Ho sempre fatto casino fra stacco rumeno o romanian deadlift e stacco a gambe tese o stiff-legged deadlift. Non è che su Internet le clip aiutino… anche perché si vedono in entrambi i casi delle esecuzioni simili e anche raccapriccianti.
Il disegno a sinistra è uno stacco a gambe tese tipico del mondo del fitness, un po’ come l’esecuzione “fitness” del good morning ma ancora più facile: si tratta di tenere un peso in mano, di sparare le chiappe indietro e di “pendolare” in su ed in giù. Come sempre, con i pesi delle Winx va bene qualsiasi cosa e l’esercizio è considerato di rifinitura, isolamento, enfasi su glutei e femorali e fatto fare alle ragazze per astrusi motivi.
La mia linea editoriale in fondo è semplice, cristallina come direbbe Tom Cruise: lo stacco a gambe tese non mi è mai piaciuto, perciò non ne parlerò. Il motivo è che non insegna nulla di utile, ma comunque potete trovare tonnellate di materiale in giro su questo esercizio.
Lo stacco rumeno è invece un esercizio interessante, ma per essere utile è necessario comprendere cosa va ad allenare, altrimenti è solo uno stacco classico al contrario.
Scendi invece di salire
Il problema di questo esercizio è la poca chiarezza proprio su come vada eseguito: differenti profondità di discesa, presenza o meno della pausa all’inversione del movimento. Non mi piace mai catalogare con “fa cacare”, “favoloso”, “meglio”, “peggio”: la logica di un esercizio ha senso solo se viene dichiarato lo scopo di questo, comprendete cosa volete fare e avrete l’esecuzione che più fa per voi.
Se poteste eseguire lo stacco in una palestra di pesistica avreste la possibilità di riappoggiare fragorosamente al suolo i pesi dopo la chiusura del movimento: lo stacco è un movimento essenzialmente concentrico, cioè è prevista solo una “salita” e non una preventiva “discesa”.
Voi riappoggiate i pesi con un movimento eccentrico perché siete costretti dai pesi di ferro, dal parquet, dal proprietario della palestra che non vuole rumori che disturbino i clienti e così via. Ma se poteste evitare l’eccentrica l’allenamento sarebbe del tutto differente.
Questo è uno stacco rumeno, uno stacco che parte dall’alto: o staccate da terra il peso e poi vi mettete in assetto, oppure sollevate il bilanciere da degli appoggi e andate indietro.
L’esercizio è, come si suol dire, un good morning con il bilanciere in braccio e pertanto va eseguito seguendo tutte le regole del good morning che a sua volta segue quelle del good squat in una folle ereditarietà: spostate il bacino indietro con la schiena in assetto. La discesa prosegue con le braccia e le tibie perpendicolari al terreno e il bilanciere che struscia su queste.
Proseguite, come nel good morning, nella discesa spostando il bacino indietro e sentendo che il peso si sposta verso i talloni. La discesa si interrompe a circa metà tibia sulle barre del rack o su dei rialzi su cui appoggiare i dischi.
Il primo motivo per cui non occorre scendere oltre perché a circa metà tibia la schiena ha in pratica la stessa inclinazione del good morning e lo scopo dell’esercizio è analogo: insegnare il controllo della rotazione dell’anca e del tronco tramite l’uso di glutei, femorali ed erettori spinali. Non è la profondità che vi permette di imparare tutto questo ma lo spostamento indietro del bacino, pertanto concentratevi su questo.
Come per il good morning, questo è ciò che dovete imparare: scendere tenendo di glutei e femorali sentendo il bacino che si sposta indietro e la pressione del carico che si sposta verso i talloni. Lo stacco rumeno è però decisamente più semplice del good morning perché il carico è in basso e può spostarsi più facilmente in avanti ed indietro.
Se pertanto nel good morning sarete molto più attenti con la postura, la schiena compatta, la curvatura spinale perché sentite che potete segarvi in due, nello stacco rumeno penserete di poter essere più disinvolti mentre invece la concentrazione nella discesa deve essere massima: lo spostamento indietro del bacino deve avvenire perché inarcate volontariamente la schiena ma, a differenza dello squat in cui ad un certo punto vi concentrate sul far scendere tutto il tronco, in questo caso dovete continuare a spingere indietro il bacino fino quasi a sbilanciarvi indietro.
La fase eccentrica termina appoggiando il bilanciere sulle barre del rack oppure i dischi su dei rialzi, pertanto il movimento ha una pausa prima della concentrica. “Ma io l’ho visto fare fino a terra”, “ma io l’ho visto fare senza rack e senza pausa”. Per adesso, seguitemi.
Questo è ciò che non va fatto in risalita: la caviglia ruota indietro, il femore si estende ma non c’è controllo dell’anca da parte dei glutei e dei femorali, pertanto il tronco ruota in avanti. Poi l’atleta riprende il controllo e l’anca ruotando fa innalzare il tronco.
Ecco invece una buona esecuzione: in pratica dovete salire come siete scesi, la tibia rimane perpendicolare al terreno, il ginocchio si estende ma anche l’anca, facendo sollevare il tronco.
Come in un good morning, scopo dell’esercizio è insegnare a ruotare l’anca fin da subito in contemporanea al ginocchio, pertanto meno l’atleta flette in avanti e meglio sta eseguendo. In un buon stacco rumeno due foto prima e dopo l’inversione del movimento devono essere praticamente sovrapponibili.
Pausa, barre, profondità
Bene, questa è la logica dell’esercizio che propongo: un multi articolare complesso per imparare qualcosa di complesso, pertanto sempre basse ripetizioni. Del resto anche questo esercizio deriva dalla pesistica e di sicuro non è stato pensato per delineare la spaccatura fra femorali e quadricipiti. Dichiarare una logica ha il vantaggio di permettere confronti con tutte le possibili varianti.
La pausa nel punto inferiore evita che il carico vi tiri giù facendovi sbilanciare in avanti ed impedendo una risalita il cui scopo è quello di ruotare subito l’anca: il rimbalzo dato dallo stretch reflex e dalla viscoelasticità muscolare fa si che lo schema motorio sia differente da quello che utilizzerete in uno stacco, dove non c’è l’eccentrica, ma comunque anche in uno squat in cui la profondità è maggiore.
Per questo motivo, pausa nel punto inferiore: di conseguenza si rende necessario un appoggio per potersi riposizionare o quanto meno non perdere l’assetto. Provate a fare una pausa senza appoggio, mi darete ragione: il carico vi tira verso il basso le scapole.
Il motivo per cui potete fermarvi a metà tibia, sempre seguendo i criteri esposti in precedenza, è che diventa impossibile continuare a premere il bacino indietro senza cadere.
Vi ricordate il pezzo sullo stacco sul posizionamento davanti al bilanciere prima di afferrarlo: se già così è a contatto con le tibie appena lo afferrerete lo sbilanciamento indietro sarà massimo e negativo!
In questo caso accade la stessa cosa, specialmente per i soggetti alti o con femori lunghi. Potete, ovviamente, scendere a terra:
- Dovrete flettere in avanti la schiena, come nel disegno centrale: attenti a non perdere la curvatura!
- Dovrete sbilanciarvi in avanti facendo però salire il bacino che di conseguenza non andrà più indietro ma in avanti, come nel disegno a destra.
Illustro il problema per il solo caso della discesa con sbilanciamento in avanti, per l’altro valgono comunque le stesse considerazioni. In D il posizionamento a terra, in E la risalita corretta: il bacino ruota subito per azione di glutei e femorali, ovviamente anche per quella dei quadricipiti che trasferiscono parte della forza all’anca, ma il femore non si estende.
La rotazione del bacino e del tronco fa si che le braccia dell’atleta tornino perpendicolari al terreno, da questo momento in poi l’anca continua a ruotare insieme al ginocchio. Lo stacco rumeno è così un movimento “a compasso” centrato sul bacino dell’atleta: in discesa il compasso si chiude avvicinando il tronco ai femori, in risalita si apre distanziandoli.
In E’ il problema di quando si vuole toccare il suolo senza aver compreso la logica del movimento: non c’è nulla di male nello sbilanciarsi in avanti, ma la risalita deve essere come la discesa, non che l’atleta estende il ginocchio cappottando in avanti!
Il problema di questo esercizio è che eseguito a carichi scarsi o anche scarsissimi permette di buttarsi in avanti facendo staccare il bilanciere dalle tibie e trasformando l’esercizio in un orrendo stacco a gambe tese o semi-tese.
Stacchi rumeni che si trasformano in stacchi a gambe parzialmente tese:
Tizio secco A: “Ma che fa quello?”
Tizio secco B: “Lo stacco rumeno!”
Tizio secco A: “No è uno stacco a gambe tese!”
Tizio secco B: “Ma mi ha detto che è un rumeno, è grosso e perciò il rumeno si fa così”
Tizio secco A: “Ah, giusto, il rumeno è allora lo stacco a gambe semitese, mentre quello non rumeno è quello a gambe tese”
Per questo è importante comprendere la logica di quello che serve: non serve scendere fino a terra ma serve spostare indietro il bacino e ruotare l’anca subito in risalita. Imparate scendendo fino a metà tibia, poi abbassate di 5 cm e continuate in questo modo. Quando non sarà più possibile, quella è l’altezza adatta a voi per questa roba.
Ciò che mi preme sottolineare è che ciò che ho scritto non è “giusto” e magari quello che fate voi “sbagliato”, ma ciò che ho scritto segue un percorso mentale che mi permette di scegliere. Io dico che l’esecuzione proposta è “giusta” sulla base dello scopo prefissato, le altre… no: è una catena consequenziale di implicazioni, un modo di ragionare che applico a tutto e che permette, alla fine, di trovare più facilmente gli errori.
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