fonte di gratificazione è causa di insoddisfazione.
Sinteticamente, ecco un esploso della casellina “invento un allenamento” che è il motore del tutto. E' difficile che il nostro “atleta” sia così soddisfatto da percorrere il ramo in alto dello schema, perchè per come è fatto c'è sempre qualcosa per non essere soddisfatti.
La strategia che si va solitamente a perseguire è un incremento di qualcosa se ciò è possibile. Il decremento è sempre per imposizione. L'arte è sapersi allenare così bene da incrementare in maniera ottimale lo stimolo allenante. Ma, appunto, è un'arte. E pochi artisti si chiamano Leonardo, Giotto o Einstein.
Punti di attenzione
Nel grafico in alto la curva B rappresenta l'andamento tipico delle prestazioni di una persona che ha raggiunto l'OT: nel tempo è riuscita a migliorarsi con una certa costanza. Ad un certo punto le prestazioni “cedono”, e poi crollano.
l'OT si manifesta come una variazione negativa delle performance dell'allenamento. Questa variazione deve esistere! In altre parole, ci deve essere uno scadimento. Se i vostri risultati sono sempre scadenti, come nella curva C per definizione non siete in OT. Tenetelo a mente!
Ogni sport o attività ha i suoi livelli prestativi minimali che tutti dovrebbero raggiungere. Se in un tempo ragionevole di uno o due anni questi risultati non ci sono, è probabile che non siate portati o che stiate sbagliando sempre. Di sicuro non siete OT, perchè questo è tipico di chi ha ottenuto dall'allenamento.
La curva A dovrebbe rappresentare una persona molto dotata e forte che ad un certo punto ha un crollo prestativo. E' OT? Difficile dirlo, perchè è sempre stata forte e perciò magari non sa nemmeno allenarsi.
Per arrivare al finale del film ci vogliono comunque mesi e mesi, per questo quando sento “sono stanco, sarò sovrallenato” mi irrito istantaneamente. Sarebbe come dire “ho la febbre, avrà il virus Ebola?”
Oltre al crollo in due fasi delle prestazioni l'altro aspetto che caratterizza l'OT è quello psicologico: non stiamo parlando di stanchezza, ma del fatto che l'umore si lega strettamente all'allenamento, che diventa centrale nel determinare lo stato d'animo della persona. Non si tratta di una semplice voglia di migliorare quello a cui teniamo, ma proprio uno stato di totale dipendenza dall'allenamento in un rapporto conflittuale molto forte. Se iniziate a pensare troppo all'allenamento, non siete messi bene.
Ecco le tipiche manifestazione della fase latente dell'OT
Però, abbiate rispetto dei termini. Per questo io dico che il sovrallenamento non esiste. Perchè su 100 che ne parlano, 2 o 3 possono arrivare a questi livelli in palestra!
Una preghiera, anzi due
A questo punto abbiamo la possibilità di dare una definizione sintetica di OT: è uno stato psicofisico caratterizzato da una stanchezza cronica che genera uno stato di prostrazione e sofferenza psicologica, causato dalla concomitanza di un allenamento eccessivo applicato per un tempo eccessivo ad una ben precisa tipologia di persona.
A questo punto vi aspettereste un bello schema su “come allenarsi per non andare OT”. Lo faremo, ma non è poi necessario e vedrete che le cose da fare sono sempre le stesse: allenarsi in maniera adatta alle proprie possibilità. Mi raccomando: non basta “allenarsi meno”, fosse così semplice... Ovvio che se non mi alleno affatto sono al riparo da ogni problema!
Poiché l'OT avviene nel mondo sportivo prima che in palestra, la prima preghiera è rivolta agli allenatori: voi lavorate su materiale umano. Se scoprite un ragazzino dotato, magari con la testa, non pompatelo a pressione, non caricatelo di responsabilità e di aspettative. Perchè, magari, questo ragazzino poi fa quello che chiedete e prima di deludervi sarebbe disposto a farsi scoppiare il cuore.
Contestualizzate l'allenamento, adattatelo alle persone e alle loro esigenze, non fatevi influenzare dai genitori che pensano di avere un figlio campione. Non riversate sui vostri allievi le vostre aspettative perchè, appunto, sono VOSTRE.
Non allenateli adattando programmi di altri, dei campioni, non allenateli come “ai vostri tempi” perchè il mondo è cambiato, accettate il confronto con altri, navigate su Internet e informatevi.
Infine, ascoltate quello che i vostri atleti vi dicono, parlate con loro. Di più: non accontentatevi di quello che vi dicono ma state attenti a quello che non vi dicono. Un ragazzo che si allena fa l'atleta, è il suo compito. Non è lecito aspettarsi che abbia capacità di autoanalisi e di introspezione tali da capire se è o non è iniziato un OT. Ma voi che siete allenatori... allenate atleti, ed è invece vostro dovere avere tutto questo per loro. Perchè se non lo fate potete fargli molto male.
L'atleta svogliato non andrà mai OT, ma quello che si impegna, anche se non è il più forte, è sempre a rischio se si innesca un circolo vizioso di voler soddisfare le aspettative dell'allenatore, che diventano poi proprie dell'atleta.
La seconda preghiera è rivolta a quelli come me, agli amatori, agli appassionati. Ci piace visceralmente il nostro sport, perciò è facile eccedere nell'allenarsi. L'allenamento non è tutto, non siamo pagati per ottenere risultati che non ci chiede nessuno
Non sono mai stato una persona tiepida in quello che mi piace, e detesto l'immagine del padre di famiglia che non ha tempo per dedicarsi a quello che gli piace, e non può seguire certi programmi perchè non sono adatti a lui. Cazzarola... se manco posso avere una passione nella vita, che campo a fare? Per lavorare e accudire i figli? Ho anche pagato il prezzo di questo stile di vita, non vi preoccupate.
Quello che a noi amatori è richiesto non è “fare meno” come i vecchi, ma la capacità di contestualizzazione e di analisi del nostro stato psicofisico. Banalmente, se l'allenamento inizia a diventare fonte di pensieri negativi, dobbiamo agire. Dando un taglio, autoimponendoci di prenderci una pausa di riposo. Perchè a differenza degli atleti veri, a noi non ce ne viene niente se non una gratificazione mentale.
Dobbiamo metterci in testa che non ci corre dietro nessuno, che non dobbiamo rendere conto a nessuno di quello che facciamo, perchè a nessuno interessa. Rileggete questa frase, è la chiave per stare bene se siete i tipi “competitivi” del profilo che ho descritto.
Fatela vostra, e potrete allenarvi a lungo. Altrimenti vivrete stanchi e insoddisfatti.
Decidemmo di potenziare un po' la preparazione invernale, 4 allenamenti in pista invece di 3, 3 sedute di pesi invece di 2. Dovevo andare in qualche posto ad allenarmi per 5 volte a settimana. Era un programma consolidato che mi aveva fatto fare 10”4 (4 decimi, non centesimi) sui 100 metri, lo avevamo incrementato “un po'”.
Questo “po'” si rivelò essere “troppo” a Natale. Non era più divertente allenarsi la Domenica mattina, pista e pesi. Perchè ero stanco e i risultati non venivano. L'anno prima non mi sarebbe fregato niente, in fondo avrei sempre potuto decidere di non gareggiare (un escamotage psicologico che funziona sempre) ma quell'anno sarei dovuto essere al meglio del meglio, non potevo mancare l'appuntamento!
Arrivai a questa gara fottuta con lo stato d'animo di uno che deve andare dal dentista a farsi estirpare molari e premolari senza anestesia e l'unica cosa che mi importava era che finisse. La gara andò anche bene, feci un risultato non eccelso ma nemmeno scarso: portai i punti che servivano e di sicuro non si ricordano oggi di me i vari sergenti e tenenti responsabili della squadra.
Fu la prima e ultima gara della stagione, e della mia carriera. Ero scoppiato, avevo fatto il botto. Meno di 3 anni prima, più di altre volte, ma sempre allo stesso modo.
Quasi 10 anni dopo capii che cosa mi era capitato: overtraining.
Esiste o no?
Nel recente passato l'overtraining (OT) era confinato in ambito competitivo, sia come casi patologici che come ricerca scientifica; oggi invece nel mondo occidentale l'attività sportiva è qualcosa di socialmente accettato, direi premiante. Questo porta alla diffusione di questa strana malattia, che oggi si manifesta in maniera meno virulenta che in passato ma ugualmente pericolosa.
La particolarità di questo articolo è che, sebbene io non abbia attestati accademici, posso parlare a pieno titolo dato che l'OT l'ho subito quando nemmeno si sapeva cosa fosse.
Come si manifesta l'OT
Importante: dobbiamo distinguere l'overtraining dalla sindrome da overtraining. Il primo termine indica letteralmente l'eccesso di allenamento, il secondo la malattia data dall'eccesso di allenamento. Useremo i termini come sinonimi ma in realtà il primo è la causa del secondo.
L'OT si manifesta come una forma di stanchezza cronica mescolata ad insoddisfazione per i risultati sportivi e alla totale demotivazione nel praticare ciò che prima era fonte di gratificazione.
Ansia da prestazione, irritabilità nei rapporti interpersonali, difficoltà a prendere sonno e a dormire, necessità di grande impegno per manterere la concentrazione, frustrazione per la propria condizione fisica fanno parte del quadro clinico.
Chi ne è colpito detesta allenarsi ma sente di essere costretto a farlo, con risultati scadenti ottenuti con fatica bestiale quando prima le stesse cose erano attività a basso impegno.
Che voi siate un atleta professionista o un amatore di uno sport il risultato finale è un totale disamore per la propria passione. Non si muore di OT, ma è sicuro che si soffre.
Perchè l'OT è bastardo
Chi non ha avuto periodi di stanchezza o ha fatto allenamenti che non voleva fare! In palestra solleviamo ferro, non giochiamo con le Barbie! La gestione dello stress è fondamentale!
Il quadro clinico dell'OT è dato cioè da una serie di sintomatologie che si confondono con comportamenti assolutamente sani. Dove poniamo il confine fra un comportamento un po' strambo ma “normale” e l'inizio della patologia?
Se questo fosse possibile, avremmo definito dei livelli di soglia per cui la diagnosi risulterebbe agevole, un po' come la temperatura corporea, sopra i 37 gradi “hai la febbre” per convenzione.
Ma è proprio questo che rende l'OT subdolamente bastardo: si mimetizza.
Alcuni di voi leggendo questi sintomi penseranno “eh vabbè, anche a me è capitato, ma mica la faccio così lunga...”. Ecco, voi non siete malati, e perciò difficilmente potrete provare empatia (cioè sentire a pelle). Alcuni di voi invece stanno pensando “ma questo è un genio! Questo ci becca alla prima! Finalmente uno che mi capisce”. Voi probabilmente avete sviluppato dei tratti di OT.
Si guarisce dall'OT ma prima si deve capire di essere stati colpiti
Cosa dice la ricerca scientifica
Come tutti i reduci di una brutta esperienza, sono molto sensibile all'argomento e nel tempo mi sono molto documentato. L'aspetto sorprendente è che non c'è assoluta chiarezza sull'innesco dell'OT, il momento in cui inizia la patologia.
Questo è importante perchè non dovete farvi fregare: su Internet si trovano un sacco di informazioni che assegnano con assoluta certezza l'OT a certi tipi di allenamenti, a certi sintomi, a certi test: questa roba NON E' attendibile, specialmente se fate da voi.
Attenzione: allenarsi troppo (quello che letteralmente OT significa) non è sufficiente per andare in OT, allenarsi di meno non è sufficiente per non caderci o guarire. Ragazzi, questo pezzo nasce dal fatto che ho scoperto che persone che si allenano in stile BII hanno a mio avviso tratti di OT, e questo mi ha letteralmente spiazzato!
La definizione scientifica
La sindrome da overtraining è definita come un “disturbo neuroendocrino dato da uno squilibrio fra la domanda imposta dall'allenamento e la possibilità di soddisfare questa domanda tramite un adattamento all'allenamento stesso”.
Neuroendocrino implica che c'è una alterazione nella produzione degli ormoni che regolano la trasmissione dei segnali nervosi. L'esercizio altera l'organismo, le sue funzionalità, il suo equilibrio, causa fatica.
In un prossimo articolo cercherò di descrivere cosa sia la fatica, che può essere divisa macroscopicamente in periferica (quella propria dei muscoli, in soldoni) e centrale (quella del sistema nervoso). La fatica periferica influenza quella centrale.
Non è però chiaro il passaggio dal livello molecolare, cellulare e quello organico, globale. In altre parole, l'allenamento causa dei danni muscolari, microstrappi, alterazioni del pH del sangue, sensibilizzazione dei recettori del dolore, variazioni dei livelli di serotonina e degli altri neurotrasmettitori. Ok, questo è chiaro.
Dove e quando tutto questo si trasforma in una sensazione di stress? Il passaggio fra il micro (serotonina “elevata/bassa”) e il macro (sensazione di gratificazione/frustrazione) non è noto.
Perciò, sicuramente l'OT è una malattia che colpisce la nostra sfera psicologica causata da uno squilibrio fisico, ma non sappiamo stabilire i livelli quantitativi delle variabili in gioco che portano da un giusto stimolo che causa adattamento positivo, ad uno stimolo errato che causa questo vortice negativo. Molte volte lo stesso stimolo genera risultati opposti!
Ah... non fatevi fregare da chi declama “studi scientifici” che mostrano come la serotonina sia influenzata dal triptofano e dai BCAA. Il problema è ben più complesso e non è che a comprare (comprare, cioè dare soldi ad altri... che vendono qualcosa) i BCAA voi non andrete in OT...
Il legame fra il mondo della chimica e quello della psicologia è molto lasco. Ecco perciò uno schema classico, che anche io da qualche parte ho già proposto.
Noi siamo immersi in un ambiente che ci propone degli stimoli. Lo stress è la percezione che noi abbiamo degli stimoli che l'ambiente ci propone, causando una perturbazione nel nostro equilibrio(omeostasi). Lo stress causa una reazione per recuperare l'equilibrio, tramite un adattamento del nostro corpo, scatenando tutta una serie di reazioni chimiche che causano variazioni fisiche ma anche psicologiche.
Lo stress può essere positivo o eustress se causa una mobilitazione delle risorse del nostro corpo rivolte al raggiungimento di uno stato psicofisico migliore, o negativo o distress se accade l'opposto.
Noi siamo colpiti da innumerevoli stimoli esterni in quantità estremamente variabili. In più, ogni individuo ha una sua ben precisa capacità di reazione ai singoli stress. La somma di tutti gli stress è la domanda dell'ambiente a cui noi dobbiamo rispondere con la totalità delle nostre risorse organiche.
L'allenamento è una forma di stress. Sarebbe facile, adesso, affermare questo: l'OT è dato da un allenamento che non si inserisce correttamente nel quadro degli stimoli totali. Ok, in linea di principio è vero. Però l'OT colpisce atleti professionisti seguiti da team di persone come ragazzi di livello medio che si allenano, come addirittura il 20enne che va in palestra a farsi il fisico che di sicuro non deve andare alle Olimpiadi!
Come è possibile, cioè, sbagliare così tanto? Perchè ci sono persone che si fanno tanto male con l'allenamento? Perchè l'allenamento è la loro pistola alla tempia?
Virtuoso o vizioso?
Ecco un classico schema che in Teoria dei Sistemi si chiama sistema a retroazione. Possiamo anche chiamarlo “Schema Universale della Soddisfazione o dell'Insoddisfazione”, la via ingegneristica verso il Paradiso o l'Inferno. Questa volta è applicato all'allenamento ma se cambiate le due caselle centrali con quello che volete, vedrete che funziona sempre.
La casella a sinistra rappresenta le aspettative, i desideri, quello che ci farebbe piacere ottenere per essere come non siamo. La casella a destra rappresenta il mio stato attuale, come sono adesso.
Gli estremi risultano però in comunicazione dato che “vorrei essere” e “sono” finiscono dentro il pallino blu, che produce in uscita la differenza fra i due stati. Ovviamente, è una rappresentazione, non è che esiste un chip che fa queste cose! Più questa differenza è elevata e meno sono come vorrei essere.
La distanza dal desiderio causa delle reazioni psicologiche variabili in ognuno di noi, ma queste reazioni ci sono sempre. E queste reazioni causano delle azioni da parte nostra.
Nel nostro caso il “vorrei essere” è relazionato alla prestanza del nostro corpo: una velocità, dei Kg da sollevare, una distanza, un tempo, una quantità di massa muscolare o di grasso corporeo. Assegno perciò all'allenamento il ruolo di “strumento per migliorare”
A questo punto mi alleno, cioè metto in pratica l'idea che ho pensato per migliorare. L'allenamento provoca un effetto, e qui inizia il loop: l'effetto finale torna in ingresso tramite la freccia che scorre sotto le caselle, è il ritorno indietro o feedback, il risultato finale che viene nuovamente confrontato con il risultato sperato, e inizia un altro giro.
I sistemi retroazionati sono molto potenti, proprio perchè si autoalimentano permettendo di raggiungere l'obbiettivo finale, che in questo caso è il raggiungimento del “vorrei essere”.
Qualcuno adesso starà cercando l'errore in questo schema, quello che inevitabilmente porta all'OT. Ma... non c'è. Non c'è nulla di male in questo schema, anzi, è così che l'allenamento dovrebbe essere: una ricerca del risultato tramite un confronto continuo con il mio stato attuale, in un circolo virtuoso migliorativo.
Ma si capisce anche come un sistema del genere sia molto delicato e l'effetto può variare in funzione di quello che mettete nelle scatolette: se l'effetto finale è peggiore della situazione iniziale, aumenta la differenza fra come vorrei essere e come sono, perciò lo stimolo ad allenarsi cresce.
E' facile creare una spirale autodistruttiva, che stringe il malcapitato sempre più, come le spire di boa constrictor: è la presenza della retroazione che ha la capacità di amplificare i risultati. Perciò il problema è l'amplificazione degli errori, non gli errori in se.
Senza giro non c'è OT.
E' fondamentale che capiate due degli elementi che creano l'OT:
- un allenamento errato, cioè il contenuto della casellina relativa all'idea di come allenarsi non va bene
- del tempo per amplificare gli effetti negativi. Senza girare nello schema non si va OT
E' proprio il fatto che l'OT richiede tempo che lo rende subdolo, perchè si confonde con i normali effetti dell'allenamento. Paradossalmente è peggio un allenamento “quasi errato” che uno toppato del tutto. Perchè quello del tutto illogico porta rapidamente a sgamare gli errori, mentre è possibile sostenere un allenamento “un po'” al limite. Sarà la retroazione, cioè tutte le volte che ripercorrete lo schema alla ricerca di un miglioramento che amplificherà i piccoli errori, ma quando ve ne accorgerete sarà troppo tardi.
I principianti difficilmente possono arrivare all'OT perchè esagerano così tanto da abbattersi da soli dopo pochissimo.
A questo punto abbiamo un mezzo per percorrere la via del miglioramento, ma questo mezzo è molto delicato. Vediamo chi è il perfetto pilota verso l'OT.
Il profilo psicologico, meglio dell'FBI di Quantico
Ho chiesto ai miei amici dell'FBI di Quantico che lavorano per fare il profilo dei Serial Killer di identificare i tratti tipici del candidato all'OT. Non ci sono riusciti nemmeno loro. Vabbè, ci provo io. Ecco il candidato perfetto per l'Overtraining.
I nuovi standard
Mi spiace dover fare il sermone sociologico, ma la Società di oggi impone una grossa pressione psicologica sul corpo, su come questo appare agli altri. Standard estetici sempre più irraggiungibili, a cui dedicare sempre più tempo, livelli di prestazione sempre più elevati, informazioni prima confinate in ambito specialistico e oggi diffuse alle masse.
In questo quadretto è chiaro che le aspettative di ognuno di noi diventano sempre più elevate, anche se non vogliamo. L'eccesso è sempre dietro l'angolo, e questo eccesso colpisce tutti, sia quelli che vogliono raggiungere il proprio ideale di fisico, sia quelli che lo rinnegano. Nessuno è così asceta da non essere influenzato dal bombardamento mediatico dei nuovi supercorpi.
Le aspettative crescono e ognuno di noi pensa che l'accettazione sociale sia legata all'essere o non essere in un certo modo. C'è chi si butta nella carriera, chi nel fare i soldi in qualsiasi modo, chi desidera il SUV per farsi vedere, chi vuole che la propria ragazza sia in un certo modo per esibirla il sabato sera.
Ognuno ricerca “qualcosa”, ognuno può farsi molto male con quel “qualcosa”. Perchè quel “qualcosa” è l'oggetto delle proprie aspettative, su cui riversiamo energie, su cui puntiamo tutto.
Per alcuni quel “qualcosa” è il proprio corpo, inteso come forma corporea e come prestanza fisica. Se l'oggetto delle proprie aspettative è ottenere qualcosa dal proprio corpo, l'allenamento diventa il mezzo con cui soddisfare queste aspettative.
Questo è il cambiamento sociale: 20 anni fa si chiedeva sempre di più agli atleti, oggi si chiede sempre di più agli atleti MA ANCHE all'uomo comune. L'addominale tassellato 20 anni fa era un appannaggio esclusivamente di chi faceva un qualche sport, oggi è ritenuto necessario semplicemente per andare al mare.
La pressione psicologica non è più propria degli atleti, ma anche del ragazzino sfigato che vede nell'allenamento un modo per ottenere quello che desidera.
La percezione di se stessi.
Il nostro candidato è una persona che ha delle aspettative su se stesso. Vuole, desidera fortemente ottenere certi risultati. E' irrilevante se siano prestativi o estetici, è irrilevante lo sport che pratica o il livello a cui lo pratica. Questi obbiettivi sono il “voglio essere” rispetto al “sono”.
Il raggiungimento di questi obbiettivi è per lui fonte di gratificazione, perchè associa ad essi un “riconoscimento sociale”. Associa a questa gratificazione il significato di “essere bello”. Ripeto: di per se non c'è nulla di male in un automiglioramento, anzi, la volontà di migliorarsi è la chiave primaria che muove coloro che ottengono risultati nella vita.
Chi non pensa di avere possibilità, che solo gli dessero una occasione “gli farebbero vedere”? Ognuno di noi ha un ben preciso giudizio di se stesso, peccato che molte volte sia errato e porti a decisioni errate.
Incredibilmente, il candidato perfetto per l'OT è colui che ha una buona percezione di se stesso, non il gasato cazzaro o quello che pensa di essere una merdaccia (uso termini molto tecnici, chiedete se non capite).
Chi è eccessivo non può andare OT, non ci riesce. Se l'opinione di se stessi è troppo elevata, le aspettative saranno di conseguenza così elevate che dopo poco i risultati faranno capire che si è sbagliato. Sse l'opinione è troppo scarsa, la distanza fra il proprio stato attuale e il risultato finale verrà percepita come immensa e non si proverà nemmeno ad allenarsi per ottenere risultati considerati non fattibili.
Prendo in considerazione chi invece ha la capacità di dare un giudizio oggettivamente decente di se, perchè la sua capacità di giudicarsi gli permetterà di darsi un obbiettivo sfidante quanto basta da essere perseguibile.
Chi possiede questa capacità è come se riuscisse a calcolare una distanza fra il “vorrei essere” e il “sono” al limite delle sue possibilità ma comunque realizzabile. Così facendo riesce a conseguire dei risultati, ma questi risultati sono ottenuti ad un prezzo talvolta troppo elevato. La capacità di darsi obbiettivi sfidanti ma non impossibili è perciò un possibile innesco dell'OT.
Inizia percià tutto da qui: l'automiglioramento, un sentimento normalmente positivo, si trasforma ad un certo punto in negativo.
Questa capacità è una caratteristica psicologica fondamentale e, credo, innata: il nostro amico è molto determinato e razionale, sa di essere bravo e di poter cogliere risultati che per lui sono importanti, magari supportate da altri “successi” già conseguiti. Può apparire sfrontato e presuntuoso, ma non lo è.
Può anche subire la pressione psicologica del giudizio di altri, i suoi obbiettivi possono essere condizionati da altri (una forma di debolezza, in fondo), ma ha questa capacità di sfidarsi in cose complicate ma non impossibili.
Meno si ha questa capacità, meno si rischia di andare OT.
La capacità di perseverare
Ma quanti ce ne sono che vorrebbero essere forti e grossi? Migliaia, milioni... mica tutti però sviluppano una patologia di questo tipo! Perchè fra dire di voler essere in un certo modo e lottare per diventarci c'è nel mezzo la capacità di perseverare, di mantenere la barra a dritta fino alla meta anche se il mare è tempestoso.
Molti chiacchierano, molti si lamentano di essere frustrati, molti sono dei palloni gonfiati che pensano di fare molto. Molti, cioè, alla prova dei fatti, non hanno la capacità di “girare” nello schema, di percorrerlo non una o due volte, ma decine, centinaia.
Di sicuro non va in OT il tizio “ehi raga, vorrei gli addominali in fuori per il mare”. Questo sarà forse un frustrato che andrà forte con la macchina per compensare il suo fisico percepito (da lui) come scarso oppure si farà anche un cicletto di bombe che gli consiglia l'amico dell'amico (“non fanno male perchè servono per asciugarti, non per diventare grosso”).
Il nostro candidato perfetto all'OT ha capacità di perseverare, di impegnarsi, nel tempo. Perchè sa quello che vuole e non ha paura a farsi il culo. Ha una visione eroica dell'allenamento, del sacrificio e del dolore. Questo tipo non teme il dolore, lo ricerca, lo sfida e terminare un allenamento durissimo è una vittoria contro le avversità, una prova che rafforza il carattere.
Non salta un'allenamento, trova sempre il tempo per allenarsi. Se deve saltare, recupera in qualche maniera. E' concentrato durante le sedute, non chiacchiera, non gli frega nulla di socializzare. Tendenzialmente, non è mai pienamente soddisfatto dei suoi risultati, e anche se va tutto bene, qualcosa sarebbe potuta andare meglio, sempre. E' uno di quelli coriacei tanto da farsi molto male, perchè riesce a consumarsi fino all'osso se pensa che sia necessario.
Permettetemi... sono proprio quelli con le palle che vanno OT, perchè hanno la capacità di spremersi, ancora, e ancora, e ancora. Non tutti sono così, non tutti possono andare OT. Mi accorgo che questa capacità la ritrovo in tutti quelli che esibiscono tratti di OT.
Le doti fisiche
Più si è forti, più si è allenati, più l'OT sarà devastante. Perchè chi è forte riesce a spremersi di più di uno che non lo è.
Uno più veloce di altri, o che solleva di più, o che è più bravo in un tuffo o in un volteggio ha lo stesso DNA di un sedentario fradicio. Ossa, tessuti connettivi, cartilagini, organi interni, tutti elementi che poco si prestano ad essere allenati. Perciò chi corre più veloce grazie alle sue doti e ad anni di allenamento ha sviluppato capacità neuromuscolari superiori, ma i suoi reni, il suo fegato, i suoi menischi sono praticamente identici a quelli di una persona normale ma subiscono stress abnormi rispetto alla normalità.
Sovra-allenarsi per definizione implica un carico di lavoro eccessivo per le capacità di recupero. Immaginatevi gente del genere che livelli parossistici di stress riesce a generare!
In più, queste persone hanno una capacità di sopportazione del training incredibilmente elevata, e si accorgono di essere OT quando altri sarebbero già sepolti da tempo. Un ragazzo meno dotato si fermerà prima di raggiungere effetti così negativi: una tonsillite, un raffreddore pesante, piccoli infortuni. Tutti segnali che il corpo manda ma che se siete dotati potrete sicuramente bypassare.
L'OT è particolarmente devastante per l'atleta intermedio. Affermo, con molta tristezza, che il riuscire ad ottenere buoni risultati dopo un OT è, a mio personalissimo avviso, il marchio a fuoco che caratterizza il passaggio da intermedio ad avanzato, che voi siate un campione olimpico oppure uno che in palestra ha una prestazione di panca fuori dal comune.
Non occorre essere forti per andare in OT, ma se lo siete l'effetto sarà più frizzante e spumeggiante.
Tiriamo le somme
Ecco perciò il profilo del tizio con elevata probabilità di andare OT:
- Capacità di giudicare correttamente se stesso.
- Aspettative di miglioramento elevate.
- Capacità di darsi degli obbiettivi molto sfidanti, al limite delle proprie possibilità ma fattibili.
- Risultati conseguiti importanti che rafforzano le caratteristiche sopra descritte.
- Capacità di perseverare e di mantenere gli impegni presi, specialmente con se stesso, nel tempo
- Doti fisiche medio-alte, specializzazione data dall'allenamento
Cambiate la parola “atleta” con “manager di successo” o, meno simpaticamente, “carrierista in azione”. A parte l'ultimo punto che è una caratteristica fisica, il manager rampante è fatto così. Infatti può sviluppare un suo OT, che esibisce tratti comuni con quello degli atleti. Mai visto uno che al lavoro fa il botto? Ecco, c'è chi si fa male con l'allenamento, chi con il lavoro.
Il nuovo “atleta”
Il profilo “atleta” è proprio di molte persone che non hanno le doti per essere “atleta”. In ambito sportivo queste persone non potrebbero andare OT perchè la selezione naturale le falcerebbe in partenza, la barriera fisica d'ingresso data dalle doti necessarie per competere li taglierebbe fuori da ogni speranza di potersi allenare e così di andare OT.
In altre parole, uno che zappa invece di correre, fa il frangiflutti invece di nuotare, centra con la palla gli spettatori invece del canestro ha ben poche speranze di continuare nello sport per un tempo sufficiente a sviluppare i tratti dell'OT. Capisce da se che non è portato!
La palestra porta nuova linfa all'OT perchè ha a che fare con il fisico e la prestazione, utilizza gli stessi protocolli e le stesse metodiche di allenamento e rigenerazione proprie del mondo sportivo, ma richiede molte meno doti specifiche. In altre parole, moltissimi possono ottenere qualcosa di buono a partire da una base fisica che non permetterebbe loro di eccellere da altre parti.
Diciamolo: il fisico palestrato, riferimento sociale, non necessita di altissime doti psico-fisiche. Non prendetevela, è così: guardate le Olimpiadi, gente fortissima ha fisici con cui nessuno di noi ci si scambierebbe e, viceversa, in palestra si vedono fisici statuari che alla prova dei fatti non sono correlati con prestazioni sportive di rilievo.
La palestra abbassa le caratteristiche fisiche necessarie per creare l'OT, spostando in basso il livello di “atleta”. Perciò aumentano i potenziali “atleti” che possono andare in OT, anche se a livelli non pericolosi come quelli di un atleta di alto livello.
Ciò non toglie che ci si possa scottare parecchio: la ricerca di un ben preciso risultato ritenuto importante, nei pesi, nella bicicletta, nel nuoto, in uno sport qualunque effettuato a livello amatoriale ma con la dedizione di un professionista può indurre uno stato di OT.
Un esame di coscienza, vi prego!
Vi chiedo adesso due cose:
- La prima è la capacità di osservare il prossimo, con onestà. Quante persone conoscete che sono fatte come ho descritto? Io dico proprio poche. Perciò, pensateci molto prima di fare una diagnosi di OT a uno un po' nervoso perchè non rende in palestra. Solo persone come l'ipotetico amico che ho descritto riescono a farsi veramente male con l'allenamento! Per questo l'OT è sempre poco diffuso! Ed è per questo che mi in(beep) quando sento parlare di OT in maniera semplicistica e superficiale!
- La seconda è la capacità di giudicare voi stessi, con onestà E umiltà. Voi siete come il tizio che ho descritto? Ok, se non lo siete, i vostri fallilmenti in palestra sono da imputarsi ad altre cause se non l'OT. Banalmente, non sapete allenarvi bene, oppure non siete fatti per questa attività. Pensateci. Io ho conosciuto centinaia di persone del mondo dei pesi, molte anche veramente dotate, ma poche hanno queste caratteristiche.
Come si manifesta l'OT
La manifestazione dell'OT che descriverò è generica, e vale per tutti gli sport. Vi prego di cercare di “sentire” le sensazioni che descrivo, di fare dei raffronti con quello che vi è capitato.
Non fate però come quelli che leggono i sintomi di una malattia su internet e pensano di averla. Anche io qualche volta ho vampate di calore, nausee e vomito, sbalzi d'umore e penso di avere un corpo disgustoso, ma non significa che sia incinta.
I tre grafici mostrano un ipotetico andamento nel tempo di Prestazioni, Stanchezza, Umore. Nella parte a sinistra le prestazioni che chiedete al vostro corpo hanno dei picchi dovuti a test, gare, allenamenti impegnativi o quello che volete. La vostra stanchezza complessiva segue senza problemi il vostro livello prestativo e di conseguenza l'umore che può o non può essere influenzato dall'allenamento.
Tutto rimane nella norma, e siete in equilibrio.
In un certo periodo però, per un motivo o una serie di motivi CHE VOI DOVETE IDENTIFICARE, la stanchezza comincia ad aumentare e le prestazioni a calare. Questo non è l'OT, ma è il suo inizio.
La difficoltà è che si confonde con quello che si chiama overreaching, cioè un affaticamento momentaneo causato da una richiesta eccessiva alle vostre risorse nell'allenamento.
Ma l'allenamento deve per definizione dare stimoli sempre più intensi per creare l'adattamento che vogliamo, perciò piazzare il confine fra stimolo corretto e non corretto è estremamente difficile. L'overreaching è in qualche maniera ricercato poiché questo che crea l'adattamento e il conseguente miglioramento!
Ovvio, l'evento scatenante non è unico e impulsivo, nell'arco di una seduta o anche di una settimana. Ma c'è.
Ad un certo punto la stanchezza aumenta e si mantiene costante nel tempo. Poiché però voi siete allenati, quello che accade è che le prestazioni non crollano (magari!) ma si assestano su un livello inferiore dove le medie prestative calano di poco ma spariscono i picchi di performance. E' proprio la vostra capacità di spremervi unita all'adattamento all'allenamento che vi permettono di non andare giù, per questo più siete forti e più tutto questo è pericoloso.
L'umore inizia a peggiorare, è in questo periodo che iniziano a “girarvi i coglioni” nel senso che l'allenamento diventa il più delle volte un dovere piuttosto che un piacere. Non tutto l'allenamento, magari una parte, ma non è più come prima.
Dato che vedete da soli che le cose non stanno andando come volete, cercate di recuperare il terreno perduto. Come? Semplice, forzando i mezzi che conoscete, cioè l'allenamento che è lo strumento per ottenere quello che volete. Importante: l'azione che andrete ad intraprendere è SEMPRE un incremento. Non perchè sia una regola matematica, ma perchè è così che vanno queste cose. “Incrementate” qualcosa.
In queste situazioni infatti anche “tenere duro” è un incremento, perchè cercare di fare come sempre quando non siete più come sempre è un incremento rispetto a quello che invece dovreste fare.
E' in questa fase non conclamata che iniziate a pensare a certe cosette strane tipo “ho paura di perdere quello che ho ottenuto” o “non riuscirò mai ad avere quello che voglio” o ancora “se torno indietro gli altri che penseranno di me?”
Se avete questi pensieri, sappiate che non siete rimbambiti ma state subendo una pressione psicologica autoimposta: il raggiungimento di certi obbiettivi vi ha gratificato, molte volte vi ha dato uno status sociale che ritenete importante. Il pensiero di perdere questi risultati vi crea perciò ansia, ansia che vi porta a percorrere in maniera sempre più frenetica il “giro”.
Pensateci: se voi siete sempre “quelli forti” del vostro gruppo di amici o “quelli che vincono” le gare (qualsiasi gare esse siano) è naturale che tutto questo vi gratifichi. Ed è naturale che non vogliate perdere questa condizione.
Con “è naturale” intendo che comprendo il fenomeno, non che lo giustifico, perchè è un comportamento sbagliato. Di fatto vi state autoimponendo un limite: quello di non poter scendere sotto un certo standard, pena il sentirsi inadeguati. State ragionando come un professionista i cui guadagni sono legati alle sue prestazioni, e perciò non può fermarsi. Però voi non siete pagati.
E' chiaro che in questo quadro voi lottiate per non far calare le performance e non rendendovi conto che è impossibile recuperare la condizione fisica, chiedete al vostro corpo sempre di più. La fiammella dell'OT si alimenta di “incrementi”, che voi le fornite perchè non sapete di essere OT.
La stanchezza fisica esiste, non è mentale, e non basta la grinta per combatterla. La particolarità dell'OT è che questa stanchezza fisica si sta lentamente trasformando in sentimenti psicologici negativi, senza che ve ne accorgiate. Anzi, sono gli altri che non capiscono questo vostro stare male!
Dall'esterno siete irritabili, nervosi e tutto inizia a ruotare intorno all'allenamento, che decreta il vostro stato d'animo: se la seduta va come dite voi, siete contenti o quanto meno tranquilli, ma se va male è opportuno starvi lontano. Litigi in famiglia o con il/la partner sono all'ordine del giorno.
Quando il boa ha stretto le sue spire, cioè quando i giri hanno amplificato le negatività oltre un certo livello, c'è il crollo organico e i sintomi risultano evidenti. L'allenamento è una tortura, iniziate a saltare le sedute voi che eravate ligi al dovere, mollate tutto, vi sbracate.
Ma questo lo fate perchè proprio non potete andare avanti, e tutto questo non migliora il quadro psicologico. Non dormite bene o non dormite proprio, magari di giorno vi viene sonno e siete letargici. Anche le vostre capacità di concentrazione sono andate molto a picco. Di risultati in allenamento non se ne parla, quello che prima era medio-semplice ora è irraggiungibile dato che in sala pesi, in pista, sulla strada o in piscina siete distratti, svogliati, stanchi.
Se siete arrivati nella parte a destra dei grafici, ci vogliono mesi per recuperare! Addirittura, e non sto scherzando, un infortunio è visto come una specie di liberazione poiché diventa il deus ex-machina che salva da decisioni che non vogliamo prendere.
Per un atleta un OT di questo tipo è la fine di un intero anno di preparazione, una stagione saltata, forse l'abbandono della specialità perchè ciò che prima era fonte di gratificazione è causa di insoddisfazione.
Sinteticamente, ecco un esploso della casellina “invento un allenamento” che è il motore del tutto. E' difficile che il nostro “atleta” sia così soddisfatto da percorrere il ramo in alto dello schema, perchè per come è fatto c'è sempre qualcosa per non essere soddisfatti.
La strategia che si va solitamente a perseguire è un incremento di qualcosa se ciò è possibile. Il decremento è sempre per imposizione. L'arte è sapersi allenare così bene da incrementare in maniera ottimale lo stimolo allenante. Ma, appunto, è un'arte. E pochi artisti si chiamano Leonardo, Giotto o Einstein.
Punti di attenzione
Nel grafico in alto la curva B rappresenta l'andamento tipico delle prestazioni di una persona che ha raggiunto l'OT: nel tempo è riuscita a migliorarsi con una certa costanza. Ad un certo punto le prestazioni “cedono”, e poi crollano.
l'OT si manifesta come una variazione negativa delle performance dell'allenamento. Questa variazione deve esistere! In altre parole, ci deve essere uno scadimento. Se i vostri risultati sono sempre scadenti, come nella curva C per definizione non siete in OT. Tenetelo a mente!
Ogni sport o attività ha i suoi livelli prestativi minimali che tutti dovrebbero raggiungere. Se in un tempo ragionevole di uno o due anni questi risultati non ci sono, è probabile che non siate portati o che stiate sbagliando sempre. Di sicuro non siete OT, perchè questo è tipico di chi ha ottenuto dall'allenamento.
La curva A dovrebbe rappresentare una persona molto dotata e forte che ad un certo punto ha un crollo prestativo. E' OT? Difficile dirlo, perchè è sempre stata forte e perciò magari non sa nemmeno allenarsi.
Per arrivare al finale del film ci vogliono comunque mesi e mesi, per questo quando sento “sono stanco, sarò sovrallenato” mi irrito istantaneamente. Sarebbe come dire “ho la febbre, avrà il virus Ebola?”
Oltre al crollo in due fasi delle prestazioni l'altro aspetto che caratterizza l'OT è quello psicologico: non stiamo parlando di stanchezza, ma del fatto che l'umore si lega strettamente all'allenamento, che diventa centrale nel determinare lo stato d'animo della persona. Non si tratta di una semplice voglia di migliorare quello a cui teniamo, ma proprio uno stato di totale dipendenza dall'allenamento in un rapporto conflittuale molto forte. Se iniziate a pensare troppo all'allenamento, non siete messi bene.
Ecco le tipiche manifestazione della fase latente dell'OT
- Incapacità di recuperare gli allenamenti. Piccoli dolori articolari che non vanno mai via, necessità di riscaldamento sempre più lungo.
- Prestazioni di picco che si abbassano, mentre il livello medio viene mantenuto. Non è raro avere la capacità di generare medie più elevate ma non essere capaci a generare una intensità superiore a quella che le medie pronosticherebbero.
- Inizio di irritabilità e di scarsa concentrazione
- Ansia al pensiero della seduta o dell'esito della seduta, in maniera progressiva: prima per certi esercizi o certi schemi di allenamento, poi per la quasi totalità dell'allenamento
- Percepire l'allenamento come un dovere per la maggior parte delle volte, voglia si saltare le sedute
Però, abbiate rispetto dei termini. Per questo io dico che il sovrallenamento non esiste. Perchè su 100 che ne parlano, 2 o 3 possono arrivare a questi livelli in palestra!
Una preghiera, anzi due
A questo punto abbiamo la possibilità di dare una definizione sintetica di OT: è uno stato psicofisico caratterizzato da una stanchezza cronica che genera uno stato di prostrazione e sofferenza psicologica, causato dalla concomitanza di un allenamento eccessivo applicato per un tempo eccessivo ad una ben precisa tipologia di persona.
A questo punto vi aspettereste un bello schema su “come allenarsi per non andare OT”. Lo faremo, ma non è poi necessario e vedrete che le cose da fare sono sempre le stesse: allenarsi in maniera adatta alle proprie possibilità. Mi raccomando: non basta “allenarsi meno”, fosse così semplice... Ovvio che se non mi alleno affatto sono al riparo da ogni problema!
Poiché l'OT avviene nel mondo sportivo prima che in palestra, la prima preghiera è rivolta agli allenatori: voi lavorate su materiale umano. Se scoprite un ragazzino dotato, magari con la testa, non pompatelo a pressione, non caricatelo di responsabilità e di aspettative. Perchè, magari, questo ragazzino poi fa quello che chiedete e prima di deludervi sarebbe disposto a farsi scoppiare il cuore.
Contestualizzate l'allenamento, adattatelo alle persone e alle loro esigenze, non fatevi influenzare dai genitori che pensano di avere un figlio campione. Non riversate sui vostri allievi le vostre aspettative perchè, appunto, sono VOSTRE.
Non allenateli adattando programmi di altri, dei campioni, non allenateli come “ai vostri tempi” perchè il mondo è cambiato, accettate il confronto con altri, navigate su Internet e informatevi.
Infine, ascoltate quello che i vostri atleti vi dicono, parlate con loro. Di più: non accontentatevi di quello che vi dicono ma state attenti a quello che non vi dicono. Un ragazzo che si allena fa l'atleta, è il suo compito. Non è lecito aspettarsi che abbia capacità di autoanalisi e di introspezione tali da capire se è o non è iniziato un OT. Ma voi che siete allenatori... allenate atleti, ed è invece vostro dovere avere tutto questo per loro. Perchè se non lo fate potete fargli molto male.
L'atleta svogliato non andrà mai OT, ma quello che si impegna, anche se non è il più forte, è sempre a rischio se si innesca un circolo vizioso di voler soddisfare le aspettative dell'allenatore, che diventano poi proprie dell'atleta.
La seconda preghiera è rivolta a quelli come me, agli amatori, agli appassionati. Ci piace visceralmente il nostro sport, perciò è facile eccedere nell'allenarsi. L'allenamento non è tutto, non siamo pagati per ottenere risultati che non ci chiede nessuno
Non sono mai stato una persona tiepida in quello che mi piace, e detesto l'immagine del padre di famiglia che non ha tempo per dedicarsi a quello che gli piace, e non può seguire certi programmi perchè non sono adatti a lui. Cazzarola... se manco posso avere una passione nella vita, che campo a fare? Per lavorare e accudire i figli? Ho anche pagato il prezzo di questo stile di vita, non vi preoccupate.
Quello che a noi amatori è richiesto non è “fare meno” come i vecchi, ma la capacità di contestualizzazione e di analisi del nostro stato psicofisico. Banalmente, se l'allenamento inizia a diventare fonte di pensieri negativi, dobbiamo agire. Dando un taglio, autoimponendoci di prenderci una pausa di riposo. Perchè a differenza degli atleti veri, a noi non ce ne viene niente se non una gratificazione mentale.
Dobbiamo metterci in testa che non ci corre dietro nessuno, che non dobbiamo rendere conto a nessuno di quello che facciamo, perchè a nessuno interessa. Rileggete questa frase, è la chiave per stare bene se siete i tipi “competitivi” del profilo che ho descritto.
Fatela vostra, e potrete allenarvi a lungo. Altrimenti vivrete stanchi e insoddisfatti.
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