Cedimento e affaticamento
di Sergio Giovannini
Da quando esiste il Body Building (da sempre?..) l’eterna ricerca del Volume di allenamento ottimale ha sempre angustiato i “mangiatori di ferro”, al punto da non sapere bene quando “fermarsi” durante l’allenamento di questo o quel muscolo, per paura di “far troppo” o “troppo poco” e non vedere “lievitare” il proprio fisico come desiderato.
Nessuno ha mai potuto affermare con assoluta sicurezza di “quante serie” un determinato gruppo muscolare avesse bisogno per diventare enorme, così come quasi nessuno si è mai posto il problema se il “poco” avesse in realtà un corrispondente nel “giusto” piuttosto che nell’ “insufficiente”; ho detto “quasi” perché in realtà qualcuno ci è stato, un uomo dal fisico possente della Pennsylvania, di nome Mike Mentzer, il quale a sua volta fu influenzato da uno dei più grandi allenatori e scienziati nella storia del Bodybuilding, il padre delle macchine Nautilus, nientemeno che Arthur Jones.
Ora, stabilire quale sia il numero di serie ottimale per allenare un determinato muscolo è sicuramente un’ipotesi di partenza errata, come sempre ci si pone “a posteriori” invece che “ a priori” nel determinare la veridicità di una determinata ipotesi, ma , visto che la tradizione ci ha messo nelle condizioni di dare un’attendibilità alle affermazioni di Weider (e Schwarzenegger) in materia di allenamento, laddove il Volume elevato di training contribuisce ad un maggior Volume muscolare, cominciamo a ragionare per gradi partendo dal basso: diamo per vera un’equazione matematica piuttosto inconfutabile cioè Intensità=(Kg x Ripetizioni)/Tempo di esecuzione; siccome l’ipertrofia è incontestabilmente data dal livello di Intensità, distinguiamo la Teoria Classica (Weider & Company) dalla Teoria ad Alta Intensità (Mentzer e Jones); se consideriamo l’equazione suddetta, la prima teoria vuole che l’equazione si trasformi in una Progressione, del tipo: I=(Kg x Rip)/T+ (Kg2 x Rip2)/T2…(Kgn x Ripn)/Tn, dove non si considera l’Intensità Unitaria ma quella Totale al termine della sessione di allenamento, esattamente il contrario della Teoria Mentzeriana ,che intende l’Intensità come Unitaria di una singola serie; andiamo quindi a vedere i limiti dell’affermazione empirica del Master Blaster, partendo dalla base:se si tratta di una progressione (di serie) ci dovrà pur essere un limite oltre il quale l’esercizio tende ad essere improduttivo in termini di Intensità, altrimenti la progressione sarebbe infinita, cioè matematicamente parlando il limite tenderebbe all’infinito, mentre così sappiamo che non può essere, ce lo dice non solo l’esperienza pratica ma anche il fatto che il corpo umano non è una macchina dalle scorte inesauribili, al pari di una centrale nucleare,per cui andando oltre un certo punto (punto di Break Over), non ci sarà un incremento del valore Intensità inteso fisiologicamente (umanamente) come aumento dell’ipertrofia, ma solo un incremento numerico avulso dal contesto del quale stiamo trattando, cioè il corpo umano.
Questo Punto o limite è il punto a partire dal quale aggiungere elementi alla progressione (serie) non farà fare maggior progressi in termini di forza (o per meglio dire sforzo) e quindi una maggior massa muscolare (volume o ipertrofia), ma sarà anzi improduttivo (e dannoso) per i “limiti” fisiologici di cui sopra.
Partendo quindi dall’inizio della Progressione dov’è che bisogna mettere la parola “fine” o meglio il “punto” alla sessione di allenamento che stiamo eseguendo per non incorrere nel sovrallenamento? A questa domanda i conoscitori profondi della Teoria ad Alta Intensità risponderanno senza dubbio alcuno “dopo la prima serie”, e questo può essere vero ma deve essere dimostrato per ottemperare ad un rigore scientifico Galileano (Dimostrabilità della Teoria ed eventualmente la Ripetibilità della stessa, n.d.r.); i sostenitori della Teoria Weideriana saranno in un imbarazzo totale perché non sapranno dare una risposta in termini assoluti (un numero), al massimo potranno enunciare un’affermazione di massima del tipo “quando il muscolo è completamente esaurito”; a parte che determinare quando il muscolo è completamente esaurito è un compito arduo quanto improbabile, a meno di basarsi su delle “sensazioni” e questo non è sicuramente un approccio di tipo razionale.
Se riprendiamo in mano per l’ennesima volta la progressione di cui sopra, noteremo senza ombra di dubbio che procedendo ad aggiungere termini (serie), siccome i termini non saranno omogenei (della stessa entità) e tanto meno crescenti (dopo la prima serie portata al massimo le ripetizioni che si potranno eseguire nella seconda e nella “ennesima” saranno sicuramente inferiori a parità di peso, non parliamo se provassimo ad aumentare il carico..), ma descrescenti, l’intensità (intesa come valore della progressione) si incrementerà di valori sempre minori, fino ad arrivare ad un punto indeterminato che potrebbe essere adottato dai “multiseristi” come il punto limite in cui il muscolo è “completamente cotto”, quindi il limite ottimale d’allenamento; in realtà salta agli occhi, qualunque sia l’ottica che si adotti,matematica, fisiologica, pratica, all’infuori di magica..,che in questo modo si incrementa solo l’intensità intesa come valore della progressione, e non quello dell’intensità intesa come causa effetto (scatenante) dell’ipertrofia, e siccome l’intensità applicabile ad un muscolo ha i suoi limiti nella fisiologia umana e non in un insieme infinito numerico, siccome non è comunque riscontrabile assolutamente che non ci sono livelli crescenti d’intensità nell’aggiungere termini alla stessa, ma casomai descrescenti, ed essendo l’incremento del fattore Intensità la variabile da modificare per ottenere un maggior volume muscolare (ipertrofia),la fallacità dell’affermazione di Weider e compagni appare evidente.
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